Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

sabato 30 aprile 2022

 


RELAZIONI ALIENE

Antichi culti e presenti alternativi

1.

La noosfera* diventa sempre più cupa, si espande come metastasi anche al di fuori della Terra fino ai confini del nostro sistema solare. La nera marea psichica si fermerà quando incontrerà qualcosa che sarà troppo grande ed elevata per essere contagiata e distrutta. Là fra le stelle vivono esseri superiori appartenenti a tipologie che vanno dall’infrarosso psichico all’ultravioletto; Loro sanno, ci osservano per lo più senza interferire. L’intera Via Lattea rappresenta di per sé stessa un livello più elevato di esistenza, che va ben al di là della materia di cui è composta, esistenza inavvicinabile da strumenti fisici. Esistono gerarchie che noi non riusciamo a comprendere, troppo distanti dalla nostra intelligenza, troppo profonde per la nostra rattrappita coscienza. Schematizzando, due tipologie ontologiche abitano in larga misura il Cosmo (cfr. il mio “Le Cronache di Atlantide”). Gli Uranidi, entità supreme in grado di connettersi istantaneamente con ogni altra forma vivente dell’Universo ed i Saturniani, infimi eticamente e tecnologicamente avanzatissimi. Da millenni siamo visitati da queste gerarchie e la loro vera o presunta ostilità è legata più all’ignoranza delle forze che vi sono coinvolte. Inutile tentare di dominarle, è necessario invece superare le nostre limitazioni. Scopo ultimo della nostra esistenza è perfezionarci, intensificando l'irraggiamento dell’elemento divino in noi, solo così potremo vedere ciò che ora ci è invisibile. Impossibile capire cosa vola sulle nostre teste secondo i parametri della scienza, in quanto fa parte di uno schema psichico di ordine superiore. Bisogna scoprire, non provare.

* teoria elaborata dal gesuita padre Teilhard de Chardin: “Con questa parola voglio indicare lo strato ‘pensante' formatosi grazie al diffondersi del gruppo zoologico umano al di sopra (e in discontinuità) della Biosfera", da La structure philétique du Groupe Humain in: L'apparition de l'Homme.vol.II, pag.191

domenica 1 dicembre 2019

UN MONDO DENTRO MONDI


L’Universo non è in espansione. E noi? Siamo vittime di un processo evolutivo, oppure stiamo cadendo da uno stato semidivino ad una ominizzazione unidimensionale? C’è vita su Marte e alla Nasa? Se la teoria del Big Bang fosse sbagliata, e se Halton Arp avesse ragione (“Seeing red” ed. Jaca Book), la scienza ci sta raccontando un mucchio di frottole per coprire la propria ignoranza e per non dar ragione all’antica sapienza. Non vi preoccupate, non vi parlerò di cosmologia né di astrofisica, non sono uno scienziato, grazie a Dio, ma ricerco la Verità come un fisico e più di uno psicologo. Purtroppo, constato che oggi Bergoglio, il rappresentante di una Chiesa in cerca d’Autore, delega l’escatologia agli scienziati, noti per arroganza e tendenza al riduzionismo. Certo, ci assicurano, la bomba atomica funziona; le eclissi solari avvengono esattamente secondo previsioni; gli sbarchi di clandestini sono aumentati; la classe politica nostrana è composta di ignoranti, farabutti, narcisisti e psicopatici, in buona parte. Certezze. Meno certa è l’origine dell’Umanità. Vi pare poco? Se ignoriamo chi siamo e da dove veniamo, abbiamo un problema.
Non aspettatevi organicità da questa mia breve tesi, non ne sono capace. Penso di essere, invece, più portato a rapsodiche visioni (o presunte tali). Se attingo alla sorgente, sgorgano fiumi ininterrotti. I miei sono schemi-flash di meditazioni. Prendeteli per tali.
Per noi, la cosmicità, è un’incognita a sette dimensioni. Abbiamo sempre avuto una gran sete di noi stessi. Un fatto: ci sentiamo schiacciati dall’immensità dell’Universo. Eppure qualche elemento disconosciuto dai più, ci lascia intendere che ben trafficando con i nostri talenti sepolti, potrebbero aprirsi prospettive inusitate di dominio sulla Realtà. Di sfera in sfera (mondi-pianeti), l’intero Universo è pur sempre una nostra rappresentazione. Esiste un’unità cosmica nella quale tutto sentiamo: nell’istante presente. Però ogni sentire si diversifica dall’altro sentire. Passato presente futuro, coesistono nell’istante. Ora e qui. La percezione del tempo lineare, una freccia che dal passato punta verso il futuro, è più una convenzione, sebbene molte prove ci dicono che sia vera. Viviamo, quindi, in questo loop cognitivo senza via d’uscita. Ci verrebbero in soccorso studi e testi di derivazione occultistica – oggi rifiutati decisamente dalla cultura ufficiale – che ci descrivono epoche che da Iperborea giungono fino a quella attuale, cosiddetta moderna. Esiste pure un sentire vitale delle epoche umane nell’istante presente, ed è una facoltà che ho disciplinato per non incorrere in derive medianiche di dubbia origine. Gli autori classici, poeti storici filosofi, ci danno simili indicazioni, sebbene rifiutati dal riduzionismo scientifico odierno. L’età dell’oro che Esiodo (in seguito anche solo E.) ci ha descritto come vertice dell’Umanità, poi discende verso ere sempre più buie. Nella Teogonia, un poema in 1022 versi che sembra incompiuto, Esiodo enumera le generazioni degli dèi corrispondenti ai tre periodi della storia del mondo: Urano, Crono, Zeus. È probabile che E. si servì di Omero, di racconti sacri, e di cosmogonie e teogonie più antiche. Dobbiamo partire da un concetto fondamentale. Noi stabiliamo un legame con la sfera del Sacro; la perdita progressiva di collegamenti con il cosmo, determina la crisi del mondo su base ciclica. Anticamente, cosmogonia e cosmologia viaggiavano all’unisono: corcernevono le scansioni numeriche e le caratteristiche cronistoriche componenti gli yuga (età, secondo la terminologia indù), dunque le tappe del progressivo e disarmonico allentamento del legame tra noi e il Creato. L’Universo va periodicamente soggetto a continue creazioni e distruzioni. La struttura di un ciclo cosmico, parte da un’aurora e finisce con un crepuscolo, i quali connettono fra loro le età. Più ci si allontana dalla Legge (dharma) di giustizia e felicità, più si cade in basso verso l’abbruttimento delle facoltà dell’anima, intelligenza volontà e sentimento. L’età attuale è la più buia e malvagia, in cui la discordia regna. Raschiamo come individui e come società, il fondo della disintegrazione. L’epoca in cui viviamo, manifesta segni incontrovertibili: i cataclismi, in primis, marcano terribilmente la nostra esistenza, ma non derivano dalla tecnica o dal modello di sviluppo (poca roba su scala cosmica), bensì sono provocati dalla decadenza spirituale e morale attuale. Il tempo si riduce, lo spazio si assottiglia e lascia intravedere fessure pericolosissime, dalle quali penetrano entità dal basso astrale non rilevabili dai sensi comuni e men che meno dai strumenti meccanici. Il tempo è “nero” perché duro e spietato. “Nero” vuol dire residuale, perciò tossico e destabilizzante psichicamente. Il ciclo attuale è umano-terrestre e non più cosmico; è la fine di un mondo, di questo mondo (da cui l’incarnazione di Dio, onde la Rivelazione dei nuovi Cieli e della nuova Terra). Il “mondo” non è affatto l’Universo, ma questo mondo umano-terrestre. Ogni passaggio verso la Luce deve avvenire, come nascita e morte, attraverso le tenebre: il notturno natalizio, l’eclissi del Venerdì Santo, le grandi eclissi apocalittiche. L’oscuramento inevitabile dell’età ultima, nella materia (collasso)e in noi, non è segno dell’abbandono o del silenzio di Dio, ma pegno certo del Suo sfolgorante recupero.
Gli autori tradizionali del XX° secolo che indagano sui cicli comici, da Guénon ad Evola passando per Medrano, non tengono conto di un fatterello per niente da poco, ossia la risurrezione di Cristo che è evento del tutto eccezionale, non equiparabile alla risurrezione periodica degli dèi. Esistenza agonia morte e risurrezione di Gesù, si inseriscono nella Storia al tempo di Ponzio Pilato. La risurrezione è avvenimento irreversibile, che non si ripete annualmente come quello attribuito ad Adone. Non è un simbolo della santità della vita cosmica, né uno scenario iniziatico come nei Misteri. La risurrezione di Gesù proclama che l’éscathon è cominciato. Insomma, duemila anni fa Dio ci libera dalla ruota del karma per la partecipazione al mistero dell’Incarnazione, Morte e Risurrezione. Battesimo ed eucarestia, ci modificano radicalmente (sottilmente ma anche nel DNA) il regime esistenziale.
La storia si sbriciola dentro il tempo con tutti gli imperi, le dinastie, le rivoluzioni, rilevando l’effimero, svuotando di realtà l’Universo, che ha così durata limitata. Il rischio più grande che ci possa capitare, sarà di venir schiacciati dalle rovine della struttura dei cicli cosmici. La Via d’uscita c’è stata indicata. Leggendo il Vangelo sine glossa avremo la mappa verso le terre incognite, dove salvarci e liberarci.
Il nostro sforzo sarà quello di rinunciare al mondo e di ricercare la Realtà assoluta, nella cui conoscenza liberarci dall’illusione, squarciando una volta per tutte il velo elettromagnetico che ci avvolge.

mercoledì 20 marzo 2019

Un racconto d'anticipazione


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AA.VV. 
Il dilemma di Benedetto XVI
Traduzione di G. Rosella Sanità e Beata Della Frattina
© 1976, 1977 Fantasy & Science Fiction – © 1978 Mondadori Urania
Il dilemma di Benedetto XVI
di Herbie Brennan – 
Titolo originale: The Armageddon Decision – 1977

Entrando nel museo, Steinmann si sentiva ancora turbato dal suo sogno di Sarai. L’edificio era quasi deserto, poiché, ovviamente, nelle belle giornate attirava pochi visitatori. Steinmann indugiò ad ammirare le ricostruzioni in miniatura di tombe etrusche finché l’orologio non gli disse che mancavano tre minuti alle undici. Allora si avviò senza fretta lungo la Galleria Egizia. Dopo un poco trovò la stele di Rosetta vicino al sarcofago di una mummia del Medio Impero. Secondo le istruzioni ricevute, aspettò fingendo di leggere il cartiglio su cui era tradotta l’iscrizione. Continuava a pensare a Sarai, cercando di mettere in rapporto quel rigurgito emotivo con la situazione o l’ambiente, quando una mano gli sfiorò il braccio: — Dottor Steinmann?
Steinmann si voltò, annuendo. — Sì. — L’uomo era certamente un italiano, molto bruno e molto snello, sui cinquantacinque.
— Orsini — si presentò, porgendo la mano. — Giovanni Orsini. Benvenuto a Ginevra, dottore. Mi spiace aver dovuto organizzare quest’incontro da cospiratori. Avremmo di molto preferito darvi il benvenuto davanti a tutti, all’aeroporto, ma sono certo che vi rendete conto delle difficoltà.
La stretta di mano era ferma e asciutta. — Non del tutto — disse Steinmann. Dall’esame del comportamento del suo interlocutore, dedusse che Orsini non era tanto nervoso quanto preoccupato e in imbarazzo. Questa scoperta gli procurò un vero senso di sollievo. Forse, dopo tutto, era stata quell’insolita esperienza di dover seguire istruzioni segrete che aveva evocato Sarai dalla tomba nel suo subconscio.
— Se è così — dichiarò serio Orsini — devo ringraziarvi per la vostra pazienza. — Si guardò intorno, quasi per assicurarsi che la galleria fosse deserta. Non c’era anima viva, infatti.
Steinmann passò a osservare l’impeccabile abito da passeggio e poi il portamento di Orsini, che originò una nuova associazione di idee e lo portò a dire a bruciapelo: — Immagino siate un sacerdote.
L’altro sbatté le palpebre: — È così evidente?
— No, se uno non ha una certa esperienza. — Lanciò un’ultima occhiata alla stele e aggiunse: — E ora, cosa facciamo?
Orsini era palesemente a disagio. Dalla tasca interna prese un sottile portafogli e glielo porse con gesto affrettato. — Per favore, prendetelo! È un anticipo sul vostro onorario. C’è anche un biglietto per un giro turistico della città in pullman, che parte alle tre del pomeriggio di oggi. Il pullman parte dal monumento a Guglielmo Tell, a due passi dal vostro albergo. Vi chiediamo il favore di partecipare al giro. — Scrutò attentamente Steinmann. — Se non sbaglio, la vostra specializzazione richiede un particolare addestramento della memoria visiva, non è vero?
Steinmann annuì.
— Allora, per favore, guardatemi bene. Così sarete sicuro di potermi riconoscere.
Orsini irrigidì involontariamente i muscoli, come se si aspettasse un esame manuale.
Steinmann sorrise. — Sì… senz’altro.
— È importante, dottore — incalzò serio Orsini. — Dovrete riconoscermi di primo acchito, anche se sarò vestito in modo totalmente diverso e ci troveremo in un altro ambiente.
— Sì, sì. State sicuro che vi riconoscerò — disse Steinmann in tono rassicurante e, automaticamente, collegò i tratti più caratteristici della fisionomia al nome e al portamento, per noi immagazzinare il tutto nel subconscio. Orsini era adesso per sempre incasellato nella sua memoria.
— Bene. — Il ritmo del respiro rivelò che Orsini aveva tirato dentro di sé un sospiro di sollievo, come se la cosa fosse stata di vitale importanza. Poi continuò: — Avremmo piacere che vi comportaste come un qualunque turista, fino al momento in cui il pullman entrerà nella piazza e i passeggeri scenderanno. Scendete con loro, mettendovi però in fondo al gruppo, in modo da potervi allontanare inosservato.
— Capisco.
— La guida vi condurrà lungo un colonnato. A un certo punto del percorso vi verrò incontro, provenendo dalla direzione opposta. Mi scuserete, se farò finta di non conoscervi.
Steinmann capì che l’imbarazzo dell’altro era sincero. — Non preoccupatevi — disse.
— Poco dopo esserci incrociati, arriverete a una porta sulla vostra destra. Sarà aperta e non sorvegliata. Vi sarò grato se vi entrerete, badando che nessuno se ne accorga. Chiudete la porta a chiave. La serratura è una semplice placca a pressione all’altezza della spalla. Poi, non avrete che da aspettare. Io vi raggiungerò seguendo un’altra strada.
Per allentare un po’ la tensione, Steinmann osservò, con una certa leggerezza: — Mi sembra una cosa molto eccitante.
— È invece una cosa puerile, dottore — disse Orsini, con un sorriso forzato — e voi ve ne rendete conto benissimo. Ma è necessaria. Nessuno deve sapere della vostra visita in Vaticano.
Un’americana chiacchierona per poco non privò Steinmann della sua prima vista panoramica della Città del Vaticano. Lei stava sproloquiando su Hoosiers – qualunque cosa fosse questo Hoosiers – quando il pullman, superata una svolta, permise un’ampia visuale, sulla destra, del lago di Ginevra. Steinmann escluse la voce della donna dalla sua mente. Al di là dello specchio d’acqua, si vedevano le scintillanti mura e le guglie che s’innalzavano sulla riva opposta. La lettura dell’opuscolo illustrativo non l’aveva preparato del tutto alla magnifica visione. Era più piccolo del Vaticano originale, ma la profusione dei marmi usati nel costruirlo non mancava di fare colpo.
— Ecco, adesso potete vedere da voi — stava dicendo l’americana con aria di enorme soddisfazione.
Steinmann, che vedeva solo la città e il lago, annuì con un sorriso di voluta condiscendenza. Per meglio aderire alla parte del turista, indossava un abito bianco e una sgargiante camicia di seta. Una borsa da aereo, posata di fianco al sedile, conteneva indumenti più sobri.
In meno di un quarto d’ora, il pullman arrivò ai cancelli della città. Osservandola da vicino, Steinmann fu colpito dalla strana combinazione di rutilante cattivo gusto e di splendore medievale. Le pareti di marmo, così imponenti da lontano, sembravano di viscida plastica per via del trattamento protettivo al silicone. Al di sopra dei cancelli, un grande crocefisso dorato mandò un tenue bagliore quando il pullman attivò la fotocellula d’apertura. Ma i cancelli erano delle genuine reliquie di una fortezza medicea.
Steinmann sfogliò l’opuscolo mentre il pullman entrava nella piazza. Non avevano tentato di fare una copia esatta, sia pure in miniatura, del vero Vaticano, ma ne avevano conservato talune caratteristiche. Esisteva ancora una Biblioteca Vaticana, esistevano ancora gli Archivi Segreti, ambedue, purtroppo, molto ridotti. Esisteva anche una Basilica di San Pietro e una Cappella Sistina, in parte costruita con le pietre originali portate di contrabbando dall’Italia, ma sfortunatamente mancavano i gloriosi capolavori di Michelangelo. C’era ancora un Palazzo Vaticano e, sebbene per motivi di sicurezza vi fossero ammessi pochissimi visitatori, correva voce che i sontuosi arredi risalissero come minimo a tre secoli prima.
— Adesso sì, che è davvero una cosa magnifica! — disse ad alta voce l’americana, mentre il pullman si fermava con uno stridio. La donna si guardò intorno con palese ammirazione. — Adesso sì! Non trovate?
— È vero! — rispose con sincerità Steinmann. Anche lui aveva fatto caso che erano più interessanti le differenze che non le somiglianze con il Vaticano originale.
Al posto della Radio Vaticana c’era adesso la Televisione Vaticana, con proiezioni interamente olografiche. La sottile antenna emittente fendeva il cielo, dominando persino la facciata del palazzo. E le Guardie Svizzere, con i loro secoli di tradizione, erano state sostituite, con inconsapevole ironia, da Legionari Romani. Secondo l’opuscolo illustrativo, le armature erano di leggera plastica che imitava l’acciaio, ma l’insieme sarebbe stato accettato anche da Cesare.
— Sono convinta che tutti dovrebbero vederlo — continuava imperterrita l’americana — anche i non cattolici. — Lo guardò con aria bellicosa: —Voi siete cattolico?
— Ebreo — rispose Steinmann, con un cenno di diniego. Per qualche suo motivo personale, la donna sembrò compiaciuta. — Ah, israeliano?
Steinmann tornò a scuotere la testa. Poi, dato che voleva troncare la conversazione, aggiunse: — Sono nato ad Anderstraad.
L’espressione della donna si raggelò per l’imbarazzo.
Via via che il pullman si vuotava, Steinmann fece in modo da restare per ultimo e si accodò al gruppo che s’incamminava verso il colonnato. Ma anche quando erano già entrati nell’ombra fresca, non vide traccia di Orsini, sebbene un dignitario vaticano venisse verso di loro avvolto nella pompa cardinalizia. L’avevano già quasi oltrepassato quando Steinmann lo riconobbe.
Rallentò il passo e, trovata la porta, varcò la soglia senza essere visto. Premette la placca con il pollice, sentì lo scatto della serratura che si chiudeva, poi aspettò. Si trovava sul limitare di un altro cortile su cui torreggiava la mole del Palazzo di Papa Benedetto.
Steinmann era un po’ seccato, perché la sua lunga esperienza fisiognomica non lo aveva aiutato ad individuare le caratteristiche fisiche dell’altro. E poiché era seccato, disse: — Dunque, siete un cardinale. Avrei dovuto trattarvi con maggior rispetto.
— Al contrario — ribatté Orsini — se qualcuno deve fare delle scuse, questo sono io. Sia a titolo personale sia a quello della gerarchia ecclesiastica. Il modo con cui ci siamo messi in contatto con voi, il modo con cui siete stato costretto a venir qui… tutto questo è davvero imperdonabile, ma forse ne comprenderete presto la necessità.
Incuriosito, Steinmann chiese: — Dove stiamo andando, di preciso?
— Sopra la cappella c’è una piccola biblioteca — rispose Orsini. — Sua Santità ha la compiacenza di servirsene come studio. So che vi aspetta là.
Si fermarono davanti ad una porta scorrevole ed entrarono in un cubicolo che, come improvvisamente Steinmann si accorse, era un ascensore. Si guardò intorno deliziato, mentre la porta tornava a chiudersi. — Non vi servite di seggi elevatori? — chiese.
Orsini rabbrividì. — Qui preferiamo andare all’antica, dottore. È una questione di dignità.
Steinmann si ritrovò a pensare a Sarai intanto che l’ascensore li faceva dignitosa-mente salire al piano sopra la cappella.
Sua Santità Papa Benedetto XVI era più piccolo di quanto Steinmann avesse immaginato, magro come Orsini, ma più vecchio ed incartapecorito. Correva voce che facesse cure per ringiovanire, a dispetto della politica ufficiale della Chiesa, ma se le voci rispondevano al vero, le cure non erano efficaci. Con sorpresa di Steinmann, il Papa indossava il saio marrone dei frati francescani.
Papa Benedetto andò loro incontro porgendo la mano senza formalità. — Mio caro dottor Steinmann, come siete stato gentile a venire! Il cardinale Orsini vi avrà già detto quanto ne siamo felici. — Il suo inglese era privo di accento, ma molto meticoloso, segno che solitamente parlava un’altra lingua. — Non volete sedervi? — Indicò una poltrona con una mano venata d’azzurro. — È molto comoda. Volete del tè? Del caffè? Un goccio di vino… abbiamo vini di ottima annata.
— Magari un caffè — disse Steinmann, che stava studiando il portamento e il tono muscolare del Pontefice. C’era appena un lieve accenno di tremito alle estremità, che senz’altro era dovuto più agli anni che ad un determinato stato psicologico.
Orsini fece scorrere un pannello a muro e compose un numero sul luccicante auto-cuoco. Il caffè si materializzò in tazzine di porcellana.
— È abominevole — osservò Papa Benedetto indicando la macchina — ma i miei cardinali più giovani persistono a dichiarare che dobbiamo essere sempre all’altezza dei tempi. Io mi oppongo finché posso, ma — sorrise — bisogna accettare il fatto che il Pontefice non è più infallibile.
Steinmann ricambiò il sorriso con un sincero sentimento di calorosa comprensione. Prese il caffè e lo trovò molto migliore della solita brodaglia ammannita delle macchine automatiche.
— Vorrei che il cardinale Orsini restasse, se non avete niente in contrario — disse Benedetto XVI.
— No, no di certo — si affrettò a dire Steinmann. Le parti andavano delineandosi. Il Papa era diventato un penitente, sottomesso al parere di Steinmann.
— Vedete, dottore — s’interpose Orsini, con voce pacata — vi abbiamo chiamato qui in veste professionale.
Steinmann spostò lo sguardo dall’uno all’altro. Si era quasi aspettato una cosa del genere, perché solo così si spiegava quella segretezza patologica.
— Prima di continuare — disse il Papa — vi dobbiamo chiedere se siete preparato ad agire in veste professionale. — Ebbe un attimo d’esitazione. — A qualunque onorario vogliate fissare, naturalmente!
— L’onorario non è una questione di principio — dichiarò Steinmann, accigliandosi.
— No davvero. Per una persona della vostra capacità, è soltanto quello che gli spetta. Tuttavia debbo ripetere la domanda. È importante che i nostri rapporti siano chiari sotto tutti gli aspetti.
Steinmann tirò un profondo respiro, ma, ovviamente, aveva già deciso: — Sarei veramente onorato di rendermi utile a voi o alla vostra Chiesa, secondo le mie possibilità. — Gli venne in mente un pensiero un po’ irriverente, e aggiunse: — In fin dei conti è stata fondata da uno del mio popolo.
La faccia del Papa si raggrinzì tutta per un altro sorriso. — È un sollievo costatare che possedete il senso dell’umorismo, dottore. Sono anche certo che vi rendete conto che tutto quello che verrete a sapere qui è da considerarsi strettamente confidenziale.
  • — Ciò fa parte dell’etica professionale — disse Steinmann, senza offendersi.
  • — Certo, certo!
  • Orsini fece per dire qualcosa, ma Steinmann lo prevenne.
  • — Prima di andare avanti, posso fare una domanda?
  • — Dite.
  • — Perché non avete scelto uno psichiatra cattolico? Ce ne sono di ottimi.
  • — Lo capirete fra poco — disse il Papa, facendo un cenno a Orsini.
— Sua Santità… — cominciò il cardinale, evitando di guardare in faccia Steinmann. Poi, cambiando apparentemente idea, proseguì: — La Gerarchia Ecclesiastica Vaticana e Sua Santità desiderano che vi tratteniate, dottor Steinmann, per tutto il tempo che sarà necessario per stabilire quali sono attualmente le condizioni psicologiche di Sua Santità.
Steinmann guardò prima l’uno poi l’altro, e, soppesando con cura le parole, disse: — Cosa volete dire esattamente con l’espressione “condizioni psicologiche”, in questo contesto?
Papa Benedetto sorrise ancora, con sincero buon umore.
— Il cardinale Orsini è forse più diplomatico del necessario. Mi hanno detto che un esame psichiatrico esige un’assoluta franchezza. — Il sorriso svanì, e il Papa fissò Steinmann diritto negli occhi. — In questo caso la franchezza esige che vi chiediamo di decidere, nel più breve tempo possibile, se io sono matto.
L’alloggio di Steinmann era lussuoso anche per una persona abituata al lusso. C’era perfino un Canaletto autentico, un piccolo preziosissimo quadro, appeso a una parete. Il dottore si sedette dubbioso sull’enorme letto, ma lo trovò sorprendentemente comodo e morbido. Si alzò e andò ad esaminare lo scrittoio, sicuro di scoprire che era un’imitazione. Invece era davvero di legno, e i segni d’invecchiamento potevano benissimo essere stati causati dal tempo, e non fatti apposta da un esperto artigiano. La finestra dava su un cortile interno, su cui, in quel momento, sfilava una processione salmodiante. Un lieve aroma d’incenso impregnava i pannelli di legno.
Steinmann trovò l’autocuoco e, dopo due tentativi, riuscì a ordinarsi la cena. Il brodo di pollo era anemico, ma l’agnello era vicino alla perfezione. Compose a caso un numero per il vino, e gli fu servita una mezza bottiglia di Chianti Classico. Era un po’ troppo secco per il suo palato, ma andava giù liscio che era un piacere.
Se ne versò un bicchiere e andò a sedersi su un seggiolone veneziano a riflettere.
Lo sguardo gli cadde sul terminale di un proiettore olografico abilmente dissimulato tra i fregi che ornavano le pareti e, seguendone il cavo, trovò i comandi inseriti nel muro a fianco della testiera del letto. Si protese, col bicchiere in mano, e premette un pulsante. Un cubo di un metro e ottanta di lato si materializzò al centro della stanza con un ticchettio. Per un istante rimase di un biancore lattiginoso, poi fu bruscamente sostituito da due preti infervorati in un’accalorata discussione. Steinmann non riuscì a capire l’argomento, perché parlavano in latino. Cercò allora il pulsante per cambiare canale, ma non lo trovò. Perciò rimase a guardare per un poco i due preti, e finì con l’assopirsi. Fu strappato bruscamente al sonno da un rumore che gli sembrò un colpo d’arma da fuoco. La trasmissione era cambiata, e per fortuna il commento era in inglese.
Si trattava ancora di Anderstraad, naturalmente, e dei tirapiedi di Ling che, con grande efficienza, mettevano a morte un oppositore politico. L’incidente gli diceva poco in sé, ma gli riportò il bruciante ricordo di Sarai. Come per sottolineare i suoi sentimenti, la scena cambiò, passando a una seduta del Consiglio dell’Unione Parlamentare. Riconobbe Martin Allegro, che con la faccia tesa pronunciava un appassionato discorso anti-Anderstraad. Poi il notiziario continuò con un assassinio nello Zambia, e l’interesse di Steinmann svanì. Spense l’apparecchio, si alzò stiracchiandosi e andò a letto. Ma nonostante il suo addestramento, non riuscì a non sognare gli inevitabili sogni.
La vita era piena di sorprese. Nel corso della notte avevano istallato nella biblioteca un apparato Rhamboid ultimo modello. Aspettando il Papa, Steinmann elaborò un programma-tipo di test psicologici e vi apportò le necessarie correzioni. I comandi rispondevano alla perfezione al tocco delle sue dita.
— Vi sembra che vada bene, dottor Steinmann?
Il dottore alzò gli occhi dal quadro dei comandi: — È una bellissima macchina, Santità.
Benedetto XVI annuì: — Di fabbricazione tedesca. So che sono molto bravi nel costruire macchine psichiatriche. — Poi il Papa andò a sedersi sulla poltroncina destinata all’esaminando e incrociò le mani in grembo. — Cominciamo?
— Se siete pronto.
— Sono pronto — disse il Papa.
Steinmann andò a sistemare il casco sulla testa tonsurata. I contatti scivolarono così perfettamente al loro posto che gli venne il sospetto che la macchina fosse stata costruita su misura per quel paziente. Poi tornò ai comandi, infilò il proprio casco e premette un pulsante. Il pannello si accese.
— Non sento niente, dottore — disse calmo il Papa.
— Non potete sentire niente, ancora — disse Steinmann. — Occorre lasciar passare un certo periodo, mentre ci sintonizziamo. — Controllò i quadranti. Nonostante la calma apparente, gli indici della respirazione, del battito cardiaco, della pressione sanguigna e della traspirazione di Papa Benedetto erano molto superiori al normale.
— Possiamo parlare? — chiese il Papa.
— Sì. Non altera i risultati e, caso mai, può essere di qualche utilità. — Regolò ancora qualche comando, esitando. — Anzi, tanto per rompere il ghiaccio, avrei bisogno di farvi qualche domanda.
L’altro ebbe un lieve sorriso. — Vorreste, per esempio, sapere quali sono i miei sintomi?
Steinmann lo fissò. — Sì. Immagino che abbiate mostrato alcuni sintomi, altrimenti non mi avreste chiamato.
— La vostra supposizione è esatta, dottore — disse il Papa. — Ho avuto quelle che si potrebbero definire esperienze allucinatorie.
— Allucinazioni? — precisò Steinmann.
— La Chiesa ha sempre sostenuto che esistono due diversi tipi di visioni o allucinazioni — disse, con pacatezza, Benedetto XVI. — Una visione può essere un messaggio di Dio, un’altra l’indizio di uno squilibrio psichico. Noi speriamo che voi ci possiate aiutare a determinare a quale dei due tipi appartengono le mie.
Date le circostanze, c’era quasi da aspettarselo. Soppesando con cura le parole, Steinmann rispose: — Temo che la mia filosofia non comprenda messaggi dall’Onnipotente. Il meglio che vi posso offrire è un’indicazione sulle condizioni della vostra mente. Se è sana, deciderete voi stesso la natura delle visioni.
— Non chiediamo di più — concluse Benedetto XVI.
Un lieve ronzio gli faceva vibrare i timpani, segno che il collegamento si stava instaurando. Steinmann chiese: — Le visioni hanno un senso, una forma?
La faccia rugosa rimase inespressiva. Solo gli strumenti rivelavano la tensione interna.
— Si riferiscono all’Apocalisse. Conoscete la dottrina cattolica su questo argomento?
— Solo un’infarinatura da profano — rispose Steinmann. — Non è la battaglia di Armageddon?
— Il regno del male, dottore. E la lotta contro di esso culminante nel Secondo Av-vento. Non credo che vi siate mai interessato molto al problema.
Steinmann spostò una manopola di un quarto di giro in senso antiorario. — Confesso che la cosa non mi ha mai appassionato.
— Invece, per me, è diventata un’ossessione da quando Victor Ling è salito al potere ad Anderstraad — disse il Papa, con voce atona.
Steinmann rimase così sorpreso che per poco il collegamento non si spezzò. Costrinse i muscoli a rilassarsi e passò automaticamente alla respirazione controllata di tipo yoga, necessaria per ritrovare l’equilibrio psichico. Un attimo dopo, disse con voce del tutto priva di emozione: — Temo di non vedere il rapporto tra le due cose.
Papa Benedetto sospirò. — Come sapete — disse — Apocalisse significa “rivelazione”, e la Rivelazione di San Giovanni Evangelista ha dato luogo ad una rozza mitologia e ad aspettative fantastiche: grandi bestie, draghi scarlatti, segni nel cielo… — Sospirò di nuovo. — Ma i dottori della Chiesa hanno suggerito un’interpretazione molto più razionale.
La mente di Steinmann si oscurò un attimo, per tornare a schiarirsi subito dopo. L’esperienza gli suggeriva che il collegamento totale si sarebbe stabilito entro dieci minuti. — Posso chiedere qual è questa interpretazione?
— Due sono i punti fondamentali che chiariscono il significato del libro — rispose Benedetto XVI. — Il primo è il diciottesimo versetto del tredicesimo capitolo. Nell’identificare la realtà dietro l’immagine simbolica della Grande Bestia, Giovanni scrisse: «Chi ha intendimento conti il numero della bestia: perché quel numero è di un uomo: e il suo numero è seicentosessantasei».
— E questo significa qualcosa, per voi? — chiese Steinmann, l’attenzione divisa fra le parole del Papa e i quadranti dell’apparecchio.
— Come studioso, sì. San Giovanni venne educato secondo un mistico sistema ebraico chiamato Cabala. Parte di questo sistema comprende l’identificazione di cose reali attraverso numeri associati a nomi. Essendo ebreo, voi saprete bene che le lettere ebraiche servono anche a rappresentare i numeri. Per questo, nella Cabala, è possibile dare un valore numerico a una parola addizionandone le lettere.
— E voi credete che questa addizione abbia un significato… importante?
Il vecchio Papa scosse la testa, non senza impaccio a causa del casco. — No di certo, dottore — disse sorridendo. — Io non sono un cabalista. La mia personale opinione è che questo sistema ha più a che fare con la superstizione che con la realtà religiosa. Ma ciò non ha alcuna importanza. Quello che è veramente importante è che San Giovanni seguiva il metodo cabalistico. Se noi sappiamo come lui contava le lettere del nome, possiamo ricavare a che cosa si riferivano i numeri.
— E voi sapete come contava il nome?
— Sì — rispose Benedetto XVI, con voce pacata. — È un metodo noto da secoli. Il numero seicentosessantasei si riferisce a colui che, ai tempi di Giovanni, era forse il più grande nemico della Chiesa Cristiana: il “Nero Caesar” di Roma. Traducendo il nome latino in ebraico e sommando le lettere secondo il sistema cabalistico il risultato è seicentosessantasei.
Sorpreso, Steinmann disse:
— Allora Giovanni non stava facendo una profezia? Stava soltanto indicando sotto forma occulta l’Imperatore di Roma?
— Pare proprio di sì, ma prima di parlare di elementi profetici, dobbiamo scoprire il significato del secondo punto fondamentale. Gli storici della Chiesa, come forse sapete, accettano la dottrina dei corsi e ricorsi storici.
Il ronzio cambiò tonalità, indicando che mancavano meno di cinque minuti al collegamento. — A quanto ne so, gli storici della Chiesa non sono i soli — disse Steinmann.
— Infatti. È una dottrina rispettata, in genere, anche dagli accademici. — Il Papa tornò a sorridere. — Interessa persino la vostra specializzazione. L’inconscio collettivo della nostra specie elabora schemi tra loro simili, ad intervalli prevedibili. Tali schemi possono diventare relativamente chiari, offrendo così una prospettiva storica abbastanza ampia. Ma non addentriamoci negli aspetti tecnici, dottore. Basterà dire che lo schema che produsse Nerone si ripeté nella Germania del 1930 quando sorse il movimento nazista. Noi sospettiamo anche che possa ripetersi oggi, che stia ripetendosi… — esitò un attimo, poi aggiunse, sottovoce: — Ad Anderstraad.
Steinmann provò una stretta allo stomaco. — State dicendo che lo schema che originò l’Anticristo Nerone e l’Anticristo Hitler ha oggi suscitato un altro Anticristo in Victor Ling?
— Non affermo niente del genere. Ma, come Papa, devo tenere conto di ogni possibilità. Anche se non professate la nostra fede, potete ugualmente capire quale importanza noi daremmo ad una tale eventualità. Se Ling è realmente il punto focale delle stesse forze inconsce che produssero Nerone, allora Ling non è soltanto un politicante turbolento, ma la manifestazione del grande nemico della Chiesa. E, come tale, la Chiesa deve prendere posizione contro di lui.
— Una posizione militare? — chiese Steinmann, sempre in preda a forte tensione.
— Adesso ne abbiamo la forza.
Era una constatazione di fatto. Sebbene i suoi interventi fossero rari, la Chiesa Militante restava uno dei fattori più importanti nella moderna politica internazionale. Mentre questi pensieri turbinavano nella mente di Steinmann, intrecciandosi al ricordo di Sarai, lui premette il pulsante che attivava il Rhamboid. Il ronzio diventò più acuto. — E le vostre visioni, come entrano nel quadro?
  • — Confermano i sospetti dei nostri storici — disse il Papa, a bruciapelo. — Suggeriscono che la Chiesa Militante attacchi direttamente Anderstraad. Adesso capite perché sia tanto importante determinare il grado della mia sanità mentale?
  • — Sì mormorò Steinmann. Il procedimento Rhamboid immobilizzò il suo corpo, poi scagliò la sua mente nel vortice per collegarla con la psiche del Papa.
  • — È stata un’esperienza interessante — disse Benedetto XVI, dopo che gli fu tolto il casco. — Devo confessare che la reazione predominante in me è un senso d’imbarazzo.
  • — È comprensibile — disse Steinmann. — Questo esame è l’equivalente psicologico del mostrarsi nudo in pubblico.
I vecchi occhi castani si fissarono in quelli dello psichiatra. — E il risultato, dottor Steinmann? Potete dirmi il risultato?
Steinmann si strinse nelle spalle. — Non posso dire quale sia l’origine delle vostre visioni, ma la mia opinione è che siete sano.
Papa Benedetto si raddrizzò, come se gli avessero tolto un peso dalle spalle. —Grazie, dottore — disse con voce pacata. — Questo faciliterà le nostre decisioni.
Orsini gli mise in mano un pacchetto. — Il vostro onorario, dottore. Anche se non avete fissato alcuna cifra, credo che lo troverete adeguato.
Steinmann intascò il pacchetto. — Grazie.
Percorsero i corridoi del Vaticano, un po’ impacciati, fino a una porta massiccia.
— Devo lasciarvi — disse Orsini. — Un sacerdote vi accompagnerà ai cancelli. Troverete un aereo privato ad aspettarvi.
— Sorrise. — Per fortuna non c’è più bisogno di segretezza, sebbene sappia che possiamo senz’altro contare sulla vostra discrezione.
— Non dubitate — disse Steinmann. Poi, esitando: — Cardinale Orsini…
— Sì, dottor Steinmann?
— Sua Santità era già stato sottoposto ad un esame Rhamboid, non è vero?
Orsini lo fissò per un momento, poi annuì. — Come avete fatto a scoprirlo?
— È una prova molto impegnativa, e io non l’ho preparato con la cura dovuta… stavo pensando… ad altro. — Il ricordo di Sarai l’aiutò a dominarsi, e continuò: — Le reazioni, a fine esame, non sono state quelle di chi, per la prima volta, si sia sottoposto a un Rhamboid. Era troppo calmo.
— Vedo — disse Orsini.
Con la mano sulla serratura a pressione della porta, Steinmann disse ancora: — Posso sapere chi l’ha sottoposto al primo esame?
— Io — rispose Orsini. — Ho avuto un certo addestramento di psichiatria.
Steinmann gli puntò gli occhi addosso: — E le vostre conclusioni?
Sul viso di Orsini non apparve il minimo cambiamento d’espressione. — Identiche alle vostre, dottor Steinmann. Ho trovato Sua Santità sano di mente.
— E allora, perché chiamare me?
— La Gerarchia Ecclesiastica ha insistito. Secondo loro, come cattolico e come cardinale, avrei potuto inconsciamente essere parziale nel mio giudizio. Volevano perciò una conferma da parte di uno psichiatra di un’altra fede e, di conseguenza, più obiettivo. Voi, dottor Steinmann. E, per fortuna — Orsini sorrise — il vostro parere concorda con il mio.
Steinmann abbassò la voce a un soffio: — Il Papa è matto, cardinale Orsini.
L’altro annuì gravemente:
  • — Lo so, dottore.
  • — Le sue allucinazioni sono il diretto risultato di una schizofrenia monodirezionale.
  • — Esatto — convenne Orsini.
  • — L’esame Rhamboid non dà adito a dubbi.
  • — No, è vero — convenne ancora Orsini.
  • — Perché allora avete dichiarato sano di mente Papa Benedetto? — chiese Steinmann. Non riusciva più a capire il suo interlocutore.
  • — Perché voglio che la Chiesa attacchi Anderstraad — rispose il cardinale. — Sono convinto che Victor Ling è un uomo malvagio, sia o non sia l’Anticristo. — Sorrise ancora con un’ombra di tristezza. — Vi prego di ricordare che avete confermato le mie conclusioni.
Steinmann sospirò. — Avevo una figlia, Sarai, che aderì con altri ragazzi a un movimento di protesta. Aveva diciassette anni quando Ling l’ha fatta impiccare.
— Lo so — disse Orsini. — Per questo, ho scelto voi per il secondo esame.
Steinmann uscì nel cortile. Alle sue spalle, la porta si richiuse con uno scatto.

mercoledì 16 gennaio 2019

I nostri amici più vicini


Gli angeli sono Intelligenze, composti di materia sottile, praticamente luce che penetra ovunque. Mercuriali, messaggeri, istruttori, talvolta monelli. Un angelo va dove è la luce, evitando accuratamente l'addensarsi della materia nelle ombre, nel buio, nell'oscurità. Non per timore, ma per scarsa simpatia. Per la disarmonia, rumore, stonatura che un simile volo troppo radente comporterebbe... Vi è chi guida e custodisce il singolo uomo e chi un paese, un continente, un mondo. Guardiani di porte dimensionali, ma anche di punti-ciechi per rintuzzare quando possibile i loro omologhi oscuri. Alcuni presiedono al passaggio degli esseri umani da uno stato ad un altro. Altri, pochi a dirla tutta, orientano i pellegrini lungo le vie iniziatiche: in sogno, attraverso segni, anche prendendo sembianze umane. Sorvolano i campi di battaglia onde evitare che i goeti assorbano le latenze psichiche dei cadaveri.

domenica 7 ottobre 2018

CI AVVICINIAMO ALLA FRONTIERA DEL TEMPO




Leggo le vicende dell'Europa con somma tristezza. Tutto si liquefa. E pare ogni cosa avere un destino irreversibile. Draghi assedia Roma, come millenni fa fecero i germani. Oggi l'Europa è solo il regno del disamore di sé e della propria storia. Dimenticate e frettolosamente sepolte le radici della civiltà occidentale, realtà potente, che seppe dare alla comunità dei popoli europei la forma e il carattere che s'imposero, modello esemplare ed egemone, in tutto il mondo.

Chi difende più i nostri valori, l'identità e l'orgoglio della cristianità-Europa, quella auspicata da Novalis?

Abbattere muri, costruire ponti, integrazione, accoglienza, son tutte formule che presagiscono altro. C'è dietro un piano che ci porterà verso la grande divisione. La cesura sarà drastica, e coinvolgerà tutti. Anzi, già si vedono le prime avvisaglie. Il tempo scorre velocemente come mai prima. E posso affermare senza tema di smentita che tutte le vestigia del Santo Impero sono oggi liquidate: siamo definitivamente usciti dall'età sacrale per giungere al grande rovesciamento. Non sono più le cose umane che s'incaricano  di difendere le cose divine, bensì queste che si offrono a difendere le cose umane - se queste non rifiutano l'aiuto offerto.

Forze distruggitrici vorrebbero asservirci e incatenarci, e cosa si erge nel deserto dei valori per contrastare l'onda d'urto?

La storia del mondo procede simultaneamente sulla traiettoria degli oscuri asura (i titani) e su quella dei Dêva (forze della Luce). In questa ultima epoca, il duplice simultaneo percorso ci porterà in una sorta di conflagrazione vivificatrice. In singoli e in piccole comunità, di cultura e religione diverse, si notano già immense fermentazioni spirituali. Avidi di autenticità, di franchezza, di dedizione a un compito comune, siamo noi, gente di frontiera; scopriamo con una sorta di ebbrezza il mistero dell'essere umano, le possibilità e le esigenze dell'amore fraterno. Rinasce in noi la nostalgia del Vangelo e di Gesù: pur essendo ebrei, islamici, buddisti, induisti, convertiti come Alce Nero, aborigeni non integrati d'Australia che attendono la fine dei giorni. Un ritorno verso casa ci pervade.

Talvolta in greggi sparuti, si conosce il segreto delle microazioni, della fede ardente e purificata, una passione dell'Assoluto, un fervido presentimento della libertà, dell'ampiezza e della varietà delle via di Dio. Secondo gli alchimisti il compito è “diffondere la luce e riunire ciò che è sparso”. Noi gente di frontiera, prossimi alla nuova alba.

venerdì 31 agosto 2018

La guerra delle anime

Siamo in guerra da millenni, ininterrotta fino ai giorni nostri, ma i tiggì di Stato parlano d'altro. Del resto codesta guerra è di un tipo un po' speciale. Già, non ci sono eserciti contrapposti né incrociatori o aerei saettanti sulle nostre teste. I segnali ci sarebbero, ma siamo troppi impicciati in faccende serie, semiserie, decisamente facete. I drammi personali e collettivi ci impediscono, poi, a vederci chiaro. La guerra è asimmetrica quando non addirittura elusiva. Per questo diventa problematico percepire l'aria che tira. I popoli tutti sono in pericolo di estinzione contro un'élite sprezzante di ogni etica e umanità. Vogliono rubarci l'anima e per riuscirci, abbattono muri, seminano odio, relativizzano le religioni fino a svuotarle del sacro. Niente è più lo stesso. L'élite è in sostanza una sètta devota al Male, composta da sicari professionisti, banchieri, politici corrotti, terroristi, depravati: in breve, la cosiddetta normalità ma assunta a categoria teologica. Il pericolo sta proprio in questo. Non si tratta più di movimenti d'opinione, di partiti, ma di eggregore, stati d'animo sparati nella nostra psiche ogni giorno. Non è più tempo di tergiversare. Ogni essere umano sveglio deve difendere quanto ha di più caro, la libertà per tendere a Dio. Chi lo impedisce conosce ogni nostro difetto, dubbio, tentennamento. Tempo verrà che non potremo più avere alibi. Dovremo scegliere sotto quale bandiera combattere.

domenica 1 luglio 2018

A PROPOSITO DEL GRAAL

Chiesi del Graal a Scandurra in più occasioni, se esisteva e in caso affermativo cos'era. Su questo mito o leggenda, già a 13 anni avevo letto articoli (Il Giornale dei Misteri) e libri reperiti a Roma (Libreria Rotondi) e a Milano (Castelli), il cui catalogo specializzato in occultismo era assai fornito e che a stretto giro di posta ti recapitava testi altrimenti sconosciuti alle librerie generaliste. Dapprima il "fruttarolo" mi canzonava storpiando il nome, poi vedendomi convinto e serio, mi rispose. Una delle tante risposte che come tanti tasselli completano il quadro.

"Il Graal è semplicemente una vibrazione che avverti sullo sterno, che però contiene ogni cosa. Una scarica elettrica tremenda e dolce. Una specie di potere infinito, che ti dà gioia senza limiti. Ma è soltanto una vibrazione, così immensa che a mala pena entra dentro la bottega… che è anch'essa immensa, eh eh eh."

Rimasi perplesso. Non capivo. Poi gli domandai dove si trovava.

"Se pensi dove si nasconde il Graal, è molto lontano. Se tu lo percepisci qui, vicino alla tua fronte, che ti sfiora, se lo senti vibrare, esso è qui, vicino a te. Non va dall'esterno al tuo interno, no, è ovunque. Allora, in questo caso, il Graal è dovunque lo porti con te. Prima di Gesù era invisibile, dopo la Sua resurrezione si è visibilizzato."