L'essere
si inoltrò nel bosco. Lo seguimmo. Scandurra mi accennò
all'esistenza di una vetta luminosa. Poi, avvertimmo un melodioso
canto di bambini che si alzò tutt'intorno. Era canto gioioso. Poi li
vidi. Erano luci nelle luci, senza ombre, privi di contrasti interni,
immersi in un campo radiante multicolore. I senzacorpo, come li
denominò il maestro, ci aprirono la strada verso una collina.
Avvertii un desiderio inquieto, che si ripercosse su tutta la mia
anima. Sembrava una processione, ascoltando le note del canto. Il
contrasto era straordinario tra noi uomini in carne ed ossa e loro, i
senzacorpo splendenti, energie luminescenti che fluttuavano nell'aria
come angeli. La scena assumeva i contorni di un sogno soave, leggero,
fresco. E allora ammirammo la vetta di quel colle, coronata di luci.
Ha LL Fast si rivolse a noi:
-
Vorremmo perfezionarci ulteriormente, non per superbia ma per una
necessità della nostra stessa essenza. Di natura rifuggiamo il
caos. Ma la cima è ancora lontana.
Giunti
sulla sommità, fummo circondati da centinaia di esseri elettrici,
quasi fossero un comitato di ricevimento. Sentivo la loro natura,
normalmente felice. Erano contagiosi. Ci sentimmo, infatti, contenti.
La collinetta si ergeva su di uno strapiombo il cui fondo era
coperto da nebbia. Ebbi paura di quell'abisso così tenebroso.
-
Hanno voluto condividere con noi l'adunanza sacra. Ad ogni fine
ciclo cosmico si radunano quassù e cantano la loro felicità
all'universo. La propagano e ogni essere può sentirla. Esistono per
ricordare al mondo che il nostro fine è la gioia. Per induzione
risvegliano l'anima di ognuno di noi. Quando senza motivo apparente
percepiamo un brivido corroborante, un fremito di benessere, beh, è
la vibrazione del loro canto felice che ci giunge. Pensa, Angelo, ci
sono popoli che dedicano tutta la loro vita per gli altri. Così,
senza compensi o vantaggi. Naturalmente.
In
quell'immensa plaga di luce, come tanti fiori, spuntarono miriadi di
senzacorpo, luccicanti, gloriosi. Mi sfiorarono il viso. Fui inondato
da un calore buono e mille scintille sgorgarono dalle loro forme.
Quelle gocce di luce sembrarono vivere di vita propria, volavano
saettando per ogni direzione, come impazzite. Allargai le braccia e
vi si posarono. Prive di peso e tuttavia avvertivo la loro leggera
pressione sul mio corpo. E allora vidi il mio riflesso su di uno
specchio d'acqua, ma rovesciato e mi prese una vertigine. L'alto e il
basso si scambiarono di posto. Il mondo sembrava invertito: cielo
sotto e terra sopra. Aghi luminosi mi penetrarono dappertutto. Una
lunga scossa elettrica mi attraversò. Dalla mia spina dorsale
scaturirono flussi vitali di energia che a velocità pazzesca
raggiunsero la sommità della mia testa e oltre, a mò di fontana.
Avvertivo ogni cellula del mio corpo, ne sentivo l'orbita, il
movimento. Caspita, era fantastico. Un fascio di condotti lucenti
giravano a mille all'ora dentro di me. E spaziavo viaggiavo, mi
estendevo ovunque. Ridevo dalla contentezza. Piangevo dalla
contentezza. Mi commuovevo col tipico pizzicorio al naso. Rilasciavo
robaccia putrida fuori di me. Odori immondi fuoriuscivano da ogni
poro della mia pelle. Quando, lentamente uno stato di gioia pura mi
assalì. Spruzzi odorosi di rosa giungevano alle mie nari. E poi mi
adagiai per terra. Quello fu l'ultimo ricordo che ebbi lassù, tra
gli angeli di luce benedicenti.
Il
maestro mi scosse. Ripresi lentamente coscienza. Appoggiato ai piedi
di un albero, cercai di riprendermi. Avevo la bocca impastata e non
riuscivo a spiccicar parola. La testa nemmeno la sentivo. A dirla
tutta, era tutto il corpo che avvertivo diverso. Mi guardavo le mani,
le ruotavo di 180° e mi apparivano assai diverse, come più lontane
dai miei occhi. Già, i miei occhi: mi vedevo oltre la nuca, un po'
spostato in alto. Ero fuori di me? Eppure governavo il mio corpo, ma
da un altro punto di osservazione. Quanto sarebbe durata questa
sensazione? Oppure questa sarebbe stata da lì in poi il mio nuovo
status: quell' essenza di pura energia che aveva un prolungamento di
carne e nervi non più decisivi per la vita. La mia vita mi appariva
una rappresentazione della Vita più grande, estesa, intensa,
compiuta.
Il
suo intervento ebbe l'effetto di uno scrollone. Tutto ritornò alla
normalità, sebbene essa mi sembrò sempre meno uguale a quella di
prima.
-
Cosa mi è successo? Sono cambiato? Avverto ancora le scosse
elettriche dietro la schiena. Cos'è... kundalini che si è
svegliata?
-
Lascia dormire il serpe, se non sei in grado di domarlo, giovane
amico. Un passo... un passo per annerire le cose, vecchie di
generazioni. Ci si abbevera alla fonte e il gioco è fatto. Certo,
bisogna farne di strada e non tutti i ristori sono schietti.
-
In pratica ho fatto un passetto in avanti sulla via o cosa?
-
Una piccola apertura che comunque permane. Vi sono delle esperienze
devastanti che o ti ammazzano o ti rendono più vivo. La
circolazione delle luci ha fatto capolino, il pavone ha sciolto la
coda. Un omaggio del popolo dei senzacorpo.
Ripartimmo
di buona lena. Seguendo il maestro, notavo la sua perizia da
camminatore. Ci insegnava, infatti, che ''camminare è un'arte''.
Seguendo i sentieri giusti, compivamo un atto magico. La terra che ti
reggeva, diventava tua alleata. Uno scambio di forze si innescava:
scaricavamo fatica e zavorre per poi assorbire freschezza e vigore.
Il passo lento, corto, le spalle che dondolavano e le
braccia-a-bilancia nei tratti più duri della strada, senza
dimenticare le mani ad antenna per meglio raccogliere il flusso
proveniente dal suolo. Era uno spettacolo emulare Scandurra che
camminava tra boschi e campagne, sia viterbesi che deyane. C’è
poi pure un suo passo speciale, che contraddistingue il procedere
verso cose grandi. È simile a una freccia diretta al suo
bersaglio …
Feci
tesoro dei suoi insegnamenti. Lo seguivo senza affaticarmi, anche per
chilometri. Di tanto in tanto, ci fermavamo per appoggiarci al tronco
di un albero, sfioravamo un masso roccioso, aggiravamo uno stagno,
saltavamo un ruscello: tutto ciò per captare segnali. Madrenatura ci
parlava e noi dovevamo soltanto ascoltarla col dovuto rispetto. Tutto
è opera della Creazione.
-
L'uomo potrebbe conoscere la posizione precisa di ogni atomo del
cosmo, fiammeggiare della stessa luce divina, soltanto se fosse
allacciato al Padre Celeste. Invece che fa? Si è fatto intrappolare
in un carcere radioattivo, che giorno dopo giorno gli rosica
l'anima. Eppure, prima di Atlantide e quando Saturno non era ancora
velenoso, gli uomini della prima razza c'avevano tutto gratis.
Riuscivano perfino a sentire i suoni delle stelle perché liberi dal
velo. La Luna regolava il ciclo femminile al millesimo e tutto
viaggiava in armonia. Era bello, Angelo. Eh, poi c'è sempre
qualche ''rompicojoni'' cosmico, titanico e senza vergogna, che si
nutre di mondi e contamina cuori e intelletti della stessa fame. La
conoscenza allora ''sdirazza''. Ogni tanto si sente una nostalgia
profonda, qualcosa che ci manca e che abbiamo perduto. Dentro ogni
uomo permane una cellula primigenia, retaggio ancestrale permanente
che lo collega con l'origine malgrado i milioni d'anni passati. In
fondo, non possiamo fare a meno di ricercare la nostra casa.
Uscimmo
dal fitto bosco in direzione di una grande distesa pianeggiante
verdeblu. A circa cinquanta passi da noi, notammo la sagoma di una
piattaforma circolare. Ci avvicinammo. Alta non più di un metro per
cento di diametro. Liscia e senza segni di saldatura, era di metallo
bronzeo; se ne stava lì, placida e un po' curiosa tra onde d'erba.
Somigliava ad una enorme moneta, poggiata o conficcata non si sa bene
perché. Che cos'era? Quale era la sua funzione? Scandurra notò la
mia curiosità e prima che glielo domandassi, mi anticipò:
-
Antichissime vestigia, così si dice?, di una civiltà scomparsa,
Samastia. Sembra una base di atterraggio? Ed è così, infatti. È
tutto ciò che è rimasto di quel popolo, di quella città. In mezzo
al prato, un astroporto dimenticato ma perfettamente funzionante.
-
In che senso, funzionante?
-
Attende da cento anni una nave galattica salpata e mai più
ritornata. Per quella civiltà era di vitale importanza la missione
di quei pochi coraggiosi. Ma un turbine di fuoco incenerì tutti e
di quel vascello non se ne seppe più nulla... ma l'astroporto è
sempre pronto per l'atterraggio.
-
Ma maestro, chi aspetta? C'è qualcuno?
-
Oh no. Morirono tutti. Ma prima prepararono le condizioni utili per
l'eventuale ritorno dei loro fratelli.
Non
riuscii a comprendere cosa volesse intendere. Che senso aveva tutto
questo? E poi, che missione avrebbero dovuto compiere? E poi ancora,
dopo un secolo nessun pilota sarebbe sopravvissuto.
-
Come i sopravvissuti di Atlantide. Esuli dal grande evento
distruttore, si diressero su altri mondi. Ma ritorneranno.
Si
sedette sul bordo della piattaforma e io con lui. Malgrado la
temperatura esterna fosse mite, quel metallo era freddo. Scandurra si
guardò intorno e sorrise a mezza bocca.
-
Pensa se tornassero proprio adesso che ci stiamo noi. Sarebbe
magnifico.
-
Mi prendi in giro, maestro, vero?
-
Mah, ho la netta sensazione che dopo 100anni sia giunto il tempo del
ritorno. Noi li accoglieremo col massimo rispetto.
Un
silenzio improvviso pervase tutta la pianura. Non si sentivano più
gli strani versi di animali. Mi si rizzarono i capelli dietro la
nuca. L'astroporto cominciò a vibrare. Ci alzammo svelti. Scandurra
mi spinse verso l'inizio del bosco, a 50metri di distanza e mi indicò
col dito una direzione del cielo. Una specie di ragno gigantesco si
avvicinava velocissimo alla piattaforma. Una massa titanica, una
carlinga immane, scura, spaventosa frenò di colpo a pochi metri di
altezza e atterrò. Malgrado la mole non emise alcun rumore.
Silenziosa e mortale. Alta cento e larga almeno centocinquanta metri,
a mala pena toccava con le sue quattro zampe di ferro il bordo della
piattaforma, che rinculò per poi stabilizzarsi. Sottovoce chiesi a
Scandurra se si fosse preso gioco di me. Era tutto combinato,
immaginai.
-
No, sapevo del loro ritorno, ma non si aspettano di trovare noi.
Hanno creduto di potercela fare a salvare il loro popolo, toccando i
posti più lontani degli universi sulle tracce di un essere, forse
in grado, da solo, di evitare il disastro... a volte la fede è
tutto quello che ti serve. Le cose purtroppo presero un altro verso.
Gli emissari di Darest Sharma furono implacabili e disintegrarono
ogni cosa. Ora i samasti sono ritornati e dove prima c'era una
splendida città-stato, vedranno ciò che è rimasto. Una piccola
traccia di quello che era prima: un cerchio fedele.
Sempre
Darest Sharma al centro di tutte le disgrazie. Sembra la storia
comune a molte civiltà. Alcune declinano naturalmente, ma molte,
appunto, spariscono nel nulla a causa di guerre infinite. Poi, non so
bene perché ma ebbi uno strano presentimento, probabilmente privo di
fondamento, ma fu così dirompente che chiesi al maestro:
-
Tu fai riferimento ad una data, un anno... il 2012 come fine del
nostro mondo. Te la butto così come mi viene... faremo la stessa
fine di questa civiltà deyana dei samasti? Soccomberemo anche noi
ad una invasione?
-
L'umanità, uso 'sta parola perché non mi piace quell'altra, la
massa, oggi usata dai politici; allora, l'umanità ha perso il
contatto con l'origine. E questo è un fatto. Non ci sono più
nobiltà dello spirito. Secondo gli atlantidei, gli uomini si
differenziano in nobili e bassi. Non c'entrano le caste, le classi,
no, qui si intende ben altro. L'uomo
atlantideo, che è come dire nobile, sceglie i mezzi e sa
rischiare... è distante nei confronti di se stesso. Egli c'ha fede,
osserva un codice d'onore, possiede una visione della realtà al di
sopra dello sporco ego. Non teme la morte e rispetta la vita, ma
sempre con distanza. Per l'atlantideo è vergognoso attaccarsi a
cose meschine, senza importanza reale. Una parte dell'essenza di
quegli uomini alti, fu trasmessa ai popoli d'Europa e a quelli di
India e Tibet. Ma gli uomini bassi ebbero il sopravvento, perché i
nobili decaddero a causa della superbia. Credere
però che ciò derivi dal materialismo, dall'avarizia, dal potere
che è in mano a quattro stronzoni, vuol dire essere ingenui. Anche
se fossimo tutti buoni e bravi, il pericolo della fine non
diminuirebbe di un etto. Cristo fu messo in croce perché i potenti
del tempo erano ignoranti, non possedendo più la conoscenza non
compresero. No, Angelo, non è una questione morale. Atlantide finì
non per la corruzione e i bordelli che pure erano presenti, ma per
una conoscenza deviata e, tuttavia, il mondo fu salvo ma perdette
qualcosa di grande. Oggi si nega la fonte originaria e forse è
troppo tardi. La legge dei cicli cosmici non si batte, una rottura
tosta profonda lacerante ci sarà, ma non tutto è perduto. Non
tutto. Un filo ci lega sempre all'origine. Un filo sottile, certo,
tenue, ma non si spezzerà. L'energia e la struttura cosmica che
guidano i cicli non sono state costruite a cacchio di cane. Che ne
dici? Il Grande Tempo si sta esaurendo, ma quel poco che rimane è
di qualità; rode lo spazio, e questo è un altro fatto, ma lo
spazio scivola altrove e si distende meglio di prima. Noi conosciamo
il Tempo e ne leggiamo i flussi, la loro misura e dove si dirigono.
Ciò non esclude un intervento extraterrestre distruttore, che
rientrerebbe nella scena degli eventi lungo la linea di confine.
Possiamo far qualcosina per dirigere il Passaggio nel Varco e
incanalare tutto il disordine in un nuovo ordine. Faremo queste cose
non perché siamo i migliori, ma perché siamo gli unici a farlo.
Un
fascio di luce blu sortì da un lato della nave stellare verso terra.
Una sagoma umanoide lo attraversò lentamente e si diresse verso di
noi.