Estratti
dal discorso di Georges Bernanos alle Piccole Sorelle di Charles De
Foucauld, autunno 1947, Algeria.
È
vero che siamo stati creati a immagine e a somiglianza di Dio.
Noi
gli assomigliamo più di quanto pensiamo, più di quanto i filosofi
ci lasciano pensare.
Creato
a immagine e a somiglianza di Dio: come è misteriosa, terribile
questa frase!
E come
ha perso, a poco a poco, con l'uso, il suo significato, come una
moneta perde la sua effigie dopo essere passata per troppe mani...
Quanti
di noi cristiani abbiamo veramente coscienza di essere a immagine
e a somiglianza di Dio? Chi si preoccupa più del significato di
queste parole così sorprendenti?
Se
sono vere, allora non è l'osservazione delle cose che ci rivela il
mondo, il segreto del mondo sta dentro di noi, nel più intimo di noi
stessi, dove evidentemente non scendiamo mai. E perché non potrebbe
essere proprio in noi la chiave dell'enigma del mondo? Il destino
ordinario dell'uomo non è forse quello di cercare molto lontano,
spesso a rischio della propria vita, ciò che senza saperlo ha a
portata di mano?
Questa
chiave dell'enigma del mondo noi speriamo di trovarla attraverso
l'osservazione pratica delle cose ma in questa ricerca la scienza,
invece di collaborare con la natura la inganna. La scienza vuole solo
volgere a proprio profitto la maggior parte possibile delle colossali
risorse di energia dell'universo, impresa questa in cui l'umanità
finirà con l'essere stritolata tra la scienza e la natura come tra
l'incudine e il martello.
La
carne dell'uomo è fragile, i suoi nervi prima o poi dovranno cedere
per la tensione sempre crescente di una vita la cui attività normale
è decuplicata, centuplicata dall'uso delle macchine. La macchina
vi procurerà delle ore di svago si predica. Ma nel paradiso
delle macchine il riposo sarà più sfibrante del lavoro, sarà il
lavoro che farà riposare dalle ore di svago.
Quando
dico che tutto lo sforzo dell'intelligenza porterà soltanto ad
impegnare sempre di più l'umanità in un'impresa i cui rischi
cresceranno continuamente, fino ad essere sproporzionati ai benefici
- non siamo forse già arrivati a rischiare l'esplosione del pianeta,
l'avvelenamento dell'atmosfera? - non ne segue che io disprezzi
l'intelligenza.
Se è
vero che siamo creati a immagine di Dio, come potremmo disprezzare
una delle più nobili facoltà dell'uomo? Voi mi direte che pur senza
disprezzarla l'ho dichiarata impotente. No, non impotente a trarre
profitto dalla creazione...Ma incapace di penetrarne il significato,
incapace di comprenderla nel significato preciso della parola.
Se la
creazione fosse opera della sola intelligenza, l'intelligenza umana
potrebbe fare di meglio che scoprire qualcuna delle sue leggi per
usare questa conoscenza come si usa una macchina. E non sarebbe
sempre così pronta a condannare la creazione nel nome della logica o
della giustizia.
Ma la
creazione è un'opera d'amore. L'intelligenza, ridotta alle sue
proprie forze, crede di trovare nella natura soltanto indifferenza,
crudeltà ma non scopre altro che la sua stessa crudeltà.
Propriamente parlando l'intelligenza non condanna la sofferenza ma
quella che le pare una anomalia, uno sperpero, una cattiva
organizzazione della sofferenza.
L'intelligenza
è più crudele della natura. Noi cominciamo a comprendere, per
esempio, che una società organizzata dall'intelligenza - o almeno da
quella forma degradata di intelligenza che si chiama tecnica - sarà
spietata, non solo verso gli elementi sospettati di non produrre o di
non consumare abbastanza ma anche verso chi semplicemente non andrà
d'accordo con la mostruosa coscienza collettiva.
Per
parlare solo dei malformati, la natura ne lascia sussistere a milioni
ma questi domani non sfuggiranno ai tecnici incaricati di mantenere e
accrescere il rendimento della colossale officina universale.
L'intelligenza non si ribella contro la sofferenza, la rifiuta come
rifiuta un sillogismo mal fatto, salvo poi servirsene lei stessa,
secondo i suoi metodi, dopo aver rimesso a posto il sillogismo.
Chi
parla del dolore come d'una intollerabile violazione dell'anima, o
anche di una pura assurdità, è sicuro dell'approvazione degli
imbecilli. E a fronte di un manipolo di ribelli sinceri, quanti altri
cercano invece nella ribellione contro la sofferenza una
giustificazione più o meno subdola della loro indifferenza e del
loro egoismo di fronte a quelli che soffrono! Diversamente, per quale
miracolo gli uomini che accettano, con tutta umiltà e senza
comprenderlo, lo scandalo permanente della sofferenza e della
miseria, sono quasi sempre proprio quelli che si dedicano con grande
tenerezza ai sofferenti, ai miserabili, gente come San Francesco, San
Vincenzo de Paoli?
Lo
scandalo dell'universo non è la sofferenza: è la libertà. Dio ha
fatto libera la sua creazione: questo è lo scandalo degli scandali,
tutti gli altri scandali vengono da questo.
Lo so,
qui sembra di essere in piena metafisica ma che ci posso fare? Se mi
faccio capire male è perché mi spiego male. Ma poi a che serve
spiegare?
In
questo stesso momento c'è nel mondo, in qualche chiesa sperduta, in
una casa qualunque, alla svolta di una strada deserta, un pover uomo
che congiunge le mani e dal fondo della propria miseria, senza sapere
bene quello che dice oppure senza dire nulla, ringrazia Dio di averlo
fatto libero, di averlo fatto capace di amore.
C'è,
in qualche parte del mondo, non so dove, una mamma che affonda il suo
volto in un piccolo petto che non batterà più, una madre che,
presso il figlioletto morto, offre a Dio il gemito di una
rassegnazione spossata, come se la voce che ha lanciato i soli nello
spazio come una mano lancia il grano, la voce che fa tremare i mondi,
le mormorasse dolcemente all'orecchio perdonami, un giorno saprai,
un giorno comprenderai ma ora quello che voglio da te è il tuo
perdono: perdonami.
Questa
donna sfinita, quel pover'uomo a mani giunte sono penetrati nel cuore
del mistero, nel cuore della creazione universale e nel segreto
stesso di Dio.
Cosa
vi devo dire: il linguaggio...è al servizio dell'intelligenza...E
quello che quei due hanno capito l'hanno capito con una facoltà
superiore all'intelligenza, anche se non in contrasto con essa...O
meglio: l'hanno capito per un profondo, irresistibile impulso
dell'anima che impegnava tutte le facoltà insieme, che impegnava a
fondo tutta la loro natura...Sì, nel momento in cui quell'uomo,
quella donna, accettavano il loro destino, accettavano se stessi,
umilmente, il mistero della creazione si compiva in essi, mentre
correvano così, senza saperlo, tutto il rischio della loro condotta
umana, si realizzavano pienamente nella carità di Cristo, diventando
essi stessi, secondo la parola di San Paolo, altri Cristi. Insomma,
erano dei santi.
Impegnarsi
interamente...Lo sapete: la maggior parte degli uomini impegnano
nella vita soltanto una piccola parte, una parte ridicolmente piccola
del loro essere, come quei ricchi avari che un tempo morivano perché
spendevano soltanto l'utile dei loro utili.
Un
santo non vive dell'utile dei suoi utili, neanche vive soltanto dei
suoi utili, vive proprio del suo capitale, impegna tutta quanta la
sua anima. In questo differisce dal saggio, che secreziona la sua
saggezza alla maniera di una lumaca che secreziona il proprio guscio
per trovarvi un asilo.
Impegnare
la propria anima! Non è un'immagine letteraria. E non bisognerebbe
nemmeno stiracchiarla troppo fino a darle un significato sinistro.
Se si
accetta la distinzione classica dell'uomo diviso tra corpo, anima e
spirito, c'è da dire con spavento che innumerevoli uomini nascono,
vivono e muoiono senza essersi nemmeno una volta serviti della loro
anima, sia pure per offendere Dio. Chi può riconoscere chi sono
questi disgraziati? E non possiamo anche noi appartenere in qualche
modo a questa specie? La dannazione non consisterà forse nello
scoprire troppo tardi di aver avuto un'anima assolutamente inutile,
ancora accuratamente piegata in quattro e deteriorata, come certe
sete preziose, per mancanza d'uso?
Chiunque
si serve della propria anima, anche se con estrema balordaggine,
partecipa subito alla vita universale, si mette in sintonia col suo
ritmo immenso, entra senza difficoltà, immediatamente, in quella
comunione dei santi che è la comunione di tutti gli uomini di buona
volontà ai quali fu promessa la pace, in quella santa Chiesa
invisibile che, come sappiamo, conta anche pagani, eretici,
scismatici, increduli, e il cui numero è noto soltanto a Dio.
La
comunione dei santi...Chi tra di noi è sicuro di appartenervi? E se
ha questa fortuna quale parte ha in essa? Chi sono i ricchi e i
poveri di questa comunità sorprendente? Chi sono quelli che danno e
chi sono quelli che ricevono? Quante sorprese!
Oh
certo, niente pare meglio regolato, più strettamente ordinato,
gerarchizzato, equilibrato della vita esterna della Chiesa. Ma la sua
vita interiore trabocca di prodigiose libertà, vorrei quasi dire di
divine stravaganze dello spirito, dello spirito che soffia dove
vuole.
Quando
si pensa alla severa disciplina che mantiene quasi implacabilmente al
posto stabilito ogni membro di questo grande corpo ecclesiastico, dal
più modesto vicario fino al Santo Padre coi suoi privilegi, coi suoi
titoli, direi quasi col suo vocabolario particolare, non sono forse
delle stravaganze quelle promozioni improvvise, talvolta troppo
improvvise, di oscure religiose, di semplici laici o anche di
mendicanti divenuti bruscamente patroni, protettori, dottori della
Chiesa universale?
Oh,
non si tratta di opporre la Chiesa visibile alla Chiesa invisibile.
La
Chiesa visibile non è soltanto la gerarchia ecclesiastica: siete
voi, sono io, perciò non sempre è gradita, anzi qualche volta è
stata anche molto sgradita, come nel secolo XV, al tempo del Concilio
di Basilea...In questi casi siamo naturalmente tentati di
rammaricarci che non sia la Chiesa invisibile, ci si rammarica che un
cardinale sia riconoscibile da lontano per la sua bella cappa
scarlatta, mentre un santo, durante la vita, non si distingue per
nessun abito particolare...
Lo so:
questa che sembra una battuta, per molte anime invece è un pensiero
torturante.
Ma non
è giusto ragionare come se la Chiesa visibile e la Chiesa invisibile
fossero due chiese, la Chiesa visibile è quello che noi possiamo
vedere della Chiesa invisibile e questa parte visibile della Chiesa
invisibile varia con ognuno di noi. Perché noi conosciamo tanto
meglio l'umano che c'è in lei quanto meno siamo degni di conoscere
il divino che c'è in lei. Diversamente, come spieghereste una
bizzarria come questa: che i più qualificati a scandalizzarsi dei
difetti, delle deformazioni, delle difformità della Chiesa visibile,
voglio dire i Santi, siano proprio quelli che non se ne lamentano
mai?
La
Chiesa visibile è ciò che ognuno di noi può vedere della Chiesa
invisibile, secondo i propri meriti e la grazia di Dio. È troppo
bello dire vorrei vedere ben altro , non quello che vedo. Certo,
se il mondo fosse il capolavoro di un architetto scrupoloso della
simmetria o di un professore di logica, di un Dio deista insomma, la
Chiesa allora ci darebbe lo spettacolo della perfezione, dell'ordine.
In essa la Santità sarebbe il primo privilegio del comando e ogni
grado della gerarchia corrisponderebbe a un grado superiore di
santità, fino al più santo di tutti, il nostro Santo Padre.
Ma
dai! Vorreste una chiesa così? E vi sentireste a vostro agio?
Non
fatemi ridere! Invece che sentirvi a vostro agio rimarreste sulla
soglia di questa congregazione di superuomini, rigirando il vostro
berretto tra le mani come uno straccione alla porta del Ritz o del
Claridge.
La
Chiesa è una casa di famiglia, una casa paterna, e nelle case di
famiglia c'è sempre un po' di disordine, le sedie mancano d'un
piede, i tavoli sono macchiati d'inchiostro e i barattoli di
marmellata si vuotano da soli nelle dispense, queste cose le so, ne
ho esperienza...
La
casa di Dio è una casa di uomini, non di superuomini.
I
cristiani non sono dei superuomini. E neanche i santi sono dei
superuomini. Anzi meno che mai i santi, che sono i più umani tra gli
umani! I santi non sono sublimi, non hanno bisogno del sublime,
piuttosto il sublime avrebbe bisogno di loro! I santi non sono degli
eroi alla maniera degli eroi di Plutarco. Un eroe ci dà l'illusione
di essere al di là dell'umanità, il santo non sta al di là
dell'umanità: la assume, si sforza di realizzarla il meglio
possibile.
Capite
la differenza? Il santo si sforza di accostarsi quanto più vicino
può al suo modello Gesù Cristo, cioè a colui che è stato
perfettamente uomo, con una semplicità perfetta fino al punto da
sconcertare gli eroi rassicurando gli altri, perché Cristo non è
morto soltanto per gli eroi, è morto anche per i vili.
Quando
i suoi amici lo dimenticano i suoi nemici non lo dimenticano. Voi
sapete che i nazisti non cessarono mai di opporre alla santissima
agonia di Cristo nell'orto degli ulivi la morte gioiosa di tanti
giovani hitleriani. È che Cristo vuole sì aprire ai suoi martiri la
strada gloriosa di un trapasso senza paura ma vuole anche precedere
ognuno di noi nelle tenebre dell'angoscia mortale. La mano ferma,
impavida può all'ultimo passo non appoggiarsi alla spalla di
Cristo...Ma la mano che trema è sicura di incontrare la sua.
Vorrei
concludere con un pensiero che mi ha sempre accompagnato in questa
conversazione come il filo del tessitore che corre sotto la trama.
Quelli
che incontrano tanta difficoltà a capire la nostra fede hanno
un'idea troppo imperfetta della dignità eminente dell'uomo nella
creazione, non lo mettono al suo posto nella creazione, al posto a
cui Dio lo ha elevato per potervi discendere.
Noi
siamo creati a immagine e somiglianza di Dio perché siamo capaci di
amare.
I
santi hanno il genio dell'amore. E questo genio non è come quello
dell'artista, che appartiene a un piccolo numero di privilegiati.
Sarebbe più esatto dire che il santo è l'uomo che sa trovare in sé,
sa far sgorgare dalle profondità del suo essere, l'acqua di cui
Cristo parlava alla samaritana: chi ne berrà non avrà mai
sete...
In
ognuno di noi c'è la cisterna profonda aperta sotto il cielo. Certo,
la superficie è ancora ingombra di detriti, di rami spezzati, di
foglie putride da cui sale un odore di morte. Su questa superficie
brilla una specie di luce fredda e dura che è quella
dell'intelligenza ragionatrice. Ma al di sotto dello strato malsano,
l'acqua è subito tanto limpida e tanto pura. Ancora un po' più
addentro e l'anima si ritrova nel suo elemento natale, infinitamente
più puro dell'acqua più pura: quella luce increata che avvolge
tutta quanta la creazione: in lui era la vita e la vita era la
luce degli uomini.
La
fede che alcuni di voi si lamentano di non conoscere è in voi,
riempie la vostra vita interiore, è quella stessa vita interiore
mediante la quale ogni uomo, ricco o povero, ignorante o dotto, può
entrare in contatto col divino, cioè con l'amore universale, di cui
tutta la creazione è l'inesauribile zampillamento. Contro questa
vita interiore cospira la nostra inumana civiltà con la sua attività
delirante, col suo furioso bisogno di distrazione e con
quell'abominevole dissipazione di energie spirituali degradate
attraverso cui si disperde la sostanza stessa dell'umanità.
All'inizio
vi dicevo che lo scandalo della creazione non sta nella sofferenza ma
nella libertà. Avrei potuto dire benissimo: nell'amore. Se le parole
avessero conservato il loro significato, direi che la creazione è un
dramma dell'amore. I moralisti considerano la santità come un lusso.
Invece è una necessità. Finché la carità non si era troppo
raffreddata nel mondo, finché il mondo ha avuto la sua parte di
santi, alcune verità si son potute trascurare ma esse oggi
riappaiono come la roccia durante la bassa marea.
La
santità, i santi alimentano quella vita interiore senza cui
l'umanità si degraderà fino a morire. È nella propria vita
interiore che l'uomo trova le risorse necessarie per sfuggire alla
barbarie o a un pericolo peggiore della barbarie: la schiavitù
bestiale del formicaio totalitario. Certo, si potrebbe credere che
questa non è l'ora dei santi, che l'ora dei santi è passata. Ma io
dico che l'ora dei santi viene sempre.
*
* *
L'ORDINE
DEL SACRO FUOCO
Compito
primario delle antiche Civiltà era quello di provvedere a trovare il
modo di collegarsi alla Tradizione primordiale rappresentata da
Iperborea, tramite riti liturgie simboli, non di rado usavano ponti
di Luce, opere monumentali, sia grezze che sofisticate, talismani
catalizzatori di energie cosmo-telluriche. A tale compito,
delicatissimo, venivano coinvolti maestri della pietra e maghi, che
se pur tra mille insidie assicuravano il contatto. Il sacro fuoco non
doveva estinguersi. L'originario necessitava di protezione.
E
noi, donne e uomini del terzo millennio, abbiamo di nuovo compiuto e
in parte ritessuto il viaggio nei territori spirituali odierni, sia
residuali (l'antica sapienza) che rinascenti (le periferie delle
fedi, dove i monoteismi oggi in conflitto generano – a sorpresa –
terreni di coabitazione), in questi tempi di atroce tirannia del
denaro e di globale volgarità. Fedi passionali, che i chierici
etichettano spesso come superstizione. Fedi popolari, radicate al
territorio, all’anima delle acque, dei boschi, alla tomba di un
profeta o di un santo. Ma capaci, anche, di travolgere le frontiere
implacabili delle confessioni. Una risorsa formidabile, miracolosa e
spesso ignorata. Minoranze, comunque. Non possiamo nasconderci un
dato di fatto, che il segnale è flebile a causa del rumore di fondo
assordante di una civiltà disorientata dalla perdita di memoria. Il
Tempo sta esaurendo la sua corsa, manca di energia. Le nostre anime
sono inondate di aria elettrificata, ne soffrono, ne sono
vampirizzate. Il circuito cerebrale di internet ci entra, surroga il
pensare e tesse la sua rete fino a delocalizzarci. I padroni del
mondo già progettano che vita e mente diventeranno un circuito
elettrico collettivo, nutrito di istinti. La conoscenza mi insegna,
invece, che la Vita è etere che si aggrega nel corpo pur restandone
fuori. Chi pianifica la nostra destrutturazione psicosomatica, può
considerarsi figlio d'uomini? Fin dalla prima razza-madre, un
contingente di esseri proveniente da mondi lontani segue i nostri
passi; loro si mostrano come divinità e spesso si rendono invisibili
ad occhi inesperti. Cosa vogliono da noi? Invaderci? Lo avrebbero già
fatto. Domandiamoci: che cosa abbiamo di tanto prezioso? Siamo il
crocevia dei Nove Mondi, e Viterbo è il centro della spirale
cosmica, dove tutto a partire dall'anno Mille si concentra, il luogo
in cui sono nascosti i grandi triplici segreti: mela, albero e
serpente.
“...il
Sapere è Uno e la Tradizione che è Sapere, Gnosi, può anche
apparire in tanti volti e differenti immagini o discorsi, ma colui
che è condotto dalla virtus del Cuore, inteso come centro vivente
dell'Essere e quindi nous in senso arcaico, ne vedrà l'unica natura,
riconoscendo sé stesso in essa come in uno specchio..."
Giandomenico Casalino
MATERIE
OSCURE: ABBIAMO TUTTO DENTRO
- Esistono svariati modi d'ottenere risultati specifici per quelli che conoscono gli effetti dell'etere prodotto dalla mente umana, in pratica, l'uso magico del pensiero. Un procedimento è questo. Rafforza il pensiero dal suono intercalato a pause (armoniche) o da recitazioni ripetute (mantra), dirigilo verso un bersaglio (oggetto del desiderio) tramite una visualizzazione (l'arte di immaginare) o addirittura con l'ausilio di un'immagine disegnata o realizzata tridimensionalmente.
- L’umanità soggiace a una macchinazione planetaria ad opera di un collegio di Invisibili.
- Ho il fondato sospetto che i più alti esponenti della massoneria bancaria facciano parte di un cenacolo esoterico dedito al culto gnostico delle reliquie.
- Il dio massonico definito Grande Architetto dell'Universo, è una femmina dai mille volti.
- Temere Dio e fuggire il male guarisce l'interno.
- L'ombelico (l'ampiccione, secondo il lessico scandurriano) è la porta chiusa dell'energia vitale contenuta nel ventre, energia così decisiva per la vita e la morte che per esprimerla il Creatore ha costruito un pozzo turato con una pietra, una finta finestra. Eppure c'è una via per aprirla.
- Tutto quel che è vuoto, come il deserto, un fosso, un retrobottega, una carcassa, una piccola scatola, è una parte del Grande Ignoto, significa attesa di qualcuno, di una presenza occulta.
- I fossi sono luoghi di transito per i Nove Mondi, voragini dove c'è un punto di acqua notturna, il superconduttore cosmico.
- Non rispettare l'Ordine, la vera forza che regge gli Universi, è una rivolta nevrotica contro la conoscenza.
- Il Varco scende ma non si contrae e non si abbassa, perché il Giorno è venuto, ma pochi uomini alzano la testa. Eppure gli astronomi non lo rilevano. Le spiegazioni della scienza non fanno vivere; stiamo crepando tutti di spiegazioni.
- Chi distrugge il mito e il miracolo fa come quel tizio che mette la testa in un tritacarne e gira la manovella con le sue mani.
- Nemmeno Dio riempie il vuoto del Grande Ignoto, ci lascia la libertà di entrarvi.
- Diventare civili è rifiutare la tenebra dell'inconscio.
- Si è andata atrofizzando quella parte dell'intelletto umano (che sta in quella zona del capo verso il cervelletto, della grandezza di un'ostia) dove l'onda di sintonia celeste, trova il punto e la condizione fisica d'incontro che facilita l'operare prodigi.
- Ho la forte sensazione che gli specchi non siano superfici, ma porte.
- Il lumen opera in continuazione in tutti, ma nella maggioranza degli uomini “gocciola” invece di “fluire”. Predestinazione? Qualità del codice genetico? Karma? No...
- Chiesi a Scandurra “Che cosa sono realmente le stelle?”. “Gli occhi di Dio”, mi rispose sorridendo.
- Sirio è quella stella così luminosa da riflettere l'essenza dei mondi ignoti, incandescenti, e perciò fonti di pericolo per l'umanità.
OSPITI
NON INVITATI
Dopo
decenni di sforzi investigativi sull'enigma dei dischi volanti,
inchieste e ipotesi, siamo giunti alle rivelazioni a puntate di
uomini mascherati, testimonianze di rapiti rese sotto ipnosi, il
tutto condito da una confusione sovrana. L'ufologia italica e
internazionale (sempre meno conformista, comunque), sono ad un
impasse ideologico profondo. Magari ancora rincorrono il tizio che
rivela chissà quali segreti, ma poi, fatte le dovute analisi e
considerazioni, i nostri ricercatori son costretti a voltare pagina e
ricominciare daccapo, ma lo studio degli oggetti volanti non
identificati è ben lungi da portare a qualche risultato utile.
Gli anni '60 e '70 furono una fucina di ricerche e interpretazioni,
tanto da credere che di lì a breve si sarebbe svelato il mistero. Le
tesi extraterrestre nota come “viti e bulloni” di Allen
Hynek, Antonio Ribera, quella terrestre di Renato Vesco e
Marcello Coppetti e, non ultima, l'ipotesi parafisica-mitica
di Brinsley Le Poer Trench, Ivan Sanderson, Brad Steiger, per non
dimenticare il lavoro encomiabile di elaborazione dati degli italiani
Roberto Pinotti e Pier Luigi Sani, dicevo, le tesi occupavano il
dibattito mondiale e venivano seguite da stuoli di appassionati. Si
confrontavano i sostenitori delle diverse posizione in meeting,
convegni, programmi radio e televisivi. Lo statunitense John Keel
ricostruiva uno scenario amplissimo e suggestivo. Entità
ultraterrestri, provenienti da un'altra dimensione che da millenni
interagivano nella nostra, hanno assunto rappresentazioni/maschere
adeguate all'epoca storica scelta: semi-dei, titani, giganti, gnomi
elfi demoni, fino ad esoforme in linea con l'evoluzione
scientifica terrestre. Sarò nostalgico, non mi importa, ma in quegli
anni la rivoluzione culturale e cognitiva dell'umanità sembrava
vicina, fattibile. Si prospettavano orizzonti sempre più vasti,
qualcuno, forse non a torto, prevedeva il contatto con civiltà
aliene ed una espansione della coscienza grazie al risveglio dei
poteri in esilio; ma qualcosa andò storto, ci fu chi spense i fuochi
con la strategia della normalizzazione. Il milieu della nuova
frontiera fu diviso in mille correnti, ufologi parapsicologi
spiritualisti, ritornarono nel privato.
Oggi,
ai congressi sugli Ufo, c'è una omologazione stagnante delle idee da
far venire il latte alle ginocchia, tipica dei nostri tempi. Si
discetta di esopolitica, neognosi, demiurghi e arconti
all'amatriciana, rapimenti e rivelazioni di ex agenti dei servizi. Ma
il punto della situazione è volutamente eluso. Pochi hanno il fegato
di ammetterlo: siamo ancora alla raccolta dati. I governi, quelli che
contano (ovviamente escludo quello italiano, maggiordomo d'Europa)
fanno muro e non si sognano certo di divulgare il poco che sanno
sull'enigma del secolo. Gary McKinnon ci ha provato intrufolandosi
per le segrete della Nasa, ma gli è costata la galera e non è
servito a scuotere l'opinione pubblica, distratta da altre faccende
contingenti. Una coltre informativa, pare insuperabile, che copre
tutto.
Allora
di che stiamo parlando? Beh, chi segue il blog conosce le mie
esperienze. Racconto ciò che mi è capitato. Esperienze soggettive?
Come no? E quali non lo sono? Prove? Ce l'ho a iosa, ma non sono così
fesso da darle in pasto all'establishment, colpevole, a mio parere,
di aver celato certe cose all'umanità da tre secoli a questa
parte. Tuttavia chi ha letto con occhi vivi e sgombri da pregiudizi
il flusso della mia storia fantastica, ha potuto farsi un'idea su
come funzionano le cose. Attraverso il web credo di poter svolgere al
meglio quanto mi sono prefisso: trasmettere la libera conoscenza a
quanti, uomini liberi, siano in grado di riceverla attraverso le
Cronache di Atlantide e la specialissima avventura cominciata il 1971
in quel di Viterbo, in una modesta bottega di frutta e verdura, il
cui titolare non era un commerciante qualsiasi. Il suo talento,
probabilmente unico al mondo, era quello di viaggiare fra dimensioni
con la stessa facilità con cui si prende la metro. Quanto finora
descritto è una parte esemplare, e comunque, per me, condividerla
con voi è un svelare quanto di più intimo sentito, vissuto, patito.
Piccole esperienze psi le avevo avute prima di quei tempi
spettacolari ed epici, mi costruivo una cultura alternativa divorando
il mensile-pioniere del genere, il fiorentino Il Giornale dei Misteri
e poi Peter Kolosimo, Ugo Dettore, Louis Pauwels. Dopo l'incontro
straordinario con Scandurra, la mia vita è cambiata alla grande,
perché ho potuto poggiare il piede sulle rive di Atlantide e si sono
aperti tutti i confini. Ho conosciuto esseri di altri mondi e
universi, civiltà pazzesche, ed entrando nei punti di
inserimento, i fossi, ho sperimentato il fatidico passaggio
scoprendo che, oltre la spoletta, dentro di me si annida una
particella cosmica, la chiave di accesso senza la quale sarei
disperso chissà dove. Predestinazione? Mah, direi piuttosto passione
estrema per ciò che ci affianca sparendo sempre non appena tentiamo
di acchiapparlo, che come la febbre dell'oro non si estingue, pena la
follia. Se è abbastanza forte il nostro desiderio di infinito,
diventiamo magneti che attirano le stelle.
Non
mi sono mai posto il problema di veder riconosciute dai lettori le
mirabolanti esperienze che feci. Ingenuo? Mitomane? Ho divulgato cose
private, della mia vita, esponendomi al facile diniego degli scettici
o agli sberleffi dei cinici. E allora? Tiro innanzi lo stesso. Non
vendo né prodotti commerciali né cerco voti; ho visto l'incredibile
partendo da un fosso, tutto il resto è noia, come cantava quel
marpione di Califano.
CAMBIO
DI PARADIGMA: NELLA TANA DEL CONIGLIO
I
parapsicologi in genere manifestano la tendenza a credere che i
poteri psichici siano doni abbastanza rari. In tutti può esserci un
tocco di incanto, ma solo pochi sono potenti. Scandurra ha un'altra
idea a riguardo. Siccome tutti gli uomini sono uguali e se alcuni
soggetti molto dotati possono mettere in luce alcune capacità
particolari, questo significa che esse sono presenti in ognuno di noi
e si tratta soltanto di risvegliarle. Abbiamo canali preferenziali,
tutto sta a capire quali. Le tecniche di accesso da noi praticate
durante l'apprendistato degli anni '70, erano centrate sulla memoria
bio-storica, al fine di seguire l'innato e tralasciare l'acquisito.
Il maestro apriva lo scrigno del nostro destino che descriveva come
un libro composto da 7 capitoli, 6 di questi erano già scritti e
quindi immutabili, ne rimaneva 1 in bianco da riempire. Lui lo
chiamava antimonio, sostanza
vivente che trasforma. Ecco, nostro compito era quello di
riconoscerlo: una volta individuato potevamo dare un nuovo corso alla
nostra vita, aprire un rubinetto mentale definitivamente. Potevamo
bazzicare le strade alte, da sempre poco frequentate.
C'è
un errore di fondo nella ricerca ufologica. Errore derivato da un
approccio a dir poco paradossale a cui hanno aderito, in perfetta
buona fede, già i pionieri dei piatti volanti negli anni '50. Nello
stesso errore madornale son caduti i parapsicologi ed i fisici. A
cosa alludo? Presto detto. Tentare di capire cosa siano quelle strane
cose che svolazzano sulle nostre teste e verificare la fondatezza di
una percezione extra sensoriale, adottando il modello standard delle
scienze fisiche e naturali (implicante un osservatore e un oggetto
indipendente di osservazione), equivale a mangiare il brodo con la
forchetta.
Diventa
necessario rivedere il vecchio approccio alla realtà, se vogliamo
finalmente comprendere il nostro posto nell'universo, senza escludere
aprioristicamente ciò che non riusciamo a spiegare. Il modello
classico di “soggetto” e “oggetto” separati e distinti, è
superato dalla realtà di fenomeni che violano a bella posta lo
spazio/tempo e le leggi fisiche oggi conosciute.
Sulla
base delle mie esperienze ho scoperto che le intenzioni dirigono le
cose percepite altrettanto quanto le cose percepite influenzano le
intenzioni. Per conoscere cos'è il pane l'uomo ne mangia;
mangiandolo l'assimila, ed il pane diviene in qualche modo parte di
lui. Questa è la conoscenza secondo l'antico sapere. Se vogliamo
conoscere veramente dobbiamo perseguire mutamenti in noi, gli
osservatori; familiarizziamo col piano tangente al nostro, sentiamolo
nel profondo; facendo silenzio, senza movimento alcuno, si avverte
l'emersione di una energia che si trasforma in Potenza che dà forma
alla Luce.
La
riluttanza dei ricercatori, ufologi e parapsicologi soprattutto, ad
assumere un superamento del modello empirico “osservatore e
osservato” è decisamente ingiustificato. Basta prendere in
considerazione i tanti esperimenti sugli stati di coscienza speciali
svolti in laboratori scientifici militari, soprattutto americani e
russi, e alle tecniche indirizzate alla scoperta di nuovi piani
dell'esistenza. L'elenco delle ricerche effettuate da eminenti
scienziati è lungo: yoga e zen, prolungamento degli stati alfa
dell'encefalo con le apparecchiature di bio-feedback, training
autogeno, ipnosi. Non escluderei nemmeno le pratiche, meno note al
grande pubblico, usate da millenni in gruppi e conventicole di
orientamento esoterico e occultistico, dove si tentava di liberare
energie altrimenti in sonno e di contattare alternativi livelli di
Realtà, sfera dentro sfera. L'obiettivo comune di tutte queste vie è
quello di stabilire differenti rapporti tra uomo e universo, e
sviluppare strade nuove di pensiero e di vita creativa.
Mi
sembra che se ammettiamo la possibilità di poter penetrare in tipi
diversi d'esperienza, dentro regni che possono essere paragonati al
Paese delle meraviglie di Alice, gli ufo e i fenomeni
paranormali potrebbero apparirci come segni ubiquitari ed
erratici, nonché manifestazioni di tali regni, di tali
differenti mondi.
Vi
è come uno specchio che separa il nostro mondo da altre dimensioni.
Gli stessi dischi volanti lo attraversano infinite volte,
accidentalmente per lo più; il medesimo specchio è l'interfaccia
tra i limiti provvisori della nostra mente e le sue propaggini
pressoché sterminate, dove si possono conoscere cose e fatti senza
l'uso dei sensi fisici o spostare oggetti, farli comparire o sparire,
contattare le anime dei trapassati o entità di terre leggendarie...
non si può comprendere la Realtà escludendo spettri e alieni.
La
nuova età dell'Oro dovrà produrre cambiamenti nella nostra
valutazione globale di categorie fondamentali come il pensiero, la
materia, i rapporti interpersonali, e in sostanza la vita stessa. La
storia ci ha insegnato che grandi mutazioni possono attendersi se
qualche idea fertile viene sufficientemente diffusa, e diventa un
fattore condizionante del pensiero e del comportamento. Bisogna,
però, rompere la camicia di Nesso imposta dal Potere che ci
impedisce di muoverci per oltrepassare la soglia.
Scandurra
ci racconta dell'esistenza di un'onda magnetico-spirituale che apre i
rubinetti mentali in un sol colpo, prima di poterne fare uso, però,
occorre riconoscerla. Già, e come? Specialmente di notte, quando ci
svegliamo per non si sa bene quale motivo, si sente a volte dentro la
nostra testa (ma sembra provenire da fuori) un boato, come di una
esplosione di bomba; ma anche un lungo ronzio potrebbe essere il
segnale. Scoprirlo ci aprirà orizzonti sconfinati e niente sarà più
lo stesso. Certo, manca ancora un passaggio procedurale...