"Nec
falso - nec alieno"
né
con falsa, né con estranea (luce)
Scandurra,
Ranna ed io, dopo aver salutato con un abbraccio Harn, ci dirigemmo
verso l'uscita del palazzo. Sentivo tutto il peso della missione. Il
cielo rossoviolaceo incombeva sui vicoli di Deya che brulicavano di
gente indaffaratissima. Bancarelle, botteghe, vecchi che fumavano
seduti fuori l'uscio di casa, bambini che si rincorrevavano e sopra
le nostre teste, navi stellari in avvicinamento, alcune silenziose,
altre rombanti da tapparsi le orecchie, e tra rumori e colori mi
arrivavano alle nari odori di frittura e di spezie. Un colpo d'occhio
spettacolare. Medioevo stregoneria magia tecnologia corporativismo
gilde scienza, in una misticanza inestricabile.
- È un gran bel casino, come piace a me. Tutto sembra fuori controllo. Ma non ti fidare, Angelo, non c'è niente che non abbia una causa e dove c'è un'origine c'è pure uno scopo – il maestro non rinunciava mai a darmi indicazioni.
- La mia città è unica in tutto l'universo. Vive anche nel granito di cui son fatti i palazzi o nel cristallo delle sue cupole. Miriadi di esseri vengono almeno una volta nella loro vita a Deya. Chi per culto, chi per affari, chi per godere e soddisfare vizi innominabili. Soprattutto se si vuole fare esperienza del tutto, toccando scienza e magia, briciole di antiche religioni e superstizioni costruttive; Deya ti offre ogni cosa, ma può toglierti la vita e l'anima – Ranna proferì quelle parole con amore struggente, ma una lieve malinconia si nascondeva dietro il suo parlare.
- Devo irradiare il lumen? - dallo sguardo di Scandurra, compresi che lo avrei dovuto già fare.
Il
maestro si fermò presso un banco di frittelle fumanti. Ne acquistò
un cartoccio e ce le dividemmo. Calde dolci buonissime.
- Maestro, con quale denaro le hai comprate?
- Con le lirette nostre. Ogni commerciante, pizzicarolo o professionista che incontrerai su Deya, è anche un cambiavalute. Accettano monete di ogni universo. Ma non tentare di fregarli. Gli ho dato due gettoni del telefono e trecento lire. Bastavano. Qui la vita non è cara, in tutti i sensi. Magari ti strappano e ti mangiano il cuore, però i funerali sono a carico dell'amministrazione. Mica male.
Scandurra
era veramente cittadino dei Nove Mondi. Gestiva tutto come se si
trovasse a gironzolare nel vecchio quartiere viterbese, dove aveva la
bottega di frutta e verdura. Poi, aumentò il passo e lo seguimmo di
buona lena. Si infilò in una stradina stretta e scese delle scale e
così facemmo noi.
- Entreremo in una zona di Deya speciale, la chiamano 'sottomondo'. Allora, prima lezione: quando la via è dritta, sarete frenati nel passo, viceversa, in curva subirete un'accelerazione. Non toccate le mura delle case né a destra né a sinistra. Se incontrerete qualcuno, chiunque sia, non dategli credenza, andate per la vostra direzione e basta.
- Maestro, che significato c'ha questo posto così strano? - feci io con preoccupazione.
- Lo scoprirai ad ogni passo entrando nell'oceano deyano. Se entri ti svuoti. Cominci la via iniziatica svuotandoti. C'è la fine dell'ambizione. La fine di ciò che chiedi a te stesso. Non chiederai più niente a te stesso. Comincerai a svuotarti degli obblighi e dei vincoli, delle necessità che ritenevi importanti. E quando queste cose cominceranno a sparire, resterà un'enorme quantità di tempo. E poi scivolerà via anche il tempo. E si vivrà senza tempo.
- Il tuo maestro è una calamita. In tutti gli universi cercano qualcosa cui attaccarsi. Vogliono qualcosa, ed è la sua capacità di cristallizzare e formulare. Le persone sono in pessima forma di questi tempi, l'universo è in pessima forma. E in qualche modo il suo aver trovato qualche solidità li attrae – Ranna fu molto cara parlando di Scandurra; mi sentii orgoglioso di essere suo allievo.
Il
primo passo mi proiettò verso uno stato-di-coscienza/territorio
immenso. Il flusso dei pensieri si interruppe, qualunque contatto con
l’ambiente circostante cessava. Un senso di angoscia, dapprima, mi
pigliava, come sbalzato in un tempo, uno spazio, un universo
qualitativamente differenti. Sovvenne la meraviglia: è il senso di
rivelazione sconvolgente di una realtà di fronte alla quale il mondo
sensibile non è altro che ombra, associato alla consapevolezza che
un unico slancio vitale, un‘unica emozione eterna ci anima tutti
allo stesso modo, da sempre e per sempre. La gioia (ananda) mi
investì, come uno scroscio d'acqua proveniente dall'alto. Un
gavettone divino. La gioia mi liberava dai ghirigori concettuali,
accompagnata da una dilatazione infinita della coscienza. Come
inghiottire tutto. È il fiume unitivo della Vita che si fonde
nell'oceano cosmico della Creazione.
Il
secondo passo fu terribile. Il mio stato di svuotamento espresse
qualcosa che non avevo finora realizzato e che può riassumersi nella
parola coagulatio. Due princìpi governano tutti i processi
alchemici: la coagulatio e la dissolutio. Coagulatio in
alchimia significa rapprendersi in un punto, diventare più solidi,
più definiti, formati. Ora l'intero processo che stavo attraversando
era la coagulazione della mia vita nel tempo. Ma la coagulatio è
sempre seguita dalla dissolutio. Che è esattamente il contrario:
dissoluzione, le cose che si separano, si sciolgono, perdono la loro
capacità di definirsi. La cosa interessante è che improvvisamente
questo spiegava i miei sintomi. Non facevo che pensare che stavo
affondando sempre di più, che mi stavo dissolvendo. Ma le due cose,
dissoluzione e coagulazione, sono inscindibili. Non ci avevo
riflettuto finché non mi venne per la prima volta in mente la
coagulatio. E la rubefactio, che permette alla bellezza di
mostrarsi. Così, in quell'istante ero una persona diversa. Non avevo
mai sentito queste cose dentro di me. O non le avevo mai
riconosciute. Prima, non avevo mai saputo chi ero. Feci, di nuovo, la
scoperta dell'acqua calda. Il ''normale'' ormai è riferito a
valutazioni culturali, sociali e utilitaristiche, ed ogni stato
speciale di coscienza diventa, secondo i canoni ufficiali,
alterato, allucinatorio ed isterico di natura patologica e, se
questo può essere vero in alcuni casi, non lo è certo in tutti.
Oggi questo meccanismo riduzionistico è diventato automatico, lo si
applica a tutto ciò che esula dal comune senso accettato; in
pratica, il sistema in cui ci muoviamo è diventato la nostra
prigione sensoriale, le convenzioni sono diventate convinzioni, le
regole trasformate in preconcetti.
Ero
strano. Diverso. Notai il cambio del taglio della luce sulle cose,
l'aria si era fatta più tenue. Eravamo entrati in un altra
dimensione, almeno così sembrava. Forte era la sensazione di
camminare all'incontrario su di una scala mobile. Facevo fatica a
tenere il passo. Poi il vicolo svoltò verso destra. Una pressione
dietro la schiena mi spinse a velocità tripla e caddi
scompostamente. Presi una 'smusata' sul piancito. Persi del sangue
dal naso: un tonfo incredibile. Una situazione che non avrei mai
voluto provare: Ranna e Scandurra risero di gusto. Mi rialzai di
scatto ma non avendo oltrepassato la curva, fui di nuovo spinto come
da una mano gigante per le terre. Giù, stavolta però riuscii a
pararmi il viso con le mani. Col mantello tentai di asciugarmi il
volto dal sangue. Ranna mi porse un fazzoletto. Cacchio, non riuscivo
proprio a sbrigarmela. Come si poteva camminare così?
- Prendi il tempo giusto e lasciati trasportare – fece Ranna.
- Una parola! Non vi sono segni che mi indicano l'inizio della pressione.
- Ci sono, Angelino. Quando il tuo lumen si contrae, abbandonati, fatti portare dall'accelerazione – la dritta di Scandurra.
- 'Dopo li fochi', maestro. Prima non me lo potevi accennare?
- Oh sì, ma vuoi mettere lo spasso nel vederti arrancare e 'scoppiare' per terra?
Ecco
come mi insegnava. Come diciamo dalle parti nostre, 'a mozzichi e
bocconi'. Prima mi ci faceva sbattere la testa. Anche letteralmente,
se necessario. Comunque, feci attenzione ai movimenti del lumen e,
devo ammetterlo, in tal modo diventava un gioco da ragazzi. Sembrava
di stare sulle giostre. La spinta che ricevevo dalla curva diventava
sufficiente a farmi camminare senza sforzo sul dritto. Come un
surfista che sfrutta l'energia trasversale dell'onda per risalire.
Che i Beach Boys mi aiutino.
Questa
fase della nostra missione nel quartiere sottomondo, è
indicativa per come dovremo affrontare la fine dell'anno 2012.
Conoscenza e carattere, abilità e senso della sfida, sono componenti
basilari della nostra maniera di essere e di agire. Come ci ha sempre
detto Scandurra, quel lontano futuro, il 2012, che non è poi così
lontano, è il più libero dei campi, il più insicuro ma aperto ad
ogni evento; la qualità della nostra energia sarà determinante
circa il significato che avrà per noi il Varco.
Quali
sono le caratteristiche di cui ci dobbiamo dotare per un più adatto
ingresso a fine ciclo? Innanzitutto ricordiamoci che siamo pellegrini
in questa vita. Cosa ci è utile? Senso dinamico dell'equilibrio
nello spostarci, sia fisico che mentale; capacità di mimetizzarci e
di attendere, non dimenticando mai, e dico mai, la nostra meta:
attraversare il Varco. Capacità di adattamento a condizioni
ambientali e spazio/temporali, a costumi e linguaggi desueti,
ricorrendo all'intuito e alla creatività. Vi saranno intoppi
imprevisti, effetti mal gestiti prodotti dalla mutevolezza delle
percezioni, ma ciò non dovrà distoglierci dal programma. Varianti
sul cammino ce ne saranno, non è difficile prevederlo, tuttavia
queste dovranno essere accolte non con fatalismo nocivo, bensì come
occasioni di esperienza ulteriore. Il passaggio del Varco metterà a
dura prova quello che credevamo di sapere e di essere: le resistenze
psicologiche al nuovo, le sovrastrutture derivanti dai processi
subiti di acculturazione moderna e riduzionista. Come ci diceva
Scandurra: ogni brutta cosa che ci capita, rilascia un piccolo
segreto. Non si butta niente.
Quali
cambiamenti dovremo sostenere per il 2012? Vi sono percorsi interni
trasformativi. Una sorta di intensivo d'illuminazione, magari
non in dieci lezioni, sicuramente senza spendere una lira, ma
mettendoci totalmente in gioco. Tuttavia, ognuno di noi dovrebbe
sentire come ineluttabile un compito da svolgere, qui e ora; un
desiderio di ricerca del significato della Vita, prima di ogni altro
impulso o convenienza. E non si dovrebbe attendere la fine del mondo,
per chiederci cosa ci stiamo a fare quaggiù. L'esperienza insegna
che per molti, la necessità spinge spesso nella direzione giusta.
Pochi scelgono liberamente.
Dicevo
dell'intensivo. Creiamo campi vitali composti dalla sommatoria di
energia emotiva-pranica (prajna), nomi di potenza (o anche i mantra)
e cosmogrammi (o anche le iconografie dell'arte sacra occidentale),
manipolando le sequenze finché non si configurano e si adattano alla
nostra fisiologia interiore. Antica ed efficacissima tecnica di magia
bianca. Costruiremo così un tempio del nostro vigore intelligente,
sviluppando cioè forme adatte a questa energia personale e al suo
uso pratico, con un carburante (respiro), accompagnato da pause di
ricarica meditativa. È un po' come creare un campo di energia
elettrica normale, con i procedimenti del caso. Pensando alla nostra
mente come ad un relais elettrico, con un suo potenziale, possiamo
creare le condizioni di attività necessarie. Però, ricordiamocelo,
vanno eliminate le interferenze, disturbi del campo vitale stesso,
ossia liberiamoci da ogni distrazione. Concentriamoci, in silenzio
(poi lo si potrà fare anche in mezzo al casino), prima entriamo in
uno stato meditativo, attraverso il respiro programmato 1:4:2,
inspirare-ritenere-espirare, l'oblio del presente esteriore,
lasciando andare la danza dei pensieri attiviamo la ricerca
dell'attenzione totale. Facciamo tutto ciò, notte e giorno che sia,
nelle ore più confacenti al nostro regime interno. Poi passiamo in
rassegna le disposizioni emotive più dinamiche. Questo è il
carburante di cui parlavo, il voltaggio più giusto per noi. Ciò in
pratica è possibile ripetendo questa ricarica personale, con ritmi
quotidiani precisi. Avremo bisogno di quintalate di questa energia, e
la potremo acquisire in quantità industriali a patto di ritmizzare
l'uso: manutenzione e rifornimento costante, senza pause.
Il
campo vitale può essere realizzato anche in altre forme,
deambulanti,
osservative,
rotanti.
Durante una passeggiata lungo un sentiero collinare, una corsetta di
alleggerimento, leggendo in immersione il libro-mondo L'Arcobaleno
della Gravità
di Pynchon o La
Montagna Incantata
di Mann, sbirciando l'ultimo capitolo de Il
Mistero delle Cattedrali
di Fulcanelli. Facendoci riscaldare da Il
fuoco dell'Amore Divino
di Rumi
e visualizzando le scene in parallelo descritte dai quattro Vangeli.
Seguendo i consigli dell'abate Susone. Nel Savitri
di Aurobindo ammirando la vicenda di una donna che conquista la
morte. Entrando nei paesaggi magici di William Wordsworth.
Scoprendo il segreto de
La
nascita di Venere
del Botticelli, entrando in punta di piedi ne L'Ultima
Cena
di Leonardo, fissando le mani nell'opera di Carlo Crivelli.
Ascoltando in esaltazione perenne, scopriremo l'armonia e la gioia
della Settima
Sinfonia
di Beethoven, aumentando le frequenze con The
Cycle Is Complete
di Bruce Palmer, facendoci sommergere dalla cascata sonica di
Interstellar
Space
di Coltrane, in assenza di rumori di fondo turbativi, accettando
quelle dinamiche come parte del relais. Svegliandoci all'alba,
salutiamo il Sole e facciamoci bagnare dai suoi raggi, mentre beviamo
un bicchiere d'acqua tiepida a stomaco vuoto: così, ogni mattina
fino alla fine del Tempo, ci trasmutiamo. Posizionandoci al centro di
un cerchio sacro megalitico, scoperto come per caso in una
passeggiata domenicale nel bosco vicino casa e, incantando i sensi,
sentiremo le linee curve girare in senso orario. Le forme rotanti
sono quelle corali e danzanti. Tali terapie d'accesso saranno
efficacissime mantenendo l'intensità dell'attenzione. Si può
viaggiare ovunque col carburante e il campo vitale adatti. Poi...
bisogna andare avanti, oltre la struttura ordinaria in uso e
rintracciare i fili della Creazione che ci stanno attorno e
sfruttarne le cariche. Superata la fase di sopravvivenza a cui siamo
avviati, il futuro Varco è pura ricerca bidirezionale: il verticale,
tutto quel che sta oltre la dimensione Terra e nelle sue viscere, e
l'interiore, tutto quel che è in noi, da sviluppare, perfino
fisiologicamente negli apparati che ci formano, specie nell'uso delle
circonvoluzioni cerebrali, dove le possibilità già pronte sono
almeno il quadruplo del tentativo medio da noi messo in opera. Da
uomini planetari giungeremo ad essere uomini cosmici, quello che
siamo sempre stati.
Scandurra
ci avverte di un pericolo formidabile, da non sottovalutare. Ogni
nostro passo verso l'anno 2012, sarà controllato dai signori della
Fiamma, i saturniani, nell'accezione più ampia. Non solo, se
possibile tenteranno di deviare il nostro corso, introducendo veleni
mascherati da farmaci, allestendo scenari extraterrestri per la
grande pantomima finale. Ogni mezzo sarà adottato da chi attenta
all'armonia del mondo e combatte la Luce in ogni sua espressione.
Come difenderci? Costruendo una sacralità di tipo liturgico, in cui
esprimerci con silenzi e astensioni, seguiti da azioni determinate e
coraggiose. Il maestro ci ha insegnato a viaggiare dentro/fuori, ad
accendere il lumen e irradiarlo, senza pensare a sconfitta o
successo. Costruiremo un ponte e loro verranno. Gli esuli torneranno
e Madreterra sarà più splendida.
Notai
una scultura di donna reggente un calice, in un'edicola ad arco
incastonata in un muro divisorio. Attraverso una finestra intravidi
un soffitto affrescato. Da un altro finestrone, al secondo piano di
un palazzo elegante, un muro di libri di tutti i formati e fogge
sembrava invitarmi ad entrare. Lucernai balconcini scalette
profferli. Mille elementi architettonici, diversificati e
appartenenti, pare, ad epoche non recenti. Stili e valori variegati,
ci circondavano durante il nostro cammino. Un signore ammantellato ci
incrociò come spuntato dal nulla. Feci finta di non vederlo, ma la
mia curiosità fu così forte che lui la notò, evidentemente. Egli
abbassò il cappuccio che svelò un volto butterato e pallido come
un cadavere; quegli occhi rossofuoco mi squadrarono. Divenni rigido,
poi dondolai e persi i sensi... il lumen si ritrasse. E fu buio
fondo.