Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

giovedì 25 dicembre 2014

BUON NATALE A CHI? SVEGLIATEVI UNA BUONA VOLTA




Imparate a tener conto di profeti e sentinelle. Gli unici che guardano lontano, bucando la notte. Intravedono il minimo sussulto, fino ad avvistarne l'impercettibile intenerimento nel cielo. Il loro destino è pieno di ostacoli, spesso trattati come pazzi, disturbatori dell'ordine, in genere per nulla ascoltati. Migliore sorte per chi ripete i luoghi comuni, per chi non osa disturbare il manovratore, per chi non si arrischia a negargli un credito, un'autorità morale. La melassa retorica impera, il silenziatore è sempre in dotazione all'autorità costituita.
Quando sarà giorno e si converrà che gli occhi di profeti e sentinelle avevano visto lontano, qualcuno certamente, succede sempre, si azzarderà a difendere la buona fede dei loro miopi oppositori, con la giustificazione che i fatti vanno collocati nel tempo e non si può con gli occhi di oggi condannare le miopie del passato. Vi confesso che ho sempre ascoltato con sospetto le ragioni di chi trova facile giustificazione ai silenzi di chiese e società adducendo la scusa dei tempi.
Se non altro perché in questi nostri tempi di miopie mi è accaduto di udire per grazia voci di allarme. Inascoltate! C'era chi aveva occhi per denunciare ciò che stava avvenendo. Alcuni di noi alzavano la voce. Ma le finestre erano chiuse e le porte sbarrate e le stanze a prova di pareti desonorizzate. Poi il grido moriva in gola, le finestre rimanevano chiuse, le porte sbarrate, le stanze irrealmente ovattate.
Vorrei oggi onorare le sentinelle e i profeti che lucidamente avvistavano l'approssimarsi di un pericolo esiziale per l'umanità. Il loro grido era ed è sempre attuale:
Voi, cosiddetti potenti del pianeta Terra, ci avete raccontato un mare di menzogne. Ci avete ingannati su chi siamo veramente e su quale destino ci aspetta. La nostra meta reale è il Sublime, non una vita di sventura e tragedia. Abbiamo tutti la potenza delle stelle in saccoccia e ce l'avete rubata, in cambio ci avete gettato un pugno di riso e pianto, imposto una democrazia da burletta e ridotti a vivere in una società incarognita senza futuro. Quale legittimità avete, presunti potenti del pianeta Terra, quale diritti accampate per governarci? Ci avete ridotti a sudditi, utili idioti, contribuenti indefessi per mantenere la vostra perfida baracca dorata. La tragedia in cui versiamo non si limita al piano economico, c'è ben altro, di molto più ferale, il marcio è nell'intenzione di asservirci a potenze oscure, arconti bestiali e famelici di sangue. Oggi siamo figure senza volto, anonime, disperate, sfiancate da un vivere senza linfa di Luce. E tuttavia non è solo colpa dei topi gnostici ma pur sempre di fogna che ci governano dietro le quinte della storia e che utilizzano una classe politica composta di corrotti e infami, affiancati dall'azione sadica di bankieri vampiri. Oh no. Noi cosa facciamo per difendere la nostra libertà di uomini creati dal Sommo Bene e ridotti a larve? Stiamo buoni ad aspettare la manna? Irregimentati come tanti soldatini di latta, pronti al mattatoio della guerra? E non vi auguro il Buon Natale, amici, non sono in vena di smancerie pseudoreligiose. Non vi servo a tavola nemmeno il brodetto moralistico e criptomarxista tanto caro a Bergoglio. Non sono un tribuno né un renzi qualsiasi. La demagogia mi fa venire l'orticaria. Vi dico solo una cosa: l'incubo può finire se vi svegliate per tempo. Sconfinate oltre l'ordinario, fatevelo venire il coraggio di dire “NO” alto e forte ad ogni intromissione nella vostra anima. Fatevi ardere la mente e il cuore, perché IL MATTINO DEL MONDO è imminente e dovremo avere occhi limpidi e membra salde.


giovedì 11 dicembre 2014

Atlantide: andata e ritorno








NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA
Dio creò la molteplicità, nell'opera monumentale quanto millesimale della creazione.
Da dove vengono i miti? Sono le nostre invenzioni o noi le loro? La bottega di Scandurra è stata per noi dell’anonima talenti, una fantastica centrale di energia alchimica e dimensionale. Dopo questa esperienza torneremo trasformati o forse non torneremo affatto, ma poco importa: lo stile conta più della pellaccia, lintensità più della durata. Si fa ciò che deve essere fatto, possibilmente senza troppe chiacchiere, a differenza di coloro che se potessero trasformerebbero la vita in un bar o in un parlamento. Insomma: “Divieni ciò che sei, come direbbe Nietzsche. Messaggio screditato e poco in sintonia col pensiero dominante.
Quando non ci sono radici sicure, catene, a tenere ben serrato il diaframma confortevole e rassicurante della “realtà”, e quando le sostanze si mescolano e si combinano, allora diventa quasi inevitabile imbattersi nell’Altro.

1971 ANNO FATIDICO
Quando Franco Persi (amico e sodale nella pioneristica ricerca ufologica cittadina e prematuramente scomparso il 2005) mi parlò di Scandurra “il fruttarolo” presentandomelo come un tipo strano, ammantato da una brutta fama da negromante, ciò mi attrasse ma mi indusse pure un sentore di pericolo. Correva l’anno 1971, Franco ed io abitavamo alla periferia di Viterbo, ma prima il mio compagno d’avventura risiedeva proprio nella stessa via in cui si trovava la bottega di frutta&verdura del mago e, sebbene non lo conoscesse di persona, aveva raccolto diverse informazioni su di lui, soprattutto i “si dice”.
Un giorno mi decisi di varcare la soglia del negozio di Scandurra. Dietro il bancone stava seduto un tipo piccoletto, un giovane uomo dalla carnagione olivastra e dall’età imprecisata che teneva perennemente una sigaretta nazionale senza filtro tra l’indice e il medio, indossava una splendida camicia a righe verticali blu su sfondo nero, di finissima fattura e decisamente costosa, la portava fuori dai calzoni: un modo di abbigliarsi davvero insolito per quei tempi, se si escludevano le usanze del sud America. Il locale perennemente in semioscurità e saturo di fumo esprimeva un senso di fatiscenza, si sentivano profumi di frutta confusi alla puzza di sigarette e agli odori di spezie; le cassette di legno delle verdure erano accatastate alla rinfusa, così come si trovavano sparpagliate le bottiglie di vino della cantina sociale, per non parlare delle pareti che abbisognavano di una rinfrescata di vernice già da anni. Insomma, un posto allucinante… ma tale aggettivo avrebbe preso ben altro significato nel corso del tempo. La prima impressione che mi fece fu quella di un uomo comune; beh insomma, dopo alcuni minuti constatai che era particolarmente concentrato sulle cose che faceva, spinto da un’energia costante, pronto alla battuta ironica non disdegnava intercalari triviali e frasi idiomatiche locali. Senza cerimonie mi accolse nel suo territorio, sottoponendomi ad una serie di domande sul senso e la direzione che davo alla mia esistenza. In modo brusco mi fece intuire che la mia vita non aveva un indirizzo preciso, che indugiavo in una bolla romantica, favolistica, inconcludente della ricerca iniziatica e che non aveva alcuna importanza la mia giovane età, 13anni appunto, che dovevo subito rimboccarmi le maniche… così mi fece spostare una decina di cassette piene di frutta e legumi da una scaffalatura ad un'altra. Ecco, mi dissi, cosa intendeva con il rimboccarmi le maniche. Mi stava usando. A quel punto pensai di andarmene. Mi stavo dirigendo verso l’uscita, quando come se nulla fosse continuò a parlarmi. Operare alchimicamente nel concreto, modificare la struttura portante del mio essere, senza fantasticare, era il programma di massima che mi prospettava. Usava un linguaggio a volte forbito, curato, alternato a strafalcioni grammaticali uniti ad una forte cadenza dialettale, inventava neologismi. Ciò mi lasciò inizialmente perplesso, poi mi ci abituai fino ad entrare in quel suo mondo lessicale. Dava concretezza alle questioni dello spirito con parole ficcanti e congrue, concetti e principi elevati che prima ritenevo astratti e filosofici, quindi poco pratici e lontani da un uso sperimentale, diventavano nel sistema semantico del fruttarolo cose comune, di tutti i giorni. Le parole erano vestite di sostanza: se diceva “mela” ne sentivamo il sapore.
Per tornare al primo giorno di scuola, Scandurra affrontò il punto essenziale: da dove provenivano i suoi insegnamenti.
-      Atlantide è la mia ma anche la tua vera patria, ecco perché vivi male in questo paese. Solo a casa si è omogenei all’elemento vitale in cui si procede. Noi siamo esuli che cercano ciò che hanno dimenticato… il grande continente messo lì da Dio, in mezzo alloceano e scomparso senza lasciar traccia, se non nella memoria di veggenti. Gli atlantidi possedevano un’arte che noi moderni ce la sogniamo, dall’arte derivava una tecnica collegata con i poteri della mente e le proprietà magnetiche gravitazionali vibratorie del cervello e del corpo umano. Magia, caro Angelo, sì proprio così… come vogliamo chiamarla se non magia [pronunciò “magia” sottovoce con teatralità]. Materie oscure che curvando lungo il ciclo del Tempo sono cadute nell’ombra, nascoste insieme alla razza rossa; ecco, la magia era una struttura fondamentale del percorso evolutivo dei nostri antenati, quanto la scienza e la tecnica lo è per noi oggi. I Templari furono gli ultimi a farne tesoro, poi qualcosa è accaduto, un cambiamento improvviso, cruento, insomma è successo un dirottamento mondiale senza che la gente se ne accorgesse, ma alcuni capirono che niente sarebbe stato più come prima. Comunque la materia prese il sopravvento sullo spirito… Non sto a fa’ filosofia, cacchio, qui è cambiato il tempo e con esso sono cambiate mente e corpo e se ci troviamo nella cacca più fumante la causa, caro mio, è nella legge delle dimensioni, dei Nove Mondi. Interferire con gli universali [archetipi] produce effetti disastrosi. Di che sto a parlà? Ti porterò dove le cose si generano.
Rimasi interdetto. Atlantide, i presunti poteri sovrumani, il corso della Storia che avrebbe preso una direzione diversa e opposta. Fantascienza, leggende, occultismo rabberciato… no, no, Scandurra quando affabulava, proiettava luminescenza, sì, irradiava. Caspita, ma chi era quelluomo veramente? Un ipnotizzatore da fiera, un mentalista, un manipolatore? Imparai col tempo che di fronte a me c’era un essere di un'altra epoca precipitato a Viterbo da chissà quale dimensione e dotato di poteri eccezionali e conoscenze fuori dall’ordinario. Mi sentivo come lo scopritore di un tesoro immenso e senza merito, se solo ci avessi saputo fare avrei dato una svolta alla mia vita… Ma il tesoro me lo sarei dovuto conquistare, sputando sangue e altri rifiuti organici (la nigredo è defecare il passato residuale), diventando per l’opinione pubblica un disadattato, un alienato, compromettendo profitto scolastico, lavoro e affetti. Avrei mentito, imbrogliato, mi sarei mimetizzato pur di continuare quella mirabile avventura. Beh, non c’è che dire, quel giorno mi si è aperta la Via del Graal e ho scoperto che era un amaro calice. 

UN PIANO PER OGNUNO DI NOI
Non fummo sottoposti a chissà quali prove paniche, non ce ne fu bisogno. La Vita ci avrebbe dato del filo da torcere comunque. Ci saremmo trovati con le spalle al muro in più di un’occasione. Ho dovuto comprendere a mie spese che non si può evitare il vuoto che si spalanca sotto i piedi, per cui cadono le false rappresentazioni della realtà ordinaria, esplodono i complessi liberando energie ed intuizioni latenti, il volatile si libera dal fisso, emerge dall’inconscio il mondo di potere e conoscenza. Eravamo tutti rivolti alla realizzazione del nostro personale piano, tenendo conto delle qualità innate così come delle falle psichiche, delle resistenze fisiche attraverso lo sforzo continuo per la trasmutazione. Scandurra ci assicurava che non c’erano porte inamovibili nella nostra vita, potevamo quindi aprirle se lo avessimo voluto veramente. Lui ha guidato l’anonima talenti in questo percorso, dove i caduti e i dispersi non sono mancati. Rammento pure con piacere le “mense iniziatiche”, innaffiate da vino generoso, pasta al forno e costolette d’agnello, il tutto cosparso da contagiosa allegria, quando il corpo sottile dei commensali veniva surriscaldato e metteva in circolo tutto il suo potenziale, così che lo spirito di ognuno, veniva condiviso e amplificato. In questo modo si allentava la tensione o il tormento delle operazioni interiori in corso. Bastava una bella risata liberatoria, una storiella piccante o grottesca e ci sentivamo in pace col mondo. Il lavoro concerneva sempre la trasmutazione dei nostri metalli: la Vita e i suoi corpi conduttori. Dovevamo spremerci, sì proprio così, fino all’ultima goccia per ottenere il quinto elemento, la quintessenza del nostro bios, il succo di un’esistenza, in altre parole, ci inoltravamo su di un percorso stabilito di prese di coscienza che porta all’incontro, alla coincidenza del nucleo pesante/energetico dell’operatore con lo Spirito Universale che ci programma. È l’esperienza di essere parte integrante e partecipe di un processo unitivo e recettivo, quello del serpente uroboros, dove l’Uno produce il Tutto e il Tutto ritorna all’Uno. L’unione dell’autocoscienza umana con l’intelligenza cosmica è il prodotto finale di una tendenza insita nel mercurio filosofale che spinge a divenire conoscenza.
Scandurra ha prima battuto senza tanti complimenti quei rami che erano alla portata del suo bastone per far cadere a terra alcune olive, ha raccolto quelle più mature gettandole in un torchio che le ha spremute lentamente a freddo. Cacciata via senza troppi rimpianti la feccia nera e puzzolente, ha prodotto oli purissimi. La sua procedura, come potete immaginare, ha fatto fuggire diversi curiosi e velleitari apprendisti stregoni. Il suo metodo, però, non era per nulla scoperto, anzi, sembrava a volte stucchevole, irriguardoso, da essere scambiato per un atteggiamento dovuto al suo pessimo carattere. Ci torceva le budella, l’orgoglio, l’autostima fittizia che ci portavamo appresso come bagaglio consolidato. Quello che più ci indispettiva, ci irritava, era lo scoprire dopo settimane o mesi, di aver camminato non con le nostre fragili gambe, bensì grazie alle sue manovre occulte, che ci producevano azioni e reazioni, crolli emotivi, isterismi, malesseri come bronchiti, emicranie, gastriti, ipertensioni, allucinazioni, pesti emozionali, insomma tutta una serie di accidenti che mettevano a dura prova la nostra volontà e pazienza. Il lavoro per me diventava terribile, faticavo a gestire la mia vita sociale e ordinaria con gli effetti tremendi della terapia d’accesso scandurriana. Litigavo con i genitori, con mio fratello, a scuola facevo il “pierino” o come dicono a Viterbo il “gojo” (termine derivato dal cognome di una famiglia ebraica trasferitasi a Viterbo nell’’800, Goia, che a causa delle usanze religiose inconsuete per la cultura cittadina, furono additati e considerati “strani”), insomma il mio essere cambiava e alcuni conoscenti ipotizzarono che assumessi droghe o che avessi preso la via del crimine. In realtà attingevo a tutto un armamentario interiore, composto da succhi ed energie altrimenti latenti, che modificavano il mio comportamento all’inizio, facendo di me un sociopatico. Gli Dèi in esilio stavano tornando.

EPILOGO
Attraversare a piedi quella specie di frontiera che mi porta fuori dal mondo, è stata la principale attività della mia vita, questo ha comportato pure l’affinamento del mio vedere e del mio essere. Ciò ha permesso di mutare radicalmente la mia visione delle cose. Una realtà separata eppure tangente a quella conosciuta si è mostrata in tutta la sua consistenza. Medium sensitivi profeti sciamani, tutti hanno raccontato di altre realtà, ma pochi gli hanno creduto. Io so che esistono angeli e demoni e potreste pure voi incominciare a ritenere possibili tali esistenze. Avrete notato che nella nostra vita ci sono molte più cose brutte, cattive che cose belle, buone. Da dove credete che venga tutto ciò? Dall’animo umano, dalle nostre azioni? In parte. Viviamo in un posto in cui il 99% delle cose belle vengono distrutte quando stanno sbocciando, perché ci sono all’opera forze dirette a soffocare il bene. Queste forze maligne le concepisco come demoni che trovano in noi terreno fertile. Estraggono dalla nostra materia prima le fondamenta per costruire un piccolo inferno qui, in attesa di quello grande dopo. Ora, penso sia necessario alla nostra sopravvivenza come razza umana, fare in modo di usare la materia prima come propellente per volare verso la Luce. Continuando a seguire un manipolo di topi di fogna che mirano al dominio, sotto la supervisione di ibridi (saturniani) provenienti da regni infetti, la nostra esperienza di vita sarà vana.
Il mondo che vedo è diventato un inferno? Forse, comunque gli voglio bene. Di sicuro non siamo i soli a popolarlo. È un mondo in cui ogni cosa ha una vita propria, una vita sotterranea, che noi non afferriamo ma che è sempre in grado di svilupparsi. Un mondo che, come un organismo con le sue cellule, è dunque sul bordo del caos, di una sorta di malattia; Dio ha regolato la vita delle cose in modo tale che tutto resti nella precaria armonia che noi conosciamo, ma non tentiamo troppo la sorte. Siamo fragili anche, perché transitori e posti a fianco di universi paralleli che pochi sperimentano, ma dove migreremo certamente domani.

lunedì 1 dicembre 2014

PONTE DI LUCE




Esiste una divinità trifronte, conosciuta sin dalla più remota antichità. Originaria dell’Asia centrale (per quanto mi è dato conoscere), si era diffusa in seguito in Europa. I Celti l’adoravano come dio ctonio. Gli Etruschi ci hanno tramandato l’immagine tricefala del mostro Gerione in un affresco della Tomba dell’Orco a Tarquinia. Fra i balto slavi, principalmente nella città di Stettino, si venerava un idolo d’argento, simulacro del dio tricipite Triglav che, secondo la casta sacerdotale, era signore dei tre regni: cielo, terra ed inferi.

Sotto la finestra a destra del rosone che orna la facciata della chiesa di San Pietro, costruita sull’acropoli dell’etrusca Tuscania, è effigiata l’immagine trifronte di Lucifero che tiene sul petto un serpente, simbolo delle energie che salgono dalla terra. Dalle sue bocche laterali escono strani festoni di grossi fiori, che vanno a raggiungere un altro dio infero dalle tre fronti incoronate di foglie lanceolate, come quella del dio tibetano Sang Dui. Non solo a Tuscania, ma anche nella basilica di San Paolo a Roma, nel Camposanto di Pisa e nella Divina Commedia il re degli inferi è rappresentato con triplice volto, riflesso e inversione della Santa Trinità.

Il culto di questa divinità ctonia era particolarmente diffuso nel Sud Tirolo, nella valle dell’Isarco, e, malgrado i ricorrenti divieti dei papi, si protrasse fino al XX° secolo. Gli abitanti di Bressanone (prov. Bolzano), l’antica Brixina fondata dai celti, la veneravano ancora pochi decenni fa; poi la devozione decadde, quando il vescovo della città diede ordine di distruggere le immagini dell’idolo. 

Il Baphomet, la famigerata statua di significato magico-alchemico dei Templari, veniva raffigurata con una o con tre teste. Il B. con tre teste, come Dante lo effigiò nella Divina Commedia, simboleggia i tre gradi della Grande Opera, raggiunti i quali l’iniziato viene insignito del “triregno”, per certi versi assimilabile alla tiara dei pontefici cattolici, costruttori di ponti nell’antica accezione romanica, ma anche la triplice corona dell’egiziano Ermete Trismegisto, signore dei tre Magisteri.

Su alcuni sigilli che appartenevano alla gerarchia occulta del cerchio interno dell’Ordine del Tempio, uno dei quali reca incise le parole SECRETUM TEMPLI, il Baphomet viene raffigurato con una sola testa, sormontata da una cresta di gallo e con le gambe anguiformi come gli idoli gnostici, gli abraxas. Il gallo simboleggia l’attività virile, cioè la fase rossa dell’Opera, durante la quale viene prodotta la Pietra Filosofale; le altre due fasi, la nera (nigredo) e la bianca (albedo), sono pressoché passive.

Ritroviamo lo stesso idolo dalle gambe anguiformi in molte chiese medioevali: per citarne alcune, a San Flaviano di Montefiascone (prov. Viterbo), a San Michele di Pavia, nella cattedrale di Otranto e, prima ancora, in uno stucco della Tomba dei Rilievi a Cerveteri e in una scultura greco arcaica o etrusca, trovata in Francia all’inizio del ‘900. Si tratta rispettivamente di Tifone che, in compagnia del tricipite Cerbero, fa la guardia ad una tomba, e di Poseidone, re di Atlantide, che addomestica il cavallo Pegaso, effigiato con le ali e con la coda di pesce. 

Il ricordo del periodo atlantideo è stato associato secondo alcuni esoteristi a quello dell’età dell’Oro (io propendo per un’era successiva), in cui l’uomo, vivendo a contatto con le energie naturali – le Acque Madri – ne veniva vivificato e potenziato. Questa comunione fra l’Uomo e il Cosmo, Ponte di Luce fra la Terra e il Cielo, si spezzò quando la Materia prese il sopravvento sullo Spirito e contaminò le Acque Madri, che nella loro forma materializzata si rivoltarono contro i corruttori e punirono Atlantide, proiettandola in un interregno. Poche migliaia di superstiti puntarono verso est, tentando in seguito di ri-trasmettere a pochi uomini, ritenuti degni, le conoscenze eccezionali del loro grande popolo.

Per reintegrarsi col divino, all’alchimista non restava da percorrere che la Via Umida, quella che passa attraverso le Acque Madri, essendo la Via Secca interdetta ai corpi corruttibili, perché sbarrata da un muro di fuoco. Occorreva ricostruire il Ponte, ma perché avesse solidità anche sul piano temporale, doveva avere delle radici molto profonde. I Templari idearono il Baphomet, ponte trinitario di Luce fra l’immanente e il trascendente, le cui fondamenta raggiungevano il centro della terra (forse non è solo un modo di dire).

Secondo una tradizione, il termine Baphomet è racchiuso nelle parole AB OPHibus TEMplum, cioè “il Tempio deriva il suo potere dai serpenti”, simboleggianti le correnti sotterranee che salgono ai piani superiori. Le gambe anguiformi dell’idolo templare rappresentano i due serpenti d’oro (solare) e di bronzo (lunare) che, come quelli nel caduceo di Hermes-Mercurio, simboleggiano la dimensione binaria delle forze di aggregazione e di disgregazione, che nell’iniziazione alchemica corrisponde alla fase Nera. Quando i due serpenti si fondono, formando l’unità del corpo bafometico e l’energia ctonia comincia a salire, inizia la fase Bianca. Segue la fase Rossa quando l’energia raggiunge le tre teste – nera, bianca e rossa – del Baphomet. Terminate le tre fasi della Grande Opera, il Ponte è ricostruito.

L’incontro di Dante con Beatrice sul Ponte di Santa Trinità – tralasciando di accennare alla numerologia – non è un avvenimento storico, ma adombra il mistero del Ponte bafometico, il Secretum Templi. L’eros, sebbene angelicato per non incorrere in persecuzioni clericali, è qui pure alluso come strumento-potenza onde giungere al compimento della Grande Opera; ci troviamo di fronte ad un’altra valenza esoterica riferita all’idolo templare.

Anche le cattedrali gotiche erano e sono (per chi sa udire e vedere) dei Ponti di Luce che affondano le loro radici nei dolmen megalitici sovraccarichi di energie telluriche, e che con il loro verticalismo si slanciano verso il cielo. In esse l’uomo medioevale si sentiva elevare ed entrava in contatto col Trascendente. I tre rosoni delle cattedrali possono essere paragonati alle tre teste del Baphomet: quello della fiancata sinistra, a Nord, rappresenta la notte, cioè il Nero; quello della fiancata destra, a Sud, è il giorno, cioè il Bianco, e il rosone sopra il portale centrale della facciata, a Ponente, è il tramonto, il Rosso dell’Opera.

I Templari con l’edificazione del Ponte della Santa Trinità ristabilirono l’equilibrio fra Cielo e Terra e assunsero il compito di guardiani della Terrasanta. Più tardi, quando degenerarono (è il pericolo tremendo che incorre chi opera con potenze di tale calibro e devia su versanti luciferini) in banchieri dell’oro dei re, dei vassalli e dei mercanti, l’energia del Serpente, salita alle tre teste del Baphomet, ridiscese attraverso il tronco e le gambe, e il Ponte si infranse, travolgendo i cavalieri rossocrociati sul piano terrestre. Ma la sopravvivenza del tempio a livello spirituale permetterà, quando i tempi saranno maturi ed esausti, di ricostruire un nuovo Ponte di Luce che, cementato con l’acqua-di-vita degli antichi cavalieri, verrà innestato alle fondamenta dell’altro, per ristabilire la connessione dell’umano col divino.

 
Cagliostro mette l'asse vertebrale al potere serpentino e lo domina

Re-bis

Se sale illumina
Sconfitti ma imperituri