Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

mercoledì 4 novembre 2009

Dai lumi al lumicino




La ricerca scientifica confuta i solenni pregiudizi e gli assiomi impellenti per mezzo dei
quali l’ideologia scientifica intendeva isolare la religione nel recinto lukacsiano dell’irrazionale. Ad una ad una le “voci” emesse dalle agenzie volterriane si riversano in
uno strepitoso e comico dizionario dei pesci d’aprile. Due notizie provenienti dal mondo scientifico, aprono nuove prospettive agli storici della religione e a tutti i ricercatori della verità: la dimostrazione rigorosa dell’unità biologica del genere umano e la catalogazione delle similitudini tra la cosmogonia dei Sumeri e il Genesi. La prima notizia riguarda le ricerche dei biologi, che hanno dimostrato, grazie ad una sistematica ricerca sui Dna delle varie popolazioni del globo, la comune origine di tutti gli uomini. C'è l’implicita accusa, che tale scoperta rivolge contro le stupide e feroci mitologie intorno alle differenze di natura fra le “razze” umane. La vera scienza afferma categoricamente che non ha senso alcuno parlare di razze superiori e inferiori. L’umanità costituisce un’unica razza. D’ora in avanti il razzismo non avrà più quell’alone di pseudo scienza che la “certezza” poligenista gli conferiva. Purtroppo nessuno ha finora osservato che la dimostrazione dell’unità della razza umana ferisce a morte anche un vecchio pregiudizio razionalista, cioè la teoria secondo la quale era impossibile la derivazione dell’umanità dal solo Adamo, come narra la Sacra Scrittura. Non si può dimenticare che l’ipotesi poligenista ha incrementato le contrapposte forme delle barbarie ideologica, il razzismo e il classismo, che hanno fondamento nella decisione di separare l’uomo dall’uomo. Confutato il poligenismo, l’argomento che dichiarava inammissibile l’origine nell’unico Adamo e scientificamente inattendibili i testi sacri cade nella fosse delle leggende infantili. Nel campo dei credenti, nessuno dirà che adesso la Bibbia è “dimostrata”, ma nell’altro campo nessuno potrà dire seriamente che il Genesi è un mito. L’orizzonte della critica biblica cambia colore, a mal grado dell’inavvertenza clericale. La ricerca sul Dna svela, infatti, la parentela non lontana tra razzismo e razionalismo ateo (o come di diceva nel XVIII secolo “deista”). Una parentela che, tra l’altro, dà ragione delle bizzarre escursioni di Voltaire nella foresta antisemita ovvero della sorprendente simpatie nazista per Voltaire. Si fa incerto il confine che separava gli orrori della destra razzista dagli errori della sinistra illuminata. Anche questo è un segno del postmoderno incipiente. La seconda scoperta riguarda la documentata e attendibile tesi di un autorevole studioso di assirologia, il professor Giovanni Pettinato, accademico dei Lincei, in base alla quale il racconto biblico della creazione corrisponde alle teorie dei sumeri, che cominciarono ad apparire sulle tavolette d’argilla intorno al 2400 avanti Cristo. Questa scoperta può dimostrare (come afferma il professor Pettinato) che gli scribi giudei, che misero mano alla stesura dell’Antico Testamento, lo copiarono con molta probabilità dai documenti dei sumeri, ma può anche essere usata, e con piena legittimità, per far cadere un altro pregiudizio razionalista : quello che dichiarava impossibile l’esistenza di un monoteismo primitivo. La teoria che riguarda il monoteismo primordiale indica un fatto accertato con metodo rigoroso da uno studioso cattolico di etnologia, il padre Guglielmo Schmidt s.v.d., che negli anni Trenta dirigeva il pontificio museo etnologico lateranense. In un saggio di storia comparata delle religioni, pubblicato dalla Morcelliana nel 1934, il padre Schmidt scriveva infatti: “presso i popoli etnologicamente più antichi, i Pigmei, i Fueghini, gli Australiani sudorientali, i Californiani nordcentrali, gli Algonchini, ... il culto dell’Essere supremo raggiunge le vette più alte”. All’origine della civiltà umana non si trova il politeismo ma una forma elevata (e universalmente diffusa) di monoteismo. Il campo dell’etnologia è lontanissimo da quello della biologia, ma i risultati convergono nell’indicare l’unità fondamentale del genere umano. Il padre Schmidt, che interpretava i racconti dei primitivi, era incline a credere che il monoteismo delle origini fosse l’effetto di una rivelazione divina e non di una ricerca condotta con il solo ausilio del lume razionale : “non c’è mai alcun indizio, scriveva nel saggio citato, che la loro [dei popoli etnologicamente più antichi] religione sia il risultato delle loro ricerche o esigenze, ma invece ci consta sempre che essi fanno risalire la religione all’Essere Supremo, all’Essere supremo come tale, il quale sia in via immediata sia col tramite del capostipite da lui incaricato, avrebbe comunicato e inculcato agli uomini le dottrine di fede, i precetti morali e le forme di culto”. Il problema non è trascurabile, in quanto potrebbe riaprire la porta all’errore del tradizionalismo (Gerdil, Bonnetty, De Bonald), che disconosceva l’efficacia della ragione umana. Ma l’indecisione sull’origine (razionale o rivelata) del monoteismo primitivo passa in seconda linea davanti al ricordo della violenta insurrezione di tutte le scolastiche di derivazione illuministica e positivistica contro il padre Schmidt e della sua teoria. L’opera di padre Schmidt, infatti, fu sepolta nel dimenticatoio. Ecco uno fra i più singolari paradossi del Novecento: la maggioranza della comunità scientifica internazionale dichiarava di non condividere le teorie razziste, e tuttavia incrementava lo sragionamento germanico negando stupidamente il fondamentale principio dell’unità del genere umano in Adamo e nel monoteismo primitivo. È dunque facile intuire la ragione dell’accostamento, che ad uno sguardo superficiale può apparire bizzarro, delle ricerche sul Dna alle ricerche sulle tavolette cuneiformi dei Sumeri: nei due campi di ricerca, se il ricercatore è scientificamente corretto, se non è appiccicato ai rottami del Settecento, si trovano testimonianze dell’unità del genere umano. Lo scientismo moderno è messo fuori gioco dall’attualità scientifica.

3 commenti:

  1. Già il titolo è lepido ed efficace. Il sapere antico è riscoperto dalla scienza vera.

    Quasi si arriva all'apparende paradosso per cui, limitandoci ai popoli medio-orientali, furono gli Ebrei i più restii ad abbandonare il politeismo dacché essi continuarono ad adorare molte divinità almeno fino al VI sec. a. C, laddove i Greci, ad esempio, dietro parvenze di politeismo, conoscevano un dio unico, come dimostrito nell'acurrato saggio La religione dionisiaca di Carolina Lanzani.

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  2. Chiedo venia per gli errori di battitura.

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  3. Unità originaria del genere umano? Può darsi e d'altronde la presenza di 46 cromosomi nelle cellule delle varie razze ne costituirebbe la prova.
    Ma allora il vero enigma starebbe proprio nella differenziazione delle razze. Argomento sul quale si sono sbizzarriti occultisti,teosofi, antroposofi e compagnia bella.

    Magari esiste un archetipo della forma uomo sparsa per l'intero universo e non necessariamente confinata al nostro pianeta, secondo quanto pretendono alcuni. Ma allora, a questo punto, la genesi dei vari filoni razziali potrebbe anche essere multifocale.

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