Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

lunedì 31 ottobre 2011

IUS 45


La scena da sola annullò la mia coscienza. Ero il fortunato mortale che attende per varcare l'impenetrabile barriera che segna il confine del mondo. Ritornerò? La domanda da buon mortale mi assillava, anziché contemplare la visione miracolosa. Avvertivo durante le mie avventurose prove, un senso di appartenenza alla mia amata Terra. Mi interrogavo - quasi avessi la risposta - su come avrei potuto scamparla. O, nel peggiore degli esiti, cosa sarebbe successo ai miei genitori, cosa avrebbe provato mio fratello più piccolo? Eppure grazie a Scandurra avevo potuto provare l'ineffabile. Le nozioni di corpo anima spirito, non erano più materia teologica o filosofica. Quel fruttarolo di Viterbo, pur usando espressioni dialettali da sottoproletariato urbano, ci spiegava i massimi misteri del tempo, dello spazio, della Vita, ci creava immaginifiche costruzioni cognitive per meglio farci comprendere i livelli dimensionali, dimostrando la necessità di tagliare vincoli, zavorre karmiche, per volare liberi. Ci ricordava l'umiltà come virtù fondamentale per ogni realizzazione spirituale. L'umile, ci diceva, sostiene il mondo. Assaporai il nettare della conoscenza, provai l'esperienza assoluta di viaggiare oltre la realtà conosciuta, ma ogni tanto, sporadicamente, la nostalgia per quel mondo che mi aveva ospitato, mi inondava. Un mantra ricorrente.

Il cigno si muoveva lentamente. Guardava ora a destra, ora a sinistra. Nulla lo turbava. Sembrava non accorgersi nemmeno della mia presenza. Chi era? Esclusi la sua natura animale. Un simbolo vivente? Un mito incarnato? Una divinità manifesta?

Si trovava a non più di 10m da me. Non capivo cosa avrei dovuto fare. Forse soltanto attendere. Che fretta c'era?

Mentre finalmente riuscii a fermare i miei pensieri, ebbi la percezione istintiva di un qualcosa che si stava avvicinando da tergo. Poi avvertii un fragore come di una folla che si stava muovendo verso di me. Mi girai e intravidi lontano, in un fulgore di luci bianche come mille flash, una colonna di esseri. Persone, sì, donne uomini bambini che a passo lento si dirigevano nella direzione del cigno. Mi scostai per non intralciare il loro cammino, ma con grande sorpresa mi accorsi che rallentavo meccanicamente. La sensazione fu curiosa. La fiumana umana procedeva con andatura normale ed io annaspavo, tentavo di sbrigarmi senza successo. A mala pena evitai di scontrarmi con i primi della colonna. Il loro aspetto denunciava uno stato d'animo quasi di sogno, sebbene non avevano la difficoltà di movimento che avevo io. Appartenevano sicuramente a quella terra, Lakustra, lo sapevo... semplicemente. Non vi era nei loro volti paura né tormento. Piccoli e adulti possedevano una forza, una convinzione per quello che facevano malgrado la strana condizione ambientale e coscienziale in cui versavano. Era una processione lunghissima, senza fine. Ognuno passando di fianco al cigno, lo salutava con un cenno della testa, spontaneamente. Credevo di essere invisibile ai loro occhi – chissà perché – invece alcuni si giravano e mi guardavano sorridendo. Contraccambiai.

La mia anima si apriva: un moto profondo fuoriusciva incontrollabile verso quella gente. Potevo sentirne gli umori, i pensieri, le tensioni. Non solo. La gioia vera, alta, serena si estendeva dappertutto. Avvertivo l'umanità di quella marea di persone. Come un suono proveniente da lontano che si avvicina progressivamente, ascoltai un canto che mi entrava dentro con la sua vibrazione, un'onda oceanica invadeva il flusso sanguigno che si illuminava perché raggiungeva il cielo. Una melodia stupenda, ricca di sentimento ma non sdolcinata. Potente, ci prendeva al petto. Da dove veniva quel canto bellissimo? Non riuscivo a capire, ma poco contava. Sembrava che l'universo, come un'orchestra infinita, suonasse il suo inno alla gioia. Dov'ero? In paradiso? Tutte quelle anime avevano un corpo, ne sentivo i passi, l'ansimare dei più anziani e il vociare dei piccoli. Se non era quello un posto edenico, sicuramente apparteneva ad un sovramondo oltre ogni più sfrenata immaginazione. Mano a mano che passava il tempo – ma il tempo, passava? - gradualmente, sopra la testa di ognuno di loro, si formavano luci abbaglianti, stelle raggianti di colori, delle dimensioni di una mela: angeli custodi o forme dello spirito che non hanno forma. Lo scenario era fantastico come la copertina di un disco degli Osibisa. Da quel momento, la fiumana cambiò atteggiamento. Tutti, nei modi più diversi, manifestavano contentezza, alcuni cantavano, i bambini saltavano. Erano belli, felici. Il Varco trasformava l'essere, o meglio, lo trasmutava. Ma chi sceglieva chi? Chi decideva chi doveva varcarlo? Altre persone sarebbero rimaste su Lakustra. Vi era, quindi, una selezione, un criterio discriminante. Oppure cosa?

Poi mi sentii assorbire. Sì, il termine è questo. Qualcosa mi traeva verso il punto più lontano del Varco. Velocemente fui allontanato. Troppo velocemente. Persi i sensi.

Geter sorrideva e mi sosteneva la schiena. Ero di nuovo seduto all'interno dell'aeronave. Intorno, gli altri militari mi squadravano con curiosità. Cercai di dire qualcosa, ma le parole non mi uscivano. Ero stordito, fiaccato nel fisico come dopo una lunga fatica. Di nuovo bevvi quel liquore. Mi ripresi.

  • Hai potuto avere un'esperienza mistica che diventerà mitica quando la narrerai alle generazioni future – mi fece Geter.
  • Ma cos'era, il paradiso?
  • Oh Angelo, non si ritorna di solito da quel posto. Hai avuto la possibilità di essere testimone di un passaggio cosmico di un mondo in un altro mondo. La gente che hai veduto non sono defunti. Donne uomini bambini in carne e ossa attraversano il ponte del Varco. Un ciclo è giunto alla fine e la ruota gira nuovamente. Di esodi ce ne sono stati molti nella storia dei nostri popoli. Ma si fuggiva da qualcuno o da qualcosa di terribile. Il Varco, invece, è una grande occasione, unica, formidabile per quella generazione che arriva al termine di un'era.
  • E tu Geter non li invidi?
  • Ognuno di noi ha un compito. Cerco di onorarlo. È già un miracolo trovare una causa per cui val la pena morire. Quanti vagano trascinandosi durante tutta la vita, senza una stella di orientamento, senza un senso da dare all'esistenza. Ognuno di noi ha una missione da compiere in questo tratto di strada della Vita, ma pochi la scoprono in tempo.
  • Ora Geter che faremo?
  • È necessario per te vedere come il caos opera. Ti servirà al momento opportuno. La Terra, la nostra Terra affronterà il Varco come i lakustriani. Ma non è automatico. Le leggi celesti non sono programmi definiti e rifiniti in ogni dettaglio. C'è un margine, un fattore squilibrante, necessario, maledettamente necessario. Lo hai incontrato credo... l'Ombra. Già quando da piccolini scopriamo il male nelle sue forme relative magari, cominciamo a domandarci perché. Perché se la Creazione è opera di Dio, sommo bene, vi è una parte oscura che tende a violare quest'ordine? È implicito nella Creazione il male? E allora Dio ha una faccia oscura? La libertà di scelta di ogni creatura è autentica libertà o è un frammento di quel disordine? Se non vogliamo essere automi, quanto male siamo disposti a concedere per avere la libertà? Chi ti parla è un soldato che non di rado ha ucciso e ha incontrato mille volte il male e per molti miei nemici potevo io apparire il male, il loro male. Ho tradito spesso il nostro codice per far rientrare in un altra prospettiva le cose. Ho abiurato la mia fede per non distruggere quella altrui e dopo, rivisitando le mie azioni, vergognandomene, ma soprattutto pentendomene amaramente, non ero più così sicuro di stare dalla parte giusta. Se l’uomo, come si legge nel Prologo di Zarathustra, il mio libro-chiave da giovane, è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, io mi ci sono sentito in più di un'occasione, e ti giuro Angelo, era qualcosa di terribile.
  • Scandurra ha uno strano rapporto con quell'essere maligno, l'Ombra. Non capisco. Sarà la mia cultura cattolica preconciliare, ma credevo che col male non si negoziasse.
  • Invece si negozia, eccome, caro Angelo. Ci si insozza fino a sentirtelo dentro. Diventa parte della tua natura. Difficile combattere un nemico che ha teste di ponte nel tuo cervello.
    Ti riporto sulla Luna. Tutto inizierà da lì.

martedì 18 ottobre 2011

DIMENSIONI SCANDURRIANE

Ho incontrato sul web le opere di un pittore incredibile, Jacek Yerka, un polacco magico e capirete perché ammirandone i quadri. C'è un motivo ben preciso se ne ho riportati alcuni sul post. Basta leggere le didascalie. Oltre il Velo di Iside artisti, sciamani, entronauti, viaggiatori interdimensionali, volano verso le terre alte.

Interscalo dimensionale Viterbo-Orte-Terranusi

Lakustra

L'apertura dei rubinetti mentali

Oltre il Varco 2012

Deya

Botole e spolette

giovedì 13 ottobre 2011

NELLA TANA DI SATURNO



[...]Gli Anelli del pianeta Saturno funzionano da scalo interdimensionale ad un secondo luce dalla Terra. Essi sono artificiali, piazzati lì da antichi ingegneri cosmici, ma da millenni in disuso. Il loro movimento è musicale. Aspettano che qualcuno riapra le danze.
Da ''Le Cronache di Atlantide'' di Scandurra e Angelo Ciccarella, testo inedito

Quanto detto sopra succintamente è, per qualsiasi manualetto astronomico, farneticazione pura e semplice, non ne troverete certo accenno su NatGeo, così come non ne troverete traccia nemmeno nel supermarket del mistero del Giacobbo nazionale. Al massimo le antiche cosmogonie sono considerate materie di pesanti studi accademici per addetti ai lavori e nulla più. Vetuste conoscenze di superstiziosi popoli, analizzate con occhio distaccato da paludati professori. Programma per licei classici. Li abbiamo accantonati da tempo. Oggi viviamo nel cyberspazio grazie al silicio e all'elettricità, comunichiamo quasi solamente col cellulare e leggiamo distratti la prima pagina del NYT sull'ultimo marchingegno della 'mela mozzicata'. Che ci manca? Abbiamo, sì, qualche problemino climatico sociale politico energetico medico genetico spirituale ecc., ma che volete, uno scotto lo dobbiamo pur pagare. La religione? Beh, è una faccenda privata, no?, in fondo siamo un po' tutti laici e contenti. Certo, hai visto mai? Un santino di padre Pio fa sempre comodo nel portafoglio. Una lettura di oroscopo e di tarocchi, aiuta, però è meglio non dirlo al collega d'ufficio, lui sì che è un tipo progressista, legge Micromega, tiene sul sedile del suv l'ultimo di Eco, il noto semiologo che ci dice che non esiste né la verità né Dio, perché siamo tutti un po' bugiardi e i meno attrezzati culturalmente, a qualcosa dovranno pur attaccarsi. Insomma, l'uomo moderno o post o ex, a farla breve, l'uomo 'laico' finalmente si è scrollato di dosso la polvere della credenza, l'unica fede rimasta la trova sui diagrammi di Borsa e negli inserti scientifici dei quotidiani radical chic. Eppure, amici, credo che mai come oggi l'uomo sia in balia di forze, di potentati, di complotti universali. La nostra conoscenza è limitata ad un sistema particolare, come nel caso dell'Universo, giacché noi stessi ne facciamo parte. Eppure viviamo in un mondo dove gli archetipi universali si fanno comunque strada e ci comunicano essenzialmente un solo messaggio: siamo immortali. Il rumore di fondo nasconde il segnale, che però non cessa di arrivare.
Perché non ci ricordiamo queste cose? Perché non diamo più ascolto ai miti? Non risuoniamo più alla vibrazione del simbolo? Quanto più la notte del mondo va verso la mezzanotte, quanto più si perdono le tracce, tanto meno è possibile ad un'umanità giacente nell’abisso, poter riconoscere un cenno o un segno. Tutto sembra ormai tacere. Chi ci ha ridotti così? Perché non abbiamo reagito in tempo? Siamo tutti incappati nella rete della Salamandra senza nemmeno accorgerci di quello che stava succedendo. Una trappola psichica, strisciante nel suo sviluppo: rompe la struttura dell'uomo interiore, la volontà, l'intelligenza e il sentimento. E tutto questo per abbandonarci nel chaos delle tenebre inferiori.

Contro la realtà blindata, Scandurra mi ha insegnato a vedere il mondo under construction / en cours de construction / in costruzione, non finito, e così tengo il mio sguardo lasciando intatto il senso del mistero. Ma un occhio profetico capace di vedere anche nel dramma la traccia di un destino. L’occhio deve vedere che il suo orizzonte finito non offre spiegazioni plausibili e non cerca nemmeno risposte dinanzi al male. Inonda di luce l'oscurità.

Dicevo di Saturno e dei suoi spettacolari anelli. Ebbene, se mettessimo insieme alcuni elementi centrali derivati dalle materie oscure scandurriane sulla visione delle cose e dell'uomo, il quadro che ne emergerebbe sarebbe più un patchwork che una tela iperrealista. Almeno ad una prima lettura. Proviamo a disegnarlo:

  • Magia: pensiero risonante che delinea una forma analogica di rapporto col mondo;
  • il Grande Tempo ciclico che modella lo Spazio;
  • l'uomo come potenza che dà forma alla Luce;
  • contrapposizione tra ricerca di sé e autoaffermazione dell'io;
  • Atlantide scalzata dalla volontà di potenza di goeti e sospesa in una piega dello spazio-tempo;
  • Civiltà cosmiche elevate e libertarie – gli Uranidi – visitano sotto copertura la nostra Terra, limitando al massimo ogni interferenza;
  • Civiltà cosmiche autoritarie e spiritualmente oscurate – i Saturniani – interferiscono massivamente sulle umane sorti;
  • Ingegneri cosmici hanno realizzato e disseminato portali interdimensionali colleganti i 9 universi;
  • l'interazione tra universi è determinante per l'equilibrio cosmico;
  • un manipolo di anonimi talenti detiene la capacità e i mezzi per Immergersi in Varchi Interdimensionali, tale retaggio deriva dalla trasmissione atlantidea sopravvissuta alla scomparsa del continente;
  • esiste un sistema iperfisico che contempla l'eterna sussistenza del passato;
  • i Saturniani creano ad arte i nuovi paradigmi culturali che sostituiscono la tradizione e l'esperienza umana;
  • il Varco 2012 si presenterà in un certo modo, il tempo cessando di scorrere diventerà “spazio”.

E, infine, scopriamo le principali ossessioni dei negromanti contemporanei, braccio magico dei Saturniani:
1. L’ineluttabilità dell’abiezione come passaggio alla rinascita;
2. Il sacrificio cruento come necessario lasciapassare propiziatorio;
3. La ricerca del contatto con gli dèi pagani che si celano nella discarica del nostro subconscio.

IL PIANETA PORTATORE DI MORTE E DISTRUZIONE
L'affascinante struttura del mondo dei livelli, è fondamentale per capire quanto Scandurra ci faceva sperimentare e così facendo, ci affinava. Dietro ogni 'botola' la strada per un'altra dimensione, universo dietro universo. La nostra però, non è un'epopea spaziale, una space-opera sci fi anni '40. Perché il marcio inizia da casa nostra, propaggini e bave di altri mondi popolati da civiltà aliene, distanti da noi per cultura e religione. Forse per schematizzare o più probabilmente per necessaria discriminazione, Scandurra ci ha parlato di Uranidi e di Saturniani. Contrapposizioni durate per cicli cosmici, sotto soli e bandiere diverse, ma distinti per fini e origini. E noi terrestri? Vasi di cocci tra quelli di ferro: oggigiorno sicuramente, eppure... eppure noi facciamo parte del genoma di Dio. Tuttavia il creare non è dell’uomo. L’uomo quanto a corpo, è derivato dai genitori per delega di Dio. Ma quanto anima razionale che ne costituisce il suo Io, non può derivare che direttamente da Dio perché è immateriale, è spirito e lo spirito non è fatto di parti; è semplicissimo, per ciò incorruttibile. La consapevolezza di esistere deriva dal rapporto complesso tra lo spirito e la materialità del corpo. Sospesi tra queste due polarità diventiamo veramente individui scegliendo di seguire il disegno di Dio. Non sempre è leggibile, però. Dovremmo abbandonarci, alleggerirci, come diceva Scandurra, e allora la scarica elettrica di Dio ci avrebbe attraversato. Del resto è la nostra natura divina, perché non seguirla? Non mi sento meno libero, se faccio ciò per cui siamo stati creati. L'esperienza della vita terrestre ci servirà, eccome. Ma soltanto se entriamo dentro noi stessi potremo scoprire l'eterno. Dio è la bussola cosmica, ci indicherà sempre la giusta direzione. Potremo seguirla o meno, sta a noi. Scandurra ci donò il lumen che ci permise di vedere chiaramente chi siamo e cosa dobbiamo fare della nostra vita. E allora i nemici dell'umanità ci faranno meno paura, perché sappiamo di essere altro.
Saturno è lì, che ci controlla, segue, origlia; ci influenza sul piano sottile e grossolano, ma non si mostra per quello che è realmente. Noi ci troviamo in mezzo, al centro dell'universo noto, tra forze galattiche e potenze sotterranee, ma pochi di noi sanno questo, sentono questo. Saturno è l'occhio del serpente circolare, ipnotico, seduttivo, distruttivo. Per quanto bellissimo e spettacolare, è mortale con le sue spire artificiali, protese a stringerci il collo fino al rantolo finale. Ma noi siamo altro.

SENTINELLA, QUANTO RESTA DELLA NOTTE? (Isaia 21,11)

Non esiste un solo universo, e quello che vediamo non è il più importante. Io ho scoperto – non per primo e nemmeno per ultimo - cosa c’è “dietro” il visibile, l’invisibile, l’altro sole... tutto un mondo dei livelli, attraverso la botola, il punto di inserimento cosmico. Ogni botola interdimensionale (pozzo dello sprofondo) è una specie di microcosmo a sé che si affaccia sull'Infinito. È come spiare dal buco della serratura di una stanza segreta, di quelle mai aperte prima, con esseri propri, leggi e situazioni a sè... si intravede la Natura svelata, la Porta di Giano, la quale non immette in una stanza prossima, ma nell’altra metà della stanza intera della manifestazione immanente; ogni Universo è un bilocale, noi abitiamo la parte sensibile. Sbirciando sull'altra parte, scopriamo che tutto sembra onnicomprensivo e autosussistente. Cessa ogni obiezione. E quello che pensavamo di sapere e credevamo di essere, non hanno più consistenza obiettiva. C'è un filo dal quale è possibile riaggomitolare gli eventi. E non possiamo non domandarci: quanto resta della notte?

domenica 9 ottobre 2011

La spada della sorpresa


“Dividimi dalle mie ossa, oh spada di Dio / finchè queste non si staglino austere e strane come fanno gli alberi, / così che io, cui batte forte il cuore per i boschi svettanti, / possa stupirmi altrettanto di loro. / Dividimi dal mio sangue, che nel buio / sento scorrere come un rosso rivo ancestrale, / tanti ruscelli sotterranei che si diramano e trovano il mare / ma il sole non lo vedono mai.

Donami occhi miracolosi / perch'io possa vedere gli occhi miei/ questi specchi che ruotano / e prendono vita in me, / cristalli terribili, più incredibili ancora / di tutte le cose che vedono.

Dividimi dalla mia anima, così ch'io veda / i peccati come ferite aperte, e l'impavido battito della vita / finché io possa salvare me stesso come farei / con uno sconosciuto per strada”.


G. K. Chesterton