Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

lunedì 15 febbraio 2016

Visioni di un antico avvenire




Quando siamo bambini sentiamo il futuro come i pesci del Diluvio. Sappiamo cosa succederà, ma non possiamo avvertire nessuno: chi mai ci crederebbe? Un senso di impotenza ci assale e col tempo perdiamo la magia. Man mano che cresciamo e che i nostri corpi si avvelenano di cibo e di sofferenza, e man mano che le nostre anime diventano sede di pensieri e di sogni contaminati, perdiamo quei sensi incantati, rinunciamo a quelle forze sovrumane. Per questo Scandurra, per esercitare appieno i poteri dell'aria e del fuoco, per sviluppare al massimo la potenza del suo sguardo, ha mantenuto intatta la sua natura creaturale, ancestrale. Ci diceva:

Risuonano ancora i passi degli dèi che siamo stati prima di diventare uomini, i passi delle potenze, delle energie, delle visioni, dei voli magici che ognuno di noi ha conservato. E anche ciò che abbiamo sentito prima, tutto questo risuona nella notte della selva* [*la memoria ancestrale]. Dentro ognuno di noi, nei ricordi di ciò che abbiamo ascoltato durante la nostra vita, balletti e pifferi e promesse e menzogne e paure e confessioni e grida di guerra e gemiti d'amore. Lamenti di agonizzanti, che abbiamo emesso o soltanto ascoltato. Storie vissute, storie future. Perché tutto ciò che ascolteremo risuona con anticipo, in mezzo alla notte della selva, nella selva che risuona in mezzo alla notte. La memoria è qualcosa di più; lo sapete? La memoria veritiera ricorda anche le cose che stanno per accadere. E persino quelle che non accadranno mai, anche questo ricorda. Pensate. Pensate un po'. Chi mai potrà riuscire a sentire tutto?, me lo potete dire? Chi potrà mai riuscire a sentire ogni cosa nello stesso momento e crederci?”.

Sul flipper la pallina corre, sbatte, accende luci, poi precipita inesorabilmente nella buca. Ecco, feci questo sogno più volte in un anno, il 1972, alternato all'incubo dell'onda gigantesca che mi sorprendeva sul bagnasciuga, mentre giocavo a riempire di sabbia un secchiello. La pallina del flipper era una piccola Terra, tutta azzurra e marrone che rotolava velocemente verso il game over. L'onda oscurava il cielo tanto era alta e altri bagnanti fuggivano atterriti. Sogni premonitori? No, sono soltanto visioni di segmenti temporali appartenenti ad una dimensione parallela alla nostra, che potrebbero tracimare nel nostro mondo, o almeno questa è la mia sensazione. Entrambi mi lasciarono sconvolto, un terrore profondo si avvinghiò intorno alla mia anima senza mai abbandonarmi.
Ho speso decenni ad osservare la nascita della paura. Dal niente, da un piccolo istante restiamo senza difesa, ecco nascere la paura. I più furbi si affrettano a ricoprirla come i cani i propri escrementi, riprendono il cammino con inalterata dignità, un'occhiata a destra, una a sinistra: niente, nessuno pare essersi accorto, la recita può continuare.
La paura e la viltà ci paralizzano, facendoci dimenticare chi siamo veramente; l'onestà, la comprensione, il coraggio, la potenza, vengono sostituiti con parvenze di personalità, stralci di essere, psichismi contorti e stitici, assumiamo un profilo sempre basso per non disturbare il grande Manovratore, il mastermind. Eppure l'insostenibile pietà che provo per il mio corpo mi persuade della sua naturale trascendenza, della potenza racchiusa nelle mie membra solo per pochi attimi messa a frutto: una qualunque mano aperta potrebbe rubare la scintilla divina e riversarla vittoriosa sulla malattia e la morte, incenerirle come lo specchio ustorio le navi assalitrici con la potenza del Sole. Ciascuno di noi sarebbe capace di miracoli per il semplice fatto di essere vivo e composto di un organismo, cioè di una forma organizzata, poi di forze vitali, poi di un’anima. Ho visto mani imposte su teste brucianti, su corpi dove già si era insediato il nemico; ammirato uomini e cose levitare; visto passare esseri attraverso i muri senza apparente cambiamento di stato; levarsi titani dai laghi vulcanici e avvicinarsi pericolosamente verso di noi; mi sono immerso dentro fossi puzzolenti per poi uscire su altre dimensioni. Siamo una piccola parte di Dio per il solo fatto di essere uomini. Dio aveva dunque dimenticato uno spiraglio nella rete compatta e micidiale della Creazione, una fessura nelle porte ferree del Regno, e da quel pertugio potevamo penetrare e depredarne i granai. Ci era del resto consentito, ma poi decidemmo di allargare la nostra conquista, la sete di dominio e di conoscenza crebbe a dismisura in noi. Violammo il limite e lo pagammo a caro prezzo. Il Padre Celeste però non ci sottrasse i poteri cosmici, li nascose nel posto più segreto dell'universo, dentro la nostra mente confusi tra sovrastrutture e latenze.
E così ci avviciniamo alla resa dei conti. Credevamo davvero di sfuggire al termine della notte? Ci risveglieremo in un'alba senza più i filtri della pietà e dell'onore. Sarà come riaprire gli occhi dopo una sbornia di vino dolciastro, conosceremo il sacrosanto terrore, antico quanto il mondo, attuale come la morte. Esso arriva in punta di piedi. Al mattino, il cielo sarà metà rosso e metà seppia. Ma non è il temporale. I padroni vi diranno che non è nulla, che si tratta soltanto di un incidente: pare, vi diranno, che abbia preso fuoco una raffineria. Fesserie. Non date mai credito a chi governa il mondo. Quel giorno la Terra sarà pallida e trasparente come mai la avrete vista prima. Accontentatevi di guardarla, non chiedete ancora spiegazioni.

lunedì 8 febbraio 2016

OLTRE QUELLA PORTA



È ora di dismettere i costumi di scena dell'Io sociale, usati, stracciati e miserabili, a costo di restare nudo. Il Sistema ci ha procurato tutta una serie di maschere, di sovrastrutture, al fine di allontanarci da ciò che siamo veramente; c'è riuscito attraverso il pensiero a senso unico, la propaganda, l'ideologia, l'adesione incondizionata a feticci scientifici, la scolarizzazione, l'ipnosi mediatica, presentandoci una religione umanitaristica svuotata da ogni anelito verso il trascendente. Gli arcontici oligarchi hanno vinto facile, dopo decenni di lavorio psichico. E ora? Beh, è tempo di levare le maschere, il carnevale dell'esistenza deve finire; è tempo di deporre gli scudi pomposi e i cuscinetti protettivi bagnati dal sudore di provvisorie agonie. Via le gratificazioni, le medaglie, via gli autoinganni e le sontuose inutilità del mondo moderno. Vogliamo rendere tutto, anche le cose usurpate.
Infine varcheremo la soglia della nostra essenza – presente ai confini dell'alba. Finalmente proveremo ad Essere, in preda ai travagli del parto pieno di promesse d'eternità. Vogliamo essere ebbri della nostra legittimità ancestrale.
Dovremo restare immobili, silenziosi nel cuore della trasmutazione, poiché regniamo su un frammento di Spazio ai margini della realtà. È il mistero dell'evidenza. Basta denudarci con un atto di coraggio e il Tempo si fermerà. Scopriremo che la linfa dei pensieri fa maturare le parole che incarnano l'idea: un'azione autenticamente magica. Se riuscissimo ad animare il nostro corpo da un ritmo universale, esso si libererà per un attimo dalla solita schiavitù. E allora ciò che diremo diventerà Parola.
Abbiamo capito che solo una notte invernale (il kali yuga, per intenderci), con tutta la sua tristezza, potrà permetterci di risuscitare l'interminabile battaglia metafisica, il senso per cui siamo qui, su questa Terra. Dovremo intravvedere un segno di intelligenza per non smettere di braccare la vita – la nostra vita; ma non ci dobbiamo illudere, lo specchio della mente farà in modo da farci vedere solo la nostra vecchiaia, l'impotenza che ci si è appiccicata addosso dopo anni di sociologiche adesioni. Dobbiamo osare, amici, osare correndo il rischio di entrare nell'ombra e cercando il passaggio segreto verso l'Io introvabile, tanto a lungo sognato. È giù in fondo al nostro abisso quell'Io antico, per millenni sepolto: eravamo dèi, tali nella nostra complessità vissuta come un insieme, capaci di assorbire tutta la sofferenza dell'umanità ma anche l'energia che alimenta gli Universi. E pensare che avevamo a disposizione la coppa dell'Abbondanza e l'abbiamo barattata per una pensione d'anzianità.

domenica 7 febbraio 2016

La porta nascosta




Il Graal è una frequenza ed ha una forma, sacra erotica magica, ed è quella della rosa; risplende di un'immensa luce, appartenente ad un altro mondo. È anche un calice? Sì, raccoglie lo spirito universale e lo dispensa a chi è in grado di captarlo perché ha sete di Cielo. Ma non è soltanto questo. Il Graal è una porta, una via d'accesso, un punto di inserimento verso un'altra dimensione. Esso è un varco nella realtà in cui noi uomini possiamo entrare e, nell'attraversarlo, il nostro corpo muta frequenza. Al di là del passaggio nascosto c'è una terra senza tempo. Tenacia e nobiltà d'animo, i requisiti richiesti. Purificazione continua, la procedura.
New age? Mah, cosa volete che mi importino le etichette, le classificazioni, le scuole esoteriche, le sociologie delle religioni, i settarismi, i movimenti ereticali, le ideologie. Io so solo una cosa importante, un segreto evidente. Veniamo alla luce qui per viaggiare altrove.

mercoledì 3 febbraio 2016

Qui si raccolgono le stelle




Quando iniziai la Via indicatami da Scandurra, non avrei mai immaginato che un giorno potesse nascere la necessità di rendere pubblico ciò che confidavo a pochi intimi. Anzi, pensavo al silenzio come l'unica difesa dal sistema incombente. Ho riscontrato subito che le Istituzioni perseguitano chiunque fugga dai suoi mefitici tentacoli. Ora sostengo la libera diffusione della conoscenza, qualunque essa sia, a dispetto del Potere che ci vuole imporre un pensiero unico. Lo scotto da pagare per aprirmi un sentiero nella foresta del Sistema è alto, le aspettative che creo pure, ma che importa, visto che alcuni non sanno dove andare e cosa fare e gridano la loro voglia di sapere. La mia decisione è più forte della ragione: non posso sfuggire al destino che mi spinge a tener duro, a rilanciare un'antica sapienza. Angoscia, disorientamento spirituale, paura, valori tradizionali che crollano giorno dopo giorno; ecco, di fronte a tali miserie come si fa a rintanarsi nel privato, in quella cuccia comoda costruita apposta per professionisti dell'esoterico e monomaniaci?
Mano a mano che ho affinato la visione, ho percepito la disperazione della gente. Ho pure scoperto che gli uomini portano dentro l'opposto di ciò che appare all'esterno; accumulando inferni diventa irraggiungibile la dimensione estatica, luminosa, edenica della Vita. Scandurra ci ha dato gli strumenti per superare lo stato di tenebra e se non facessimo il possibile per sanare e liberare la coscienza ferita di chi si rivolge a noi, sarebbe un'omissione di soccorso.
Il racconto delle Cronache, i pensieri e le esortazioni applicabili alla vita quotidiana di un occidentale, rappresentano una basilare ortoprassi per la guarigione interiore e il ricongiungimento con la fonte superiore di se stessi. È la mistica della Via rossa atlantidea, rudimentale nella presentazione, ve lo concedo, farebbe inorridire Eliade o Jesi, seppur da opposte posizioni, ma non riesco ad essere sistematico, la mia è una forma di mitopoiesi accroccata per essere trasmessa il più possibile fedele a ciò che ho ricevuto. Quello che so, lo devo far conoscere. Trasformare la vita degli altri, certo, è impresa titanica, anche per chi sia ben disposto. Non mi nascondo, comunque, che le difficoltà a volte sembrano proprio insormontabili. Posso correre, brigare, per quanto estensivo io possa essere, vedendo la vastità della vita che ci circonda, mi accorgo che da solo non ho la possibilità di far fronte a tutto ciò. Col blog ho lasciato cadere un po' di colore sulla riva del mare, una piccola onda può pure colorarsi, ma per l'oceano non fa alcuna differenza. Tutto sembrerebbe disperdersi. Come trasmettere la frequenza della Rosa nel modo più esteso e intenso?
Se fossi interessato solo alla mia realizzazione spirituale, non arriverei mai alla liberazione, perché è come se costruissi una bellissima casa e non mi volessi preoccupare della terra desolata che mi circonda. Posso chiudere gli occhi, ma il deserto avanzerà ugualmente e alla fine non distinguerò più la mia sontuosa villa dal nulla. Potrei fuggire dal mondo, ma non riuscirei a star bene lasciandomi dietro gli altri, delusi e vaganti in un mondo oscurato dal collasso. Continuo ad aspettare, quindi, fermo e ansioso davanti al Varco. Per alcuni dovrei andare incontro ai pellegrini, io ho scelto di attendere che si avvicinino. Cosa intendo per “avvicinamento”?
Colui che sparge i semi, non può mai immaginare quanto grandi diventeranno gli alberi, tuttavia sa che cresceranno.