"Del
tutto abbandonato al rosso splendore della rosa"
Martin
Heidegger
“...L'uomo
deve riconoscere la piena misura delle proprie responsabilità ed
assumerla. Ma per poter far questo, deve riconquistare il giusto
rapporto con la verità delle cose, con le esigenze del suo io più
profondo,infine con Dio. Altrimenti soccomberà al suo proprio potere
e quella "catastrofe globale", diverrà inevitabile..."
Romano
Guardini (1885-1968) "La fine dell'epoca moderna. Il potere"
Ed.Morcelliana, 1950
"Che
cosa ci insegna la fine di questa guerra che non è mai stata
nazionale? L'idea imperialista del potere, da qualunque parte essa
provenga, deve essere resa innocua per sempre. Un militarismo
prussiano non deve più giungere al potere. Solo attraverso un'ampia
collaborazione dei popoli europei si può creare la base su cui sarà
possibile una costruzione nuova. Ogni potere centralizzato, come
quello che lo stato prussiano ha cercato di instaurare in Germania e
in Europa deve essere soffocato sul nascere. La Germania futura potrà
unicamente essere una federazione. Solo un sano ordinamento
federalista può oggi ancora riempire di nuova vita l'Europa
indebolita. La classe lavoratrice deve essere liberata mediante un
socialismo ragionevole dalla sua miserabile condizione di schiavitù.
Il fantasma di un'economia autarchica deve scomparire dall'Europa.
Ogni popolo, ogni individuo hanno diritto ai beni della terra!
Libertà di parola, libertà di fede, difesa dei singoli cittadini
dall'arbitrio dei criminali stati fondati sulla violenza: queste sono
le basi della nuova Europa"
Testo
tratto da uno dei volantini della Rosa Bianca, gruppo di resistenza
degli studenti contro Hitler, Monaco 1942/43.
RIVELAZIONE E ROVINA
Singolari sono i sentieri notturni dell’uomo. Quando nel mio notturno vagare passai attraverso stanze di pietra, e ardeva in ciascuna un piccolo, tacito lume, un candelabro di bronzo, e quando rabbrividendo mi accasciai sul giaciglio, al capezzale stava di nuovo la nera ombra della straniera e muto il mio volto celai nelle mani lente. Alla finestra era anche fiorito azzurro il giacinto e al purpureo labbro del respirante affiorò l’antica preghiera, dalle ciglia caddero lacrime cristalline, piante sull’amarezza del mondo. In quell’ora fui il bianco figliuolo alla morte di mio padre. A brividi azzurri giungeva dal colle il vento notturno, l’oscuro lamento della madre, che di nuovo moriva, e io vidi l’inferno nero nel mio cuore: attimi di lucente silenzio. Lieve affiorò dal muro di calce un volto indicibile – un giovinetto morente – la bellezza di una stirpe che tornava in patria. Bianca di luna la pietra fresca accolse la vigile tempia, si dileguarono i passi delle ombre sui gradini corrosi, nel piccolo giardino un girotondo di danza.
Muto sedevo in una taverna deserta sotto travi fumose, e solo col vino: salma luminosa china sopra una cosa oscura, e un agnello morente giaceva ai miei piedi. Dal marcescente azzurro avanzò la pallida figura della sorella e così parlò la sua bocca sanguinosa: «Ferisci, o nera spina. Oh, ancora risuonano le mie braccia d’argento di selvagge bufere. Scorri, sangue, dai piedi lunari, fiorendo sui sentieri notturni, su cui guizza furtivo squittendo il topo. Splendete improvvise, o stelle, sulle mie ciglia arcuate; e il cuore rintocca piano nella notte. Irruppe nella casa un’ombra rossa con spada fiammeggiante, fuggì con candida fronte. O morte amara».
E un’oscura voce uscì da me: Al mio morello ho spezzato la nuca nella selva notturna, quando dai suoi occhi purpurei balzava la follia; erano sopra di me le ombre degli olmi, il riso azzurro del fonte e la nera frescura della notte quando io cacciatore selvaggio scovavo una candida selvaggina; nell’inferno di pietra smorì il mio volto.
E lucente cadde una goccia di sangue nel vino del solitario; e come io ne bevvi, sapeva d’amaro più del papavero; e una nube nerastra avvolse il mio capo, le lacrime cristalline degli angeli maledetti, e sommesso fluì il sangue dalla piaga argentea della sorella e cadde una pioggia di fuoco su me.
Sull’orlo del bosco voglio andarmene in cammino silente, mentre con mani mute tramonta il sole chiomato; straniero pel colle serotino, levando le ciglia in pianto sulla città di pietra; fiera selvatica che ristà nella pace del vecchio sambuco; inquieto origlia il capo turbato, e lo seguono i passi esitanti dell’azzurra nube sul colle, e anche di astri severi. Da un lato scorre tacita la verde semente, accompagna per muschiosi sentieri il capriolo spaurito. Si sono serrate mute le capanne dei villaggi, e nella fosca calma di vento l’angoscia si leva dall’azzurro lamento del ruscello.
Ma quando discesi il sentiero rupestre, m’afferrò la follia e gridai forte nella notte e nel chinarmi con dita d’argento sulle acque silenti, vidi che il mio volto m’aveva abbandonato. E la bianca voce parlò a me: ucciditi! Sospirando si levò in me l’ombra d’un fanciullo e mi guardò raggiante con occhi di cristallo sì che caddi piangendo sotto gli alberi, sotto l’immane cupola di stelle.
Vago senza pace tra pietre selvagge lontano dai casolari serotini, dalle greggi rientranti; lontano il sole calante pascola sul prato cristallino e scuote il cuore il suo canto selvaggio, il solitario grido dell’uccello, morente in pace azzurrina. Ma sommessa tu arrivi di notte, mentre giacevo desto sul colle, o furiosa nella tempesta di primavera; e sempre più nera la malinconia annuvola il capo già tronco, orribili lampi agghiacciano l’anima notturna, dilacerano le tue mani il petto mio anelante.
Quando andai nel guardino già buio e la nera figura del male era appena discosta da me, m’avvolse il silenzio della notte colma di giacinti; e in un cavo battello percorsi le onde riposanti dello stagno, e dolce pace sfiorò la fronte impietrata. Senza parola giacevo sotto gli antichi salici e il cielo azzurro era alto sopra di me e pieno di stelle; mentre smorivo guardando, morirono nel più profondo di me angoscia e dolori; e si levò l’ombra azzurrina del fanciullo raggiante nel buio, in un canto soave: si levò con ali lunari sulle verdi cime, labbra di cristallo, il volto della sorella.
Con suole d’argento discesi i gradini spinosi, ed entrai nella stanza dipinta di calce. Tacito vi splendeva un candelabro ed io nascosi in silenzio il capo tra lini di porpora; la terra gettò fuori una salma infantile, una figura lunare, che lentamente uscì dalla mia ombra, con braccia mozze sprofondò in abissi pietrosi, tra fiocchi di neve.
Georg Trakl
“La
terra è quella che servendo sorregge […]. Il cielo è il cammino
arcuato del sole[…]. I divini sono i messaggeri che ci indicano la
divinità. Nel sacro dispiegarsi della loro potenza, il dio
appare nella sua presenza o si ritira nel suo nascondimento […]. I
mortali sono gli uomini. Si chiamano mortali perché possono morire.
Morire significa essere capace della mortein quanto morte. Solo
l’uomo muore, e muore continuamente, fino a che rimane sulla terra,
sotto il cielo, di fronte ai divini […]. I mortali sono nella
Quadratura in quanto abitano, […] in quanto salvano la terra, […]
in quanto accolgono il cielo, [...] in quanto attendono i divini
[...]. Nel salvare la terra, nell’accogliere il cielo,
nell’attendere i divini, nel condurre i mortali avviene l’abitare
come il quadruplice aver cura della Quadratura”
- HEIDEGGER,Costruire, abitare, pensare, in Saggi e discorsi, trad. it. a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p.99 s.
Il
Fanum Voltumnae, è la terra mistica, il sacro bosco della nazione
etrusca. Bosco sacro, ci viene suggerito dal frate domenicano Annio
da Viterbo, c.
1432 - 13 novembre 1502
(un 'Peter Kolosimo' ante litteram), considerato inattendibile dalla
cultura ufficiale, e già soltanto per questo motivo a noi prezioso
più di altri storici, le sue tesi furono riprese poi negli anni '60
da Mario Signorelli (medium e archeologo, anch'egli considerato
eretico farneticante, che conobbi e apprezzai), che indicava come
sede del Fanum Voltumnae, la città di Viterbo ed il bosco sacro un
luogo compreso tra il pago di Ferente (l'odierna Ferento), il pago di
Axia (l'odierna Castel D‟Asso), il pago di Urcla (Macchia Grande e
Vitorchiano), di Luserna (sito etrusco a 10 km. da Viterbo sulla
strada tuscanese) e il lago Vadimone (sito nel comune di Bassano in
Teverina), le cui acque sulfuree erano considerate sacre dai lucumoni
etruschi (protettori della selva); le dodici lucumonie etrusche erano
una sorta di stato confederato dell'epoca. I quattro avamposti di
osservazione, controllati dai sacerdoti, sorsero presso i suddetti
luoghi le cui iniziali sarebbero poi servite a contrassegnare
posteriormente la sigla F.A.U.L. significante Fanum di Voltumna,
insieme ad altri propugnacoli di difesa, sparsi in punti chiave del
recinto esterno. I lucumoni erano la massima autorità spirituale e
temporale del loro popolo, i dodici eleggevano il capo supremo della
confederazione denominato Varthe. Nel Fanu non dovevano abitare
civili, che non fossero pastori del gregge riservato ai sacrifici
propiziatori, né penetrarvi estranei senza una ragione consentita
dal lucumone. Il luogo era sempre abbastanza lontano dai centri
abitati e i Lucumoni vi accedevano ogni anno per compiervi il rituale
divino, discutere di questioni d'importanza collettiva, accumulare
tesori destinati al grande trapasso, poi permanervi con alternanza
del proprio mandato, a garanzia della stabilità operativa.
I
lucumoni son tutt'ora presenti tra noi come perispiriti, secondo la
nomenclatura del Signorelli; tale condizione ultrasensibile non
poteva che manifestarsi a noi. Infatti, siamo in stretto contatto con
i canali ultrafanici etruschi e sintonizzati soprattutto con le loro
esmeriche, campo metapsichico ed energetico inerente ad una
civiltà tradizionale, nell'accezione guenoniana, che malgrado
la sua fine storica lascia invariato il sacro fuoco fondativo alle
generazioni successive o sostitutive. Tutto vi è registrato di un
popolo, ideali paure morte rinascita guerre amore odio fede, un
archivio che è la memoria bio-storica e spirituale attingibile a chi
ha i rubinetti mentali dischiusi.
*
* *
Ci
ritrovammo tutti noi dell'anonima talenti intorno al Polo spirituale.
Un'adunanza che di volta in volta era indetta dal maestro secondo
necessità impellenti. Il luogo era da sempre ritenuto sacro dagli
esuli atlantidei, che ne sostenevano l'energia metapsichica da
millenni. Per chi dotato di capacità medianiche, non era poi così
difficile percepirne l'aura. Gli Etruschi vi collocarono il loro sito
sacrale principale. Misteriose chiamate ci fecero giungere lì, in
brevissimo tempo. Raccogliemmo il terriccio nei pressi del Faggio
Sacro, e secondo la prassi ce lo spalmammo sulle mani e dopo averlo
odorato inspirando col ventre, entrammo in stasi magica... la Rosa
Cremisi apparve, roteante su se stessa. Dal suo gambo sprizzarono
gocce luminose che ci bagnarono e un caldo tepore ci attraversò.
Momenti che sembravano non terminare, momenti di un silenzio luminoso
ci avvolsero. Non eravamo più soli. Intorno a Scandurra, altri
esseri si accovacciarono insieme a noi. Testimoni del silenzio
cosmico.
- Se ci facciamo catturare nella rete, egli ci inghiottirà nella sua crepa, perché gli oceani ci sommergeranno distruggendoci. L'Ombra ci terrà intrappolati sul fondo della rete e non potremo più risalire per uscirne. Attenti, amici, ogni pesce ha la sua esca. L'Ombra ci fa la posta, ci spia, ci tormenta con le cose di questo mondo. Il dubbio dei molti ci farà soffrire. Così ingabbiati non potremo aiutare la gente a vedere la Realtà che cambia. Trovate i cammini che dovete percorrere. Che ognuno di voi trovi il suo Oriente.
Con
queste parole sibilline, Scandurra col suo modo sbrigativo, senza
nascondersi dietro parole di circostanza, ci istruiva sulla fine di
un'era, quella definita oscura. Noi ci trovavamo in questo
specialissimo attraversamento, consapevoli della responsabilità che
la conoscenza ci imponeva. “Profeti di sventura”, ci avrebbero
urlato dietro, giudicati come raccontafavole dagli scettici e dai
superficiali, spernacchiati dai più e, dalle autorità costituite,
considerati propagatori di terrorismo psicologico. Non ce ne può
importare di meno, di fronte al sussulto del Cosmo che si profila
all'orizzonte degli eventi. L'Origine della Razza-Madre irradierà di
nuovo la sua Luce imperitura sull'universo manifesto, e questo
ricomporrà il tutto ora frammentato. Ogni uomo secondo l'energia
personale recepirà la Luce, per gradi e qualità.
Il
maestro tirò fuori dalla tasca del cappotto un foglio con su un
disegno a matita e ce lo mostrò. Una montagna con tre sentieri che
conducono alla cima, sopra la quale dimora un uomo che splende come
il sole.
- Ogni uomo può giungere alla vetta, ma gli ostacoli posti sul suo cammino sono diversi. Ognuno dei tre sentieri è facile se si sceglie quello giusto per noi, diventa difficile se ne prendiamo uno senza criterio. La montagna è l'infrastruttura che unisce Madreterra a tutti i Nove Mondi. Apparirà all'orizzonte di ogni luogo del nostro mondo, la distanza che ci separa dai suoi piedi sarà sempre la stessa, a prescindere dal posto in cui ci troveremo. La materia fisica si fonderà con la materia mentale, lo spazio sarà segnato dalle pietre miliari del tempo residuale. Berremo l'acqua rigenerante per mescolare i nostri pensieri. Si rivolteranno le coscienze, quello che è dentro è fuori e viceversa. Il compito dell'anonima e qui, su questo monte, non distante dalla Pallanzana. Osserveremo il Varco in prima fila e terremo avvinte le onde alla base dei Cimini. Attenderemo i saturniani, vengono da molto lontano, sono molto cattivi e molto armati. Ma non ci spaventeremo per questo. Teniamoci pronti, perché la paura che sta in agguato nella nostra anima può sempre uscire dalla tana. Per sconfiggerla non dobbiamo dubitare. Per una volta nella storia dell'umanità post-atlantidea, dovremo abbandonarci completamente al lumen.
“Siate
anime semplici, forti di ogni forza, che vi frega se vi prenderanno
per il culo o vi cacceranno nella gogna sociale”, Scandurra ce lo
ripeteva spesso. Nei primi anni '70 non riuscivamo a comprendere cosa
ci sarebbe potuto succedere, in termini di reputazione e di vita
sociale. “Sarete sconosciuti al mondo, ma il mondo sarà da voi ben
noto”, e questa condizione ci faceva in fondo comodo. Camminando
muro muro e senza la fastidiosa attenzione da parte dei profani,
avremmo potuto operare indisturbati. Però il giorno della
trasmissione sarebbe giunto. Il giorno in cui avremmo dovuto, tutti
insieme o separati, rendere pubblico il segreto, non era poi così
lontano. “Saranno c**** acidi”.
La
Terra poggia su un unico pilastro. La Fine di un Mondo inizia con un
processo e non con una data. Una data sul calendario darà il via al
processo della Fine di un mondo e il Tempo non sarà più lo stesso.
Ogni generazione avrà 36 giusti che intercederanno: saranno i
protettori nei momenti di crisi. L'uomo ha un immenso potere
nascosto, il potere di costruire e di distruggere, ma i giusti
armonizzano i mondi.
I
Templari ebbero ragione troppo presto, ma torto sul come. Ora non
possiamo più sbagliare. È tempo di far silenzio. La vigilia cosmica
del Varco ce lo richiede.
(segue
ultimo IUS)
Farai in tempo a pubblicare l'ultimo IUS?
RispondiEliminaIl processo cosmico me lo permetterà. Siam chiamati tutti a dimostrare cosa siamo capaci di fare, in prossimità dei tempi ultimi. Non saranno più i potentati mondiali a dettar legge sui popoli. Non saranno più i biechi e sociopatici governanti a guidare le nazioni. Non sarà più la superbia e l'arroganza criminale di chi trama nella fognia a determinare le sorti dell'umanità. Gli incappucciati dovranno tirar via le maschere e mostrare la deformità delle loro anime. Tutto sarà svelato. Il processo è avviato verso il collasso definitivo delle vecchie forme, già si avvertono i segnali dell'alba della Creazione, rinnovata e smagliante. Non tutto è deciso, non tutto è finito. L'Ombra deve ancora sferrare l'ultimo colpo e sarà assordante, tremendo, da scuotere il Cosmo. Non fate di questo momento un conteggio da ragioniere. Affinate i sensi e fate silenzio e non auguratevi trasformazioni cruente, intense, repentine, potreste non sopravvivere al solo cannoneggiare del tuono. Un conto è sapere, altra cosa è conoscere.
RispondiEliminaper la serie metti da parte il tuo io e preparati a tutto
RispondiEliminadella serie... che la nostra coscienza ci assista... Amen
RispondiElimina.... e se di grazia, possibilmente assista gli altri.
RispondiEliminaSi. Grazie Angelo. Le tue parole sono luce, lo sento ora così come all'inizio di questo percorso. L'unica cosa che mi auguro, l'unica (e non è dir poco), è un miracolo che rimuova ''il limite'', appunto se le condizioni cosmiche lo permetteranno, sì da comprendere chi siamo in realtà.
RispondiEliminaSono d'accordissimo con te sul limite da rimuovere, perlomeno a titolo personale...
EliminaDal canto mio l'unico desiderio è di poter essere d'aiuto a chi non sa, anche se onestamente io stesso non mi sento di sapere proprio un bel nulla( non nel senso della Dotta Ignoranza Socratica) ... sono fatto cosi', per me non si abbandona nessuno ... urla in me questo motto di una vita militare mai vissuta, o perlomeno, non in questo "giro di giostra" ...
e chissà che una forma di vera resipiscenza permetta anche a chi non è propriamente lindo (ma chi lo è?!?) di salvarsi...
Per un istante mi ha invaso oggi un sentire tale che il mio consueto io è apparso come marionetta, pupazzetto di videogame.
RispondiEliminaCome dire, una quasi inquietante profondità, la luce diretta del sole rispetto al suo solito riflesso.
Ma è stato solo un bagliore minimo, e già quello mi è sembrato troppo intenso da reggere. Siamo davvero così più grandi di quel che pensiamo? O era una lucida allucinazione?
Grazie, le tue parole sono acqua che rigenera lo Spirito. Il Mondo ci disprezza, ci deride, chiamandoci visionari, illusi, suggestionati. Ma come si fa a credere che quesro mondo di Ombre possa durare all'infinito?
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