Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

martedì 26 luglio 2011

IUS 41



Grande come Piazza del Comune, simile all'otturatore centrale di una macchina fotografica, la bocca gigante si trovava perfettamente al centro del cratere. Lentamente ci avvicinammo e con la medesima lentezza una serie di lamelle poste sullo stesso piano, sei per la precisione - imperniate su due circonferenze concentriche che si muovono una al contrario dell’altra - si mossero verso l’esterno e ci consentirono di passare. Una corrente fluida mi sospinse dolcemente fuori dalla tavola volante e mi sentii sospeso e con un movimento rallentato planai verso il piano sottostante. Gli uranidi, con le rispettive navicelle interdimensionali, scomparvero alla mia vista e mi ritrovai solo soletto dentro un cratere lunare. Cacchio! E adesso? Una debole luce verdastra a mala pena illuminava quel luogo. Le lame sopra di me si richiusero senza rumore. Già, sulla Luna non essendoci atmosfera i suoni... A quel punto, ebbi uno scuotimento formidabile per tutto il corpo. Vomitai pure quello che non c'avevo e colpi di tosse che sembravano non finire mai mi fecero stramazzare al suolo. Percepii tutto il mio corpo e la mia natura di essere umano, proprio lì dentro. Chiuso e, pensai, prigioniero. Lo stato sidereo era meno di un ricordo. La carne mi bruciava e le sensazioni psichiche ritornarono ad invadere la mia mente. Il peso dell'umano si faceva sentire, eccome. Caspita. Era tutto vero, reale, maledettamente tosto. Respiravo, sentivo l'ossigeno che mi riempiva i polmoni. Ma allora prima, quando quegli esseri eletti mi traghettavano da un universo ad un altro, come facevo? Non avevo memoria di aver respirato. E ora? In quel momento, l'esperienza e gli insegnamenti di Scandurra – dove sei? - mi ridiedero forza.

Quando procedo da solo - mi suggeriva il rapporto ispirativo scandurriano cui non sarei stato più in grado di sfuggire - mi lascio abbandonare all'istinto magnetico, esso mi guiderà sostenendomi anche e specialmente in quei posti senza voce, senza variazione di forme. Un altro aspetto del bagliore, del lumen che viene in mio soccorso. Grazie ad esso, non mi prenderà al collo la cosmofobia. Sarò invece investito da una provvidenziale onda rivelativa senza limiti di spazio e di tempo, attraverso impulsi di alto magnetismo immaterializzato.

L'area circolare dentro la quale mi trovavo, divenne più chiara. Ciò mi permise di intravedere sulle pareti pannelli di metallobronzo e meccanismi composti da perni, rocchetti, ruote seghettate; riquadri indicatori, leve e pulsanti di varia grandezza. Vu meter quadrati rotondi, triangolari si alternavano a maniglie verticali e bobine. E poi morsetti, raccordi, canaline, manicotti. Da alcuni condotti fuoriuscivano vapori grigiocelesti che formavano colonne-serpentoni che toccavano il soffitto del locale. Mi trovavo veramente sul satellite della Terra e in quale epoca? Tutto lasciava intendere che mani umane avessero toccato quel posto dimenticato. Sentivo, ormai, con assoluta certezza che uomini come me si trovavano sulla Luna da un bel po' di tempo. Mi avvicinai a quei pannelli elettro-termo-meccanici. Toccai una maniglia. Era concreta, solida. La superficie dura e porosa, mi dava la strana sensazione di essere familiare e al tempo stesso extraterrestre. Mi feci guidare da quell'istinto magnetico che mi diresse verso una porta rettangolare. Come per magia si aprì da sola e una valanga di vapore caldo mi investì.

Mi venne in mente l'immaginario letterario di Giulio Verne. Forse non era fantascienza quella che leggevamo da ragazzi. Eravamo proprio sicuri che la tecnica e la scienza nata dalla modernità fossero il prodotto più avanzato della storia umana?

La civiltà di Atlantide aveva raggiunto livelli di conoscenza incredibili. Avevano esplorato mondi e dimensioni, costruito macchine stellari e manipolato ogni tipo di energia e dopo la sparizione del continente, un bagaglio di sapienza e di tecnologia era pur sopravvissuto e trasmesso a pochi superstiti. Scandurra era considerato in quella parte di universo, un atlantideo. Usava spolette che gli permettevano di immergersi in varchi interdimensionali attraverso botole cosmiche. Era lui stesso una spoletta e ne avevo potuto apprezzare le gesta. Perché escludere che la Luna fosse abitata? Perché considerarla soltanto un ciottolone che girava intorno al nostro pianeta? Quali segreti custodiva? Non era solo appannaggio di poeti e romantici credere alla sua natura animata e qualcosa mi diceva che tracce del continente scomparso le avrei trovate proprio lì.

Gli esuli di Atlantide avevano comunque conservato intatte le capacità fantastiche tipiche del loro elevato grado di sviluppo, ciò non escludeva quindi che potessero muoversi a piacimento dappertutto, indipendentemente dalle ere storiche. Extrastorici, tuttavia interagivano a volte con noi. Operavano in segreto, sebbene qualcosa traspariva dalle cronache e dai miti degli antichi popoli sumeri, maya, indù. Egiziani, greci, romani e germani ci raccontavano cose prodigiose, magiche, sovrumane. Innalzavano monumenti immani per collegarsi al faro-pinnacolo galattico. E i costruttori di cattedrali? Le pietre soniche, gli archi a basso magnetismo e gravità limitata, i demoni cristallizzati da furbi alchimisti, le loro ubicazioni a terra che rimandavano ad una mappatura celeste, gli spinotti cosmotellurici... Quante conoscenze andarono sepolte o tradotte male? Quanti uomini si fecero custodi di segnacoli ed energie mascherate per i profani?

Attraversai la porta. Ero in ballo. Avrei incontrato sicuramente qualcuno che mi avrebbe parlato del futuro della Terra. Avevo un compito pazzesco, ingombrante e pesante per le mie possibilità, ma non potevo certo tornare sui miei passi. Mi toccava. Un'altra porta di ferro a pochi metri si aprì e intravidi un salotto, credo stile ottocento, decisamente terrestre. Vi entrai. Una lampada dalla luce soffusa era accanto ad un signore seduto in poltrona. Era un giovane uomo vestito in linea con l'epoca dell'arredamento. Egli si alzò e mi venne incontro con fare cordiale, anzi, si mostrava contento. Ma io lo conoscevo. Un vecchio allievo di Scandurra... e che abitava sulla Luna. Ero fuori di testa, evidentemente.

  • Angelo ti aspettavo. Bello rivederti. Siediti – mi indicò una poltrona a fianco della sua - che sarai abbastanza scosso dal viaggio. Il nostro compito è quello di far comprendere a tutti che soltanto un atto di conoscenza può farci uscire dalle paludi del nostro tempo. Esso prelude al grande cambiamento. Ricordo che sei astemio, ma un brandy è quello che ci vuole.


mercoledì 6 luglio 2011

IUS 40



Contemplando quella magnifica natura, mi lasciai condurre dal fiume dei miei pensieri; meditazioni su svelamenti. Non esiste un solo universo, e quello che vediamo non è il più importante. Ho scoperto cosa c’è “dietro” il visibile, l’invisibile, l’altro sole... lo spazio è contenuto nel Pensiero. Con i viaggi cosmici scoprivo l’infinito nelle cose. Perché la vera mistica non è che lo straordinario dell'ordinario. Il reale è molto di più di quello che i nostri sensi possono percepire. Il miracolo è alla radice delle cose, è l’essere stesso di ciò che siamo e di ciò che ci circonda. Scandurra mi dimostrava ad ogni occasione che il sovrannaturale è implicito nel naturale. Noi troviamo la vita al suo più alto grado d’intensità. Siamo alchimisti perché purifichiamo la terra col nostro corpo. Noi viviamo ogni istante l'esperienza d'un Universo la cui immensità, mediante l'alchimia dei nostri sensi e della nostra ragione, si raccoglie sempre più semplicemente in ciascuno di noi. Non da tutti è percepita coscientemente, ma è comunque vissuta, registrata, interiorizzata. Anche il nostro corpo è tessuto di immensità, attraversato da linee epidermiche, strade connesse all'infinito. Parti di un tutto. Si stabilisce sin dall'inizio un vincolo organico tra il Divino e ogni uomo. Il decadimento dei mondi e dell'asse strutturale ontologico poi, attenuerà tale rapporto, ma non potrà mai essere reciso, perché noi esseri viventi siamo penetrati nell'Universo da una porta sovrannaturale. Scandurra direbbe che l'umanità così come la conosciamo e tutte le civiltà extraterrestri, sono apparse da un numero consistente di botole, athanor cosmici al servizio di fabbricanti d'universi. Le botole, ma cosa sono in realtà? Sono punti di transito che possono essere confrontati ai cambiamenti di stato (solido, liquido, vapore) dei corpi fisici. Quando la superficie si riduce a un punto, il solido cede, il liquido bolle. Sarebbe come dire che al punto critico di una curva geometrica si produce una reazione chimica, l'intensificazione di un colore produce l'energia elettrica, ecc. La sfera intera delle cose si trova ad avere la proprietà essenziale di contrarsi poco a poco sul suo centro, per avvicinamento sempre più riflesso degli elementi [centri] che la compongono. L'Universo si completa in una sintesi di centri, in conformità perfetta con la legge dell'Unione. Scandurra era l'icona di questa legge, difatti cercava, quando accoglieva qualcuno nella sua bottega magica, di farsi vuoto, di non interporsi, di aprirsi simultaneamente all’altro e al Divino. Quello che compresi e feci mio dopo è che, per arrivare a questo doppio vuoto, bisogna aver raggiunto la preghiera “spontanea” che non si separa più dal respiro e dal battito del cuore.. Allora l’uomo non prega più, è egli preghiera, in lui si formula la celebrazione dell’universo, egli diviene sull’altare del cuore, il ponte del mondo. Tutto è riempito di luce.

Su quell'altissimo pinnacolo stava per accadere qualcosa di grande e, tanto per cambiare, mi sentivo inadeguato. Qualunque esperienza si possa fare, non arriveremo mai a comprendere interamente il concetto di immortale, che domina i cieli, le stelle e i pianeti, le tempeste elettroniche e termonucleari, gli orrori e gli incanti della Natura. Lassù, in prima fila cresceva in me il desiderio di eterno, di immortale. Eppure ero agitato, inquieto. Stavo per compiere un viaggio sino ai limiti del creato, del tempo e dello spazio. Certamente ci sarebbe voluta una penna ben più agile e immaginifica di quella mia, per descrivere le sensazioni sovrumane che avrei provato. Ma i grandi eventi sembrano capitare ai dilettanti volenterosi... Ogni cosa che vidi rimase impressa a fuoco nella mia giovane anima, sebbene le parole non riusciranno mai a descrivere compiutamente quanto da me vissuto.

Fissavo smarrito quel panorama, mi confondevo con esso. La coppia di stelle luminosissime si avvicinava decisamente alla nostra postazione. Mentre le osservavo concentrato, con la coda dell'occhio feci caso di sfuggita ad un fatto che la mia mente non poteva, non voleva accettare. D'un tratto, delle onde mostruose stavano sormontando le montagne tutt'intorno a noi. Dapprima sembrava un ammasso di nuvole, poi si faceva sempre più evidente un'onda immane che scavalcò le cime montane. Il paesaggio mutava velocemente. Ebbi un moto di terror panico. Cercai il braccio di Scandurra. Non riuscivo nemmeno ad emettere un suono. Il cielo diventò nuvoloso e l'onda-oceano coprì tutta la valle in un batter d'occhio a velocità altissima, fino ad infrangersi di poco sotto la piattaforma della torre. Il mare era mosso, agitato da enormi cavalloni che però rallentavano curiosamente, rasentando il bordo del piano dove ci trovavamo, senza sommergerci. Spumeggiavano, ci incalzavano, ma c'era qualcosa che li frenava, solo alcuni schizzi freddi ci colpivano. L'aria s'era fatta pregna di acqua salsoiodica polverizzata. Stavamo in mezzo ad un mare grigioazzurro. Impressionante il rombo sordo di quella massa d'acqua, come un maglio mi colpiva al plesso solare. Il maestro mi strinse il polso e ne ebbi un giovamento immediato di elettricità diffusa in tutto il corpo. Di fronte a certe cose emergeva la mia vulnerabilità, la mia debolezza.
Le stelle si avvicinavano sempre più verso la nostra direzione. E così vidi due lance volanti, che emettevano quel bagliore accecante. Sì, due barche leggere che sfiorarono agilmente la superficie delle acque, come se nulla fosse. A bordo di ogni lancia vi erano due esseri misteriosi in piedi, che ci guardavano. Il cuore mi batteva forte e la mia coscienza si accorciava in un punto piccolo piccolo. A pochi metri da noi, sospesi sulle acque, stavano quattro esseri rivestiti d'una succinta tunica rosso cupo, che lasciava vedere le gambe nude e senza maniche, stretta ai fianchi da una cintura colore dell'olivo. Giovani, dalle sembianze umane, portavano un berretto nero, che sulla fronte si apriva a raggiera e si ripiegava sulla nuca. Con mia evidente sorpresa, uno di loro mi parlò in italiano o almeno così intesi.

  • Rasserenati come la nuova veste che ti ricopre!
Guardai i miei vestiti e con meraviglia mi vidi addosso una tunica blu. Dove erano andati a finire i miei vestiti? Vivevo un'allucinazione? O cosa?

  • È il tuo corpo sidereo – mi fece Scandurra rassicurante – ora stai percependo questo tuo nuovo stato.
  • Ma chi sono? Angeli?
  • Uranidi, per la precisione, soltanto uranidi – mi corresse il maestro.

L'essere che mi aveva parlato fece un gesto universale per invitarmi a bordo della piccola barca. In maniera dapprima maldestra poi, quasi con naturalezza, spiccai un salto ed entrai nella lancia luminosa. Non sentii paura né disorientamento.

  • Approderemo oltre la linea dei mondi, per meglio vedere i tempi che verranno.

Quasi li sfioravo. Erano alti 190cm o poco più. Avevano una pelle luminosa e bianca. Letteralmente bianca. Profumavano di cose belle, anche se non saprei dire quali. Bello l'aspetto, dolce l'atteggiamento. Erano angeli?

  • Riferirai agli uomini. Comunque pochi ascolteranno. Altri navigatori prima di te, hanno visto e riferito. Ti scambieranno per folle o per profeta, l'ennesimo. Siamo esseri provenienti da altri mondi, fatti di forma che governa l'energia, come te.

Quelle frasi mi rinfrancarano. Anche se non erano angeli, sicuramente mi trovavo di fronte ad esseri così progrediti da sembrarlo. Uranidi, secondo Scandurra. Balbettai non so quali parole. Pochi istanti dopo, mentre tentavo di porre qualche domanda, la lancia si oscurò. All'improvviso l'oscurità fu rotta da due linee abbaglianti, che sfrecciavano fino all'infinito, dove pareva si congiungessero in un cerchio potentissimo, che diffondeva fasci di luce dai riflessi d'oro. Le linee partivano dalla nostra navetta sulla quale mi trovavo. Essa però aveva perduto ogni luminosità; ma correva velocemente e sicura sulle acque in tempesta, tutto superando, tutto vincendo.
Dove mi avrebbero condotto gli uranidi? Il mistero avvolgeva la mia vita. Cosa mi avrebbe riservato il destino?

  • L'atlantideo ha formato una forte genìa nel corso degli anni. Hai molto tempo davanti per crescere. Prima di te, altri della talenti si sono immersi nei varchi. Hanno veduto quello che verrà. Saprai descrivere, trasmettere e trasformare la gente che ti seguirà? È un peso conoscere, a volte acceca, perciò gli umani spesso chiudono gli occhi.

Ascoltavo sbalordito. Mi trovavo con esseri cosmici elevatissimi. Sembravano divinità greche o indù. Eppure erano come me, come ogni altro essere umano della Terra. Ogni vivente possiede un'essenza, è ciò che ci accomuna tutti.
Osservai meglio la lancia che mi trasportava. Sembrava più una tavola come quella usata dagli sportivi californiani per cavalcare le onde dell'oceano. Il suo colore era celeste chiaro. La sua base era piana ma semitrasparente. Uno strato, tipo silicone o gomma, lasciava intravedere intricati geroglifici sottostanti. Non capivo come facessero a guidare la navetta. Né comprendevo come potessi stare in piedi, dritto, senza alcuna fatica e senza avvertire la gravità e la forte accelerazione. Incominciammo ad allontanarci dalle acque, e mi sentii ad un tratto come trasportato da una forza sovrumana che mi attraeva. Salivamo a velocità pazzesca. Stavamo lasciando Deya. In quell'universo, gli astri e i pianeti li avvertivo vicinissimi, li vedevo in movimento e la mia mente comprendeva, così naturalmente, come le varie forze, sviluppantisi dai movimenti impressi loro dal Creatore, generassero altre forze, che con i loro contrasti, tenevano sospesi i corpi celesti. Ogni sole o pianeta che incontravamo, emetteva un suono. Guardavo e ascoltavo. Mi commossi. L'infinito azzurro, seminato di astri, mi attraversava. Poi, una domanda scema mi distolse. Come facevo a respirare nello spazio? Lo percorravamo sopra una tavola non più grande di una barca, scoperta, e respiravamo senza problemi. Mi spaventai. Notarono la mia paura, evidentemente. L'altro che non aveva ancora parlato, sorrise e appoggiò la sua mano sulla mia spalla. Provai un tepore strano ma positivo. Gli chiesi quale fosse il suo nome, se poteva dirmelo.

  • Bina, è il mio nome. Mio fratello è Saril-Da. Gli altri due si chiamano Tion-De e Farà. Abbiamo visitato già la tua terra ed è bella. Voi siete così estremi nel sentire e nell'agire. Ho conosciuto degli uomini e delle donne. Ho apprezzato le vostre speranze, compreso le vostre paure. Attendete un segno dal cielo perché la vostra epoca è così povera di futuro. Ma perdonami, tu volevi farmi anche un'altra domanda. Non posso fare a meno di sentirla dentro di te, ma per rispetto rivolgo altrove il mio fuoco.
  • Bina, volevo chiederti come facciamo a muoverci sopra questa tavola e, poi, beh io respiro pur trovandomi nello spazio. Come è possibile questo?
  • Vuoi che ti sveli i misteri degli uranidi, così come ci chiama Scandurra? Non abbiamo divieti né limitiamo la conoscenza a pochi prescelti. Abbiamo donato tutto a tutti negli universi in cui siamo stati, e ognuno ha preso secondo possibilità e fine. Non si può riempire una brocca più della sua capacità, e la sua misura è sempre quella giusta. Talvolta gli esseri dei mondi terreni non hanno cognizione della loro grandezza ma nemmeno della loro finitudine. Ah! Vuoi sapere come ci muoviamo. Conosci di massima come certe civiltà costruiscono le loro navi stellari, come scivolano tra i varchi. Alcune usano elementi naturali seppur trasformati, altre ancora, poche per la verità, hanno raggiunto livelli insuperati. Parlo di materia binomiale, filosofale direbbe Scandurra. Ora tu ti trovi sulla prima navicella interdimensionale costruita dagli ingegneri cosmici. Viene descritta nei libri sacri di tutti i popoli. Non è immateriale come tu puoi ben vedere, eppure il suo stato è sottile. Ha due facce, esterna e interna. È indistruttibile, può essere durissima ma anche fluida. La guida è semplice: c'è un rapporto d'ordine cosmobiologico che collega la navicella al suo pilota. Attraversa i varchi tra dimensioni, perché è in grado di farsi attraversare da essi. Non è in vendita, però.
Battuta regolare. Si fece una gran risata e questo me lo rese umano.

  • Ma allora la Bibbia sarebbe una cronaca che descrive i vostri viaggi nel nostro mondo?
  • Tutte le religioni hanno origine da un'accadimento speciale: una interferenza terra-cosmo. I racconti sulle origini delle civiltà, sono descrizioni puntuali di questi contatti. Vanno però distinte le gerarchie tra i celesti e noi. Entrambi abbiamo comunque assolto a dei compiti elevati per il bene dell'umanità. Noi siamo fatti come voi, forma ed energia, i celesti, invece, sono pura energia. Poi ci sono gli oscuri e come ben sai, perseguono la distruzione dei mondi. Anch'essi si dividono in due manifestazioni, evanescenti e densi. Gli oscuri, diciamo, più densi hanno stabilito alleanze con i titani provenienti dal sottomondo. Gli altri hanno scelto di colonizzare l'anima degli uomini e di deviarne il cammino.

Ero tutto preso ad ascoltare Bina che non mi resi conto che ci stavamo avvicinando all'emisfero della Luna avvolto nella notte. La riconobbi facilmente perché intravidi la nostra Terra, azzurra e bellissima, sospesa sull'orizzonte del satellite. Insomma, avevamo attraversato un altro universo per ritornare dalle mie parti. E senza passare dagli scali. Rimasi interdetto, ma non cercai risposte subito, attesi gli eventi. Mi si offrì allo sguardo un paesaggio grigio, eppure interessante. Crateri qua e là d'ogni grandezza, catene di montagne e pianure, si delineavano nitide in quel sereno tempestato di stelle. Ma quello chi vidi mentre ci avvicinavamo ad un gigantesco cratere, fu qualcosa di stupefacente. Mai e poi mai mi sarei aspettato di vedere una cosa simile lì.