NOTTE DI LUCE |
Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".
La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.
lunedì 20 dicembre 2010
domenica 19 dicembre 2010
IUS 34
LIVELLI DEI MONDI |
1.
L'impero non è mai cessato (P.K. Dick)
Sulla paura generalizzata e sul sentimento liberato da ogni controllo razionale si edificano gli imperi. Non è un caso se la contemporaneità si rispecchia nei miti gnostici del I secolo d.C. Da Minority Report fino al Truman Show, dal Grande Fratello televisivo e letterario fino ai vari Matrix, passando attraverso l'opera più emblematica per comprendere il nostro tempo - intendo la narrativa di P.K. Dick -, l'uomo contemporaneo si immagina, come l'antico gnostico, rinchiuso in una gabbia di ferro, chiamata cosmo, generata da un dio decaduto irrazionale e pazzo. L'Impero, secondo la gnosi, è stato generato dalla paura di un Dio minore che si sente minacciato e che si alimenta della paura di uomini che non cessano mai di tremare. Se cessassero di tremare l'Impero si scioglierebbe, in un sol giorno, come neve al sole. Per evitare questa catastrofe occorre perciò che il Terrore sia costantemente evocato dall'Impero. Non c'è nemmeno più bisogno di un terrore reale. È sufficiente la minaccia periodica. All'uomo deve infatti essere ricordata costantemente la sua natura pascaliana di esile canna. Così si potranno all'infinito costruire muri e dispensare protezione. Che ne sarebbe invece dell'Impero e di quel Dio minorato che lo regge se l'uomo, come insegnano i classici, si ricordasse della sua somiglianza con il vero Dio e della sua partecipazione a quella natura divina? (Rocco Ronchi)
2.
La nostra epoca di mass – media trasforma la soggettività della Storia, che per lungo tempo non fu un problema che per i filosofi, vale a dire di un numero piccolo, in strumento universale per violare e plasmare la coscienza delle folle e, di conseguenza, in fattore politico essenziale e primario.(Raymond Abellio)
3.
- Fra gli Etruschi…e noi [Romani] c'è questa differenza: noi riteniamo che i fulmini scocchino quando c'è stato uno scontro di nuvole, essi credono invece che le nuvole si urtino per far scoccare i fulmini. Infatti, dal momento che attribuiscono ogni cosa alla divinità, essi sono convinti non già che le cose abbiano un significato in quanto avvengono, ma piuttosto che avvengono perché debbono avere un significato (Seneca, Nat. Quaest., 2, 32)
- 4.
- Contro le blasfemie dei nuovi archeognostici anglofoni, c'è quel genio incompreso di Peter Kolosimo. Terra senza tempo, Ombre sulle stelle, l’incredibile Non è terrestre, Odissea stellare, l’inquietante e castanediano Guida al mondo dei sogni, l’ecumene cosmica di Fratelli dell’infinito, l’ambiguo e occulto Polvere d’inferno, l’indicibile (fino a sfiorare il comico per la tesi, che è però di fatto una realtà) Italia mistero cosmico, Civiltà del mistero, Viaggiatori del tempo.
5.
Gli aforismi di Zurau
Franchino Kafka, tra il 1917 e il 18, se ne va in campagna a Zürau illudendosi di sfuggire agli scarafaggi e di curare la sua tubercolosi. Si mette a scrivere un centinaio di foglietti di quaderno che contengono una serie di aforismi e storielle che stanno a metà - e al di sopra, forse - tra Epicuro e lo stoicismo e che, da soli, valgono almeno quanto il resto della sua produzione letteraria.
La vera via passa per una corda che non è tesa in alto, ma appena al di sopra del suolo. Sembra destinata a far inciampare più che a essere percorsa.
Da un certo punto in là non vi è più ritorno. Questo è il punto da raggiungere.
Se fosse così, che tu procedi su un piano, con la buona volontà di andare avanti e però fai dei passi indietro, allora sarebbe una situazione disperata; ma poiché ti stai arrampicando su un pendio ripido, così ripido come tu stesso appari visto dal basso, i passi indietro possono anche essere causati soltanto dalla natura del terreno e non devi disperare.
Come un sentiero d'autunno: appena è tutto spazzato, si copre nuovamente di foglie secche.
Leopardi irrompono nel tempio e svuotano i vasi sacrificali; questo si ripete continuamente; alla fine lo si può calcolare in anticipo e diventa una parte della cerimonia.
Tu sei il compito. Nessun allievo in vista, da nessuna parte.
È ridicolo come ti sei bardato per questo mondo.
Venne data loro la possibilità di scegliere fra diventare re o corrieri del re. Come bambini, vollero tutti essere corrieri. Per questo ci sono soltanto corrieri, scorrazzano per il mondo e, poiché di re non ce ne sono, gridano i messaggi ormai privi di senso l'uno all'altro. Volentieri porrebbero fine alla loro miserevole vita, ma non osano farlo per via del giuramento che hanno prestato.
Mettiti alla prova con l'umanità. Essa fa dubitare chi dubita, fa credere chi crede.
Questa sensazione: «Qui non getto l'ancora» e subito sentirsi trascinati dai flutti ondeggianti.
Due compiti per iniziare la vita: restringere il tuo cerchio sempre più e controllare continuamente se tu stesso non ti trovi nascosto da qualche parte al di fuori del tuo cerchio.
6.
Gli aforismi di Scandurra
Il Lumen è la traccia che è nascosta in ogni essere e che Dio protegge affinché non sia oscurata da influenze esterne. Chi cerca questa traccia, la troverà sicuramente e, con l’aiuto di Dio, essa si espanderà e si diffonderà fino a colmare tutta la persona e il mondo.
Impara sempre, da qualunque cosa.
Siamo sempre agganciati con qualcos’altro.
Non temere il diavolo, arriverà il giorno in cui lui ti temerà, ma per te non avrà più importanza.
Il potere è una brutta bestia. Spesso è incontrollabile e pronto a divorarti. Se rimarrai umile come all'inizio del cammino, non potrà farti male.
Ci sono segni sparsi ovunque, ma pure tanti ciechi.
Metti cura in ogni cosa che fai, onori così il tempo che è sempre più scarso, e rispetti ogni tua azione nata dal cuore.
Dove rivolgi lo sguardo la cosa cambia, perciò devi essere sempre sveglio.
Se ti colleghi al Lumen, nessuno potrà squilibrarti, altrimenti subirebbe il colpo di ritorno.
Bacia il fico prima di mangiarlo, così ringrazi la Natura che è sempre generosa.
7.
“Nemico non è il concorrente o l’avversario in generale. Nemico non è neppure l’avversario privato che ci odia in base a sentimenti di antipatia. Nemico è solo un insieme di uomini che combatte almeno virtualmente, cioè in base a una possibilità reale, e che si contrappone ad un altro raggruppamento umano dello stesso genere. Nemico è solo il nemico pubblico, poiché tutto ciò che si riferisce ad un simile raggruppamento, e in particolare ad un intero popolo, diventa per ciò stesso pubblico. Il nemico è l’hostis, non l’inimicus in senso ampio: il polemios non l’echthros. La lingua tedesca, come altre, non distingue fra ‘nemico’ privato e politico, cosicché sono possibili, in tal campo, molti fraintendimenti ed aberrazioni. Il citatissimo passo che dice “amate i vostri nemici” (Matteo, 5, 44; Luca, 6, 27) recita “diligite inimicos vestros” e non “diligite hostes vestros“: non si parla qui del nemico politico. Nella lotta millenaria fra Cristianità ed Islam, mai un cristiano ha pensato che si dovesse cedere l’Europa, invece che difenderla, per amore verso i Saraceni o i Turchi. Non è necessariamente odiare personalmente il nemico in senso politico, e solo nella sfera privata ha senso ‘amare’ il proprio nemico, cioè il proprio avversario. Quel passo della Bibbia riguarda la contrapposizione politica ancor meno di quanto non voglia eliminare le distinzioni di buono e cattivo, di bello e brutto. Esso soprattutto non comanda che si debbano amare i nemici del proprio popolo e che li si debba sostenere contro di esso”. Carl Schmitt, (Plettenberg 1888-1985)
giurista e pensatore politico tedesco.
giurista e pensatore politico tedesco.
8.
Calcina viva nuova 10 libbre, acqua barilli 4, carbone di frassino. Covri la grata della fornace co' carboni accesi a fiamma di brace; con ausilio di mantici a basso vento. Cala il Modello da covrire in una vasca ammattonata; indi covrilo con velo sottilissimo di spezial tessuto bagnato con acqua e Calcina. Modella le forme e gitta lentamente l'acqua e la Calcina Misturate. Per l'esecuzione: soffia leve co' mantici i vapori esalati dalla brace nella vasca sotto il liquido composito. Per quattro dì ripeti l'Opera rinnovando l'acqua e la Calcina. Con Macchina preparata alla bisogna Leva il Modello e deponilo sul piano di lavoro, acciocché il rifinitore Lavori d'acconcia Arte. Sarà il velo come di marmo divenuto al Naturale e il Sembiante del modello Trasparire. (Raimondo di Sangro principe di San Severo, in un documento dell'Archivio Notarile di Napoli, rogato in data 25 novembre 1752, indicò le istruzioni per marmorizzare un velo).
9.
Si può infatti negare la produttività di qualsiasi sforzo inteso a comprendere e definire ciò che è destinato a rimanere invisibile (e figuriamoci poi se l'entità indagata è doppiamente invisibile); si può sostenere che l'uomo non può accedere alla sfera dell'idea platonica, anche ammettendo per intuizione che essa sia la sede del suo essere, ed anzi si può addirittura definire questo volgersi indietro verso la patria originaria come un'audacia rischiosa, pericolosa come la libertà che pure viene da lì. Rimane il fatto che l'immagine di questa patria lontana produce quell'incessante nostalgia che ci accompagna per tutta la vita. (Broch, H. 1955 ‘Politik. Ein Kondensat’ in H. Arendt ed. Hermann Broch. Erkennen und Handeln, Band II. Zürich: Rhein-Verlag, cit. in Esposito 1999, p. 144 )
10.
“[...] Il racconto mitico riveste così spesso tutti i valori; mette in giuoco dei jolly o elementi bianchi. Per questo sta a monte, sempre, dell'insieme delle spiegazioni, tutte lineari ed analitiche, tutte inclinate. Il mito include la storia; e invece nessuna storia spiega il mito”. (Serres M. (1991), Roma, Il libro delle fondazioni, Hopeful Monster editore, Firenze, pp. 45-46 )
11.
Scandurra mi dava una lezione di storia ben diversa da quella che avevo ricevuto dalla scuola, la quale mi aveva trasmesso un solido schema di fatti, una cronologia. Scandurra, invece, mi offriva vertiginose visioni topografiche d'insieme. Non allenava la mia memoria, ma saggiava la mia fantasia. Le sue non erano nozioni o informazioni. Era un 'sapere' di altro genere. Per la cultura profana, la via della conoscenza passava per un sapere universale, sempre accessibile a tutti. Ogni uomo di buona volontà poteva assimilarlo e percorrere così la via che conduce alla verità. E la verità è la somma di ciò che si può sapere. Scandurra invece sosteneva che la verità è ciò che non si può e non si deve esprimere. È per sua natura segreta. Il sapere a essa legato non può essere comunicato per via diretta. Il mezzo per comunicarla è l'immagine mitica. Quello che chiamava coscienza profonda era in realtà partecipazione a un sapere esoterico di cui possedeva la chiave. Si sentiva custode di un mistero. Arcano era una delle sue parole preferite, che veniva fuori di continuo. Ma per quanto segreta, incomunicabile, la sapienza attraverso Scandurra diveniva visibile, palpabile, dimostrativa. La chiave non se la teneva stretta, la donava e solo così, diceva, poteva conservarsi intatta, segreta.
DAREST SHARMA 2
Basta un attimo e, come si dice da noi, 'sei del gatto'. Ebbi un giramento di testa. Persi l'equilibrio e quella strana cosa serpentiforme che fuoriusciva dal muro mi avviluppò, oppure mi entrò dentro e vomitai. Cambiò scenario immediatamente. Mi trovavo disteso su di un tavolaccio al centro di uno stanzone in penombra. Sembrava una di quelle cucine ancora in uso nei nostri casali di campagna. Ero nudo come un verme, tremavo e battevo i denti, mi misi seduto e vidi per terra diverse pozze di sangue con sopra centinaia di insetti e dei secchi sparpagliati, pieni di budella e frattaglie. Appesi ai muri c'erano utensili come coltellacci e frese, seghe, ganci e corone di ferro, mannaie di tutte le misure e batticarne. Ahimè! Se mi trovavo veramente in una cucina, quel giorno avrei fatto parte del menù. Diamine, cosa ci facevo lì? E come era potuto succedere? Abbassando la guardia, evidentemente Deya aveva mostrato il suo volto peggiore. Il Bagliore mi proteggeva dai gorghi dimensionali, dai demoni in agguato; la disattenzione nel sostenerlo mi stava costando un prezzo mortale. Mi feci anima e coraggio, tentai di riaccendere la Luce, ma non rispondeva. Scesi dalla tavola, cercando di non calpestare il sangue disseminato un po' ovunque e mi avvicinai al finestrone. Ciò che vidi non mi tranquillizzò affatto. Mi trovavo dentro un castello, con mura formate da pietroni inframmezzate da torri altissime. Sorse un pensiero raccapricciante: ero prigioniero di Darest Sharma. Discendo dall'aeronave e subito mi faccio sorprendere dai tre emissari; inizio la missione con Mastro Fornari e Ranna, e già sono 'beccato' da chissà quale satanasso e portato allo scannatoio. Mi si prese uno sconforto sconfinato. Scandurra dove sei? Ripetevo. Dio in che pasticcio mi sono messo? Invocavo.
“Aoh? Prima missione ed eccoti incasinato. Questi nuovi allievi... si fa presto a dire salta-fossi”.
Dietro di me stava Scandurra col cappottone da profugo. Fu naturale abbracciarlo. Mi sentivo come un pischello in cerca di avventure che si era perso nel bosco. Non mi vergogno a dirlo, ma scoppiai a piangere. Il maestro si levò il cappotto e me lo fece indossare.
“Copriti, se mi pigli freddo altro che Bagliore”.
Ero contento come una pasqua. Scandurra c'aveva sotto un altro cappottone, come suo solito era sempre attrezzato. Non gli chiesi nemmeno come aveva fatto a venire sin lì, né come aveva saputo della mia disavventura. Era Scandurra, e questo bastava e avanzava.
“Ora, andiamo via di qua. Qualcuno sta già preparando il condimento. Non senti che odorino?”.
Lo seguii verso l'uscita. La sua tipica andatura non mutava nemmeno in quest'altra dimensione. Percorremmo un corridoio malamente illuminato da fiaccole. Eravamo in pieno medioevo, almeno così appariva quel posto. I piedi mi dolevano per delle piccole ferite causate dal pavimento di lastroni grezzi. Ad un certo punto, Scandurra mi fece cenno di acquattarmi.
“Daglie de tacco daglie de punta, quant'è bbona la sora Assunta [traduzione politicamente corretta: nello spazio qualunque retta è condannata a curvarsi, fino a ritornare al suo punto iniziale.]”. Cantilenò a mò di stornello.
Brrrrrr... il suono del passaggio e così ci trovammo al centro di uno stagno in mezzo ad un bosco. Scandurra aveva preso la prima uscita disponibile del GRA interdimensionale, ed eccoci lontano da quel luogo d'incubo. Non avevo contezza dell'accadimento. Era semplicemente avvenuto.
“Bene, ora raggiungiamo i nostri amici che staranno in pensiero. Vicino a quel macchione ho nascosto un po' di cose che ti serviranno, visto come sei conciato. È meglio che non ti presenti a mastro Fornari e soprattutto a Ranna in questo stato. Potrebbero schifarsi ed io ho una certa reputazione da queste parti. Eh eh eh”.
Giunti al macchione trovammo una busta della spesa di un noto supermercato di Viterbo, contenente un calzone di velluto marrone, un camicione a quadri rosso-blu, un gilet beige da cacciatore, scarponcini militari e calzettoni di lana, un tascapane liso e macchiato. Indossai velocemente i vestiti e ci dirigemmo verso l'appuntamento con gli amici.
“Avrai fame. Lì dentro ci trovi uno sfilatino con coppa, sottaceti e da bere il solito peroncino. Regolare, no?” indicandomi il tascapane.
Ci trovavamo in un altro universo e stavo mangiando la mia merenda preferita che Scandurra aveva fatto preparare dal sor Michele, titolare di una drogheria a Pianoscarano, antico quartiere di Viterbo. Regolare, no? Mi venne pure in mente una domanda atroce: quanto tempo era passato da quando mi ero immerso nella fossa? Che cosa avrebbero fatto i miei vecchi? Una certa inquietitudine mi prese. Poi, mi resi conto che il vero, reale, impellente problema riguardava il qui e ora. Dovevo allontanare ogni altra preoccupazione e concentrarmi sul presente. La facilità dimostrata dalla creatura del sottomondo nel rapirmi e condurmi al mattatoio, era la conferma, ancora una volta, che si stava combattendo una guerra terribile e non potevo certo permettermi di 'sbracare'.
“Buono lo sfilatino, eh? la 'biretta' è fredda però”.
Scandurra trovava anche in questo caso il tempo di celiare, ma forse ogni momento e cosa, per lui, avevano la loro importanza. Viveva contemporaneamente in più dimensioni. Una manifestazione di sé era capace di interagire su più piani, così come manipolava il tempo o sequenze di esso quando doveva deviare la linea destinale di qualcuno animato da cattive intenzioni, o evitare il peggio per qualcun altro che si fosse trovato in una data situazione pericolosa. Interrompeva le volute del kaos e le deviava altrove dove non potevano nuocere. Per non parlare di quanto appena avvenuto, ossia del trasferimento subitaneo dallo stanzone del castello allo stagno, senza mediazioni di porte e camminamenti interdimensionali. Ma chi era veramente Scandurra? Anonima Talenti allo stato puro.
“Ci raggiungeranno ai quattro avamposti di osservazione, se già non si trovano lì. Sono dei propugnacoli di difesa, sparsi in punti chiave di Deya”.
Affrettammo il passo lungo quel sentiero che zigzagando si inoltrava nel bosco. Era notte, ma assomigliava piuttosto ad una sorta di crepuscolo rossoviolaceo che trascolorava le forme delle cose in maniera bizzarra e durava fino al mattino. Intanto ascoltavo una misticanza di versi e di suoni con effetto risonanza, che provenivano da ogni parte. Non avevo paura, mi sentivo un drago a fianco del maestro. La pagnottella mi aveva rigenerato e non ansimavo nemmeno. Chiesi a Scandurra se avremmo fatto la stessa strada per entrare al castello.
“Lì, saranno tutti in allarme. Dovremmo sorprenderli, busseremo alla porta principale”.
Bella sorpresa!, pensai io, ma non replicai. Incominciavo a far parte di uno spazio di manovra dove entravano in gioco criteri strategici fuori da ogni logica. Scandurra era fuori da ogni logica. Era così fuori da essere dentro ogni cosa.
giovedì 9 dicembre 2010
Finistère
Il nostro pianeta è già stato sottoposto a molte 'fini del mondo'. Ci stiamo avvicinando all'ultima di un ciclo: la fine dell'anno 2012 è connessa all'attesa di un evento straordinario e di un significato totalizzante. Il finis dei Latini, quel confine che delimita il territorio dominato, la separazione di ciò che ci appartiene da ciò che compete ad altri sembra ad un certo punto un'utopia nel senso etimologico di non-luogo. Quella di Scandurra, invece, assomiglia ad una frontiera che si sposta, finis terrae non meglio definibile che l'uomo comune, per i mezzi di cui dispone, non raggiunge.
La solitudine dei messaggeri, i salta-fossi, che dedicano la loro esistenza a fare la spola tra Viterbo e altri luoghi fatidici e Terranusi (scalo interdimensionale), è finalizzata al mantenimento di un contatto tra i due poli dimensionali. Personalmente, al di là della sporadica sensazione di aver speso gli anni migliori della vita in un progetto incredibile per le umane forze, alla fine intravedo la luce di una nuova speranza che mi spinge avanti in un'atmosfera rarefatta e trasformata in una nuova essenza.
Le grandi tradizioni predicono sentono vedono che ci stiamo avvicinando ad un tempo che viene indicato come il tempo della Grande Visione. Finisterrae. Siamo prossimi all’infarto miocardico acuto del nostro pianeta? Prevedo, conosco altro. Puro soprannaturale. La fine diventa un nuovo inizio. È il regno del futuro che si ribalta. Il balzo nel Varco, ci introdurrà nella quarta dimensione: amore o paura, armonia o discordia potranno influire direttamente sulla nostra vita. Mai come in quel momento, l'intento condizionerà la nostra vita. Tutte queste informazioni non devono risultare allarmanti. Bisogna essere preparati ai cambiamenti che porteranno alla nuova era. Stiamo andando aldilà del denaro e del tempo dove i concetti basati sulla paura si dissolveranno del tutto.
Come prepararci a Finisterrae? Scandurra ci ha dato l'opportunità di accedere alle brecce dello spazio-tempo. Le botole, come le chiamava lui. Non tutti le scorgono, però. Un cane le fiuta, e anche questo è un fatto, però. 'Vedere' è un'espressione dell'anima, una sua potenza, ma per far sì che ciò avvenga bisogna risvegliare le nostre latenze. Questo ci insegna il maestro.
Talvolta accade che si penetri nelle brecce, diciamo così, senza saperlo, come se il caso unito in matrimonio alchemico con la Provvidenza Divina, congiurassero a nostra insaputa. Talvolta accade. La nozione di universo parallelo non è un'astrazione concettuale, ma una realtà concreta, quella di un altro universo, di un'altra Terra, coesistente con la nostra ma esistente in uno spazio diverso, a un diverso livello di vibrazioni e regolata da un tempo qualitativamente diverso. Al di fuori del nostro continuum spazio-temporale, al di là delle nostre percezioni, per un fenomeno il cui meccanismo sfugge ai più (grazie al Cielo), quest'universo parallelo, che vive di una vita propria, offre talvolta dei punti di contatto con il nostro, in modo breve e sporadico. Se per 'caso' un individuo occupa in quel preciso momento il luogo di congiunzione s/t egli oltrepassa senza saperlo questa breccia transdimensionale e si immette brancolando nell'universo parallelo. Il malcapitato, o se volete, il fortunato prosegue la sua rotta senza realizzare immediatamente che la terra che lo regge, il cielo che contempla, l'aria che respira, non sono quelli del mondo da cui proviene. Il punto di contatto, si manifesta di solito con l'apparizione di un ponte, un fosso, una grotta, luci volanti, marcatori che non sono situati nella nostra dimensione. Cosa si prova a oltrepassare la breccia? Beh, la prima sensazione è quella di estraneità nell'avvicinarsi alla zona di rottura s/t, la singolare fissità iniziale delle cose e delle persone di quell'altra dimensione nel momento in cui passiamo il guado. Perché questa percezione unilaterale? Perché non si accorgono 'gli altri' della nostra presenza? Queste brecce quando si producono, sono accompagnate da una specie di polarizzazione, uno schermo opaco per gli uni e trasparente per altri, come quelle lastre senza amalgama di stagno che da una parte sono vetri e dall'altra specchi.
Cosa succede dopo? Come per esigenze fisiologiche si esce naturalmente da uno stato di ipnosi guidata (esperienza personale), per una legge, questa sì universale, di conservazione psicoanimica, le energie che ci hanno introdotto nostro malgrado in una dimensione parallela, ci re-immettono nella nostra di origine. Accade per noi e accade per gli abitanti degli altri piani: la porta và avanti e indietro. Cosa ci rimarrà di questa esperienza extradimensionale? La consapevolezza che la Vita non è legata a condizioni fisiche insuperabili e che in circostanze speciali, spesso indipendenti dal nostro grado evolutivo, ci manda segni dell'infinito e dell'eterno.
Le spolette, gli amuleti perfetti, impediscono questi effetti di discrasia tra la nostra dimensione e le altre. Le chiavi per aprire la porta cosmica sono migliaia, ma pochi gli uomini che le custodiscono. È tempo di fare l'appello.
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