Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

domenica 29 aprile 2012

IUS 50




"Nec falso - nec alieno"
né con falsa, né con estranea (luce)
Cristina di Svezia (1626-1689)

Scandurra, Ranna ed io, dopo aver salutato con un abbraccio Harn, ci dirigemmo verso l'uscita del palazzo. Sentivo tutto il peso della missione. Il cielo rossoviolaceo incombeva sui vicoli di Deya che brulicavano di gente indaffaratissima. Bancarelle, botteghe, vecchi che fumavano seduti fuori l'uscio di casa, bambini che si rincorrevavano e sopra le nostre teste, navi stellari in avvicinamento, alcune silenziose, altre rombanti da tapparsi le orecchie, e tra rumori e colori mi arrivavano alle nari odori di frittura e di spezie. Un colpo d'occhio spettacolare. Medioevo stregoneria magia tecnologia corporativismo gilde scienza, in una misticanza inestricabile.

  • È un gran bel casino, come piace a me. Tutto sembra fuori controllo. Ma non ti fidare, Angelo, non c'è niente che non abbia una causa e dove c'è un'origine c'è pure uno scopo – il maestro non rinunciava mai a darmi indicazioni.
  • La mia città è unica in tutto l'universo. Vive anche nel granito di cui son fatti i palazzi o nel cristallo delle sue cupole. Miriadi di esseri vengono almeno una volta nella loro vita a Deya. Chi per culto, chi per affari, chi per godere e soddisfare vizi innominabili. Soprattutto se si vuole fare esperienza del tutto, toccando scienza e magia, briciole di antiche religioni e superstizioni costruttive; Deya ti offre ogni cosa, ma può toglierti la vita e l'anima – Ranna proferì quelle parole con amore struggente, ma una lieve malinconia si nascondeva dietro il suo parlare.
  • Devo irradiare il lumen? - dallo sguardo di Scandurra, compresi che lo avrei dovuto già fare.

Il maestro si fermò presso un banco di frittelle fumanti. Ne acquistò un cartoccio e ce le dividemmo. Calde dolci buonissime.

  • Maestro, con quale denaro le hai comprate?
  • Con le lirette nostre. Ogni commerciante, pizzicarolo o professionista che incontrerai su Deya, è anche un cambiavalute. Accettano monete di ogni universo. Ma non tentare di fregarli. Gli ho dato due gettoni del telefono e trecento lire. Bastavano. Qui la vita non è cara, in tutti i sensi. Magari ti strappano e ti mangiano il cuore, però i funerali sono a carico dell'amministrazione. Mica male.

Scandurra era veramente cittadino dei Nove Mondi. Gestiva tutto come se si trovasse a gironzolare nel vecchio quartiere viterbese, dove aveva la bottega di frutta e verdura. Poi, aumentò il passo e lo seguimmo di buona lena. Si infilò in una stradina stretta e scese delle scale e così facemmo noi.

  • Entreremo in una zona di Deya speciale, la chiamano 'sottomondo'. Allora, prima lezione: quando la via è dritta, sarete frenati nel passo, viceversa, in curva subirete un'accelerazione. Non toccate le mura delle case né a destra né a sinistra. Se incontrerete qualcuno, chiunque sia, non dategli credenza, andate per la vostra direzione e basta.
  • Maestro, che significato c'ha questo posto così strano? - feci io con preoccupazione.
  • Lo scoprirai ad ogni passo entrando nell'oceano deyano. Se entri ti svuoti. Cominci la via iniziatica svuotandoti. C'è la fine dell'ambizione. La fine di ciò che chiedi a te stesso. Non chiederai più niente a te stesso. Comincerai a svuotarti degli obblighi e dei vincoli, delle necessità che ritenevi importanti. E quando queste cose cominceranno a sparire, resterà un'enorme quantità di tempo. E poi scivolerà via anche il tempo. E si vivrà senza tempo.
  • Il tuo maestro è una calamita. In tutti gli universi cercano qualcosa cui attaccarsi. Vogliono qualcosa, ed è la sua capacità di cristallizzare e formulare. Le persone sono in pessima forma di questi tempi, l'universo è in pessima forma. E in qualche modo il suo aver trovato qualche solidità li attrae – Ranna fu molto cara parlando di Scandurra; mi sentii orgoglioso di essere suo allievo.

Il primo passo mi proiettò verso uno stato-di-coscienza/territorio immenso. Il flusso dei pensieri si interruppe, qualunque contatto con l’ambiente circostante cessava. Un senso di angoscia, dapprima, mi pigliava, come sbalzato in un tempo, uno spazio, un universo qualitativamente differenti. Sovvenne la meraviglia: è il senso di rivelazione sconvolgente di una realtà di fronte alla quale il mondo sensibile non è altro che ombra, associato alla consapevolezza che un unico slancio vitale, un‘unica emozione eterna ci anima tutti allo stesso modo, da sempre e per sempre. La gioia (ananda) mi investì, come uno scroscio d'acqua proveniente dall'alto. Un gavettone divino. La gioia mi liberava dai ghirigori concettuali, accompagnata da una dilatazione infinita della coscienza. Come inghiottire tutto. È il fiume unitivo della Vita che si fonde nell'oceano cosmico della Creazione.
Il secondo passo fu terribile. Il mio stato di svuotamento espresse qualcosa che non avevo finora realizzato e che può riassumersi nella parola coagulatio. Due princìpi governano tutti i processi alchemici: la coagulatio e la dissolutio. Coagulatio in alchimia significa rapprendersi in un punto, diventare più solidi, più definiti, formati. Ora l'intero processo che stavo attraversando era la coagulazione della mia vita nel tempo. Ma la coagulatio è sempre seguita dalla dissolutio. Che è esattamente il contrario: dissoluzione, le cose che si separano, si sciolgono, perdono la loro capacità di definirsi. La cosa interessante è che improvvisamente questo spiegava i miei sintomi. Non facevo che pensare che stavo affondando sempre di più, che mi stavo dissolvendo. Ma le due cose, dissoluzione e coagulazione, sono inscindibili. Non ci avevo riflettuto finché non mi venne per la prima volta in mente la coagulatio. E la rubefactio, che permette alla bellezza di mostrarsi. Così, in quell'istante ero una persona diversa. Non avevo mai sentito queste cose dentro di me. O non le avevo mai riconosciute. Prima, non avevo mai saputo chi ero. Feci, di nuovo, la scoperta dell'acqua calda. Il ''normale'' ormai è riferito a valutazioni culturali, sociali e utilitaristiche, ed ogni stato speciale di coscienza diventa, secondo i canoni ufficiali, alterato, allucinatorio ed isterico di natura patologica e, se questo può essere vero in alcuni casi, non lo è certo in tutti. Oggi questo meccanismo riduzionistico è diventato automatico, lo si applica a tutto ciò che esula dal comune senso accettato; in pratica, il sistema in cui ci muoviamo è diventato la nostra prigione sensoriale, le convenzioni sono diventate convinzioni, le regole trasformate in preconcetti.

Ero strano. Diverso. Notai il cambio del taglio della luce sulle cose, l'aria si era fatta più tenue. Eravamo entrati in un altra dimensione, almeno così sembrava. Forte era la sensazione di camminare all'incontrario su di una scala mobile. Facevo fatica a tenere il passo. Poi il vicolo svoltò verso destra. Una pressione dietro la schiena mi spinse a velocità tripla e caddi scompostamente. Presi una 'smusata' sul piancito. Persi del sangue dal naso: un tonfo incredibile. Una situazione che non avrei mai voluto provare: Ranna e Scandurra risero di gusto. Mi rialzai di scatto ma non avendo oltrepassato la curva, fui di nuovo spinto come da una mano gigante per le terre. Giù, stavolta però riuscii a pararmi il viso con le mani. Col mantello tentai di asciugarmi il volto dal sangue. Ranna mi porse un fazzoletto. Cacchio, non riuscivo proprio a sbrigarmela. Come si poteva camminare così?

  • Prendi il tempo giusto e lasciati trasportare – fece Ranna.
  • Una parola! Non vi sono segni che mi indicano l'inizio della pressione.
  • Ci sono, Angelino. Quando il tuo lumen si contrae, abbandonati, fatti portare dall'accelerazione – la dritta di Scandurra.
  • 'Dopo li fochi', maestro. Prima non me lo potevi accennare?
  • Oh sì, ma vuoi mettere lo spasso nel vederti arrancare e 'scoppiare' per terra?

Ecco come mi insegnava. Come diciamo dalle parti nostre, 'a mozzichi e bocconi'. Prima mi ci faceva sbattere la testa. Anche letteralmente, se necessario. Comunque, feci attenzione ai movimenti del lumen e, devo ammetterlo, in tal modo diventava un gioco da ragazzi. Sembrava di stare sulle giostre. La spinta che ricevevo dalla curva diventava sufficiente a farmi camminare senza sforzo sul dritto. Come un surfista che sfrutta l'energia trasversale dell'onda per risalire. Che i Beach Boys mi aiutino.

Questa fase della nostra missione nel quartiere sottomondo, è indicativa per come dovremo affrontare la fine dell'anno 2012. Conoscenza e carattere, abilità e senso della sfida, sono componenti basilari della nostra maniera di essere e di agire. Come ci ha sempre detto Scandurra, quel lontano futuro, il 2012, che non è poi così lontano, è il più libero dei campi, il più insicuro ma aperto ad ogni evento; la qualità della nostra energia sarà determinante circa il significato che avrà per noi il Varco.
Quali sono le caratteristiche di cui ci dobbiamo dotare per un più adatto ingresso a fine ciclo? Innanzitutto ricordiamoci che siamo pellegrini in questa vita. Cosa ci è utile? Senso dinamico dell'equilibrio nello spostarci, sia fisico che mentale; capacità di mimetizzarci e di attendere, non dimenticando mai, e dico mai, la nostra meta: attraversare il Varco. Capacità di adattamento a condizioni ambientali e spazio/temporali, a costumi e linguaggi desueti, ricorrendo all'intuito e alla creatività. Vi saranno intoppi imprevisti, effetti mal gestiti prodotti dalla mutevolezza delle percezioni, ma ciò non dovrà distoglierci dal programma. Varianti sul cammino ce ne saranno, non è difficile prevederlo, tuttavia queste dovranno essere accolte non con fatalismo nocivo, bensì come occasioni di esperienza ulteriore. Il passaggio del Varco metterà a dura prova quello che credevamo di sapere e di essere: le resistenze psicologiche al nuovo, le sovrastrutture derivanti dai processi subiti di acculturazione moderna e riduzionista. Come ci diceva Scandurra: ogni brutta cosa che ci capita, rilascia un piccolo segreto. Non si butta niente.
Quali cambiamenti dovremo sostenere per il 2012? Vi sono percorsi interni trasformativi. Una sorta di intensivo d'illuminazione, magari non in dieci lezioni, sicuramente senza spendere una lira, ma mettendoci totalmente in gioco. Tuttavia, ognuno di noi dovrebbe sentire come ineluttabile un compito da svolgere, qui e ora; un desiderio di ricerca del significato della Vita, prima di ogni altro impulso o convenienza. E non si dovrebbe attendere la fine del mondo, per chiederci cosa ci stiamo a fare quaggiù. L'esperienza insegna che per molti, la necessità spinge spesso nella direzione giusta. Pochi scelgono liberamente.
Dicevo dell'intensivo. Creiamo campi vitali composti dalla sommatoria di energia emotiva-pranica (prajna), nomi di potenza (o anche i mantra) e cosmogrammi (o anche le iconografie dell'arte sacra occidentale), manipolando le sequenze finché non si configurano e si adattano alla nostra fisiologia interiore. Antica ed efficacissima tecnica di magia bianca. Costruiremo così un tempio del nostro vigore intelligente, sviluppando cioè forme adatte a questa energia personale e al suo uso pratico, con un carburante (respiro), accompagnato da pause di ricarica meditativa. È un po' come creare un campo di energia elettrica normale, con i procedimenti del caso. Pensando alla nostra mente come ad un relais elettrico, con un suo potenziale, possiamo creare le condizioni di attività necessarie. Però, ricordiamocelo, vanno eliminate le interferenze, disturbi del campo vitale stesso, ossia liberiamoci da ogni distrazione. Concentriamoci, in silenzio (poi lo si potrà fare anche in mezzo al casino), prima entriamo in uno stato meditativo, attraverso il respiro programmato 1:4:2, inspirare-ritenere-espirare, l'oblio del presente esteriore, lasciando andare la danza dei pensieri attiviamo la ricerca dell'attenzione totale. Facciamo tutto ciò, notte e giorno che sia, nelle ore più confacenti al nostro regime interno. Poi passiamo in rassegna le disposizioni emotive più dinamiche. Questo è il carburante di cui parlavo, il voltaggio più giusto per noi. Ciò in pratica è possibile ripetendo questa ricarica personale, con ritmi quotidiani precisi. Avremo bisogno di quintalate di questa energia, e la potremo acquisire in quantità industriali a patto di ritmizzare l'uso: manutenzione e rifornimento costante, senza pause.
Il campo vitale può essere realizzato anche in altre forme, deambulanti, osservative, rotanti. Durante una passeggiata lungo un sentiero collinare, una corsetta di alleggerimento, leggendo in immersione il libro-mondo L'Arcobaleno della Gravità di Pynchon o La Montagna Incantata di Mann, sbirciando l'ultimo capitolo de Il Mistero delle Cattedrali di Fulcanelli. Facendoci riscaldare da Il fuoco dell'Amore Divino di Rumi e visualizzando le scene in parallelo descritte dai quattro Vangeli. Seguendo i consigli dell'abate Susone. Nel Savitri di Aurobindo ammirando la vicenda di una donna che conquista la morte. Entrando nei paesaggi magici di William Wordsworth. Scoprendo il segreto de La nascita di Venere del Botticelli, entrando in punta di piedi ne L'Ultima Cena di Leonardo, fissando le mani nell'opera di Carlo Crivelli. Ascoltando in esaltazione perenne, scopriremo l'armonia e la gioia della Settima Sinfonia di Beethoven, aumentando le frequenze con The Cycle Is Complete di Bruce Palmer, facendoci sommergere dalla cascata sonica di Interstellar Space di Coltrane, in assenza di rumori di fondo turbativi, accettando quelle dinamiche come parte del relais. Svegliandoci all'alba, salutiamo il Sole e facciamoci bagnare dai suoi raggi, mentre beviamo un bicchiere d'acqua tiepida a stomaco vuoto: così, ogni mattina fino alla fine del Tempo, ci trasmutiamo. Posizionandoci al centro di un cerchio sacro megalitico, scoperto come per caso in una passeggiata domenicale nel bosco vicino casa e, incantando i sensi, sentiremo le linee curve girare in senso orario. Le forme rotanti sono quelle corali e danzanti. Tali terapie d'accesso saranno efficacissime mantenendo l'intensità dell'attenzione. Si può viaggiare ovunque col carburante e il campo vitale adatti. Poi... bisogna andare avanti, oltre la struttura ordinaria in uso e rintracciare i fili della Creazione che ci stanno attorno e sfruttarne le cariche. Superata la fase di sopravvivenza a cui siamo avviati, il futuro Varco è pura ricerca bidirezionale: il verticale, tutto quel che sta oltre la dimensione Terra e nelle sue viscere, e l'interiore, tutto quel che è in noi, da sviluppare, perfino fisiologicamente negli apparati che ci formano, specie nell'uso delle circonvoluzioni cerebrali, dove le possibilità già pronte sono almeno il quadruplo del tentativo medio da noi messo in opera. Da uomini planetari giungeremo ad essere uomini cosmici, quello che siamo sempre stati.
Scandurra ci avverte di un pericolo formidabile, da non sottovalutare. Ogni nostro passo verso l'anno 2012, sarà controllato dai signori della Fiamma, i saturniani, nell'accezione più ampia. Non solo, se possibile tenteranno di deviare il nostro corso, introducendo veleni mascherati da farmaci, allestendo scenari extraterrestri per la grande pantomima finale. Ogni mezzo sarà adottato da chi attenta all'armonia del mondo e combatte la Luce in ogni sua espressione. Come difenderci? Costruendo una sacralità di tipo liturgico, in cui esprimerci con silenzi e astensioni, seguiti da azioni determinate e coraggiose. Il maestro ci ha insegnato a viaggiare dentro/fuori, ad accendere il lumen e irradiarlo, senza pensare a sconfitta o successo. Costruiremo un ponte e loro verranno. Gli esuli torneranno e Madreterra sarà più splendida.

Notai una scultura di donna reggente un calice, in un'edicola ad arco incastonata in un muro divisorio. Attraverso una finestra intravidi un soffitto affrescato. Da un altro finestrone, al secondo piano di un palazzo elegante, un muro di libri di tutti i formati e fogge sembrava invitarmi ad entrare. Lucernai balconcini scalette profferli. Mille elementi architettonici, diversificati e appartenenti, pare, ad epoche non recenti. Stili e valori variegati, ci circondavano durante il nostro cammino. Un signore ammantellato ci incrociò come spuntato dal nulla. Feci finta di non vederlo, ma la mia curiosità fu così forte che lui la notò, evidentemente. Egli abbassò il cappuccio che svelò un volto butterato e pallido come un cadavere; quegli occhi rossofuoco mi squadrarono. Divenni rigido, poi dondolai e persi i sensi... il lumen si ritrasse. E fu buio fondo.





lunedì 9 aprile 2012

IUS 49


 

Sento la sua presenza ogni giorno. E questo mi esalta. Ho avuto una gran fortuna, all'epoca. Qualunque cosa succedesse, qualunque cosa ci capitasse o facessimo insieme, sapevo che Scandurra era davvero speciale. Ci sono uomini che fanno la storia ma non sono citati sui libri di storia. Ci sono uomini che fanno anima ma non hanno altari. Ci sono uomini che grazie al loro lavoro sotterraneo illuminano il mondo. Non sono dèi, ma gli dèi contano su di loro.



Vedo i cieli accartocciarsi come cartapesta; vedo la pioggia infuocata di asteroidi e grandi ali spezzate solcano lo spazio esterno. Vedo la spaventosa coorte che sorge dalle tenebre, i fiumi di sangue, le montagne fuggenti e la Stella Assenzio dei due universi che arderà un terzo dei viventi. Vedo le città morte sotto l'onda rossa di veleno, la vibrazione che paralizza le menti, l'essere senza volto che incede sulle facce dei morti. Vedo la guerra. Certo, le legioni dei Luminosi combattenti riporteranno un trionfo simile alla nascita di una galassia. Colpito dal fulmine, è vero, l'Ombra dalle ali caluginose cadrà nel baratro senza fondo che ha egli stesso spalancato... ma Deya è sul punto di morire, spente le stelle e smarrita la speranza. Su Samastia resta una bestia esomorfa che urla sul corpo dell'ultimo fanciullo. Non c'è tregua per Deya. Non v'è futuro per Samastia. Dal cielo, ancora una nave giunge per terminare la Battaglia e portare in salvo il primogenito. Non v'è profezia che sia ascoltata; non v'è profezia che non annunci disgrazie; non v'è profezia che non sia evitabile; non v'è profezia che non sia augurabile. I popoli non credono più agli indovini e per questo non sanno più dove andare”. 
LA BATTAGLIA DEI LUMINOSI – ANNALI DI SAMASTIA



Scandurra, mentre si avvicinava quell'essere, mi toccò la spalla e così vidi la fine di una civiltà.

Mi trovai immerso in una notte sconfinata. La sola, pallida luce proveniva da costellazioni ignote di stelle e da alcune installazioni, situate ai margini dello spazioporto. Come in un filmato di guerra, vidi sfilare innanzi a me le strade morte, le facciate degli edifici bombardati, e soprattutto mucchi di rottami metallici abbandonati che dovevano, un tempo, essere stati mezzi di trasporto. La città era tanto immensa quanto spaventosa nella sua fine... ma quando era avvenuto tutto questo? La forma dei palazzi non consentiva di formulare ipotesi, anche se avevo la terribile impressione che l'attacco fosse recente, dato che i muri erano ben conservati, e le strade ancora ben visibili. L'aria era tagliente, non mi viene in mente altro termine, l'odore dei mucchi di cadaveri insopportabile, ma la mia pietà era superiore alla nausea. Il cielo improvvisamente divenne rosso, una coltre densa e immane come un oceano scese su quella città morente per coprirla e disintegrarla. Durò pochi secondi. Poi, passarono velocemente le alternanze notte/giorno. Deya risanò se stessa e ricomparvero prati e boschi. E ancora un evento mi si manifestò davanti: una piattaforma circolare fece capolino da sotto terra.

  • Il tempo passa, leternità si avvicina - ci disse il pilota con voce flebile ma decisa, in un italiano dalla pronuncia perfetta.
  • Vogliono chiudere a chiave le stelle. - Rispose Scandurra con un cenno della testa per rispetto.
  • Non ci riusciranno. No, spetta a noi continuare la lotta. E dopo di noi, ai nostri figli. Fino alla fine.
  • Harn Riley, il mio cuore è pieno di morte. Quei bastardi non hanno avuto pietà degli innocenti. Non c'anno mai pietà. La vita stessa è infetta di maligno: lo scoglio sarà superato, al ripristino del regno della Luce.

Si abbracciarono come fratelli separati da anni. Li osservavo e l'onda delle emozioni mi prese. Piansi, come parte di un dramma universale. Quell'uomo si accorse di me e si avvicinò. Era giovane e tuttavia alcune rughe da espressione, profondissime, rivelarono la sua esperienza scolpita sulla pelle olivastra, il volto nobile (si dice così, credo) e indurito, snello ma tosto.

  • Tu sei... aspetta... rammento, Angelo, è così?
  • Sì, signore. Ma come fa a conoscermi?
  • Eh, cos'è il tempo? Cosa sono le cose? Quel che conta nella Vita è la passione, è l'onore, è la fede, esse son più potenti di una flotta di navi stellari rasdotan equipaggiate per distruggere un sistema. Tale codice sorregge le danze planetarie e penetra i gorghi senzaluce, fa di noi esseri umani unici e distinti da tutte le esoforme spurie presenti ovunque. Quanto facciamo non è mai per profitto. C'è scritto da qualche parte che tu saresti venuto qui, ad aspettarci insieme a Scandurra. Son passati periodi lunghi, ma voi siete qui, all'appuntamento.

Mi abbracciò con forza, quasi mi stritolò.

  • Ora seguitemi sull'unità di trasferimento orbitale. Starete comodi e vi rifocillerete. Ci porterà a Deya e lì incontremo gli amici. Importanti decisioni andranno prese. A breve toccherà alla vostra galassia tentare di respingere la marea oscura.

Ci dirigemmo presso l'astronave. Era enorme, nera come la pece, costellata di torrette e antenne. Non tenterò nemmeno di spiegare come ci ritrovammo tutti e tre all'interno della navetta stellare. Una forza invisibile ci trasse su, e basta. O forse un elevatore magnetico, un montacarichi traente, che so. Fatto sta che bevemmo e mangiammo, seduti intorno ad un tavolo e in piacevole compagnia. Due donne alte e belle, almeno secondo i criteri terrestri, si erano avvicinate e presentate. La stanza in cui ci ristorammo era spaziosa e non aveva l'aspetto spartano tipico di un ambiente militare. Il cibo era gustoso. Carne a tocchi cubici dal sapore di vitella, purè rosso dal sapore di patate, vino forte e aromatico: il menù era di quelli che non si dimenticano. Finito il lauto pasto, Harn offrì a Scandurra un sigaro azzurrognolo e dall'odore intenso di bosco. Io rifiutai gentilmente la sua offerta. Il maestro sorrise.

  • L'Ombra si fa sempre più incalzante in tutti gli ammassi stellari. La sento muovere. Quando deciderà di entrare nel nostro universo, saranno c**** amari. Troverà alleati devoti e complici a buon prezzo. Si venderanno Madreterra per salvarsi il culo. Sai, da noi, ci sono certi figli di mignotta a livello galattico. Pronti a servire il primo stronzo che capita.
  • Scandurra anche qui ci sono i traditori. Pochi per scelta, molti per paura e ancor di più per avidità. Samastia è stata distrutta perché qualcuno ha venduto i nostri piani di difesa. Forse so chi è e lo troverò a Deya. Milioni di donne bambini uomini son stati bruciati vivi. La vendetta mi pare poca cosa eppure vanno onorati gli innocenti, punendo i traditori e quei mostri dell'Ombra.
  • Ti aiuterò a scovarlo. Credo però che non abbia agito da solo. Angelo ed io torneremo a Deya e scopriremo chi sono stì bastardi infami. È meglio che non vi fate vedere in giro, te e i tuoi compagni. Vi imboscherò dentro un posto sicuro, in città. Quando li 'sgamamo' [scopriamo] ti chiamo.
  • Come vuoi tu. Darò disposizioni a riguardo. Ora riposatevi se volete.

Ci condusse nelle nostre stanze, queste sì spartane. Branda, armadio, seggiola plastificata trasparente, rivolta verso il muro, dove un quadrovisore trasmetteva filmati riguardanti fatti e persone di luoghi sconosciuti: telegiornali extraterrestri, pensai. Mi stesi e il sonno ebbe il sopravvento. Sognai città distrutte, urla, esplosioni e sangue, sangue ovunque. Poi il mio sogno cambiò colori sequenze luoghi e mi mostrò Piazza San Pietro diroccata e Roma in rovina e poi come se fossi in aeroplano, virai verso la Tuscia, le mie parti, a velocità istantanea, ma quello che scorsi mi terrorizzò. Le campagne e poi le colline erano solcate da immense voragini e fosse profonde, ma ciò era frutto di un evento incredibile: una mano titanica, metallica con una picca gigantesca fatta di mille arcobaleni accecanti, trinciava il terreno come burro. Simboli apocalittici, proprio da fine del mondo. Mi svegliai di soprassalto. Sudato e in stato febbrile, mi girai istintivamente verso destra e c'era lì Scandurra, seduto con un bel sigaro fumante.

  • Prima o poi dovevi cedere. Le prove che hai affrontato sono state tante e toste. Il tuo corpo e i tuoi nervi hanno lavorato sempre in debito. Stai giù, fra poco la punturina che ti ho fatto farà effetto. Scusa per il lividone sul braccio, ma non trovavo la vena adatta. Sei secco sparuto, eh!

Non riuscivo nemmeno a spiccicar parola. Avevo la bocca impastata. Mi stesi di nuovo e le visioni mi avvolsero come una coperta calda e appiccicosa.

  • Come sta il mio giovane cavaliere?

Ranna Abarel, sempre bellissima, stava ai piedi del letto e con quegli occhioni azzurri mi sorrideva, pur rimanendo composta.

  • Che bello vederti – risposi con un tono rauco.
  • Mi hanno raccontato di quante ne hai passate. Ora sei fra amici – con voce melodiosa mi rassicurava.

Poi mi accorsi che non stavo più nella stanzetta scrausa [spoglia, povera] dell'astronave, bensì mi trovavo supino su di un lettone a baldacchino, al centro di un salone stile rinascimentale. Finestroni altissimi, decorazioni artistiche, quadri alle pareti e soffitto affrescato. Caspita, ma dove mi avevano portato? Eravamo in una penombra riposante per gli occhi e i nervi e oltre a Ranna, c'era Scandurra insieme ad Harn Riley. Tutti comunque mi sorridevano.

  • Lasciatelo ancora riposare. Il figlione mi deve recuperare. A dopo Angelo – con tono faceto Scandurra si congedò con gli altri, che mi salutarono con un gesto della mano.

Stavo decisamente meglio, ma mi trovavo così bene su quel letto che indugiai ad alzarmi, e quando mi decisi a mala pena mi reggevo in piedi. Indossavo un camicione giallo paglierino che mi arrivava alle ginocchia. Sotto ero nudo. Profumavo di bucato e la pelle era lustra e morbida. Appoggiati sulla spalliera di una poltroncina, c'erano dei vestiti nuovi che avrei dovuto indossare. Un calzone attillato rosso cremisi e una casacca dello stesso colore, un mantello scuro, una mutandina elasticizzata e una maglia della salute a collo alto, finissima. Decisi di vestirmi e, infine, indossai degli stivaletti aderentissimi che sembravano fatti di plastica, poggiati a fianco della poltrona. Mi sentivo un fesso, non so perché: un Flash Gordon dei poveri. Abituarsi a Deya era difficile pure col vestiario. In quella tenuta da film di cappa e spada, uscii dal salone e mi diressi... beh, un corridoio poco illuminato conduceva in un'unica direzione. Scesi due rampe di uno scalone di similmarmo, non so, che mi portò in un salone grande come mezzo campo di calcio. Un tavolo ovale al centro, intorno al quale sedevano gli amici. Stavano parlando in atteggiamento sereno ma serio.

  • Siediti Angelo, ti faccio portare delle vivande che ti daranno forza e benessere – Ranna, con tono ospitale e fraterno.

Mi sedetti e fui scrutato da cima a fondo dai tre, in tono preoccupato. Allora li rassicurai sul mio stato di salute.

  • Bene – mi fece Harn – sono contento che tu abbia recuperato. Ranna ci ha messo a disposizione la sua casa come base di appoggio. È sicura e ben protetta. Al suo interno vi sono dispositivi per accedere in più punti di Deya. Darest Sharma è in movimento e la citta-dedalo è piena di suoi emissari. Il nostro obiettivo è scoprire chi ha tradito il mio popolo, lo stesso fedifrago che continua indisturbato... chissà da quando, a informare l'Ombra su tutti i cittadini deyani e sui forestieri di passaggio. Una spia ben introdotta. Oggi una notizia interessante può fruttare molti crediti.
  • Ho la sensazione che il bastardo infame sia tra gli amministratori governativi... come li chiamate... i consulti – Scandurra sembrava saperla lunga.
  • I consulti lo sono di nascita. Nobili di antichissime famiglie, insospettabili, direi – intervenne Ranna.
  • Eh, ne basta uno di puzzaculo, che credi? L'ambizione è una brutta bestia come la vendetta – fece Scandurra.
  • Sembra, amico mio terrestre, che tu sappia qualcosa di preciso. Parli di un consulto, magari ambizioso, o forse animato dal demone della vendetta – Harn aveva pizzicato la veggenza scandurriana.
  • Se vuoi ti dico chi è, ma per ora non chiedermi come lo so. È un terrestre che gioca su due tavoli. Da noi occupa una posizione elevata della politica mondiale, influentissimo come qui da voi. La sua anima saturnina è rimasta su questo piano per compiere lavori sporchi; da secoli serpeggia e mozzica. Il suo veleno è mortale.
  • Scandurra, allora esistono persone che campano centinaia d'anni per motivi occulti – feci io, curioso di conoscere il nome del tizio così potente anche sulla Terra.
  • Come no...! lo avrai sentito nominare al telegiornale tante volte, è K.. Certa gente tradirebbe un mondo intero per scopi impronunciabili. Che gliene frega? Lucidi inumani si muovono a zigghezagghe come la serpe delle tombe etrusche. Quasi quasi non la vedi ed essa, senza far rumore ti si avvicina e te mozzica. Lui... il consulto, ha la facoltà di cercarsi un corpo giusto per il suo mandato. Ha completo dominio delle dinamiche animiche. Darest Sharma è la migliore scuola di stregoni degli universi, sa come istruirli per ogni missione.
  • Scandurra, dove cominceranno a diffondere il morbo nero nel vostro universo? - Domandò Harn.
  • Il Padre Celeste ha scelto un punto nel kaos ove poter appoggiare l'inizio dei Nove Mondi. La Creazione della nostra Terra è iniziata dalla Selva Cimina. Lì c'è la sacra fonte di tutto: noi ne siamo i custodi. Il morbo nero della Torre Rotante di Darest Sharma, fu fabbricato con l'intento di avvelenare la fonte così da uccidere Madreterra. Avviano lo stesso processo su ogni pianeta in tutte le dimensioni. - Il maestro non fu mai così serio come in quel momento.

Apprendevo per la prima volta che i Monti Cimini nascondevano l'origine della nostra amata Terra. Fui inondato da un'energia strana, estesa ed espansa. Scandurra diceva: nulla è erotico come un passaggio di conoscenza.