Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

martedì 28 ottobre 2014

ABRAMO IL DISTRUTTORE DI IDOLI




Il Libro delle Generazioni dell’Uomo
Traduzione di Ralph Anzarouth
E quando Avràm [Abramo] figlio di Terach ebbe 50 anni, uscì dalla casa di Noach1 e tornò a casa di suo padre. E Avràm riconosceva Dio e seguiva la Sua morale e le Sue vie, e Dio era con lui. E in quel periodo suo padre Terach era ancora comandante nell’esercito del re Nimrod e adorava gli idoli fatti di legno e di pietra. E Avram arrivò a casa di suo padre e vide i suoi 12 idoli ritti nelle loro nicchie. E Avram si adirò vedendo quelle icone dentro la casa di suo padre. E disse Avram: “Per la vita di Dio, giammai quelle icone rimarranno così in casa di mio padre. Che Iddio che mi ha creato mi faccia questo e ancor di più, se non li rompo tutti entro tre giorni!” E Avram uscì pieno di rabbia lasciandoli [dietro di sé].
E Avram uscì in fretta da quella stanza verso il cortile di suo padre, dove lo trovò seduto e attorniato dai suoi servitori; Avram si diresse [verse suo padre] e si sedette davanti a lui. E Avram chiese a suo padre: Dimmi, padre mio, dov’è il Signore che ha creato il cielo e la terra e che ha creato anche te e me su [questa] terra?” E Terach rispose a suo figlio Avram, dicendogli: “Ecco, chi ha creato tutto ciò è con noi, a casa.” E Avram rispose a suo padre: “Per piacere, mostrameli, mio signore.” E Terach condusse suo figlio Avram verso la corte interna e verso la stanza. E Avram vide, ed ecco tutta la stanza piena di idoli di legno e di pietra, dodici grandi icone e altre più piccole accanto a loro, innumerevoli. E Terach disse a suo figlio: “Ecco, questi sono coloro che hanno fatto tutto ciò che hai visto in tutta la terra; ed essi sono coloro che hanno creato me e te e tutti gli uomini della terra.” E si prosternò Terach davanti a tutti i suoi idoli e uscì di lì, e con lui uscì [anche] Avram.
E dopo essere uscito di lì, Avràm andò a sedersi di fronte a sua madre. E disse a sua madre: “Ecco, mio padre mi ha mostrato coloro che hanno creato il cielo e la terra e tutti gli uomini. E adesso prendi in fretta per me un capretto dal gregge, e fanne un pasto prelibato. E porterò questa squisitezza come offerta agli idoli di mio padre affinché la mangino, forse susciterò la loro benevolenza.” E sua madre fece così. Prese un capretto e ne fece un pasto sopraffino e lo portò ad Avràm. E Avràm prese quelle pietanze dalla mano di sua madre e le portò davanti agli idoli di suo padre. E offrì loro da mangiare, senza che suo padre Terach lo sapesse. E quel giorno Avràm restò seduto con loro e li osservò, e vide che non avevano voce, non si muovevano: nessuno tendeva la mano per mangiare. E Avràm si prese gioco di loro dicendo “Forse ora le squisitezze che vi ho preparato non vi piacciono, o forse sono troppo scarse ed è per questo che non mangiate! Domani ve ne farò altre più gustose e abbondanti, e vedrò cosa ne sarà di loro.”
E l’indomani chiese a sua madre di preparare un [altro] pasto prelibato. E [infatti] sua madre si alzò, prese dal gregge tre capretti di buona qualità e ne fece un manicaretto gustoso come piace a suo figlio. E diede le vivande a suo figlio Avràm all’insaputa del padre, Terach. E Avràm prese le vivande da sua madre e le portò nella stanza, davanti agli idoli di suo padre. E porse loro da mangiare, e ne offrì a tutti, e durante tutta quella giornata Avràm restò seduto davanti a loro, nell’eventualità che si mettessero a mangiare. E Avràm li vide, ed eccoli privi di voce e di coscienza, nessuno di loro porse la mano verso le vivande per mangiare.
E più tardi, quella sera, lo spirito del Signore ricoperse Avràm dentro a quella casa. E [Avràm] invocò e disse: “Che guaio, per mio padre e per tutta questa generazione malvagia, il cui cuore si è fuorviato verso le [credenze] insensate. Ed essi servono idoli come quelli lì, fatti di legno e di pietra, che non mangiano, non sentono odori, non odono e non parlano. Hanno una bocca, ma non parlano; hanno occhi, ma non vedono; hanno orecchie, ma non sentono; hanno mani, senza avere tatto; hanno gambe, ma non camminano. Coloro che li hanno fabbricati saranno come loro, e così tutti coloro che ripongono la loro certezza in loro, che li servono e che si prosternano a loro.”
E quando vide Avràm tutte queste cose e tutti gli atti malvagi, si adirò fortemente nei confronti di suo padre. E andò, prese in mano l’ascia, entrò nella stanza e distrusse tutti gli idoli di suo padre. E poi, quando ebbe finito di sfasciare le icone, mise l’ascia in mano al più grande degli idoli che era lì davanti agli altri, e uscì. E suo padre Terach tornò a casa, sentì dall’ingresso il rumore dei colpi dell’ascia ed entrò in casa per constatare di cosa si trattasse. E Terach sentì il rumore dell’ascia nella stanza delle icone e corse in quella stanza e s’imbatté in suo figlio Avràm che ne stava uscendo. E Terach entrò nella stanza e trovò tutti gli idoli infranti, con le pietanze preparate da Avràm ancora davanti a loro.
E Terach vide questo fatto e si adirò molto e uscì in fretta dalla stanza in direzione di Avràm. E trovò Avràm ancora seduto in casa e gli chiese: “Cosa hai fatto a tutti i miei idoli?” E Avràm rispose a suo padre Terach dicendo: “No, mio signore, ho solo portato loro delle vivande. E quando le porsi loro affinché le mangiassero, tutti tesero la loro mano prima che il più grande di essi si fosse servito. Ed il grande [idolo] vide ciò che gli avevano fatto e si adirò molto contro di loro. Andò, prese l’ascia che era in casa. Si gettò contro di loro e li distrusse tutti: ecco, l’ascia è ancora in mano sua, come hai visto.”
E Terach si adirò con Avràm per aver pronunciato quelle parole, e nella sua rabbia disse Terach ad Avràm suo figlio: “Ma che discorsi stai facendo? Mi stai dicendo delle bugie! Forse che quegli idoli hanno spirito, anima e capacità di compiere tutti quegli atti che mi hai raccontato? Forse che non sono fatti di legno e di pietra, e non sono io stesso ad averli fabbricati? E come puoi quindi raccontarmi fandonie, dicendo che l’idolo più grande tra di loro li ha colpiti? Sei tu che hai messo l’ascia in mano sua per potermi dire che è stato lui a colpirli tutti!” E Avràm rispose a suo padre dicendo: “E come puoi tu servire quegli idoli, che non hanno potere di compiere alcunché? Possono forse salvarti, questi idoli in cui riponi la tua certezza? Forse che essi odono la tua preghiera, quando ti rivolgi a loro? Se tu servi il legno e la pietra che non parlano e non ascoltano, potranno essi salvarti dai tuoi nemici, quando verranno a combattere contro di te? E adesso, non è bene che tu e tutte le persone malvagie che frequenti vi comportiate in questo modo. Siete forse folli o sciocchi, e non avete discernimento, [al punto di] servire il legno e la pietra in questo modo? E [invece voi] dimenticate il Signore Iddio che ha creato il cielo e la terra e che vi ha creati sulla terra, e gravate la vostra anima di una colpa così grave, adorando il legno e la pietra. Forse che i nostri antenati, nei tempi antichi, non avevano già commesso questo peccato e Iddio il Signore di tutta la terra li punì con il diluvio e annientò tutta la terra? E perché voi continuate a compiere questi atti e adorare altre divinità di legno e di pietra che non odono, non parlano e non potranno salvarvi dai guai e sottrarvi alla collera del Signore della terra nei vostri confronti? E ora, padre mio, interrompi questa pratica e non macchierai così la tua anima e l’anima dei tuoi familiari con una colpa.” E Avràm si affrettò, passò oltre suo padre, prese l’ascia dalla mano del più grande idolo di suo padre, lo frantumò e fuggì.

Nota del traduttore:
[1] La casa di studi di Noè, dove da 39 anni il nostro patriarca Abramo studiava la morale di Dio e le Sue vie.

venerdì 17 ottobre 2014

All'alba l'uomo nuovo sale solitario sulla cima del monte





Dice qualcuno che la vita è un viaggio, ma se non sai dove andare diventa un problema. Preti psicologi scienziati ti indicano dove procedere, sulla scorta di quanto credono di sapere e presumono di essere. Io vi dico semplicemente che ogni uomo ha la sua strada, per lo più un compito e per capire quale sia dobbiamo provare in tutte le direzioni, rischiando e parecchio, ma ci vuole coraggio da vendere, tenacia, brama, intento, altrimenti si cade in quel limbo dell’anima, in quella stanza asettica, inodore e incolore, illuminata dal neon che è la vita dell’uomo comune. Amici scegliete di vivere, totalmente, appassionatamente, decisamente, spogliandovi ad ogni passo di ciò che è accessorio, fino a rimanere nudi, liberi; cosa vi importa delle convenzioni, della soffocante morsa parassita di chi segue la corrente. Non vi fate prendere per i fondelli dall’ipnotista da fiera che vi vende l’estasi, che vi annuncia salti quantistici per una sanatoria collettiva, qui bisogna assalire il Cielo lasciandosi dietro ogni cosa, tocca sgobbare una vita per meritarsi una vita più alta. Abbiamo tutti un dono divino, per esserne degni esso va fatto fruttare, irradiare, espandere all’infinito per accedere al Regno come ci insegna Gesù, altrimenti che campiamo a fare?
Ho imparato ad aver fiducia nello svolgersi delle cose, apprendere che anche quando si presentano come frammenti di un confuso universo poi, a tempo debito, davanti a un cuore quieto e a una mente limpida sapranno, a modo loro, ricomporsi in un unico significato. Il passato di ognuno di noi non lo conosciamo realmente, magari lo rammentiamo, incontri passioni miserie scontri violenze cose, ma non riusciamo a leggerlo nella sua unità, ci sfugge l’archetipo, la stella dominante, il demone che ci ha spinto nella direzione in cui ci stavamo comunque muovendo, il fine. Il presente, poi, è in funzione dello ieri e patisce la vibrazione del ricordo.
Non ho molto da dire sulla mia vita profana. L’ho dimenticata, in realtà. Se me ne ricordassi, ricomincerei da capo il viaggio verso l’annerimento delle forme passate. Ho spezzato i vecchi legami per vivere nuove modalità di rapporto con me stesso, gli altri, Dio e il Cosmo. L’impresa più grande e dispendiosa è stata quella di domare la mente, che come una scimmia infuriata correva in lungo e in largo a scapito della mia libertà e mi rendeva prigioniero. Da ragazzetto mi nascondevo dietro false motivazioni, giustificazioni su giustificazioni, bugie, e la vocazione per le cose occulte non era pura come volevo far credere: ero interessato soprattutto a me stesso. Il possesso, di qualunque tipo, è una minaccia sottile, ci rende schiavi senza preavviso. Ci fa dominatori e ci domina. Ero ignorante e mi credevo sapiente solo perché avevo leggiucchiato qualche libro che prometteva mirabolanti poteri psichici. Imparai, finalmente, ad ammettere di non aver capito niente.
L’umanità si interroga sul suo futuro, singolo e collettivo, ma non sa da dove viene. Chiedi ad uno scienziato, un capo di Stato, risponderanno con teorie confuse. Io non ti rivelo da dove vieni, ma non pretendo neppure di importi dove andare attraverso spot propagandistici, strategie economiche, programmi politici.
Io non ho niente di solido e perciò spicco il volo costantemente, seguendo una rotta invisibile. Come gli uccelli non accumulo più nulla, non desidero la “robba”. Conosco il ciclo della vita e della morte. Se sai da dove vieni e che non finirai, allora sai.
Da ragazzo invece di godermi la primavera della vita, lasciai che mi fossero rubati i sogni. Che società è la nostra? Non ha cura dei suoi germogli e neppure di se stessa. Si trascina sui resti di dottrine servili al potere. Vende le sue gemme più preziose per quattro soldi, e resta sempre povera. Per non appartenere a questa né ad altre logiche, oltrepassai progressivamente ogni forma di credo, entrando nella Realtà Increata, quella che chiamo continuum. Sono come un corso d'acqua: attraverso, assorbo e rilascio miriadi di particelle. E non mi pare di essere chissà chi. Né un guru, né un istruttore o maestro di vita. Per carità. Posso solo dire una cosa, certa, vera, sacrosanta: ho raggiunto la vetta dell’uomo e da questo punto si comincia a vedere Dio. Non esiste più separazione tra dentro e fuori. Ciò non toglie che il mondo continui ad essere un banco di prova. Gli altri, il prossimo, la società, hanno tutti compassione di me perché non mi vedono inseguire oggetti materiali o posizioni di prestigio, mi ritengono un fallito, un perdigiorno incallito, un “cazzaro” per usare un francesismo. Ho pietà di loro perché ignorano che la povertà non mi appartiene, né la ricchezza appartiene loro. Un tempo provavo ansia per ciò che avevo e non avevo. Se non lasci quel che hai, non potrai mai godertelo. Se non sei disposto a perdere l’idea che hai dell’altro, non lo conoscerai mai veramente. Padri e figli si vivono accanto, attaccati all’opinione che ognuno ha dell’altro senza mai comprendersi. L’ignoranza è il peggior nemico di ogni uomo. Paghiamo un prezzo individuale e generale. Molti perseguono il profitto, pochi lo trovano e tutti vivono quiete disperazioni. Ognuno tiene presente solo un aspetto della realtà e ciò provoca nevrosi e depressioni: il mal di vivere ci viene dal non vivere veramente.
Non frequento le grandi città (Deya esclusa), per via del sonno profondo che le invade. Fuori da certi ritmi il cervello è più sveglio. Presto ci sarà una migrazione verso le aree rurali; la Natura e la Voce di chi ci sta a fianco torneranno a guidare le nostre decisioni, non so quando di preciso, ma avverrà presto. Ognuno cerca solo un po’ di pace, anche se alcuni la vanno a trovare nei resort e poi ricominciano da capo: potere denaro piacere. I religiosi cercano pure loro il potere, le casalinghe si identificano con i personaggi delle soap opera, gli anziani tentano ancora la fortuna al Superenalotto.
Ognuno ha diritto alla felicità, ma pochi la cercano attraverso il lavoro spirituale. Il vero potente ha conosciuto se stesso e Dio: un giorno lo scopri e la tua vita cambia. Sei miracolosamente dentro e fuori dai giochi. Ti giudicano scemo, nessuno ti comprende, ma non importa più. Questo è successo a un certo punto della storia, più o meno verso l’inizio del viaggio. Ho imparato che la rabbia va data al fuoco. Sono stato sgravato dalla zavorra dell’attaccamento e trasfigurato in una nuova identità. Con il cuore innamorato della Verità, la mente permane nella quiete. Per tutti la vita su questo pianeta è una prova, conta superarla.

mercoledì 15 ottobre 2014

UN RABBINO ANNUNCIA IL RITORNO DI GESU', MA LA CHIESA CATTOLICA E' IN TUTT'ALTRE FACCENDE AFFACCENDATA






Pochi mesi prima di morire a 108 anni, circondato dalla venerazione dei suoi discepoli, il rabbino e kabbalista Yitzhak Kaduri meravigliò tutti sostenendo di aver incontrato il Messia. Ne parlò nella sua sinagoga in un memorabile Yom Kippur, insegnando come riconoscerlo.
Ecco la cronaca di questo avvenimento così scandaloso per l’uomo moderno. Nell'autunno del 2005 il Rabbino sostenne pubblicamente, così come venne riportato dal giornale israeliano "Israel Today", di aver incontrato il Messia e di avergli parlato più volte. Su questa sua rivelazione privata, lo stesso Rabbino disse che il Messia sarebbe tornato sulla terra dopo la morte dello statista Ariel Sharon. In quel periodo il premier israeliano era ancora vivo e vegeto e nulla faceva presagire la sua fine imminente. Ebbene il 4 gennaio del 2006 Sharon, in seguito ad un attacco cardiaco, entrò in coma, mentre il sabato 28 gennaio, all'età di 108 anni, il Rabbino Kaduri, morì dopo essere stato ricoverato in ospedale per una polmonite. La cosa strana è che lo stesso Sharon è rimasto in coma per ben 8 anni e 7 giorni, fino a quando, nel gennaio di quest'anno, sempre di sabato, è morto senza più riprendere conoscenza.
Il Rabbino Kaduri, poco prima della sua fine, disse di aver lasciato scritto il nome del Messia in un foglietto chiuso che avrebbe dovuto essere aperto soltanto un anno dopo la sua morte. Quando i discepoli nel 2007 aprirono il biglietto in questione lessero la seguente frase: "Quanto all'abbreviazione delle lettere riguardanti il nome del Messia, egli rialzerà il popolo e proverà che le parole e la legge sono validi. Firmato nel mese della misericordia da Yitzahak Kaduri." Il testo venne decodificato e prendendo le iniziali delle singole parole lette in senso inverso secondo la lingua ebraica venne fuori, tra lo sbigottimento generale, il nome di "Yehoshua" che non è altro che la versione estesa di Yeshua ovvero Gesù.
Il nome Yehoshua non è una novità nell'Antico Testamento in quanto lo stesso termine venne utilizzato proprio dai profeti Zaccaria ed Esdra per indicare l'avvento del Messia. A rendere straordinario il fatto agli occhi della religione ebraica non era tanto la previsione dell'avvento del Messia in quanto tale, Messia che lo stesso Popolo Ebraico sta ancora aspettando, quanto l'averlo identificato proprio con il Gesù dei Cristiani. L'intera storia in un mondo che si dice cristiano, avrebbe dovuto avere un risalto enorme. In Italia ci sarebbe dovuta essere una reazione proporzionata alla notizia, di sorpresa o di scetticismo, che so, comunque un’attenzione speciale per un fatto che io reputo straordinario, invece? I tiggì di solito così sensibili ad ogni parola, respiro, battuta del papa, tacciono e Santa Romana Chiesa impegnatissima com’è sul fronte sociale e umanitario (dichiarazioni di intenti e auspici, of course), su temi trascendentali… beh, da tempo c’è un imbarazzato silenzio. Lo strano caso, dopo alcuni anni di oblio, è quindi tornato prepotentemente di attualità in Usa proprio quest'anno in seguito alla recente scomparsa di Sharon. Come detto, in Italia è notizia che non fa notizia. Gesù è ormai una figura sempre più relegata ad una funzione pedagogica, simbolica, certo, un esempio di bontà, di sentimenti elevati, un maestro dei tempi moderni come Steiner, ma spogliato della Sua divinità se non nella forma sicuramente nella sostanza. La ricezione del Cristo oggi è smussata, addolcita, venerata certo, ma collocata in una dimensione soggettiva, privata, sfuocata. Gesù non è che un fantasma, evidentemente per alcuni lassù, sul Colle Vaticano, è bene che resti tale. Le realtà ultime, l’escatologia, assumono marginalità in una cultura agnostica e riduzionista ormai diffusa. La religione cristiana è ridotta (almeno è questo che vedo) ad un bignamino di buone intenzioni, un vademecum per la coscienza di cittadino sia esso ateo o credente, un corollario alla Carta dei Diritti dell’Uomo. Il Ritorno di Cristo, è un capitoletto in appendice di qualche manuale teologico per seminaristi frustrati e annoiati. Ve l’immaginate il papa che cede la scena a Gesù? I papa-boys avrebbero sicuramente da ridire su una tale eventualità, visto che hanno impostata la loro vita sull’idolatria di un uomo biancovestito… Oggi la visibilità mediatica è tutto e sembra proprio che si è qualcuno se si appare in tivvù o si twitta sul web. Più precisamente mi viene da pensare: le alte gerarchie, alte non so per quali meriti, salvo eccezioni che pur ci sono, hanno ancora fede nel ritorno del Messia? Soprattutto credono nella resurrezione di Gesù? O interpretano soltanto un ruolo di comodo, fatto di privilegi, in cui sono osannati, baciati, riveriti, accuditi, sollazzati a volte, al riparo dalla durezza della vita, attori nella più sconcia pantomima della storia?
Santa Caterina da Siena scrisse a Papa Urbano VI° di non preoccuparsi dell’opinione del mondo, ma della Volontà di Dio. Sembra, invece, che l’apertura a ciò che mondano e il dialogo a tutti i costi, conti più del portare l’Evangelo Eterno fra gli uomini. Secondo papa Francesco, non si deve convertire nessuno, basta con i pescatori d’anime, ognuno c’ha la sua bussola, ossia la coscienza, per seguire una strada, qualsiasi, è sufficiente avere una pallida idea di cosa sia il bene e il male… tutto è relativo, quindi. Né dogmi, né religioni: sembra di sentire John Lennon in salsa sudamericana. Però papa Francesco piace alla gente che piace: piace a Dario Fo, a Benigni, a Scalfari, alla stampa di regime, ai progressisti di tutto il mondo, insomma piace a tutti… o quasi. Sempre lassù, sul Colle Vaticano, non si sono evidentemente accorti della situazione in cui versa il mondo. Il cattolico si trova prosciugato della sua storia e della sua pluralità culturale e religiosa. Tutto per venire incontro all’uomo moderno: eppure l’uomo moderno ne sfugge e ci sta con disagio, come non fosse più la sua chiesa.
Alla luce di questi fatti che reputo gravissimi, per chi scrive ce n'è a sufficienza per considerare con attenzione quanto l'anziano Rabbino volle otto anni fa annunciare al mondo. Una cosa poi che ha dell'incredibile è che, in seguito all'apertura del biglietto cifrato, molti discepoli dello stesso Kaduri si convertirono spontaneamente al Cristianesimo.
C'è in tutta questa storia un qualcosa di provvidenziale, soprattutto se pensiamo a quello che successe nell'imminenza della prima venuta di Cristo quando tre maghi, appartenenti a religioni molto diverse dallo stesso Ebraismo, si misero in cammino verso Betlemme ben sapendo in anticipo chi e cosa avrebbero trovato. Non vanno sottovalutati poi altri segnali concomitanti, come le profezie di carattere privato, come le rivelazioni degli stessi veggenti di Fatima e di Medjugorie che sembrano andare nella stessa direzione: quella di un cambiamento imminente e traumatico nella storia dell'umanità. Ma soprattutto dovrebbe essere ciò che sta succedendo nel mondo a far suonare un campanello di allarme nelle nostre orecchie tappate: un mondo che sembra sempre più sprofondare in una nuova era di barbarie e di violenza con tutto quello che ne consegue. Ma, come ci dice il messaggio evangelico, abbiamo un Salvatore già venuto sulla terra a indicarci la strada per uscire fuori dall'inferno in cui ci siamo gettati: rivolgersi a Lui sembra essere ancora l'arma più efficace per allontanare timori e inquietudini sul futuro, basta avere l'umiltà per farlo.