Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

martedì 23 luglio 2013

LA TRAIETTORIA DELL'ARCOBALENO



 


A screaming comes across the sky. (Un urlo viene attraversando il cielo).
Thomas Pynchon, L'arcobaleno della gravità

Noi non siamo uomini d'oggi
Siamo nati in un tempo sbagliato,
Ma siamo nati per davvero!
Noi leggiamo ciò che è scritto nel cielo
Noi conosciamo il linguaggio della terra
Eppure nessuno ha mai voluto parlare con noi!
Massimo Morsello

Due polarità [caldo e freddo, elio e idrogeno] danno il via al tutto. Nascono i Giganti. Dal loro smembramento nasce il cosmo.
Scandurra

Bigghe banghe? È una storiella inventata dai capoccioni che non ricordano nemmeno come nasce una vita. L'universo non inizia da una cannonata sparata nel vuoto e a casaccio. No, amici miei, c'è un luogo di creazione per ogni cosa, un utero, dentro il quale due particelle primordiali si aggregano per poi prendere forma dalla Luce. Allora ha inizio la manifestazione.
Scandurra

Lentrata alle nove dimensioni è possibile grazie ad uno scontro misterioso tra le particelle che disgregandosi all’urto lasciano le porte aperte sugli altri piani. Le spolette a questo servono: smuovono le particelle così vanno tutte in buca come su di un tavolo da biliardo.
Scandurra

Pregava con queste parole e teneva le are,
La profetessa, quando così cominciò a parlare: “Divino per discendenza di sangue,
Troiano figlio di Anchise, la discesa nell'Averno [è] facile:
La porta del nero Dite è aperta giorno e notte;
Ma percorrere il cammino all'indietro e uscir fuori nelle arie superiori,
Questa è l'operazione, questo è il lavoro. Pochi, generati da dei, l'hanno potuto [fare]:
Quelli che il giusto Giove ha amato, o che l'ardente virtù
Ha innalzato fino agli eteri. Le selve [de]tengono ogni mezzo,
E il Cocito fluisce attorno lambendo[le] con nero meandro.
Se poi nella mente vi è tanto amore, tanta brama,
Di nuotare due volte nei laghi Stigi, di vedere due volte i neri
Tartari; e [ti] aggrada indulgere in un lavoro pazzesco:
Ascolta ciò che bisogna innanzitutto eseguire. Nell'ombra
Di un albero si nasconde un ramo d'oro nelle foglie e nel flessibile stelo,
Ritenuto sacro a Giunone inferna: lo protegge tutto il bosco,
E le ombre [lo] chiudono in oscure depressioni.
Ma non è dato scendere nelle latebre della terra,
Se non a chi prima abbia divelto dall'albero il germoglio dalla chioma d'oro.
La bella Proserpina ha stabilito che lo si rechi quale suo tributo.
Appena strappato il primo, non ne viene a mancare [subito] un altro d'oro;
E il virgulto fa fronde dello stesso metallo.
Perciò rivolgi gli occhi in alto e trovatolo secondo il rito,
Prendilo con mano: infatti esso stesso [ti] seguirà di sua volontà e senza sforzo,
Se i fati ti chiamano; altrimenti non potrai vincerlo con alcuna forza,
Né strapparlo col duro ferro.
Virgilio, Eneide, Lib. VI, 124-148.

Tutti i moti dell’universo, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, nascono da un etere universale in perenne moto vorticoso, in grado di influenzare sia la materia che tutti gli esseri viventi e il loro spirito.
Marco Todeschini

Turbinando nel cerchio che si allarga
Il falcone non può sentire il falconiere
Le cose cadono a pezzi, il centro non può tenere.
Pura anarchia dilaga nel mondo
La marea insanguinata s'innalza e dovunque
La cerimonia dell'innocenza è annegata.
I migliori mancano di ogni convinzione mentre i peggiori
Sono pieni di intensità appassionata.
Certo è imminente una rivelazione
Certo è imminente la seconda venuta
La seconda venuta! Difficile pronunciare queste parole
Un ampio squarcio fuor dallo Spiritus Mundi
Tormenta la mia visione;
Da qualche parte nelle sabbie del deserto
Una forma con il corpo di leone e la testa di uomo
Bianco lo sguardo e senza pietà come il sole
Muove le sue cosce lente. Tutto intorno
Spirali fosche di uccelli del deserto.
La tenebra discende: adesso intendo
Che venti secoli di granitico sonno
Erano condannati all'incubo da una culla ondeggiante
E quale bestia orrenda, ora che alfine è venuta la sua ora
Striscia verso Betlemme per venire al mondo?
William Butler Yeats, La seconda venuta

Da ogni parte si può trovare il codice di entrata. Però, bisogna saper bussare. La mappa delle botole sparse per il mondo è ben custodita perché è scritta in cielo.
Scandurra

I luoghi in cui risiedono e vivono gli ‘Dei’ si trovano nelle “… nere, cupe regioni immerse nell’oscurità, tra i sistemi dei mondi, dove non può arrivare la potente e maestosa luce del nostro Sole e della Luna”.
Budda, Acchariyābbhūtadhamma Sutta

All'inizio e alla fine abbiamo il mistero. Potremmo dire che abbiamo il disegno di Dio. A questo mistero la matematica si avvicina, senza penetrarlo.
Ennio De Giorgi (1928-1996)

Ci sono soltanto due possibili conclusioni: se il risultato conferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura. Se il risultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta.
Enrico Fermi (1901-1954)

L'universo comincia a sembrare più simile ad un grande pensiero che non a una grande macchina.
James Hopwood Jeans (1877-1946)

Signore, un'equazione non ha alcun significato per me, a meno che non esprima un pensiero divino.
Srinivasa Aiyangar Ramanujan (1887-1920)

Nell'universo cristallino della matematica vengono tese alla ragione le stesse trappole che nel mondo reale.
Simone Weil (1909-1943)


Per tre cose vale la pena di vivere: la matematica, la musica e l'amore.
Renato Caccioppoli (1904-1959)

La fede è un modo di possedere già ciò che si spera; un mezzo per conoscere delle realtà che non si vedono.
San Paolo

La teoria non impedisce ai fatti di verificarsi.
Sigmund Freud

Il mondo è parallelo.
Scandurra

Il viaggio verso l'ignoto richiede marinai forti ed esperti, non sognatori o utopisti: l'illusione può permetterci di immaginare la fine del viaggio, difficilmente di giungervi realmente. Similmente, solo una mente ben razionale può sopportare la vista dell'irrazionale fino in fondo, ovvero dove l'irrazionale non è più tale.
Gilbert Keith Chesterton, L'Uomo Che Fu Giovedì

Anche un'epoca di oppressione è degna di rispetto, perché essa è opera non degli uomini ma dell'umanità, dunque della natura creatrice, che può essere dura, ma non è mai assurda. Se l'epoca che noi viviamo è dura, abbiamo tanto più il dovere di amarla, di penetrarla con il nostro amore, fino a quando non avremo spostato le pesanti masse di materia che nascondono la luce che risplende dall'altra parte.
Walter Rathenau, Dove va il Mondo?

Imbattersi in un altro mondo è possibile. Talvolta i confini si spostano o si intrecciano: basta essere lì in quel momento.
Scandurra

Nel diciottesimo secolo, e poi da allora in avanti, Newton prese ad essere considerato come il primo e il più grande degli scienziati dell’età moderna: un razionalista, uno che ci insegnò a pensare seguendo i principi del ragionamento freddo e imparziale. Io non lo vedo in questa luce. Credo che nessuno di coloro che hanno meditato sui materiali contenuti in quella cassa, da lui stesso riempita quando lasciò Cambridge nel 1696 – materiali che, sebbene in parte dispersi, sono giunti fino a noi – possa considerarlo in quel modo. Newton non fu il primo scienziato dell’età della ragione. Piuttosto fu l’ultimo dei maghi, l’ultimo dei babilonesi e dei sumeri, l’ultima grande mente soffermatasi sul mondo del pensiero e del visibile con gli stessi occhi di coloro che cominciarono a costruire il nostro patrimonio intellettuale poco meno di diecimila anni fa.
John Maynard Keynes nel 1942, in occasione di una conferenza al Royal Society Club

...Ci consideriamo persone moderne, intelligenti e sofisticate. Psicologi e sociologi pensano che l'astrologia sia una sciocchezza. Dipartimenti accademici che si occupano di comportamento umano la considerano uno svago controproducente privo di qualsiasi utilità. E non è che non ne abbiano mai sentito parlare, senno bene che tutti i giornali quotidiani del mondo hanno una rubrica di oroscopi e che milioni di persone la seguono. Il motivo per cui non se ne occupano è che si sentirebbero in imbarazzo nei confronti dei loro colleghi. Le scienze sociali non dispongono di prove concrete che escludano un legame tra il comportamento umano e le posizioni dei pianeti al momento della nascita. Ma gli esperti di scienze sociali hanno l'arroganza di dare semplicemente per scontato che le tradizioni popolari, come l'astrologia, siano roba per creduloni. Negli ultimi due secoli gli psicologi hanno completamente ignorato l'astrologia, senza nemmeno fare qualche semplice esperimento per metterne alla prova i principi. Molti di loro sono erroneamente convinti che si tratti di un argomento estraneo alla scienza e quindi che non sia adatto a una ricerca seria. Sbagliano di grosso. Il fatto che chi pratica oggi l'astrologia utilizzi o no metodi scientifici non ha niente a che vedere con la validità delle conoscenze che utilizzano. Il fatto che le abbiamo ignorate senza sottoporle a una valutazione sperimentale, etichettandole come inutili chiacchiere per le masse, dice molto su fatto che quelli che si occupano di salute mentale ragionano col "cuXX", e che di solito hanno bisogno di più aiuto che quello che possono offrire. Sappiamo poco sulle origini dell'astrologia, a parte il fatto che cinquemila anni fa civiltà che andavano da Babilonia alla Cina, indipendentemente le une dalle altre, studiavano i cieli per cercare di capire meglio la vita sulla terra. Nel XVII secolo, quando uomini come Galileo, Keplero e Newton stavano ponendo i fondamenti dell'astronomia, tenevano conto anche del valore astrologico delle loro osservazioni e delle loro predizioni. A un certo punto, però, la precisione dei loro calcoli e delle predizioni matematiche da loro formulate deve aver acquisito maggiore importanza rispetto alle riflessioni che sarebbe stato possibile utilizzare per le teorizzazioni, decisamente più vaghe, richieste dall'astrologia. Individui che stanno alzati tutta la notte a guardare attraverso lunghi tubi neri, memorizzando numeri a quattro o cinque cifre e inventando schemi di calcolo, non sono necessariamente esperti di comportamento umano, e non è molto probabile che trovino interessanti le complesse interazioni tra gli individui e le stelle. Hanno già abbastanza da fare per cercare di calcolare perché l'orbita di Marte è ellittica anziché circolare. Così l'astronomia si è separata dall'astrologia, ma questo non è successo perché l'una funzionava, e l'altra no. Nessuno ha fatto un'approfondita valutazione empirica dei dati astrologici, per poi concludere che nessuno di essi poteva essere utilizzato per fare predizioni, semplicemente gli astronomi hanno preferito continuare a occuparsi dei moti ciclici dei pianeti, anziché di quelli degli esseri umani.
Kary Mullishttp://www.karymullis.com/
È il 28 giugno 1988 e la rivista britannica Nature, tra le più influenti riveste scientifiche al mondo (insieme alla concorrente americana Science) pubblica un articolo dal titolo: «Degranulazione dei basofili umani, indotta da alte diluizioni di un anti-siero anti-IgE».
Malgrado il titolo risulti assolutamente oscuro al grande pubblico, la redazione di Nature si premura di diffondere il testo ai principali mezzi di informazione del pianeta, esattamente come accade ogni qual volta un articolo importante viene pubblicato sulla rivista.
In tutti i Paesi, la stampa dà un risalto senza precedenti all’articolo e traduce il suo contenuto in questi termini: «L’acqua potrebbe conservare un ricordo, ovvero una traccia delle sostanze che vi hanno transitato». Una vera e propria rivoluzione scientifica in nome della quale mi ritrovo subito sotto inchiesta. Alcune settimane dopo, in seguito a una “controinchiesta” condotta nel mio laboratorio da una équipe di Nature, in condizioni particolarmente sconcertanti, la rivista decide che i risultati dei miei esperimenti sono privi di fondamento. Da quel momento, ha inizio un processo di emarginazione che mi porterà dalla direzione di una delle unità di ricerche dell’Inserm1, in cui lavorano diverse decine di persone a quella di un laboratorio indipendente per il quale non sono previsti fondi di ricerca e per il cui funzionamento sono costretto io stesso a cercare finanziamenti. Il laboratorio era un vecchio prefabbricato situato nel parcheggio del centro che dirigevo.
Circa nove anni dopo, esattamente il 21, 22 e 23 gennaio 1997 il quotidiano Le Monde ritorna sulla questione. Per tre giorni consecutivi e in sei fitte pagine, il giornalista Éric Fottorino descrive quello che è ormai divenuto tra gli scienziati un “feuilleton”. L’inchiesta, accurata e onesta, è eccellente. Tuttavia la lettura mi provoca un insieme contrastante di impressioni e sensazioni: in parte positive, ma per lo più negative e dolorose. Impressioni e sensazioni di cui ho profondamente risentito negli ultimi otto anni e che mi hanno procurato un certo malessere e una certa oppressione. Un malessere provocato non tanto dalle parole di Éric Fattorino bensì dalle insulsaggini proferite dalla gran parte degli “scienziati” che il giornalista ha intervistato nel corso della sua inchiesta e dei quali si è limitato a trascriverne le dichiarazioni.
Presunti scienziati, nonché pseudoricercatori, che hanno espresso il loro giudizio sui miei lavori di ricerca sulle alte diluizioni (memoria dell’acqua) senza avere assistito agli esperimenti e senza averne confutato i risultati; alcuni sono arrivati ad accusarmi di frode scientifica senza lo stralcio di una prova. Ho ritenuto pertanto che fosse arrivato il momento di parlare in dettaglio della mia verità sulla “memoria dell’acqua”, di raccontare delle manovre, dei colpi bassi, delle vigliaccate e degli insulti di cui sono stato bersaglio, da dieci anni a questa parte. Non ho alcuna intenzione di fare del vittimismo, né tanto meno il mio intento è quello di pareggiare i conti.
Per quindici anni ho vissuto un’avventura appassionante: se non soffrissi di mal di mare, la paragonerei a un giro del mondo in solitario per l’eccitamento costante e i sussulti improvvisi! Soprattutto perché nella ricerca (volendo essere onesto con me stesso), devo ammetterlo, io ho sempre amato la competizione, il confronto e lo scontro scientifico e intellettuale, nel rispetto delle regole deontologiche. «A morte gli imbecilli!», mi ha scritto uno scienziato a me amico abbandonando con disgusto una posizione ufficiale (senza che la cosa gli abbia impedito di continuare a occupare, e non sto scherzando, il suo posto all’Académie des sciences). Condivido questo monito e mi trovo d’accordo con il principio di fondo. Ma questa parola d’ordine, presa alla lettera, comporterebbe un genocidio scientifico. Una simile affermazione è forse indice della mia arroganza, della mia paranoia?
La paralisi dei progressi nella fisica teorica a partire dagli anni ’30, nonché la stasi della scienza in generale e in particolare della biologia, se si escludono rari exploit tecnologici, sono in grado di offrire, da soli, una parziale giustificazione a questo massacro intellettuale programmato.
Ma quali le ragioni di questo letargo?
Secondo il mio modo di vedere, il fenomeno ha almeno tre possibili spiegazioni:1) Il predominio di Big Science/ Big Business / Big Organization. La subordinazione in ultima istanza, della ricerca al potere economico risale al Progetto Manhattan (produzione della bomba A) che ha portato all’ingerenza e all’intromissione del governo americano nella ricerca, all’immissione di immensi capitali e alla creazione di strutture economico-scientifiche mastodontiche. Il predominio del business può spiegare l’accoglienza tributata ai lavori sulle alte diluizioni, in grado di far traballare i grandi equilibri dell’industria farmaceutica. La libertà di pensiero è peraltro compromessa dalla politica attuata dalle grandi riviste scientifiche che si spingono oltre la loro principale e necessaria funzione di diffusione delle conoscenze, operando una censura delle idee scomode o un’azione di destabilizzazione dei loro autori. D’altra parte, se potessimo contare sulla stampa per fare le rivoluzioni (scientifiche e non), tutto questo sarebbe noto.
2) La psicologia della sudditanza ai maestri e alle verità intangibili di una Scienza trionfante. Ne deriva una selezione operata mediante la sottomissione: per garantirsi una carriera nei grandi organismi è necessario essere allineati, giurare fedeltà al vassallo. I maestri della Scienza (professori “apparatchik”, vincitori del premio Nobel) vivono solo per le proprie idee. E queste idee, e non le loro ricerche o ciò che essi realizzano concretamente, costituiscono la loro stessa essenza. Poco importa se i lavori che avrebbero dovuto portare a termine non saranno mai conclusi.
3) La reificazione e strumentalizzazione della Scienza, dea secolarizzata, unica speranza di un’umanità inquieta dinanzi agli enormi problemi e alle grandi sfide in materia di ambiente e di salute. Come conseguenza si ha che in un sistema in cui tutto ciò che è propagandato dai mezzi di comunicazione e ha grande risalto mediatico ha un peso di gran lunga superiore rispetto alla nascosta azione quotidiana, un vincitore di premio Nobel può arrogarsi il diritto di affermare, impunemente e impudentemente, qualsiasi cosa in qualsiasi campo, anche se agli antipodi della propria specializzazione e delle proprie competenze.
A prescindere dalla mia vicenda personale, i fattori appena citati spiegano il Grande Freddo che è calato sulla scienza francese negli anni che precedono la Seconda Guerra Mondiale. Per questo motivo, anche se in questa sede intendo parlare della mia vicenda (la mia carriera di ricercatore è stata paralizzata e bloccata dalla questione della memoria dell’acqua), il mio intento si fa obbligatoriamente più ampio.
Mi sono scontrato e mi scontro tuttora con le istituzioni poste come guardiani e custodi di una Scienza ufficiale al di là della quale c’è il nulla.
Le mie ricerche e i loro sviluppi in campi affini sono vittime di un sistema di valutazione concepito per difendere i dogmi e i paradigmi imposti dallo stato attuale delle conoscenze scientifiche. Il mio scopo è quindi descrivere e denunciare le procedure di inibizione, di censura e di imbavagliamento perché è in gioco il futuro stesso di tutta la ricerca biologica (e di conseguenza della biomedicina, e questo coinvolge direttamente ciascuno di noi). Ed è proprio la ricerca biologica a conoscere un momento di crisi che è evidente a livello mondiale, ma che è ancor più marcato nel nostro Paese, per il vecchiume delle istituzioni e il modo di pensare francese.
Sono convinto che saremo in grado di uscire da questa situazione soltanto se saremo capaci di liberare il pensiero scientifico omologato e uniformato (e dunque iniquo) che attualmente ci governa, dalla gogna che lo attanaglia.
Jacques Benveniste, La mia verità sulla memoria dell'acqua.

Ho incontrato Jacques Benveniste per la prima volta in occasione di una conferenza che si tenne alle Bermuda, nei mesi che precedettero la pubblicazione del suo controverso articolo apparso su Nature nel 1988, quando ero ben lontano dall'immaginare la piega che avrebbero preso gli eventi. In seguito, siamo rimasti sempre in contatto e Jacques mi ha tenuto costantemente informato sui progressi delle sue ricerche. Nel marzo del 1999, su mio espresso invito, ha tenuto una conferenza a Cambridge nell'ambito di un convegno di interesse generale organizzato dal dipartimento di fisica. Lo avevamo convinto a parlare delle sue ricerche, consapevoli del loro interesse scientifico e delle potenziali conseguenze legate ai risultati ottenuti. Le sue ultime scoperte non era-no meno sorprendenti. Ma non per il laboratorio di Cavendish di Cambridge che è stato palcoscenico di numerose e stupefacenti scoperte, nel corso degli ultimi centoventicinque anni. E per questo, benché i suoi lavori facessero discutere, suscitando controversie, avevamo deciso di non allinearci alle opinioni dominanti nella comunità scientifica e pertanto di non ignorare né censurare tali ricerche. Durante il suo intervento, Jacques Benveniste presentò alcuni esperimenti nel corso dei quali, un segnale biologico registrato sul disco rigido di un computer veniva trasmesso, via internet, a un altro laboratorio sperimentale dove gli effetti specifici della molecola d'origine venivano trasferiti a un sistema biologico. Con la strumentazione che aveva portato con sé, Benveniste riprodusse, davanti ai nostri occhi, gli esperimenti più recenti che aveva compiuto, che si rivelarono assolutamente convincenti, tenuto conto del limitato tempo a nostra disposizione. La conferenza è documentata da un filmato realizzato nel nostro laboratorio che ci proponevamo di rendere noto nel futuro, non appena fosse stato consegnato il premio Nobel a Jacques Benveniste "per aver chiarito i meccanismi biologici relativi alla struttura dell'acqua". Ed è veramente un peccato che tale onorificenza sia riservata soltanto agli scienziati ancora viventi. Sono convinto che il contributo scientifico del dottor Benveniste sarà un giorno riconosciuto come giustamente merita.  Che cosa ci dice la scienza sulla possibilità dell'esistenza di una "memoria dell'acqua"? Gli scienziati hanno poche conoscenze sull'argomento "acqua" e ne possiedono una visione tendenzialmente ingenua: un liquido composto da molecole di H20 più o meno isolate, in movimento. In realtà l'acqua è un fenomeno di gran lunga più complesso, con molecole singole che si raggruppano temporaneamente a formare una struttura reticolare; che tali molecole possano interagire dando luogo a un meccanismo che consenta all'acqua di avere una "memoria" non ha nulla di sorprendente. Ma questo vale per scienziati ben informati sull'argomento che non sottovalutano la possibilità della sua esistenza. Anche in campo biologico l'importanza di tale struttura è riconosciuta soltanto da scienziati aggiornati. Per finire, desidero sottolineare le qualità personali di Jacques Benveniste, la determinazione nel portare avanti le sue ricerche malgrado tutti gli ostacoli incontrati, senza mai perdere il senso dell'umorismo. Quanti si ostinano a credere che Benveniste avesse inevitabilmente firmato la sua condanna al declino e all'oblio, nel momento stesso in cui si era avventurato al di là dei campi convenzionali di ricerca, nei quali aveva ottenuto tanta approvazione e successo, si sbagliano totalmente e commettono, senza ombra di dubbio, un grave errore. 
Brian D. Josephson - Il professore Brian Josephson è stato insignito del premio Nobel per la fisica nel 1973 per i suoi lavori sui superconduttori accoppiati, definiti anche "effetto Josephson". Josephson lavora presso il prestigioso laboratorio Cavendish dell'Università di Cambridge.

NEW YORK (WSI) - La navicella Voyager continua imperterrita la sua missione, cercando di spingersi il più lontano possibile. Lanciata nel lontano 1977, la sonda ha emesso segnali diversi da quelli che si prevedevano nel caso di ingresso nello spazio interstellare. Due dei tre segnali chiave sono cambiati rapidamente come non accadeva da 7 anni. I due segnali inviati - scrive The Atlantic - hanno sorpreso gli scienziati del centro della Nasa: la presenza delle particelle del Sole si è affievolita improvvisamente e i raggi cosmici provenienti dall'esterno del nostro sistema solare sono invece d'un tratto aumentati di intensita'. Il problema però riguarda il terzo segnale, ovvero i dati sul campo magnetico, che ancora non sono del tutto cambiati. Pertanto non si può ancora dare per certo il fatto che Voyager abbia effettivamente lasciato il sistema solare. Gli scienziati americani hanno comunque deciso di dare un nuovo nome all'attuale "casa" che sta ospitando Voyager: la regione, prima sconosciuta, e' stata ribattezzata Heliosheath. Dopo un viaggio di quasi 36 anni ad una velocità di 17,035 km al secondo la sonda è entrata in un'"autostrada magnetica" che collega il sistema solare allo spazio interstellare. Questa "autostrada" sembra essere un mezzo di collegamento fra il campo magnetico del sole ed il campo magnetico interstellare. Gi scienziati ora non hanno idea di cosa aspettarsi: "È la prima volta che qualcosa raggiunge una tale distanza" ha dichiarato Ed Stone, una dei costruttori della navetta, "non conoscevamo questa regione, la heliosheath, e non potevamo sapere che Voyager ci sarebbe mai finita, ma questa è la cosa affascinante e ora che lo sappiamo possiamo almeno dargli un nome, grazie a Voyager". Jun 27/2013

 
Il futuro è adesso – e noi l’abbiamo già vissuto.
Steve McQueen, Bullit


* * *

Torna a casa Voyager. Prendo spunto da questa notizia, da me anticipata tempo fa e appresa da canali riservati, per riflettere sui massimi sistemi, che poi riguardano non solo filosofi e scienziati, ma ognuno di noi, poiché chi siamo e quale terra ci sostiene son quesiti fondamentali, le cui risposte hanno da sempre condizionato la nostra vita. Avevo già in un altra occasione accennato al fatto che lo spazio extraterrestre, così come ce lo descrivono gli astronomi, sia solo una mera ipotesi confortata da eleganti formule. Chi sono io per confutare secoli di ricerca scientifica? Un farneticante inventore di miti? Scandurra ci diceva che non dovevamo dimostrare niente a nessuno, semmai “mostrare” ai degni, essere, non convincere. Il mio atteggiamento non deriva da un delirio di onnipotenza, né da una rivelazione celeste. Ho sperimentato, semplicemente, quanto vado affermando. Potrei aver le traveggole, si obietterà. Allora migliaia di persone prima di me le hanno avute, evidentemente. Sciamani alchimisti santi santoni guru medium sensitivi, viaggiatori interdimensionali: tutti pazzi? Il maestro ci faceva vedere che “il mondo opera su un'altra dimensione, galleggia nell'eterno, è sospeso nell'infinito; spostarci nelle sue dimensioni incantate è il più prezioso risultato della conoscenza”.

Per l'Orfismo, come per le concezioni cinesi ed egizie di tradizione atlantidea, all'inizio vi è l'Uovo (la forma dell'anima dell'uomo), e quando inizia la creazione, il Fuoco-Luce compare in esso. Con questo atto si creano il Cielo e la Terra ed iniziano a roteare i mondi. Tale concezione cosmogonica sarà fatta propria nei centri iniziatici, nel Templarismo (il segreto dell'Ordine si riferiva proprio a questa visione) e nelle scuole posteriori. Oggi, si accetta un universo ove il vuoto è la regola, contro il nequam vacuum alchimista, e dove la Terra è un perduto scoglio che naviga nell'infinito. L'attuale concezione cosmogonica ci rende oltretutto dei nomadi abbandonati in un vuoto esistenziale, senza certa origine e privi di scopo. Noi dell'anonima sappiamo che la nostra amata Terra è il reale confine dell'Universo, palpitante di energie ed il Cosmo appare come un Vivente, nel senso reale del termine ed in senso neoplatonico, in cui le forze sono le vere reggitrici del sistema. Gli odierni scienziati teorizzano uno scenario pessimistico del mondo, con punte di nichilismo nemmeno troppo mascherato, teoria che diluisce nel nulla il tutto. La nostra concezione, invece, è quella di un universo vivo e ridondante. Le energie circolano senza nessuna dispersione, e in ogni sistema solare esse operano in modo da mantenere tutto in perfetto equilibrio. Grazie alla concatenazione dei sistemi, inoltre, si recuperano le forze in eccesso per dirottarle dove c'è bisogno. Per la scienza moderna, ma sarebbe meglio definirla profana, esiste una sola realtà, quella osservata e sottoposta a verifica. Realtà che vorrebbe essere obiettiva perché sostituisce all'osservazione intuitiva dei primi studiosi, macchine sempre più sofisticate che spaccano il capello in due ma perdono di vista la testa. Affinché una proposizione abbia significato (validità) scientifico è indispensabile che risulti verificabile: di fronte a tale presunzione, rimane ai nuovi gnostici un set matematico-strumentale gigantesco, ma ignorano l'unica verità determinante, quella della trascendentalità divina dietro ad ogni filo d'erba.
La Terra centro dell'Universo. Ritorniamo a Tolomeo? I nomi non contano. Le masse fisiche non prevalgono, ma solo lo spirito è capace di modificare, in ogni momento, le norme esistenziali di ogni corpo conosciuto. Sono le leggi ad obbedire alla Natura, o meglio, all'Anima Mundi, non viceversa. Si obietterà che qui voglio far entrare per la porta di servizio Paracelso e tutta la compagnia di alchimisti e maghi. E allora? Credete veramente che gli antichi fossero dei fessi sempliciotti e noi moderni, invece, delle cime di sapienza perché abbiamo costruito ordigni tecnologicamente avanzati? Spaccare l'atomo e dividere la cellula, non è una grande impresa per noi che sappiamo delle visite degli antichi alieni e delle superciviltà antidiluviane.

Quando Scandurra mi trasportò in un altra dimensione tramite una spoletta che conteneva l'onda rivelativa tratta dalla materia pura primordiale, fu come essere colpito da folgore. E allora compresi che le abituali rappresentazioni terrestri non sono più valide oltrepassato il limite. Ciò che vediamo sono soltanto segnali luminosi, ciò che capiamo sono simboli di noi stessi. E allora compresi che in ogni epoca si vede la Realtà con gli occhi legati alla filosofia dominante del tempo.

La sonda Voyager sta rallentando dal Novembre 2004 ai confini del sistema solare, contraddicendo le leggi di natura sin qui note ed escludendo, viste le verifiche, un mal funzionamento nella strumentazione di bordo. Cosa dimostra tutto questo? La sonda e tutte le sue apparecchiature non sono più valide in un “Altro” mondo, quello dello spazio iperbolico pietrificato. I nostri ordigni volanti – aerei missili satelliti - e i rispettivi strumenti son costruiti secondo criteri euclidei, tarati secondo le nostre concezioni della natura, dello spazio extraterrestre, e così via. Si vede ciò che si conosce. Lo sconosciuto è alieno ai sensi ordinari. Perciò oltre il nostro naso non sappiamo.

L'Universo (uno tra i nove conosciuti) è il luogo dove esistono intelligenze di vari livelli (saturniani e uranidi, secondo la nostra classificazione arbitraria) che ciclicamente visitano la Terra, lasciandoci qualche semenza e memoria. Ciò che io chiamo Spazio è la ripetizione di sistemi solari come il nostro separati da intercapedini siderali munite di portali, abitati da esseri viventi analoghi a quelli che conosciamo, ossia materializzazioni de novo di proteine uguali a quelle terrestri secondo forme marziane. Questo è il modello tolemaico, solo moltiplicato per un numero imprecisato di volte. Madre Natura ama la varietà ed è nostra camerata (a volte), ossia prodiga e leale. In questa visione, il Sole gira intorno alla Terra, e questa possibilità è nascosta dietro la nozione che tutto dipende dal punto di vista dove si mette l’osservatore, che sta sempre sulla Terra. Il sistema tolemaico era quello dei primi astrologi cabalisti, i quali mettevano la Terra al centro di tutto, e usavano il cielo stellato come Firmamento (= fondamento) di tutte le cose. Lo chiamavano Zodiaco e pensavano che la magia (=l’esistenza, il vivente), venisse da lì. Loro possedevano i segreti dell’interpretazione, e il sottoscritto e voi, spero, li consultiamo ancora oggi perché delusi dalla ragione ufficiale. A causa del Velo d'Iside la maggioranza delle persone non riesce più a vedere cosa è effettivamente il Cielo, ciò comporta un ridimensionamento delle percezioni sensoriali e la chiusura dei cosiddetti rubinetti mentali: un ulteriore effetto nefasto del kali yuga. Noi apparteniamo ad una minoranza esente dall'obnubilamento isiaco, vediamo-sentiamo-viviamo diversamente dagli altri e per tale motivo siamo considerati strani o peggio, mentalmente disturbati. Noi facciamo capolino oltre il velo quando è necessario, tuttavia risentiamo per certi versi della prigione necromantica in cui l'umanità si trova a vivere. La gravitazione esistenziale a volte ci schiaccia, soffriamo, ma inutile lamentarsi per questo, perché ci rendiamo conto di essere comunque dei privilegiati... insomma.
Poi, gli Illuminati presero le redini del mondo e decisero che certe verità andavano confutate con l'ausilio di una nuova visione della realtà – chiodo schiaccia chiodo - , gli vennero in soccorso fior di scienziati, i quali sostennero che il Firmamento non poteva essere come diceva Tolomeo, ossia la Terra al centro e la sfera delle stelle fisse intorno, con i pianeti e il Sole che levitavano in mezzo. I telescopi permettevano di vedere che il Firmamento era molto più grande di come lo immaginavano gli astrologi. Nuovi corpi celesti apparivano con lenti più potenti, e soprattutto un cambiamento decisivo nelle valutazioni del numero delle stelle fu causato dall’arrivo della fotografia. Le lastre fotografiche su vetro furono inventate per favorire l’astronomia, professionisti e dilettanti dedicarono le notti limpide a scrutare e fotografare lo spazio. Nelle enciclopedie di fine Ottocento si legge che fu l’astronomo dilettante Rosse quello che mandò di corsa Herschel e Laplace a rivedere le loro teorie sulle nebulose e sul firmamento, ma il primo sobbalzo a casa degli astrologi lo causò certamente la prima lastra sensibile esposta per tutta una notte all’oculare di un telescopio. Dopo questo episodio, in cui la fotografia decretava la morte scientifica dello Zodiaco e della teoria di Tolomeo, nonché della ghettizzazione culturale dei cabalisti, l’astrologia con i suoi oroscopi diventava innocuo passatempo per distratti lettori di quotidiani. Le stelle fisse erano diventate di colpo infinite. Dagli avvenimenti successivi la scienza si divise dalla religione e il Buon Dio non fu più considerarto l'artefice del cielo e della terra. Il popolo aveva bisogno di credere – secondo quei sapientoni griffati occhio di horus - in un altra forma di sapere, la scienza appunto, che non prometteva paradisi o inferni, ma che decretava la fine della superstizione magico-religiosa; il progresso era la nuova parola d'ordine, l'uomo ormai doveva tendere con tutte le sue forze verso un domani radioso. La scienza rendeva plausibile un futuro in cui le malattie sarebbero state debellate, la vita prolungata e la tecnica avrebbe permesso di faticar di meno. La Terra non avrebbe goduto più delle particolari attenzione del Padreterno, così come ritenevano i preti: un semplice corpo celeste fra tanti, ecco cos'era in realtà. L'uomo, finalmente padrone del suo destino, poteva tirarsi su le maniche e intraprendere la strada segnata dell'evoluzione, senza appoggiarsi più alle stampelle della magia e dei testi sacri. Che bello: non facevamo più parte di un piano divino, non dovevamo più credere all'immortalità dell'anima e alla trasmigrazione dell'essere, in compenso ci aspettavano tempi succulenti di rivoluzione industriale, vita domestica confortevole, sindacati, ideologie politiche, guerre per la libertà, era atomica e informatica, mele mozzicate e banke tutte intorno a noi. Per finire così: crepiamo di fame per aver prodotto troppi beni di consumo, i politici fanno da garzoni ai banchieri, cioè ai manipolatori di capitali, possessori di tutto il sistema di produzione, che mediante il cosiddetto debito decidono della vita di famiglie e stati interi, potendoli rovinare come in Argentina, Grecia e fra poco l'Italia... e tutto ciò che è bello non ci meraviglia più, perché siamo sempre più alienati e non più presenti a noi stessi. Evviva, non siamo più figli delle stelle, ma degli stronzi galattici. Quando si dice il progresso...
(continua)