Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

domenica 9 aprile 2017

Ritorno all'origine

Il tramonto della civiltà umana corrisponde ad un attacco premeditato alla nostra vita interiore. L'era della quantità ispessisce il sottile. Le stesse religioni son spinte dall'insana voglia di adeguarsi ai tempi e, non a caso, denunciano una sterilità spirituale senza precedenti. La nostra frammentazione interiore è conclamata. Generalizzo? Facciamoci un bell'esame di coscienza, se la troviamo ancora; oppure tentiamo di entrare in uno stato meditativo e poi mi direte. Far l'analisi dello stato attuale delle cose mi pare fin troppo facile, difficile è trovare una possibile soluzione. Possibile per il singolo, ma diventa impossibile per l'intero consorzio umano. Abbiamo bisogno di tendere verso una ricomposizione della nostra anima. Riconquistare una vita che sappia ricomporre le nostre basi materiali in un’unità spirituale superiore. Bisognerebbe imparare a vivere come monaci-cavalieri del nostro tempo, cercando tutto ciò che ci nutre l'anima, ciò che ci fortifica, cosa? Luce, esclusivamente, tutto ciò che è luminoso. Un contatto religioso, simbiotico con la natura che non sia turismo, un rapporto con il tempo che non sia compulsivo, la possibilità di arrivare a farsi un’opinione su fatti importanti solo dopo una lunga riflessione, coltivare rapporti umani che indichino l’alto. Conversare lentamente, leggere con attenzione, camminare nei boschi, pregare a lungo in silenzio. Adorare. Faticare, dormire, mangiare con gusto, digiunare con regolarità, saper godere di alcuni semplici piaceri e sapersene astenere. Narrare e ascoltare storie potenti. Rinunciare a una massa di informazioni che non ci riguardano e non ci servono e avere invece la massima cura della verità. Un nuovo templarismo, che segua un codice fedele ai principi sebbene dissimile dalla vecchia forma medievale. Non ci mettiamo a ricostruire l'antico Ordine, ma seguiamo lo spirito di lealtà, valore, coraggio, onore, umiltà. La fede, innanzitutto. Ma cos'è realmente, oltre le definizioni religiose? Nei Vangeli viene presentata come un seme nella mente dell'uomo. Se avremo la fede pari ad un granello di senape, niente sarà impossibile. La fede è un seme, ed è qualcosa di organizzato, ha la vita propria in se stesso, può crescere da solo. Se un uomo possiede un seme di fede in sé, allora è vivo, risvegliato realmente. Siamo una generazione (millenaria, in senso spirituale) incredula e perversa. Chi si volge in molte direzioni è perverso, come insegna la semantica e questo vuol dire che non avere nessuna fede, non possederne le qualità è collegato al volgersi in molte e differenti direzioni, a non avere una direzione unica da seguire. Nella vita ordinaria cambiamo opinione, strada, convinzione con estrema facilità, senza bussola vaghiamo nell'oscurità. Diciamocela tutta: siamo banderuole. Circostanze e mode ci fanno mutare umore, filosofia, certezza. Ogni sensazione ci induce a vedere la vita diversamente da un momento prima. Finché le condizioni generali della vita rimangono le stesse, crediamo di avere una certa stabilità interiore permanente. Tutto ciò è raramente dovuto a qualcosa che c'è in noi. Senza un fine siamo perduti. Il genero umano, senza la fede, è in balia del potere della Luna. Solo se ci svegliamo dal sonno possiamo riveder le stelle. Andare oltre la propria mente ordinaria è fede. Liberare il seme che è in noi, profondo ma dormiente. Ecco la parola magica: svegliarsi. Quando Gesù dice: “Lascia i morti seppellire i loro morti” (Mt. VIII, 22), non si riferisce ai morti in senso stretto. Gli uomini vengono divisi in morti e vivi con un senso ben preciso. I vivi sono coloro che hanno qualcosa di vivo in loro e quelli che non ce l'hanno sono già morti. Un uomo, tutto preso dalla vita e che non vede altro che gli interessi del mondo, del potere, del denaro, della posizione e della rivalità, è morto. Mario Draghi ben rappresenta un uomo morto che non sa di esserlo nemmeno, altrimenti sarebbe vivo. Sarà difficile che un uomo morto sopravviva alla sua morte. Il Vivente che è in noi, il seme immortale che direziona il nostro agire e che trasforma la nostra stessa natura caduta, è lì, a portata di mano, basta attrarlo, farlo salire finché ci irrorerà di quella Luce del Grande Mattino del Mondo e che dal Tabor Gesù ha di nuovo riverberato lungo i secoli, fino all'ultimo giorno.