Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

venerdì 26 febbraio 2010

L'ARCA DELL'ALLEANZA E IL SINAI MOBILE



Faranno un'arca di legno di acacia, la cui lunghezza sarà di due cubiti e mezzo, la cui larghezza sarà di un cubito e mezzo e la cui altezza sarà di un cubito e mezzo. La rivestirai di oro puro, la rivestirai all'interno e all'esterno ... farai delle stanghe di legno di acacia .. introdurrai le stanghe negli anelli che sono sui lati dell'arca, così da poter trasportare l'arca con esse. Le stanghe dovranno rimanere dentro gli anelli dell'arca, non dovranno mai essere tolte da essa. Poi, dentro l'arca, metterai la Testimonianza che Io ti darò". (Esodo 24: 10 - 16)

"Faranno un'arca di legno di acacia": cosa c'è scritto prima? "Prenderanno per me un'offerta", e subito dopo "faranno un'arca di legno di acacia". Così, come la Torà ha preceduto tutto, allo stesso modo nella costruzione del Tabernacolo l'arca ha preceduto tutti gli oggetti. Come la luce (OR) ha preceduto tutta l'opera della creazione - com'è scritto: "Dio disse sia la luce" - così anche nel Tabernacolo, per la Torà - che è chiamata luce (OR), com'è scritto "Poiché il lume è una mitzvà, e la Torà è luce" (Proverbi 7: 23) – le opere ch la riguardano hanno preceduto quella di tutti gli altri oggetti.

Un'altra spiegazione: "Perché per la costruzione di tutti gli oggetti è scritto "Farai", mentre per l'arca è scritto "Faranno"? Ha detto rav Jehudà, figlio di Shalom: "ha detto il Santo, benedetto sia, che vengano tutti a occuparsi dell'arca, affinché tutti meritino la Torà".
(Shemot rabbà 34: 1)



Ognuno degli oggetti del Santuario, oltre alla funzione che ha nel Tabernacolo, ha anche un significato simbolico: tra questi, l'Arca santa, costruita per conservarvi le tavole della legge, è caratterizzata da alcuni elementi che pongono altrettante domande:

• è la prima di cui viene ordinata la costruzione;
• per la sua costruzione, la Torà usa il verbo fare al plurale (faranno) e non al singolare (farai), usato per gli altri oggetti, e il numero di versi usati per descriverla è superiore a quello dedicato agli altri (candelabro, tavolo, ecc.) ;
• le misure dell'Arca sono tutte "spezzate" (due cubiti e mezzo ...), mentre quelle degli altri arredi sono "intere";
• le stanghe, adibite al trasporto dell'Arca, rimanevano sempre negli anelli disposti ai lati.

Il Midràsh (commenti rabbinici alla Bibbia) afferma che il ma'asè bereshit (l'opera dell'inizio della creazione) è stato preceduto dalla creazione della Torà, chiamata reshith, inizio e primizia del Signore: Dio crea il mondo ispirandosi alla Torà. ARON (arca) e OR (luce) contengono entrambe le lettere di OR, luce. Ora, ci saremmo aspettati che, a rappresentare la spiritualità, sarebbe stato scelto il Candelabro; invece, la luce di cui si parla qui è la luce primordiale creata all'inizio e che è stata poi nascosta per i giusti.

Il secondo Midràsh ci spiega perché alla costruzione dell'Arca santa dovessero partecipare tutti gli ebrei: la Torà non è dei rabbini, ma di ogni ebreo. Non può essere retaggio di poche persone: tutti devono partecipare alla sua costruzione e al suo studio. Ma c'è di più: nessun ebreo, anche volendolo, può mettere in pratica tutta la Torà da solo. Ognuno deve fare la sua parte: ci sono precetti che riguardano tutti, altri solo gli uomini, altri ancora solo le donne, altri i sacerdoti, i leviti, i giudici ecc. Soltanto la partecipazione di tutti garantisce l'applicazione completa della Torà che riguarda il klal Israel, la comunità di Israele. E' ovvio che a un oggetto come l'Arca santa, che riguarda tutti, devono essere dedicati più versetti.

Quindi, se nessuno può osservare da solo tutta la Torà, allora ha bisogno degli altri, almeno di un compagno con cui studiare e crescere nella Torà: uno studioso della Torà che voglia contenere la Torà, non può mai sentirsi completo, ma sempre a metà strada, mancante di qualcosa. Come suggerisce lo stesso testo della Torà, un vero Maestro deve essere puro come l'oro, dentro e fuori.

Veniamo infine a una mitzvà davvero strana: quella che stabilisce che le stanghe, destinate al trasporto dell'Arca, non dovevano mai essere tolte dagli anelli che si trovavano ai lati. A questa mitzvà sono stati dati vari significati.

Rabbì Shlomo Efraim di Lunshiz, nel commento Kelì Jakar, afferma che la mizvà è il simbolo del rapporto stretto che esiste tra la Torà e Israele: secondo il patto stabilito con il Signore, "la Torà non si allontanerà mai dalla tua bocca e dalla bocca della discendenza d'Israele" (Isaia 59: 21).

Rabbi Naftali Zvì Berlin (Naziv) nel commento A'amek davàr sostiene che la mitzvà simboleggia il fatto che la Torà è destinata a essere trasportata in qualsiasi paese gli ebrei avessero dovuto andare in esilio: la norma non valeva per il tavolo e il candelabro perché sono due oggetti che rappresentano rispettivamente l'autorità statale e quella sacerdotale ch hanno valore solo in Erez Israel.

Jeshaià Leibovitz, in E'aroth leparashat hashavua, scrive che l'Arca che simboleggia la Torà, proprio per la sua essenza, è destinata a essere trasportata da un luogo all'altro: per questo le stanghe sono sempre infilate negli anelli, perché la Torà non è legata a un solo luogo, ma in ogni luogo in cui si trova l'uomo. Perciò, anche simbolicamente, essa deve essere pronta al trasporto, mentre gli altri oggetti, come il tavolo e la menorà, devono essere preparati per essere trasportati.

Sappiamo quanto questo rappresenti la realtà dell'ebreo, che ha potuto sempre portare con sé - dentro di sé - la Torà, quasi l'uomo stesso fosse un'Arca santa, oro puro dentro e fuori.

L'Arca santa, con le tavole della legge, era il cuore del Santuario, il punto di riferimento del popolo d'Israele. Come si pone allora l'Arca santa rispetto alla storia d'Israele, all'esperienza di ogni ebreo? Ricevuto il Decalogo, gli ebrei si allontanarono dal Monte Sinai per raggiungere la Terra promessa: cosa ne sarebbe stato dell'esperienza del Sinai? Come sarebbe stato possibile portare con sé questa esperienza, per continuare a viverla con la medesima intensità sperimentata nella prima rivelazione da ogni membro del popolo, senza l'aiuto di alcun profeta come tramite?

Bisognava costruire un Tabernacolo per trasformarlo in un Sinai mobile, che camminasse nella storia, generazione dopo generazione, arricchendosi dell'esperienza, dello studio e dello sviluppo della Torà orale del popolo. In ogni momento l'orientamento deve rimanere, in senso metaforico, il Sinai. Quali punti di riferimento ha oggi l'uomo moderno, quello occidentale in particolare? Mi sembra che i riferimenti oggi siano i centri commerciali e gli outlet affollati da molti avventori alla ricerca non dell'esperienza che può cambiare la storia personale di ognuno, ma di qualcosa che possa riempire un vuoto che spesso rimane tale, anche se riempito con acquisti spesso inutili.

Per ognuno di noi – tutti, indistintamente, cristiani, ebrei, musulmani, indù - tornare all'esperienza del Sinai è ancora possibile. Basta aprire i cuori e le menti.

sabato 20 febbraio 2010

MISTICA DI FUSIONE


Il malcapitato che si imbattesse in questo blog, probabilmente farebbe gli scongiuri, i più coloriti magari. "Crepi l'astrologo", direbbe a voce alta. Però in questo caso non è analisi previsionale che faccio. Profezie di varia provenienza e attendibilità minacciano prossima la fine del mondo - almeno a stare a sentire gli interpreti - e alcuni praticoni della scienza di frontiera reputano imminente il grande mutamento dimensionale, che coinvolgerà tutta l'umanità. Mi sottraggo da facili sparate, ma non fuggo nel denunciare che lo spazio collassa e il tempo è agli sgoccioli. Tuttavia, c'è bisogno vitale di un'alchimia dei popoli, dei cicli storici, delle crisi periodiche, un'alchimia che aiuti a manipolare la materia e la coscienza del singolo e della moltitudine. Non mi limito, oggi, alla denuncia degli idoli, combatto per una rivoluzione dell'anima, una rivoluzione in cui lo spirituale si esprime indirettamente nell'immaginale, nell'elaborazione di una cultura della soglia, della pre-comprensione del mistero: cultura dell'essere e del volto. Cultura che abbia nello stesso tempo il gusto dell'Uno e il rispetto incondizionato del volto umano.
Chiamo spesso in causa i cristiani. Ebbene, solo Cristo, Messia ovvero Re, vincitore della morte e dell'inferno può affrontare e superare in noi il nichilismo. Uomo e umanità hanno in sé nessun altro senso al di fuori dell'attesa di Cristo. A condizione che i cristiani - ma è dura - sappiano combattere a fianco di tutti quelli che cercano il significato del mondo. A condizione che diventino - ma è dura - i garanti della fede di coloro la cui fede può sembrare completamente diversa, nella certezza che ci sarà un solo significato alla fine della ricerca.
Dal momento che Cristo vince ogni separazione, ogni uomo porta in sé l'intera umanità ed è per questo che è irriducibilmente unico.

venerdì 19 febbraio 2010

MONDIALISMO E COCA-COLA? NO, GRAZIE.



La minaccia che, a causa degli Stati Uniti, pesa sul mondo, è quella di una forma
particolarmente perniciosa di universalismo e di egalitarismo. In questo mondialismo americano, scorgo una vecchia chimera anglosassone, una parodia della vera universalità. Gli Anglosassoni hanno perfettamente ragione ad essere mondialisti, perché il mondialismo non può portare che all'americanizzazione del pianeta. Ma per l'Italia, per l'Europa, per il Terzo Mondo questa via significa la morte individuale e collettiva, la fine di ogni civiltà diversa, la fine di ogni differenza. È una minaccia che lascia pensare. E che, al di là dell'utopismo velleitario come delle recriminazioni di circostanza, induce a meditare sulla necessità di prendere una doverosa distanza di fronte ad un paese che, consumando la cultura ed i 'cervelli' dell'Europa, ci dà in cambio dei regali chiamati free jazz e rap, Jesus revolution e star system, coca-cola, blue jeans e melting pot, sex revolution, gay power, gadgets e slogans, drugstores, supermarkets, pop art, senza dimenticare la guerra delle gangs, la nuova psicanalisi, l'antropologia sociale, il behaviourismo, la pedagogia anti-autoritaria, la pornografia, la promozione delle masse, l'architettura modulare, la moda unisex, il biblismo sociale, etc. Certo, il pericolo americano non è il solo ad offuscare le nostre speranze. Ma bisogna, per evitare la padella, puntare sulla brace? Fra la speranza che, oggi, aliena la nostra maniera di essere e quella che domani s'impadronirà forse della nostra libertà d'azione, è davvero necessario scegliere? Non essendo americano oggi non voglio essere cinese domani. Perché un popolo che ha perduto la sua azione non è già più in grado di assicurare la sua integrità fisica. Molti, del resto, risolvono già il problema a modo loro. Sono al tempo stesso filocinesi e filoamericani. Sono gli adepti del marxismo coca-cola. Forse verrà un giorno, in Europa, in cui gli uomini non
cercheranno di essere che se stessi. In caso contrario le cose andranno avanti altrove e
senza di loro. L'Europa nel suo insieme si trova oggi tra la forca dei mercanti/banchieri unita alla frammentazione del tessuto sociale e culturale, e un ritorno – insperato a dire il vero - alla fiamma d'Occidente che cova sotto la cenere.

Dedico questo post a quei fessi di disFare Futuro.

venerdì 12 febbraio 2010

KALI-YUGA: CHI SI FERMA È PERDUTO


Mi sono convinto nel corso degli anni, che una certa apertura verso orizzonti meno blindati rispetto al tradizionalismo guenoniano, fosse non solo auspicabile, ma soprattutto necessaria per uscire dal mito incapacitante che tali interpretazioni dottrinali producevano. Mi sono spesso defilato da certe scolastiche, in fondo portatrici di una passività sterile nei confronti dell'azione sul piano immanente, sebbene utilissime sul piano dell'analisi del mondo moderno. Troppi giovani poi, hanno fatto proprie le critiche degli autori culto del tradizionalismo occidentale, senza fare un passo con le proprie gambe; scegliendo una vita di nicchia, di fuga dal reale, senza un'adeguata sintesi e conseguente acquisizione di capacità operative. Il tempo ha sopito i facili entusiasmi di quanti cercavano qualcosa di diverso dalla contingenza. È prevalso il 'tengo famiglia'.
Il problema centrale è rappresentato da una sorta di autolimitazione consapevole derivata da alcuni principi della dottrina tradizionale così come è intesa ed elaborata da Guènon, per quanto concerne la fine dei tempi, il kali-yuga. Il concetto secondo cui, ciò contro cui nulla posso nulla può contro di me, detto in soldoni, principio di origine indù, è tra i più seguiti. Se riuscissi a trovare dopo un percorso formativo interiore, una visione del mondo e dell'uomo, quindi una bussola di orientamento in mezzo al mare e alle correnti samsariche, del divenire, sarebbe a dir poco castrante limitarsi ad osservare la tempesta perfetta, travolgente, distruttiva, collocandomi in un punto invidiabile, sì, ma come spettatore, convitato di pietra e basta. Senza nulla tentare, nulla provare, se non rimanere dritto in mezzo alle rovine. Certo amici, non vi nascondo la difficoltà oggettiva di trovare una prassi, il "che fare", di fronte ai potentati occulti, contro un Ordine delle Tenebre devastante, alle prese di una guerra eterna sotterranea, criptopolitica e palese e che non ha il volto dei supereroi fumettistici, dove i buoni sono belli e i cattivi brutti e puzzolenti.
Fare opera informativa, denunciare i misfatti del mondialismo, i veleni interni ed esterni, la narcoipnosi collettiva, è già molto e ci vuole coraggio, certo, ma è comunque ancora un grattarsi il prurito; qui c'è da scoprire la causa del male e debellarla non con armi invasive - quelle del 'muore Sansone con tutti i Filistei' - ma sottilmente, nell'accezione esoterica e magica del termine.
Quando si è assediati, a poco vale discettare di dottrina gnostica, di fisica teorica, gingillarsi con tavole cabalistiche, adoperare la meccanica quantistica applicata alla coscienza e quanto altro mente umana può concepire. Bisogna appendere il Pc o i tomi impolverati dal tempo, al proverbiale chiodo, e brandire la spada.
Destare le forze segrete, ecco cosa vuol simbolizzare la spada. Qui, le armi vanno intese come poteri e funzioni della spiritualità sublimata e purificata, in contrasto con i mostri, che invece simboleggiano le forze inferiori e spurie. Le armi degli antichi eroi possedevano poteri autonomi, guidavano il braccio di chi le impugnava. Da Federico II ad Hitler, le armi leggendarie furono oggetto di affannosa e febbrile ricerca, allo scopo di far discendere la Luce e la Sophia, oppure quello di imporre il proprio dominio sul mondo.
Come potete ben vedere, la mia tesi non è poi così idealistica e aleatoria, anzi, è ben piantata con la storia dell'umanità, sempre se la vogliamo leggere secondo criteri non riduzionistici. La spada è un simbolo solare, figurazione della volontà diretta verso l'alto, quanto basta a suscitare memorie bio-storiche, archetipi, e chi ha compreso cosa voglio dire, si trova in prima linea non per fare fotografie all'Armageddon, bensì per arteciparvi.

martedì 9 febbraio 2010

È IN EDICOLA IL NUOVO X TIMES

RAPITI?


Assisto, da un po' di tempo a questa parte, sia su programmi televisivi che nella pubblicistica di settore, ad una vera e propria ondata di "rapimenti alieni" o presunti tali. Se ne occupano da anni alcune personalità degne di nota quali il professor Kenneth Ring e il nostro ottimo Corrado Malanga, con approcci diversi ma con medesima serietà. Ora, non vorrei fare il solito opinionista in cerca d'autore, ma se permettete non posso esimermi da alcune riflessioni scaturite dallo studio dei rapporti nonché da mie elaborazioni. Inizio subito ponendomi e ponendo a voi alcune domande.

Cosa genera l’ esperienza del rapimento cosiddetto alieno? Raptus ed excessus mentis, l’intervento
soprannaturale o extraterrestre,la predestinazione o meccanismi fisiologici della mente?
Di solito il racconto del soggetto in esame, viene alla luce dopo più sedute ipnotiche, e questo perché alcune spie psicologiche come disturbi della personalità e effetti insoliti notturni, costringono la vittima, diciamo così, a recarsi da un analista o psicoterapeuta. Il medico però non è neutrale, può mostrarsi possibilista o riduzionista in merito all'evento e quindi non può che influire sull'esperienza stessa, anzi diventa un ulteriore strumento di reinterpretazione. Non è detto nemmeno che tale influenza debba per forza ritenersi negativa.
Comunque, amici, ci troviamo di fronte a meccanismi psicofisiologici di attivazione e disattivazione di circuiti. Programmi di istruzioni che generano stati di coscienza nuovi, insoliti, alterati: esperienze di picco o piuttosto allucinazioni e percezioni illusorie.
Assistiamo ad una meccanica di un complesso sistema operativo, un insieme di procedure di meccanismi di regolazione e controllo. L’esperienza di rapimento diviene una forma di dissociazione psichica che si verifica in particolari condizioni di deprivazione sensoriale, di rituale o di trauma violento. Si tratterebbe in quest’ottica della regressione della mente a sottosistemi di funzionamento differenti da quelli abituali: la coscienza si dissocia in aree primitive, quelle che Granone definisce monadi, “retaggi di stadi primordiali dell’ evoluzione ortogenetica”,(Granone, Trattato di ipnosi, Torino 1989 p. 219) stati primitivi, alterati in quanto regrediti. Scissioni della coscienza abituale, ritorni a un passato remoto ma riattivabile e riattivato.
Ora, quanto raccontato attraverso l'induzione ipnotica non è giocoforza frutto di materiali inconsci o elaborazioni di traumi mitizzati. Ho motivo di credere che un numero consistente di casi di abduction sia dovuto ad incontri con entità esterne al soggetto rapito ed i fenomeni ad esso collegati, rappresentino una sorta di maschera mitologica dalle caratteristiche ricorrenti, come da programma operativo collaudato. Chi o cosa rapisce donne ed uomini da diversi decenni - ma io temo che il fenomeno sia millenario - ? Quali sono le reali intenzioni di tali entità? Tutto induce a credere che ci troviamo di fronte ad un problema più grave e diffuso di quanto si possa immaginare. Credo che vi siano più rapimenti di quanti denunciati, come nelle aggressioni a sfondo sessuale. Una forma riveduta e corretta dell'obsoleta - secondo i canoni psichiatrici - possessione demoniaca, ma che non riguarda la patologia, no, attiene più probabilmente la teologia, la magia, l'esoterismo. È materia meno per l'ufologo e più per lo studioso spiritualista. L'ipotesi hard del fenomeno dei dischi volanti incomincia a scricchiolare; sostengo da anni che un mondo parallelo, mitico, metapsichico non meno irreale del nostro, lambisca la realtà ordinaria e vi passino enti, elementi, forze, potenze senza tempo. L'irruzione del magico indossa tutine argentee, ma dietro spuntano altre antenne.

mercoledì 3 febbraio 2010

Quale Armageddon ci stanno preparando?




Il fanatismo serve sempre a combattere un fanatismo avversario. Fu usato anche da altri nel modo più stupido ed onesto. “L’avversario politico non è eretico, noi lo fronteggiamo in battaglia: egli avrà l’onore del combattimento”. Così Alfred Baeumler dell'Università di Berlino. Se poi il nemico è impoverito dall’imprudenza, niente di meglio. Sarà tutto tremendamente più semplice. Mi riferisco alla Chiesa evangelica americana, alle cui tesi si sono convertiti il presidente George W. Bush Jr e il potente ‘falco’ della Difesa Donald Rumsfeld, già M12. Gli evangelici leggono alla lettera le Sacre Scritture e aspettano l’Armageddon, la grande guerra che condurrà l’umanità alla fine dei tempi e al ritorno di Cristo (ma quale?) sulla terra, dopo la conversione di Israele al cristianesimo. Si tratta di un movimento ereticale molto influente nell’amministrazione precedente quella di Obama. Malgrado le cose sembrerebbero cambiate con l'attuale presidente, la nomenklatura americana continua, imperterrita, a seguire la linea teocon, a prescindere dal novello JFK.
Che questo sia prima “il tempo dei martiri” forse del “sacrificio della Fenice” e della “scrematura” lo si era capito. L’Apocalisse temporale di Giovanni.
Osservando però il susseguirsi degli eventi il complotto ha molti attori e la sola presenza di alcuni alti finanzieri dietro la presidenza democratica, lo rende verosimile. Il crearsi in USA di una nuova lobby moderata o mediocre, lo rende ancora di più. Certo che nessuno muove la coda per nulla.
Nel 1992 il Britannia, il panfilo di Sua Maestà Elisabetta II, comparve al largo di Civitavecchia: alti committenti della City, imbarcarono banchieri, boiardi di stato e industriali italiani. Erano venuti a ‘fare la spesa’, ossia a comprarsi i gioielli dell’industria pubblica italiana; George Soros lanciò il suo famoso attacco contro la lira. E in lire svalutate lorsignori comprarono i gioielli dell’IRI. Insomma: una strategia concertata. Ora si sta ripetendo lo stesso scenario. Ma non basta, poiché questi attori, questa compagnia, stanno recitando benissimo la loro parte anche in Iran. Quello che stupisce è l’incredibile sfida oltremodo cinica e truculenta per arrivare alla conversione finale dell’umanità e cioè a piegare la natura con la fede. È anche vero però che la fede per portare a termine la sua opera si è dovuta e si dovrà piegare a tutta la natura, ai suoi vizi, virtù ed arsenali con l’aiuto del demiurgo, la Salamandra.
Ecco la domanda: serviva una sceneggiata di questa portata e velocità? O ci sono altre forze?
Sarà una guerra manichea o, come dice la scrittura, ‘una lotta di dèi’. Questa lotta di dèi che si svolgerà dietro gli avvenimenti appariscenti non terminerà sul pianeta! Certo è che questa che sembra una roulette russa, sappiamo come andrà a finire. Strano scrivere la Storia prima che accada, per nascondere la verità.