1.
Le cose del mondo sono trattate in segreto da una sinarchia, il governo mondiale, del quale l’intermediario misterioso, cioè la Salamandra, è uno strumento.
2.
La sostanza di cui sono intessuti tutti i corpi sottili dell'uomo – comunque denominati – è l'Etere vibratorio (Akasha) in qualità via via più rarefatte e via via più iperfisiche. [Silvano Panunzio]
3.
Nel mondo reale, quando amiamo comunichiamo a distanza misteriosamente, aiutati in ciò dallo Spirito Santo (o comunque lo vogliate chiamare) e dai nostri Amici Celesti. Nella mia esperienza Loro rivestono un ruolo estremamente discreto e potente e personale: gli angeli si annunciano sulla soglia della vita con un fruscio frequenziale e, dopo la morte, fanno vedere il proprio volto.
4.
ENRICO MEDI
PAROLE AI GIOVANI
... L'uomo è più grande delle stelle. Ecco la nostra immensa dignità immensa grandezza dell'uomo, della vita umana. Giovani, godete di questo dono che a voi è stato dato e che a noi fu dato. Non perdete un'ora sola di giovinezza, perché un'ora di giovinezza perduta non ritorna più. Non la perdete in vani clamori, in vane angoscie, in vani timori, in folli pazzie, ma nella saggezza e nell'amore, nella gioia e nella festa, nel prepararvi con entusiasmo e con speranza. Da una cosa Iddio vi protegga: dallo scetticismo, dal criticismo e dal cinismo; il giovane sprezzante di tutte le cose è un vecchio che è risorto dalla tomba. Guai se la giovinezza perde il canto dell'entusiasmo.
5.
ALGERNON BLACKWOOD
LA CASA DEL PASSATO
Una notte, in sogno venne uno Spirito e mi portò una vecchia chiave rugginosa. Egli mi guidò attraverso campi e dolci vicoli odorosi dove le siepi sussurravano fra loro nell'oscurità della primavera, finchè arrivammo a una enorme, vecchia casa con finestre sbarrate e alti tetti seminascosti nelle ombre del primo mattino. Io notai che le imposte erano ermeticamente oscurate e la casa sembrava avvolta in una quiete assoluta. "Questa" sussurrò lo spirito vicino al mio orecchio "è la Casa del Passato. Vieni con me e attraverserai alcune sue stanze e corridoi; ma presto, poichè io ho la chiave solo per poco tempo e la notte sta per finire. Allora, forse, ti ricorderai!"
La chiave fece un rumore terribile mentre girava nella serratura, e quando la grande porta si aprì in una sala vuota e noi entrammo, udii suoni di sussurri e pianti, fruscii di vesti come di persone che si muovevano nel sonno e stavano per svegliarsi. Poi all'improvviso un senso di profonda tristezza mi sopraffece imbevendomi fino all'anima; i miei occhi incominciarono a bruciare e a farmi male, e nel mio cuore divenni consapevole di una strana sensazione di srotolamento di qualcosa che aveva dormito per anni. Il mio intero essere, incapace di resistere, si arrese subito al senso di profonda malinconia; e il dolore del mio cuore, mentre la Casa si muoveva e si risvegliava, divenne in un istante troppo forte per esprimerlo a parole... Mentre avanzavamo, le deboli voci e i pianti fuggivano via davanti a noi e si ritiravano nelle interiorità della Casa; e io allora mi accorsi che l'aria era piena di mani alzate, di indumenti fluttuanti, di trecce pendule e di occhi così tristi e nostalgici che le lacrime, che già sentivo spuntare nei miei occhi, si trattenevano per la meraviglia alla vista di un tale insopportabile struggimento. "Non permettere che tutta questa tristezza ti opprima" sussurrò lo Spirito al mio fianco. "Non succede spesso che Essi si sveglino. Dormono per anni e anni e anni. Le stanze sono tutte piene e a meno che non arrivino visitatori come noi a disturbarli, non si sveglieranno mai di loro volontà. Ma, quando uno si agita, il sonno degli altri è disturbato e anche questi si svegliano, finchè il movimento passa da una stanza all'altra e poi alla fine in tutta l'intera Casa... Allora, qualche volta, la tristezza è troppo grande per essere sopportata e la mente si sveglia. Per questa ragione la Memoria dà a loro il sonno più dolce e più profondo che ha, e usa molto poco questa vecchia chiave rugginosa. Ma ascolta ora" aggiunse alzando la mano "non senti attraverso la Casa tutto quel tremolio dell'aria simile al lontano mormorio dell'acqua che cade? E riesci tu ora... forse..., a ricordare?" Ancora prima che parlasse, io avevo già afferrato debolmente l'inizio di un nuovo suono; e ora, nelle profondità delle cantine sotto i nostri piedi, e anche dalle regioni superiori della grande Casa sentivo i sussurri e i fruscii, e l'intimo agitarsi delle Ombre addormentate. Il suono saliva come un accordo vibrato delicatamente da enormi corde invisibili tese da qualche parte fra le fondamenta della Casa, e questo tremolio si propagava dolcemente attraverso i muri e i soffitti. E io sapevo di aver sentito il lento risveglio degli spettri del passato.
Ah, povero me, per quel terribile afflusso di tristezza stavo con gli occhi bagnati e ascoltavo le deboli voci morte tanto tempo fa... Poichè, davvero, l'intera Casa si stava svegliando; e arrivava alle mie narici il sottile, penetrante profumo del passato: di lettere a lungo conservate, con l'inchiostro sbiadito e i pallidi nastri; di trecce profumate bionde o brune, stese teneramente fra fiori secchi che ancora conservavano la dolcezza della loro fragranza dimenticata; la profumata presenza di memorie perdute, l'intossicante incenso del passato. I miei occhi piangevano, il mio cuore si contraeva e si espandeva, mentre il mio essere cedeva senza riserve a quei vecchi, vecchi influssi di suoni e di odori. Questi Spettri del Passato (dimenticati nel tumulto delle memorie più recenti) pulsavano intorno a me, prendevano le mie mani nelle loro e sussurravano cose che avevo da tanto tempo obliato, sospiravano scuotendo dai loro capelli e indumenti gli ineffabili odori delle epoche morte, mentre mi guidavano attraverso la Casa da stanza a stanza, da piano a piano.
E gli Spettri, non li distinguevo tutti perfettamente. Alcuni avevano solo una vita debolissima, mi impressionavano poco e lasciavano solo una indistinta confusa impressione nell'aria. Mentre altri mi guardavano quasi con rimprovero, attraverso occhi sbiaditi, incolori, desiderosi di farsi riconoscere alla mia memoria. E poi, vedendo che non venivano riconosciuti, galleggiavano indietro, leggermente, dentro le ombre della loro stanza per addormentarsi di nuovo indisturbati fino al Giorno finale, quando io non avrei mancato di riconoscerli. "Molti di loro hanno dormito così tanto" disse lo Spirito accanto a me "che si svegliano solo con grande difficoltà. Una volta svegli però, essi sanno e si ricordano di te anche se tu non riesci a ricordarti di loro. Poichè la regola in questa Casa del Passato è che, se non ti ricordi di loro distintamente, se non ricordi precisamente quando li hai conosciuti e in quali particolari cause della tua passata evoluzione erano associati, essi non possono rimanere svegli. Se non ti ricordi di loro quando incontri i loro occhi, se il loro sguardo di riconoscimento non viene ricambiato, allora essi sono obbligati a ritornare al loro sonno, silenziosi e dispiaciuti, con le mani vuote, le voci inespresse, per dormire e sognare, immortali, pazienti fino a..."
In quel momento le sue parole svanirono improvvisamente nella distanza e io divenni consapevole di una prepotente sensazione di gioia e felicità. Qualcosa mi aveva toccato le labbra, e un forte, dolce fuoco mi illuminò il cuore e fece scorrere il mio sangue tumultuosamente nelle vene. Il mio polso batteva selvaggiamente, la mia pelle bruciava, i miei occhi si scioglievano e la terribile tristezza del posto era istantaneamente dissipata come per magia. Girandomi con un grido di gioia, che era subito inghiottito dal coro di pianti e sospiri intorno a me, guardai... e istintivamente tesi avanti le braccia in un raptus di felicità verso... verso la visione di un Volto... capelli, labbra, occhi; una stoffa d'oro contornava il bel collo,e il vecchio, vecchio profumo dell'Est era nel suo respiro. Solo le stelle sanno quanto tempo fa... Le sue labbra erano di nuovo sulle mie; i suoi capelli sopra i miei occhi; le sue braccia attorno al mio collo, e l'amore della sua antica anima si riversava nella mia attraverso i suoi occhi stellanti e non ancora offuscati. Oh! Il violento tumulto, l'inesprimibile stupore, se solo io potessi ricordare!... Quel sottile, evocante odore di tanto tempo fa, una volta così familiare... prima che le colline di Atlantide fossero sopra l'azzurro mare, o le sabbie avessero incominciato a formare la culla della Sfinge. Ancora l'attesa; ecco ritorna indietro; io incomincio a ricordare. Tende su tende si sollevano nella mia anima, e io posso quasi vedere al di là. Ma quella mostruosa distesa di anni, terribile e sinistra, migliaia e migliaia... Il mio cuore trema e ho paura. Un'altra tenda si alza e una nuova prospettiva, più lontana delle altre, si rende visibile, interminabile, verso un punto lontano, fra la nebbia spessa. Adesso tutto si sta muovendo, si alza, si illumina. Finalmente potrò vedere... già incomincio a ricordare... la pelle oscura... la grazia dell'Est, gli occhi meravigliosi che detenevano la conoscenza di Buddha e la saggezza di Cristo prima ancora che essi avessero sognato di realizzarla. Come un sogno dentro un sogno, mi sorprende di nuovo, si impossessa fortemente di tutto il mio essere... la forma più esile... le stelle nel magico cielo dell'Est.... le ali che sussurrano fra i palmeti... il mormorio delle onde del fiume e la musica delle canne dove si piegano e sospirano nelle cave con la sabbia dorata. Migliaia di anni fa, oltre cosmiche distanze. Il ricordo sbiadisce un poco e incomincia a passare; poi sembra tornare di nuovo. Ah povero me, quel sorriso di denti scintillanti... quelle palpebre dalle lunghe ciglia. Oh, chi mi aiuterà a ricordare, poichè è troppo lontano, troppo oscuro, e io non riesco a ricordare; anche se le mie labbra ancora tremano e le mie braccia sono aperte, tutto incomincia a sbiadire. Sopravviene un senso dl tristezza inesprimibile quando lei sente che io non mi ricordo più... lei, la cui semplice vicinanza poteva, una volta, cancellare tutto l'universo... e lei ritorna indietro, lentamente, dolorosamente, silenziosamente al suo oscuro terribile sonno, per sognare e sognare il giorno in cui io DOVRÒ ricordare e lei DOVRÀ venire da chi le appartiene. Ella mi guarda dal fondo della stanza dove le Ombre già la coprono e la avvolgono, con le braccia tese, al suo lungo, lungo sonno nella Casa del Passato. Tutto tremante, con uno strano odore ancora nelle narici e col cuore infuocato, mi girai e seguii lo Spirito su per una larga scala, in un'altra regione della Casa.
Come entrammo nei corridoi superiori io sentii il vento che passava sospirando sopra il tetto. La sua musica si impossessò di me finchè sentii come se il mio intero corpo fosse un singolo cuore, dolorante, teso, pulsante fino a spaccarsi; e solo poiché avevo sentito il vento sospirare intorno alla Casa del Passato. "Ma ricorda" sussurrò lo Spirito rispondendo al mio muto stupore "che tu stai ascoltando la canzone cantata da epoche sconosciute a miriadi di orecchi sconosciuti. La sua musica fa ritornare spaventose paure; e in questa semplice nenia, profonda nella sua terribile monotonia, ci sono le associazioni e i ricordi delle gioie, dolori e battaglie di tutte le esistenze precedenti. Il vento, come il mare, parla alla memoria interiore, ed ecco perché la sua voce è di tale profonda tristezza spirituale. E' la musica delle cose per sempre incomplete, non finite, insoddisfatte."
Mentre passavamo attraverso le stanze a volta, notai che nulla si muoveva. Non c'erano veri suoni, solo una impressione generale di profondo respiro collettivo, simile all'ansito di un oceano imprigionato. Ma le stanze, lo capii subito, erano piene fino alle pareti, affollate, file su file... E, dai piani inferiori, saliva anche il mormorio di Ombre piangenti mentre ritornavano al loro sonno, e si coricavano di nuovo nel silenzio, nell'oscurità e nella polvere. La polvere... Ah, la polvere che galleggiava nella Casa del Passato, così spessa, così penetrante; così fine, riempiva la gola e gli occhi senza dolore; così fragrante, calmava i sensi e quietava il cuore che soffriva; così soffice, inaridiva la lingua senza irritare; e così silenziosa, cadeva, si raccoglieva, si adagiava sopra ogni cosa, così che rimaneva nell'aria simile a una nebbia sottile e le Ombre dormienti ne erano avvolte come dentro i loro sudari. "E queste sono le più vecchie, quelle che hanno dormito più a lungo" disse lo Spirito indicando le file affollate di silenziosi dormienti. "Nessuno qui si è svegliato da epoche innumerevoli; e perfino se si svegliassero tu non li riconosceresti. Essi sono, come gli altri, tutte personalità tue, ma essi sono le memorie dei tuoi stadi primitivi lungo il grande Sentiero dell'Evoluzione. Un giorno però, essi si sveglieranno, e tu dovrai riconoscerli, e rispondere alle loro domande, poiché essi non possono morire finché non sono esauriti di nuovo attraverso te, che li hai fatto nascere." "Ah!" Mentre ascoltavo il significato delle ultime parole pensavo: "quali madri , padri, fratelli possono essere addormentati in questa stanza; quali fedeli amanti, quali veri amici, quali antichi nemici! E pensare che un giorno essi verranno avanti e si confronteranno con me, e io dovrò incontrare ancora i loro occhi, ascoltare i loro diritti, conoscerli, perdonarli ed essere perdonato... le memorie di tutto il mio Passato..."Mi voltai per parlare allo Spirito al mio fianco, ma egli stava già sbiadendo nell'oscurità e, mentre guardavo di nuovo, l'intera Casa si fondeva nel rossore del cielo a est, e sentii gli uccelli cantare e vidi le nuvole sopra di me che velavano le stelle nella luce del giorno che stava per nascere.
La chiave fece un rumore terribile mentre girava nella serratura, e quando la grande porta si aprì in una sala vuota e noi entrammo, udii suoni di sussurri e pianti, fruscii di vesti come di persone che si muovevano nel sonno e stavano per svegliarsi. Poi all'improvviso un senso di profonda tristezza mi sopraffece imbevendomi fino all'anima; i miei occhi incominciarono a bruciare e a farmi male, e nel mio cuore divenni consapevole di una strana sensazione di srotolamento di qualcosa che aveva dormito per anni. Il mio intero essere, incapace di resistere, si arrese subito al senso di profonda malinconia; e il dolore del mio cuore, mentre la Casa si muoveva e si risvegliava, divenne in un istante troppo forte per esprimerlo a parole... Mentre avanzavamo, le deboli voci e i pianti fuggivano via davanti a noi e si ritiravano nelle interiorità della Casa; e io allora mi accorsi che l'aria era piena di mani alzate, di indumenti fluttuanti, di trecce pendule e di occhi così tristi e nostalgici che le lacrime, che già sentivo spuntare nei miei occhi, si trattenevano per la meraviglia alla vista di un tale insopportabile struggimento. "Non permettere che tutta questa tristezza ti opprima" sussurrò lo Spirito al mio fianco. "Non succede spesso che Essi si sveglino. Dormono per anni e anni e anni. Le stanze sono tutte piene e a meno che non arrivino visitatori come noi a disturbarli, non si sveglieranno mai di loro volontà. Ma, quando uno si agita, il sonno degli altri è disturbato e anche questi si svegliano, finchè il movimento passa da una stanza all'altra e poi alla fine in tutta l'intera Casa... Allora, qualche volta, la tristezza è troppo grande per essere sopportata e la mente si sveglia. Per questa ragione la Memoria dà a loro il sonno più dolce e più profondo che ha, e usa molto poco questa vecchia chiave rugginosa. Ma ascolta ora" aggiunse alzando la mano "non senti attraverso la Casa tutto quel tremolio dell'aria simile al lontano mormorio dell'acqua che cade? E riesci tu ora... forse..., a ricordare?" Ancora prima che parlasse, io avevo già afferrato debolmente l'inizio di un nuovo suono; e ora, nelle profondità delle cantine sotto i nostri piedi, e anche dalle regioni superiori della grande Casa sentivo i sussurri e i fruscii, e l'intimo agitarsi delle Ombre addormentate. Il suono saliva come un accordo vibrato delicatamente da enormi corde invisibili tese da qualche parte fra le fondamenta della Casa, e questo tremolio si propagava dolcemente attraverso i muri e i soffitti. E io sapevo di aver sentito il lento risveglio degli spettri del passato.
Ah, povero me, per quel terribile afflusso di tristezza stavo con gli occhi bagnati e ascoltavo le deboli voci morte tanto tempo fa... Poichè, davvero, l'intera Casa si stava svegliando; e arrivava alle mie narici il sottile, penetrante profumo del passato: di lettere a lungo conservate, con l'inchiostro sbiadito e i pallidi nastri; di trecce profumate bionde o brune, stese teneramente fra fiori secchi che ancora conservavano la dolcezza della loro fragranza dimenticata; la profumata presenza di memorie perdute, l'intossicante incenso del passato. I miei occhi piangevano, il mio cuore si contraeva e si espandeva, mentre il mio essere cedeva senza riserve a quei vecchi, vecchi influssi di suoni e di odori. Questi Spettri del Passato (dimenticati nel tumulto delle memorie più recenti) pulsavano intorno a me, prendevano le mie mani nelle loro e sussurravano cose che avevo da tanto tempo obliato, sospiravano scuotendo dai loro capelli e indumenti gli ineffabili odori delle epoche morte, mentre mi guidavano attraverso la Casa da stanza a stanza, da piano a piano.
E gli Spettri, non li distinguevo tutti perfettamente. Alcuni avevano solo una vita debolissima, mi impressionavano poco e lasciavano solo una indistinta confusa impressione nell'aria. Mentre altri mi guardavano quasi con rimprovero, attraverso occhi sbiaditi, incolori, desiderosi di farsi riconoscere alla mia memoria. E poi, vedendo che non venivano riconosciuti, galleggiavano indietro, leggermente, dentro le ombre della loro stanza per addormentarsi di nuovo indisturbati fino al Giorno finale, quando io non avrei mancato di riconoscerli. "Molti di loro hanno dormito così tanto" disse lo Spirito accanto a me "che si svegliano solo con grande difficoltà. Una volta svegli però, essi sanno e si ricordano di te anche se tu non riesci a ricordarti di loro. Poichè la regola in questa Casa del Passato è che, se non ti ricordi di loro distintamente, se non ricordi precisamente quando li hai conosciuti e in quali particolari cause della tua passata evoluzione erano associati, essi non possono rimanere svegli. Se non ti ricordi di loro quando incontri i loro occhi, se il loro sguardo di riconoscimento non viene ricambiato, allora essi sono obbligati a ritornare al loro sonno, silenziosi e dispiaciuti, con le mani vuote, le voci inespresse, per dormire e sognare, immortali, pazienti fino a..."
In quel momento le sue parole svanirono improvvisamente nella distanza e io divenni consapevole di una prepotente sensazione di gioia e felicità. Qualcosa mi aveva toccato le labbra, e un forte, dolce fuoco mi illuminò il cuore e fece scorrere il mio sangue tumultuosamente nelle vene. Il mio polso batteva selvaggiamente, la mia pelle bruciava, i miei occhi si scioglievano e la terribile tristezza del posto era istantaneamente dissipata come per magia. Girandomi con un grido di gioia, che era subito inghiottito dal coro di pianti e sospiri intorno a me, guardai... e istintivamente tesi avanti le braccia in un raptus di felicità verso... verso la visione di un Volto... capelli, labbra, occhi; una stoffa d'oro contornava il bel collo,e il vecchio, vecchio profumo dell'Est era nel suo respiro. Solo le stelle sanno quanto tempo fa... Le sue labbra erano di nuovo sulle mie; i suoi capelli sopra i miei occhi; le sue braccia attorno al mio collo, e l'amore della sua antica anima si riversava nella mia attraverso i suoi occhi stellanti e non ancora offuscati. Oh! Il violento tumulto, l'inesprimibile stupore, se solo io potessi ricordare!... Quel sottile, evocante odore di tanto tempo fa, una volta così familiare... prima che le colline di Atlantide fossero sopra l'azzurro mare, o le sabbie avessero incominciato a formare la culla della Sfinge. Ancora l'attesa; ecco ritorna indietro; io incomincio a ricordare. Tende su tende si sollevano nella mia anima, e io posso quasi vedere al di là. Ma quella mostruosa distesa di anni, terribile e sinistra, migliaia e migliaia... Il mio cuore trema e ho paura. Un'altra tenda si alza e una nuova prospettiva, più lontana delle altre, si rende visibile, interminabile, verso un punto lontano, fra la nebbia spessa. Adesso tutto si sta muovendo, si alza, si illumina. Finalmente potrò vedere... già incomincio a ricordare... la pelle oscura... la grazia dell'Est, gli occhi meravigliosi che detenevano la conoscenza di Buddha e la saggezza di Cristo prima ancora che essi avessero sognato di realizzarla. Come un sogno dentro un sogno, mi sorprende di nuovo, si impossessa fortemente di tutto il mio essere... la forma più esile... le stelle nel magico cielo dell'Est.... le ali che sussurrano fra i palmeti... il mormorio delle onde del fiume e la musica delle canne dove si piegano e sospirano nelle cave con la sabbia dorata. Migliaia di anni fa, oltre cosmiche distanze. Il ricordo sbiadisce un poco e incomincia a passare; poi sembra tornare di nuovo. Ah povero me, quel sorriso di denti scintillanti... quelle palpebre dalle lunghe ciglia. Oh, chi mi aiuterà a ricordare, poichè è troppo lontano, troppo oscuro, e io non riesco a ricordare; anche se le mie labbra ancora tremano e le mie braccia sono aperte, tutto incomincia a sbiadire. Sopravviene un senso dl tristezza inesprimibile quando lei sente che io non mi ricordo più... lei, la cui semplice vicinanza poteva, una volta, cancellare tutto l'universo... e lei ritorna indietro, lentamente, dolorosamente, silenziosamente al suo oscuro terribile sonno, per sognare e sognare il giorno in cui io DOVRÒ ricordare e lei DOVRÀ venire da chi le appartiene. Ella mi guarda dal fondo della stanza dove le Ombre già la coprono e la avvolgono, con le braccia tese, al suo lungo, lungo sonno nella Casa del Passato. Tutto tremante, con uno strano odore ancora nelle narici e col cuore infuocato, mi girai e seguii lo Spirito su per una larga scala, in un'altra regione della Casa.
Come entrammo nei corridoi superiori io sentii il vento che passava sospirando sopra il tetto. La sua musica si impossessò di me finchè sentii come se il mio intero corpo fosse un singolo cuore, dolorante, teso, pulsante fino a spaccarsi; e solo poiché avevo sentito il vento sospirare intorno alla Casa del Passato. "Ma ricorda" sussurrò lo Spirito rispondendo al mio muto stupore "che tu stai ascoltando la canzone cantata da epoche sconosciute a miriadi di orecchi sconosciuti. La sua musica fa ritornare spaventose paure; e in questa semplice nenia, profonda nella sua terribile monotonia, ci sono le associazioni e i ricordi delle gioie, dolori e battaglie di tutte le esistenze precedenti. Il vento, come il mare, parla alla memoria interiore, ed ecco perché la sua voce è di tale profonda tristezza spirituale. E' la musica delle cose per sempre incomplete, non finite, insoddisfatte."
Mentre passavamo attraverso le stanze a volta, notai che nulla si muoveva. Non c'erano veri suoni, solo una impressione generale di profondo respiro collettivo, simile all'ansito di un oceano imprigionato. Ma le stanze, lo capii subito, erano piene fino alle pareti, affollate, file su file... E, dai piani inferiori, saliva anche il mormorio di Ombre piangenti mentre ritornavano al loro sonno, e si coricavano di nuovo nel silenzio, nell'oscurità e nella polvere. La polvere... Ah, la polvere che galleggiava nella Casa del Passato, così spessa, così penetrante; così fine, riempiva la gola e gli occhi senza dolore; così fragrante, calmava i sensi e quietava il cuore che soffriva; così soffice, inaridiva la lingua senza irritare; e così silenziosa, cadeva, si raccoglieva, si adagiava sopra ogni cosa, così che rimaneva nell'aria simile a una nebbia sottile e le Ombre dormienti ne erano avvolte come dentro i loro sudari. "E queste sono le più vecchie, quelle che hanno dormito più a lungo" disse lo Spirito indicando le file affollate di silenziosi dormienti. "Nessuno qui si è svegliato da epoche innumerevoli; e perfino se si svegliassero tu non li riconosceresti. Essi sono, come gli altri, tutte personalità tue, ma essi sono le memorie dei tuoi stadi primitivi lungo il grande Sentiero dell'Evoluzione. Un giorno però, essi si sveglieranno, e tu dovrai riconoscerli, e rispondere alle loro domande, poiché essi non possono morire finché non sono esauriti di nuovo attraverso te, che li hai fatto nascere." "Ah!" Mentre ascoltavo il significato delle ultime parole pensavo: "quali madri , padri, fratelli possono essere addormentati in questa stanza; quali fedeli amanti, quali veri amici, quali antichi nemici! E pensare che un giorno essi verranno avanti e si confronteranno con me, e io dovrò incontrare ancora i loro occhi, ascoltare i loro diritti, conoscerli, perdonarli ed essere perdonato... le memorie di tutto il mio Passato..."Mi voltai per parlare allo Spirito al mio fianco, ma egli stava già sbiadendo nell'oscurità e, mentre guardavo di nuovo, l'intera Casa si fondeva nel rossore del cielo a est, e sentii gli uccelli cantare e vidi le nuvole sopra di me che velavano le stelle nella luce del giorno che stava per nascere.
6.
POESIE DI ARTURO ONOFRI
Da Terrestrità del sole (1927)
10
Chi è questa improvvisa dea che appare?
Occhi diafani stellano di luna
sotto il manto ondeggiante delle chiome.
Da quella bocca, che sui denti abbonda
nelle labbra imbronciate come un fiore,
la voce non la intende altri che il mare.
Perché venne fra noi come una donna?
Quel suo piccolo capo trasparisce
di mattinate, d’angioli e di giuochi,
e nel girarsi addita in sua dolcezza
che le pietre traboccano di foglie,
le flore mettono ali, e mandre brute
s’appassionano d’ansie e di pensieri.
E noi, pregando che assuma figura
di beltà, la parola in noi rinchiusa,
ne intravediamo, come un sogno, il volto
nel modello che in lei donna respira.
Occhi diafani stellano di luna
sotto il manto ondeggiante delle chiome.
Da quella bocca, che sui denti abbonda
nelle labbra imbronciate come un fiore,
la voce non la intende altri che il mare.
Perché venne fra noi come una donna?
Quel suo piccolo capo trasparisce
di mattinate, d’angioli e di giuochi,
e nel girarsi addita in sua dolcezza
che le pietre traboccano di foglie,
le flore mettono ali, e mandre brute
s’appassionano d’ansie e di pensieri.
E noi, pregando che assuma figura
di beltà, la parola in noi rinchiusa,
ne intravediamo, come un sogno, il volto
nel modello che in lei donna respira.
30
L’identità del cuore, che asseconda
i cicli e le stagioni dei pianeti
e il respiro dell’acque e il crescerne erba
e i colmi avvenimenti d’ogni vita,
persuade in un ritmo di consensi
anche l’avvicendarsi in creature
che rientrano e escono dal mondo
nel gran flusso e riflusso della morte.
Gloria del sole, la tua luce è ordito
d’anime che si librano in amori
immateriali nell’oceano d’angeli
del tuo torace cosmico; e il mio breve
polso è la tua battuta, e il mio pensarti
è la tua riva, e in te nutro il respiro
assiduamente del mio verbo d’uomo
i cicli e le stagioni dei pianeti
e il respiro dell’acque e il crescerne erba
e i colmi avvenimenti d’ogni vita,
persuade in un ritmo di consensi
anche l’avvicendarsi in creature
che rientrano e escono dal mondo
nel gran flusso e riflusso della morte.
Gloria del sole, la tua luce è ordito
d’anime che si librano in amori
immateriali nell’oceano d’angeli
del tuo torace cosmico; e il mio breve
polso è la tua battuta, e il mio pensarti
è la tua riva, e in te nutro il respiro
assiduamente del mio verbo d’uomo
Da Vincere il drago! (1928)
30
Una voce inaudita addorme o stratta
gli oceani, e scrolla i continenti. Eppure,
schiude i fiori in dolcezza, e cauta allatta
i cuccioli ora nati, e crea figure
del suo divino afflato
in me ch’ella ha creato.
gli oceani, e scrolla i continenti. Eppure,
schiude i fiori in dolcezza, e cauta allatta
i cuccioli ora nati, e crea figure
del suo divino afflato
in me ch’ella ha creato.
La sua pienezza d’essere si libra
sulla vita di tutti, in un amplesso
che insinua sé nella più tenue fibra
d’ogni suo nato, e non per farlo ossesso
d’una potenza aliena
ma per prestargli lena:
sulla vita di tutti, in un amplesso
che insinua sé nella più tenue fibra
d’ogni suo nato, e non per farlo ossesso
d’una potenza aliena
ma per prestargli lena:
lena che imprime, risonando, l’orma
della musica sua nella nascente
cosmicità d’ogni terrestre forma,
che sarà vita, un giorno, in sé vivente,
pari, per proprio amore,
al proprio creatore.
della musica sua nella nascente
cosmicità d’ogni terrestre forma,
che sarà vita, un giorno, in sé vivente,
pari, per proprio amore,
al proprio creatore.
23
Da curve di nuvoli aleggia,
in grembo al meriggio turchino,
la voce dei mondi: è un bambino,
che guida una candida greggia
a pascer gli steli
di sole, nei cieli.
in grembo al meriggio turchino,
la voce dei mondi: è un bambino,
che guida una candida greggia
a pascer gli steli
di sole, nei cieli.
E il piccolo bimbo è il pastore
celeste, che parla e risponde
all’umili pecore monde
lungh’esse le prata sonore,
dov’erbe e mentastri
fioriscono in astri.
celeste, che parla e risponde
all’umili pecore monde
lungh’esse le prata sonore,
dov’erbe e mentastri
fioriscono in astri.
Con flauto d’angelico argento
dà voce alla melodia grande
che sboccia fra i mondi, e s’espande
fin dentro la terra, col vento
che in nubi sorregge
candori di gregge.
dà voce alla melodia grande
che sboccia fra i mondi, e s’espande
fin dentro la terra, col vento
che in nubi sorregge
candori di gregge.
Da Simili a melodie rapprese in mondo (1929)
Simili a melodie rapprese in mondo,
quand’erano sull’orlo di sfatarsi
nei superni silenzi, ardono pace
nel mezzogiorno torrido le ondate
ferme dei pini, sul brillìo turchino
del mare che smiracola d’argento.
E ancora dalle masse di smeraldo
divampa un concepirsi incandescenze;
ma un pensiero di su le incenerisce
in quella pausa d’essere ch’è cielo;
azzurreggiar di tenebra, che intima
(dal massiccio dell’alpe all’orizzonte)
ai duri tronchi èrgersi alati incensi
a un dio sonoro, addormentato, in forma
d’un paese celeste sulla terra.
quand’erano sull’orlo di sfatarsi
nei superni silenzi, ardono pace
nel mezzogiorno torrido le ondate
ferme dei pini, sul brillìo turchino
del mare che smiracola d’argento.
E ancora dalle masse di smeraldo
divampa un concepirsi incandescenze;
ma un pensiero di su le incenerisce
in quella pausa d’essere ch’è cielo;
azzurreggiar di tenebra, che intima
(dal massiccio dell’alpe all’orizzonte)
ai duri tronchi èrgersi alati incensi
a un dio sonoro, addormentato, in forma
d’un paese celeste sulla terra.
Da Zolla ritorna cosmo (1930)
47
Le penombre di mammola, nei caldi
incavi del tuo viso, hanno stupori
d’aurora nel sorriso delle labbra
e nell’ardore diafano degli occhi.
Il roseo dell’intenta anima affiora
al limite impalpabile che abbraccia
te quasi caldo petalo carnale,
e annuncia i ditirambici abbandoni
della femminea musica segreta
in balìa del volere che m’infiamma
a somigliarti in sillabe di canto.
La tua persona è immagine in silenzio
della nostra vocale ansia di cieli,
e quelle ombre di mammola, nei caldi
incavi del tuo viso, hanno stupori
dorati, a fior degli occhi e delle labbra,
nel sogno di voler rassomigliare
alla forma che, in noi, musica vive.
incavi del tuo viso, hanno stupori
d’aurora nel sorriso delle labbra
e nell’ardore diafano degli occhi.
Il roseo dell’intenta anima affiora
al limite impalpabile che abbraccia
te quasi caldo petalo carnale,
e annuncia i ditirambici abbandoni
della femminea musica segreta
in balìa del volere che m’infiamma
a somigliarti in sillabe di canto.
La tua persona è immagine in silenzio
della nostra vocale ansia di cieli,
e quelle ombre di mammola, nei caldi
incavi del tuo viso, hanno stupori
dorati, a fior degli occhi e delle labbra,
nel sogno di voler rassomigliare
alla forma che, in noi, musica vive.
Da Suoni del Gral (1932)
75
Mestizia d’un arcangelo è il tuo volto
generato dal casco dei capelli
che nei tuoi sguardi amplifica l’ascolto
del mare in salmodie d’astri gemelli.
generato dal casco dei capelli
che nei tuoi sguardi amplifica l’ascolto
del mare in salmodie d’astri gemelli.
La chiusa ansia del seno, ove è raccolto
il tuo voler ricevere i novelli
spiriti del mio sangue, insù rivolto,
freme d’ardore nei tuoi fianchi snelli.
il tuo voler ricevere i novelli
spiriti del mio sangue, insù rivolto,
freme d’ardore nei tuoi fianchi snelli.
Ma il molleggiante ritmo dei tuoi lievi
piedi, ove siamo entrambi un cielo solo,
alia da terra angelici sollievi.
piedi, ove siamo entrambi un cielo solo,
alia da terra angelici sollievi.
O creatura emersa dal mio petto,
tu sveli in me l’altro inattinto polo
del voler mio, che in te si fa perfetto.
tu sveli in me l’altro inattinto polo
del voler mio, che in te si fa perfetto.
Da Aprirsi fiore (1935)
Il gruppo dei tuoi boccoli, che il vento
sviluppa di sollievi musicali
sulla fronte infantile, suona argento
di voci, nei miei sogni prenatali.
sviluppa di sollievi musicali
sulla fronte infantile, suona argento
di voci, nei miei sogni prenatali.
Con l’onda che al mio petto ansa in accento
di fanciullezza eterna, ecco trasali
fra l’impeto dei giuochi in movimento,
e mi sfiori con gli occhi pieni d’ali.
di fanciullezza eterna, ecco trasali
fra l’impeto dei giuochi in movimento,
e mi sfiori con gli occhi pieni d’ali.
Si stende il prato color giorno, e sembra
vivo tappeto d’oro sulla terra
oscura, che vi occulta le sue membra.
vivo tappeto d’oro sulla terra
oscura, che vi occulta le sue membra.
Tu sorgi come un fiato dalla zolla
profonda che il tuo calice disserra:
farfalla in fiore, o volo di corolla.
profonda che il tuo calice disserra:
farfalla in fiore, o volo di corolla.
7.
DAN SIMMONS
L'ESTATE DELLA PAURA
Incipit
La Old Central School si ergeva ancora imponente, racchiudendo saldamente all’interno i propri silenzi e i propri segreti. La polvere di gesso accumulata nell’arco di ottantaquattro anni fluttuava intrappolata nei rari raggi di luce solare che penetravano al suo interno, mentre i ricordi di oltre otto decenni di mani di vernice salivano le scale e dai pavimenti scuri per diffondere nell’aria imprigionata odore di mogano - l’odore delle bare. Le pareti erano talmente spesse da dare l’impressione di assorbire i suoni, le alte finestre tingevano l’aria di una stanca tonalità color seppia con i loro vetri deformati e distorti dal tempo. Se pure scorreva, il tempo lo faceva con maggiore lentezza dentro la Old Central, dove i passi echeggiavano lungo i corridoi e su per il pozzo delle scale con suoni che parevano soffocati e fuori sincrono rispetto a qualsiasi movimento visibile nell’ombra. La sua prima pietra era stata deposta nel 1876, l’anno in cui il generale Custer e i suoi uomini erano stati massacrati vicino al fiume Little Big Horn, nel lontano West, lo stesso anno in cui il primo telefono era stato esposto nel corso della Fiera del Centenario, a Philadelphia, nell’altrettanto lontano Est; la old Central School era stata costruita nell’Illinois, a metà strada fra quei due eventi, ma lontana dal fluire della storia.
8.
WILLIAM H. HODGSON
LA CASA SULL'ABISSO
Incipit
Per innumerevoli ore ho riflettuto sulla storia che è presentata nelle pagine seguenti. E innumerevoli volte, nella mia veste di redattore del manoscritto, ho provato la tentazione di dargli una forma letteraria; ma non credo che il mio istinto si sbagli, nel suggerirmi di lasciarlo così com'è scritto, in tutta la sua semplicità. E il manoscritto... cercate di immaginarvi la scena, allorchè giunse nelle mie mani e io lo osservai da ogni lato, con curiosità, e ne sfogliai rapidamente, distrattamente, la pagine. E' un quaderno di non grande dimensione, ma ha molte pagine, anzi tutte, eccetto le ultime, scritte in una grafia strana ma leggibile, in lettere assai minute. Ancora adesso, mentre scrivo, mi pare di fiutare l'odore di muffa delle sue pagine, e di avere sotto le dita la sua carta gualcita dall'umidità.
Ricordo senza difficoltà la mia prima impressione del contenuto del quaderno: che fosse un racconto di fantasia. Tale mi parve leggendo qualche parole qua e là, senza eccessiva attenzione.
Ora, pensate invece a quando, comodamente seduto in poltrona, mi sono accinto a passare le ore della sera in compagnia delle sue pagine. E a come sia cambiato il mio giudizio! Dapprima il sospetto che potesse trattarsi di fatti realmente accaduti. Da quella che sembrava una narrazione fantastica, era emersa una coerente, convincente successione di idee, che avevano assorbito la mia attenzione ben più che se si fosse trattato di una cronaca o di una storia, quale delle due fosse la natura di quella narrazione (e confesso di essere tentato di usare il primo dei due termini). In quella che pareva una storia senza importanza, trovai il resoconto di grandi eventi, e ciò che pareva assurdo e paradossale divenne ragionevole. Lo lessi e, leggendo, allontanai da me i veli dell'impossibile, che accecano la mente, e spinsi il mio sguardo nell'ignoto.
9.
[…] e vidi allora un donna stupenda indossante una tunica blu delicatamente ornata, come il cielo, di stelle d'oro. Nella mano destra stringeva una tromba dorata su cui era inciso un nome […]. Nella mano sinistra teneva un pacco di lettere, scritte in molteplici lingue […]. Aveva delle ali belle e grandi, totalmente ricoperte di occhi, con cui poteva librarsi in alto e volare più veloce dell'aquila. [Johann Valentin Andreae, Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, a cura di Elsa Aichner, SE, Milano 2006, p. 11].
10.
Si tenga a mente solo questo brevissimo specchietto sulle fasi della vita dell’eroe:
una nascita misteriosa, i cui genitori naturali non siano direttamente rintracciabili→ relazione difficile con la figura paterna→ Separazione → Iniziazione → Ritorno e compimento risolutivo.
una nascita misteriosa, i cui genitori naturali non siano direttamente rintracciabili→ relazione difficile con la figura paterna→ Separazione → Iniziazione → Ritorno e compimento risolutivo.
11.
I Folli per Cristo sono individui che spinti dall’amore di Dio e del prossimo, hanno adottato una forma ascetica della pietà cristiana che si chiama la follia per l’amore del Cristo. Essi rinunciano volontariamente non solo alle comodità e ai beni della vita terrestre, ai vantaggi della vita in comunità e ai beni di famiglia, ma accettano per di più di assumere l’apparenza di un folle, che misconosce le regole di convenienza e di pudore e si permette spesso di commettere azioni scandalose. Questi asceti non temono di dire la verità ai potenti di questo mondo, accusando quelli che avevano dimenticato la giustizia di Dio e consolando quelli la cui pietà temeva Dio.
12.
Riflessione di Francesco De Gregori interpellato da L'Avvenire a proposito della festa natalizia: Qualunque uomo ha dentro il senso dell'infinito. Nessuno, quindi, può rimanere indifferente di fronte alla Resurrezione. Certo Foscolo pensava che non morire mai volesse dire semplicemente essere ricordati. Ma credo che sia un'idea banale, come quella che risorgere dalla tomba sia soltanto uscire da una tomba. Mi piace pensare a un passo di Resistenza e resa di Dietrich Bonhoeffer dove lui raggiunge un momento di grande comunione con Dio quando vede un fiorellino su un muro [...] in quel fiore per me c'è ciò che ci precede e ciò che ci seguirà. C'è il senso della vita [da L'Avvenire, 23 marzo 2005; p. 56].
13.
Noi marciamo da lungo tempo verso un magico punto zero, da cui si allontanerà solo colui che potrà disporre di altre, più invisibili fonti di energia, E. Jünger citato in Alain de Benoist, Ernst Jünger: la Figure du Travailleur entre les dieux et les titans, in Nouvelle Ecole n. 40, settembre-novembre 1983, pag. 11-61, trad. it. Di Marco Tarchi, L'operaio tra gli Dei e i Titani. Ernst Jünger ‘sismografo’ dell'era della tecnica, Terzavia, Milano, 2000, p. 88.
14.
La modernità e la ragione illuministica sezionano, classificano ed analizzano, e pongono fine a quell'ontologia arcaica per la quale non esisteva soluzione di continuità tra sacro e profano romanticamente intesi, tra sogno e realtà; ciò avviene all'interno di un movimento/momento storico relativo alla presa di coscienza moderna - e occidentale - del mondo. Ma secondo me non possiamo non sentire talvolta, sepolta sotto i nostri lavori, i nostri sogni, le nostre passioni, i nostri passatempi e hobbies, quella nostalgia delle origini che bussa da lontano, quella chiamata all'unità che ci spinge nella fulgida creazione o nella disperazione depressiva. Gli uomini hanno dimenticato i loro dèi e distrutti i loro sogni. Ma per che cosa?
15.
La felicità non ha che un nome vero, antico e moderno: la fede. […] Al tempo della guerra di Vandea i contadini ribelli si battevano con valore senza pari, al grido “Per il mio Dio e per il mio Re!”. […] Sull’altra sponda, innumerevoli furono quelli che caddero cantando e gridando “Viva la Repubblica!” […]. Dalle due parti c’era, incrollabile, una fede. In Dio, qui. Nell’Uomo, là. Ma c’era, disinteressata e follemente pura, la fede! E, per lei, la felicità di combattere, di vivere o morire. […] Perché viviamo? interrogano i giovani. Netta risposta: per nulla, se voi non sapete più perché accettereste di morire, e se la nostra società non è più capace di armarvi per sfidare quella morte. Una vita non vale se non in questa dura luce [Le scuderie d’Occidente Volpe, Roma, 1973 di Jean Cau, pp. 158-159].
Con lo stupido pretesto del ritorno alle sorgenti e alla semplicità evangelica, i nostri preti vogliono delle chiese più brutte d’un baraccone e sono pronti a celebrare la messa in giacca e calzoni [Le scuderie d’Occidente, p. 85]
16.
L’approssimarsi al muro del tempo, quel Varco di cui vado sostenendo l'inevitabilità, provocato dall’accelerazione dell'ispessimento coscienziale dell'umanità ma anche dal compimento del ciclo cosmico, intensifica i fenomeni “di soglia”, fa assottigliare sempre di più quel velo che per noi separa visibile e invisibile, e quindi intensifica la ricerca e l’attesa dell’irruzione dello straordinario, tanto come avvento salvifico e nuovo inizio (anche nella vita del singolo), quanto nella forma di un evento minaccioso e distruttivo. L’immaginario dell’epoca attuale è pressoché tutto su questo registro, anche se prevale (e ce n’è ben donde) l’aspetto paranoico del complotto totalizzante ai danni dell’umanità (il che la dice lunga, molto al di là della retorica scientifica, sulla percezione di massa dei pericoli e delle oscure trame della tecnoscienza).
17.
Voi preti che vendete a tutti un’altra vita/ se c’è come voi dite un Dio nell’infinito, guardatevi nel cuore, l’avete gia tradito/ e voi materialisti col vostro chiodo fisso che Dio è morto e l’uomo è solo in questo abisso/ le verità cercate per terra da maiali/, tenetevi le ghiande lasciatemi le ali. [Francesco Guccini]
18.
ALFRED KUBIN
L'ALTRA PARTE
Pensavo alla mia morte come a una gioia grandissima, celeste, come all’inizio di una eterna notte nuziale. Come tutto si rivolta contro di lei, e come sono buone le sue intuizioni! In ogni volto cercavo ansiosamente i suoi segni, nelle pieghe e nelle rughe della vecchiaia scoprivo i suoi baci. Sempre nuova mi appariva; e come erano squisiti i suoi colori! I suoi sguardi risplendevano così seducenti che i più forti dovevano cedere, e allora lei gettava la sua maschera e senza mantello il morente la vedeva circondata da diamanti, nei riflessi di mille sfaccettature. Più tardi, quando osai rientrare nella vita, scoprii che la mia dea regnava solo a metà. Divideva le cose più grandi e le più piccole con un antagonista, che voleva la vita. Le forze di attrazione e di repulsione, i poli della terra con le loro correnti, l’alternarsi delle stagioni, il giorno e la notte, il bianco e il nero, non sono che l’espressione di una lotta. Il vero inferno consiste nel fatto che questo doppio gioco contraddittorio si prolunga in noi. L’amore stesso ha il suo centro di gravità “inter feces et urinas”. I momenti più alti possono soggiacere al ridicolo, allo scherno, all’ironia.
“Il Demiurgo è un ibrido”
19.
A volte ti senti così lontano,
Mi arrampico attraverso la sera, vivo e fiducioso
che nel tempo tutti conosceremo i nostri scopi e quindi, infine, la nostra meta;
per ora, tutto è segreto – anche se (come faccio a dirlo?),
lasciate che io mantenga il sogno in vista!
Ho atteso così a lungo
soltanto per vedere infine,
tutte le mani stringersi tra loro saldamente,
tutti noi pellegrini.
Mentre camminiamo in silenzio lungo la costa,
soltanto per viaggiare, qui la speranza è tutto,
anche solo sapere che c’è una fine;
tutti noi, amanti, fratelli, sorelle, amici
mano nella mano…
Impronte splendenti sulla sabbia umida
conducono al sogno.
Il tempo è giunto, la marea si è quasi alzata
ed ha prosciugato le profondità:
mi sveglio da un sonno lungo una vita.
Sembra che abbia sognato per così tanto tempo –
ora, da sveglio, riesco a vedere
che siamo pellegrini e per questo dobbiamo percorrere questa strada,
con un fine sconosciuto, soli, ma non senza valore,
e la meta che continua a chiamarci.
Abbiamo aspettato qui così a lungo,
con le mani di noi tutti unite nella speranza,
restando in equilibrio sulla fune -
tutti noi pellegrini.
[Van Der Graaf Generator/Peter Hammill]
20.
Quel che di più grande esiste nella Creazione, è la possibilità di amare che l'uomo possiede, è l'amore che vive nell'uomo ed emana da lui. [dagli scritti di Theodossios Maria della Croce, Nel grande mattino del mondo. Ed. Jaca Book]
21.
IL LINGUAGGIO DEI SEGNI
THEODOSSIOS MARIA DELLA CROCE
Il tempo passa, l'Eternità rimane; ecco il permanente prisma attraverso il quale si debbono vedere e filtrare le cose, tutte le cose, tutti i pensieri, tutti i sentimenti, tutti i ricordi, tutte le generosità e tutte le miserie, tutti i momenti di splendore dell'infanzia e tutti i ripiegamenti su se stessa dell'anima colpita. Quel che permane è l'Eternità, eterno è soltanto l'amore.
Paesaggi solinghi, prati e giardini dall'infinita tenerezza, azzurri mari sotto l'azzurro cielo d'estate, fiori delicati offerti piamente da anime delicate, elevatissime montagne e pacifici rivi, finestre aperte su verdi distese, profumi di timo e d'incenso e di cera pura, croci bianche piantate su desertiche colline, lontani rumori della sera nelle piane e fertili campagne, voci amiche vibranti di eterna fedeltà che attraversano l'ora profumata del crepuscolo, infermità e piaghe profonde offerte con dolcezza e senza ribellione, offerte per la libertà e la gioia di anime sconosciute, presenze che popolano tutte le solitudini e solitudini di amore infinito che trascendono ogni presenza, sbagli dall'origine santa, riuscite senza merito che riempiono l'anima di segreta tristezza nelle ore di lode e di ovazione, brividi di solitudine e di vuoto cosmici dinanzi all'immagine dell'infinito universo, mobile e senza amore; brividi e calde lacrime di riconoscenza dinanzi alla piccola discreta vibrazione dell'infinito amore del Creatore, sussurri di dolce saggezza in seno ad amicizie stabilite da Dio nell'eternità, empiono la mia anima quando penso a ciascuno di voi mentre penosamente ci avviciniamo al mistero delle festività di dolore e di resurrezione.
Ormai per milioni di uomini la nostalgia della bellezza e dell'amore eterno non fa parte del "reale". Tutto un linguaggio, linguaggio umano, sensibile, tutte le sfumature e le delicatezze nel significato delle parole dispaiono nella coscienza e nella sensibilità di milioni e milioni di uomini. Mentre lo scopo della creazione ed il mezzo per raggiungerlo come individui, come popoli e come razze, restano immutabili. Così ogni anima fedele ed amante è portata, in mezzo ad ogni tribolazione, a percepire e a vivere, per quanto le è possibile e permesso, dietro ogni cosa il suo segno, il suo linguaggio intimo di creatura creata innocente prima di ogni alterazione, per sentire dietro ogni cosa l'amore eterno di Dio e della sua creazione in Lui.
Sulle foglie degli alberi, trasparenti ed auree di sole, si legge il messaggio del Verbo: la speranza. Si legge un appello, un sogno ed una promessa. Tutta la creazione contiene il segno infinitamente variabile ed assolutamente unico della finalità della creazione. Al fondo dell'orizzonte riluce l'orizzonte interiore. E sull'orizzonte interiore riluce il volto dell'Amore eterno, il volto umano e divino; volto del molteplice infinito e dell'uno infinito, poiché è il volto del Creatore e del Figlio unico del Creatore e dello Spirito tre volte Santo del Creatore.
I più piccoli fiori dei campi, l'intimo degli occhi amici, i pianeti e le galassie, i barlumi della lampada ad olio davanti ad una icona, le tombe dei bambini piccoli e i cimiteri dei secoli, tutte le acque pure e i profumi soavi dei campi e delle foreste, il vento salato dell'oceano contengono un canto segreto, un canto dolce, discreto e infinito, il canto del Signore.
I fiori e gli alberi e le pietre preziose, come gli umili sassi, le acque, le distese e le montagne, ogni cosa è una bella lettera e una parola del linguaggio nascosto della vita eterna. Per questo la Sacra Scrittura e tutti gli scritti sacri dei servitori di Dio sono pieni di paragoni e di riferimenti alla natura. I fiori esprimono una pienezza spirituale che sale dal fondo della creazione iniziale della terra d'origine. Le pietre preziose esprimono la fissità delle virtù conquistate, e ogni elemento contiene qualità immutabili accanto a elementi corrosivi. Ed ecco che San Paolo scrive: "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (Rom. 1, 20). l fiori e gli alberi e le pietre preziose, come gli umili sassi, le acque, le distese e le montagne, ogni cosa è una bella lettera e una parola del linguaggio nascosto della vita eterna. Per questo la Sacra Scrittura e tutti gli scritti sacri dei servitori di Dio sono pieni di paragoni e di riferimenti alla natura. I fiori esprimono una pienezza spirituale che sale dal fondo della creazione iniziale della terra d'origine. Le pietre preziose esprimono la fissità delle virtù conquistate, e ogni elemento contiene qualità immutabili accanto a elementi corrosivi. Ed ecco che San Paolo scrive: "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità" (Rom. 1, 20).
L'anima di buona volontà, quando è entrata definitivamente nella via dell'umiltà fondamentale, comincia a essere riconoscente per la più piccola rotella che l'uomo può fabbricare, per la più piccola medicina, per l'acqua dei fiumi e della pioggia, per la lana degli abiti, per la legge del suono che permette lo strumento musicale, per il metallo che permette lo strumento del medico e l'ago calamitato; è riconoscente per le leggi che conosce del mondo naturale, per la percezione dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande, nei rapporti con la natura finita, per i colori, per i fiori, per il firmamento. E' riconoscente perché, grazie all'apertura dell'umiltà fondamentale e della morte, capisce il linguaggio di tutto l'universo visibile e di tutte le leggi della natura, che non parlano d'altro che di questa vita d'ordine e di pace e di amore eterno del Regno.
Per comprendere e penetrare ciò che vuol dire "la bontà delle cose", cioè quello che le cose esprimono e il loro segno, i libri servono a poco quando l'uomo è appesantito sul suo "Io"; è necessario che egli sia libero ed è liberato dal suo io quando entra nella gloria dell'amore, quando si interessa ai suoi fratelli, quando si interessa, per esempio, a scrivere una lettera tenera alla mamma che ama; allora l'uomo è libero, è allegro e sorridente.
E' assolutamente impossibile cogliere il mistero di un paesaggio, cogliere il mistero degli animali, il mistero del rapporto degli uomini con gli animali, se ogni giorno non armonizziamo il nostro sapere con la conoscenza intima vissuta, se non siamo continuamente mossi dal desiderio di essere uniti alla Verità eterna.
Le cose esprimono un'immensa bontà, quando manifestano all'uomo il messaggio dell'amore di Dio. E gli esseri umani stessi contengono un grande segreto sacro e possono contenere un'immensa bontà, un amore che è una partecipazione all'amore di Dio.
Quando si comunica con la Creazione, vi è una grande nostalgia perché dietro ogni espressione è consegnata, è celata ovunque, la grande bontà di Dio. Vi è celata anche la morte perché l'uomo non può più comunicare soltanto con la bontà delle cose, e se vuole separarsi egoisticamente dal male della morte, amando se stesso, allora egli si separa in se stesso e abbandona l'opera della Creazione.
E' ciò che vuole il diavolo che odia la Creazione, che odia l'uomo. La forma con cui più si manifesta il peccato e il disordine iniziale, è la chiusura alla penetrazione del mistero della Creazione, il chiudersi all'amore delle opere di Dio. Quando la natura non è dominata dall'amore eterno dell'uomo, la bontà delle cose si perde.
Per essere costantemente con Dio, è necessario amarlo pienamente, amare ciò che ha voluto fare: ha voluto salvare il mondo, cioè ha voluto che l'uomo possa comunicare con la bontà delle cose, con la bontà della Creazione, con Lui. Così devo essere pieno di disponibilità per comprendere la bontà delle cose: la bontà della fiamma d'olio, la bontà del colore verde di un campo la bontà di un sorriso, la bontà di un sopracciglio, la bontà di una pietra, la bontà del calore in una camera quando rientro dopo il freddo, la bontà misteriosa che emana dalla foresta, bontà della terra, delle foglie, delle cortecce; la vibrazione di bontà che emana da un uomo, dal suo spirito, dal suo cuore, dai suoi capelli, dalle sue orecchie, dalle sue ossa.
E come mai ci sono tanti crimini? Assenza d'amore. Tante volgarità? Assenza d'amore. Là dove non c'è amore tutto è sporco, dove c'è l'amore tutto diviene santo, perché qualunque sia l'amore dell'uomo, anche il più ordinario, esso è una partecipazione all'amore di Dio, e Cristo è venuto per santificarlo.
Tutto ciò che è senza amore conduce alla morte, anche se è fatto in nome di Dio. Per questo San Paolo ha detto, e lo ripeterò fino alla fine della mia vita: posso possedere tutta la sapienza e conoscere tutte le lingue, posso dare il mio corpo in olocausto, se non ho la carità sono un cembalo squillante.
Quando siete stati in contatto con la bontà delle cose, quando cioè, il contatto con il mondo esterno ha elevato la vostra anima e vi ha riempiti di gioia d'amore sacro, eravate liberi, senza problemi; quando ci si appesantisce si entra nelle tenebre.
Non crediate che la bontà consista nel non volere il male. La bontà non è di non volere il male, è un'attività continua, come una luce continua. E quando l'altro, vicino a noi, è debole e appesantito su se stesso o soddisfatto di sé, o meditativo o un po' cupo, dobbiamo essere luce per dissolvere le sue tenebre.
Credetemi, la conoscenza è un cammino senza fine, è un cammino per conoscere Dio. Si avanza, si avanza... Ciò che è definito è la via, e la via è unica: amare, volere il bene, avere una pazienza senza fine, non disperare mai.
L'uomo di verità scopre la firma del Creatore impressa nell'intimità di ogni cosa, ed entra nel cammino che conduce fuori dalla storia. Scopre che Cristo è entrato nella storia per liberare l'uomo dalla Grande Illusione. Così ai piedi della Croce inizia il cammino della liberazione, in cui l'uomo scopre a poco a poco il linguaggio mistico di tutte le cose visibili. E allora viene il giorno in cui l'universo tace e la storia tace. L'Illusione si dissolve. La falsa immagine dell'universo è rovesciata. E l'anima conosce e vive, perché conosce il reale eterno, l'Ineffabile.
DAREST SHARMA
E adesso chi era alla porta? Ebbi paura, stupidamente. Mastro Fornari era con me, perché temevo?
“Entra se hai buone intenzioni, altrimenti preparati”. Esclamò con tono enfatico.
Giocava o faceva sul serio quell'incredibile salta-fossi. La porta si aprì ed entrò una giovane donna. Bella, caspita. A Viterbo l'avrebbero apostrofata con ben altri epiteti. Alta più di me (180cm), un soprabito nero col collo alzato, luccicante, stivali scuri ed un sorriso spettacolare. Il volto era una poesia. Come nei romanzi di avventura finalmente entrava in scena la bellona di turno ed io, lì, in mezzo ad una guerra eterna. Un ragazzo di provincia immerso in una fiaba. La donna salutò Fornari col gesto simbolico della gilda e abbassò lievemente la testa in segno di rispetto. Mi guardò distrattamente e si rivolse al maestro in una lingua musicale ma per me incomprensibile. Non riuscivo a captare niente. Parole, suoni, modulazioni aliene.
“Ranna Abarel, benvenuta. Parliamo nel gergo di mastro Scandurra, così il nostro amico potrà capire. Viene dalla Terra e si chiama Darrell Zelio”.
Lei mi squadrò con sospetto e sorpresa. Faticò nel farmi un lieve sorriso e avanzò con lente falcate verso di me. Divenni rosso come un peperone. Quella tipa mi metteva a disagio. Ora mi stava a mezzo metro e potei sentire il suo profumo da capogiro. Il volto sembrava acceso come un faro. I capelli lunghi e biondi si muovevano al minimo moto della testa, come se ci fosse il vento. Gli occhi, poi, erano blu. Una svedese come fattezze, ma con un qualcosa di alieno. Che scoperta, eh? visto dove ci trovavamo.
“Non sei troppo piccolo per queste cose?”.
Balbettai non ricordo cosa, poi mi ripresi.
“Se il mio maestro ha deciso così, avrà avuto dei buoni motivi”.
Prendi e porta a casa. L'orgoglio terrestre scattò, mi si caricava all'altezza della pancia. Non sarebbe stata una spillungona proveniente da un altro universo a farmi sentire un fesso. Mastro Fornari si esibì in una grassa risata.
“Buoni buoni. Siamo tutti fedeli custodi del Lumen. Non è il momento per tirar fuori le unghie. Avrete ben altre occasioni. C'è da stabilire un piano per penetrare nel castello rotante. Lo elaboreremo durante il tragitto”.
Abbassai la testa per farmi perdonare. Lei mi squadrò di nuovo e poi si sedette scocciatissima. Certo che ero inesperto, prassi e dottrina da poco apprese erano ben lungi da un rodaggio significativo. Ma mi trovavo lì perché inviato e con informazioni alquanto incomplete, e se c'era uno che si doveva sentire scocciato, se c'era qualcuno in seria difficoltà perché catapultato su quello strano mondo ove il tempo era fuso con le cose, tanto da condizionare pensieri e azioni; ehi!, ero io quello ad aver diritto di essere un tantinello contrariato.
Fornari si ravvivò i capelli e chiese attenzione.
“Dunque, vediamo. L'equilibrio tra universi si poggia sull'energia che scaturisce dall'unione dei contrari. Ma la negazione, cioè il potere dell'Ombra volto alla dissoluzione e oppositore di ogni cosa; ecco dicevo, la negazione si frappone tra i contrari e impedisce la loro unione. Tenendo separati gli opposti, l'Ombra li rende infetti con la propria malattia. L'equilibrio viene meno e gli eventi incrementano la loro consistenza. Il tuo universo, Darrell, collassa, il Grande Tempo esaurisce la sua energia e accelera gli eventi. Tutto si ispessisce. Ciò non avviene per qualche errore degli ingegneri cosmici o per i capricci di un dio sadico. No, la Torre Rotante è la macchina del Kaos ed è tutt'una con l'Ombra, è il suo doppio. Cosa produce? Il morbo nero ed è un flagello che non perdona. Contamina tutti gli esseri viventi che rechino in sé una tara, una falla nell'uovo-anima. Orgoglio, violenza, superbia, pur se latenti e occulti, attraggono la malia come magneti psichici. Questo cancro tenebroso e multiforme è da tempo tracimato nel tuo universo e già corrode la galassia. Darest Sharma è un porto cosmico, una cittadella morta in realtà. Ma la morte lì è più che viva. Vi sono antiche rampe di decollo, banchine e oscure taverne ricettacolo di fuoriusciti di pianeti sconfitti. Circolano voci strane assai. In quei posti si parla di cose segrete, crudeli, blasfeme. I vascelli cosmici evitano come la morte quel posto. Persino le dicerie, le paure, si materializzano a Darest Sharma. Dicono che si veda il castello rotante in lontananza, a volte, proprio al tramonto, solo quando è visibile lo si può avvicinare. L'Ombra che ti ho più volte citato, non è una categoria astratta. Essa è una entità incarnata in un essere... è lui il morbo stesso che si propaga in tutti gli universi. Eppure Darrell, le potenze oscure qui all'opera che disfunzionano il bilanciamento, fanno comunque parte del grande piano disegnato sul testo sacro delle origini compilato dai Vedenti... credo che sia giunto il momento di andare. C'è una guerra da combattere. È antica e forse è giunta al suo epilogo. Ogni cosa è stata messa in tensione dinamica. Ogni essere ha scelto o evitato di scegliere da che parte stare. Darrell ha fatto una lunga strada, è stato scelto da Scandurra che qui è una leggenda come tu ben sai, Ranna. Sicuramente questo ragazzo ha doti notevoli e soprattutto è allievo di uno della schiatta di Atlantide, ultimi depositari della sapienza dei Vedenti. Darrell, ricorda, il Bagliore ci salva da incontri pericolosi”.
Ranna, mi offrì il suo braccio in segno di amicizia.
“Darrell, sono stata inospitale e volgare. Ti chiedo perdono. Faremo bene insieme, vedrai”.
“Non c'è problema”, feci io con ostentata sicurezza.
Scandurra una leggenda in questo universo. Per la steppa! Addirittura discendeva dai Vedenti. Dovevo sapere queste cose proprio ora. Mi si gonfiò il petto di orgoglio. Quel piccolo uomo rinchiuso in una bottega di frutta e verdura a Viterbo, era un personaggio più che noto, un mito in un altra dimensione. Pensare che sulla mia Terra uomini da poco si credono i padroni, pensano di essere la causa dei destini di molti e invece... forze ai più ignote si muovono e operano indisturbate in una guerra senza quartiere sui nove piani della realtà. Io avevo l'onore di conoscere Scandurra, mi consideravo la persona più fortunata del mondo ma il mondo lo ignorava. Non comparirà mai in televisione, né sarà in prima pagina, nessuno saprà mai ciò che veramente accade dietro le quinte della storia e di quello che un pugno di uomini, salta-fossi interdimensionali, fanno con coraggio e dedizione assoluta. Nessuno. Ma non importa. Scrivo queste Cronache perché un giorno qualcuno potrà salvarsi dalla fine del mondo.
Mastro Fornari si alzò dalla carrozzella, pestò i piedi sull'impiantito e si diresse come se niente fosse fuori. Rimasi basito. Ranna se ne accorse.
“Il maestro è ferito soltanto qui dentro, nel passavia”.
Uscimmo in tutta fretta e ci inoltrammo in mezzo alla folla di Deya. All'imbrunire iniziava la nostra missione. Incominciavo a capire che quella avventura aveva una connotazione ben più ampia di un viaggio oltre i confini dell'universo, che non era cosa da poco del resto. Una stilettata ghiacciata salì lungo la mia schiena. Il morbo? Sarebbe arrivato sulla Terra. Ma no, non era possibile. Già, perché era possibile viaggiare per dimensioni? Era possibile colloquiare con esseri di altri mondi? La Magia poteva convivere con la tecnica? Sì, tutto è possibile.
Mentre con passo svelto e in fila longobarda ci dirigevamo verso Darest Sharma, ultimo della compagine, richiamavo il Bagliore. Ranna rallentò e si affiancò alla mia sinistra.
“Guardati dai disseminatori. Gettano per strada cartocci di materia infetta. Nei loro laboratori ne producono in quantità tali da ammorbare un universo”.
“Perché Ranna quest'odio?”.
Ma lei era già passata avanti a me. Untori di manzoniana memoria, perseguivano intenti di morte non per trarne chissà quale profitto di dominio, o almeno non lo credevo. Piuttosto, diffondere in tutti i pianeti la morte sembrava più una tendenza perversa interiore, malvagità allo stato assoluto, quasi come se appartenessero ad una stirpe votata alla distruzione di tutto ciò che è vita. Oppure una sete di vendetta folle perché colpisce tutti indistintamente. Non riuscivo a capire cosa spingeva alcuni ad odiare tutti: l'inferno sono gli altri? La realtà vera sporca feroce, è che tutti, ogni creatura dei multiuniversi, si misura col Male tutti i santi giorni, il problema è che pochi ne sono coscienti.
Ci muovevamo agilmente in quel labirinto estenuante, fatto di stradine e sottopassi zeppi di botteghe, ponticelli e piazzette. Le case poi erano bizzarre alquanto, mura curve o dritte puntate al cielo, piccole tozze e basse o altissimi palazzi pseudo rinascimentali che si fondevano con altri di stile diverso. Zac mi avrebbe poi detto che quei palazzi erano strutture caratterizzate dall'alternanza di elementi discontinui in compressione tenuti insieme da un sistema di elementi continui ed elastici in tensione. E poi rumori puzze profumi, luci multicolori, si rincorrevano in un guazzabuglio inestricabile. Deya univa il mito senza tempo e l’esperienza individuale contemporanea. Rendeva lecito il girovagare attraverso elementi futuribili e del sovrannaturale. Deya appariva una sorta di deposito gigantesco di relitti resti cose intrighi memorie di tutte le razze dell'universo. Qui coincidevano magia e tecnica, potenze e limiti, qui si giocava un gioco millenario che attendeva la parola fine. Tutto mi sembrava strano, diverso, ma ogni tanto percepivo qualcosa di familiare. Magari dentro un portone, da una finestra, in un negozio, sul volto di un passante frettoloso, sentivo una vicinanza e mi pareva di essere anche io di casa, col mio leggero bagaglio di ricordi, esperienze, dolori e amori. Ma poi il presente, la sua densità, mi rimetteva in tiro. Ahimè! L'incubo del morbo era qualcosa di molto concreto. Uno stato di ansia mi sorprese. Il Bagliore si affievolì. Da un muro, alla mia destra, emerse una testa informe dagli occhi di serpente, che mi fissò.