Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

mercoledì 28 luglio 2010

IUS 26




1.
Potenze primigene, prima razza madre, multidimensioni, esseri celesti, sono i punti chiave di Scandurra. Una posizione centrale dei suoi insegnamenti, imprescindibile, riguardava l'ascesi o la trasformazione alchemica, come la definiva lui. Tuffi e immersioni in succulenti fondali fenomenologici: ecco il programma da noi seguito. Diventare quello che siamo sempre stati: destare gli dèi in esilio. Come primo passo verso la Via, dovevamo imparare a consultare l'oracolo; ma non nel senso letterale e ordinario. Scrutare i segnacoli, le coincidenze, i nessi, che incontravamo ogni giorno. Tutto il cosmo ci parlava, di continuo, eppure non ce ne accorgevamo. Dovevamo affinare i sensi per poter ricevere l'energie del cosmo, ossia dei piani più sottili, sovrasensibili. Come? Attraverso un ricettore d'energia lunisolare che dovevamo costruirci secondo un disegnino, un ankh, la chiave della vita, che Scandurra con tratti infantili ci aveva messo a disposizione. L'obiettivo era quello di polarizzarci in fluidi cosmici e utilizzare l'antenna ricettrice per immagazzinarli nel nostro corpo. Chiedemmo al maestro che materiale usare per il ricettore. Ci rispose che avremmo trovato quello giusto per ognuno di noi. Parallelamente all'antenna ricevente, ci diede un altra consegna per la nostra asana. Seguire un regime alimentare duro, per almeno quaranta giorni, evitando alcolici, caffé, carne. Ci dovevamo cibare di frutta (ce la passava lui, di quella speciale), latte, verdure crude e acqua del sindaco, di quella corrente. Era necessario questo regime perché favoriva l'esteriorizzazione del doppio, il corpo eterico.
Trasmutare l'unità corpo-mente, per essere in grado di ricevere gli influssi cosmici; e per trasmutare l'unità corpo-mente, c'era bisogno di captare gli influssi cosmici. Chiaro, no?
Per entrare nelle botole e oltrepassare la linea spazio-tempo, avremmo dovuto fare qualche sacrificio. Estrarre la nostra essenza e trasformarla in quintessenza. Elementale, Watson...

2.
Chi ha studiato e praticato l'occultismo, è a conoscenza dei mezzi empirici utilizzati dagli stregoni per riuscire a realizzare la propria volontà. Il maleficio è il mezzo più noto da sempre. Stregare qualcuno vuol dire proiettarlo in un'immagine che lo rappresenta e, in virtù delle leggi magiche di analogia, colpirlo indirettamente nella persona con atti esercitati su quell'immagine, il volt, in francese arcaico. Nel volt l'operatore nasconde la sua volontà formulata. Secondo Scandurra la stregoneria è una sopravvivenza corrotta di una raffinata scienza della mente. L'azione stregonesca non fa che riprendere una prassi ascetica del pensiero condensato, dinamicizzato e poi proiettato.
Ovunque, a tutte le latitudini e in ogni epoca, gli uomini hanno costruito e poi eretto riproduzioni scolpite, talvolta gigantesche, di esseri o di simboli misteriosi. Che queste riproduzioni siano di pietra metallo legno, le immagini appartengono, nello stesso modo dell'arte piramidale, a una scienza universale applicata dagli uomini prima dell'ultimo diluvio. La loro destinazione originaria sfugge alla cultura moderna. Vi è un legame che collega tra di loro le statue gigantesche dell'isola di Pasqua, gli Atlanti del tempio di Tula eretti dai toltechi, i Totem dei nativi dell'America del Nord, gli Dèi dell'antico Messico, i monoliti eretti dai celti e dagli ebrei, il Bafometto dei templari, i colossi dell'Anatolia, le madonne nere adorate nelle cattedrali gotiche cristiane. Se cerchiamo il legame misterioso che tiene unite queste diverse opere, scopriremo che le civiltà scomparse conoscevano e padroneggiavano una forza della Natura, nascosta ma presente ovunque. Gli alchimisti medievali e rinascimentali poterono ancora utilizzarne la potenza; nel XX° secolo invece, i moderni apprendisti stregoni hanno ricercato il suo inverso, distruttivo e letale, spaccando atomi e manipolando cellule, alla conquista di quel potere che presumono sia nascosto dentro la materia. È la Luce Cosmica, energia di espansione e di separazione, libera dalla morte (la persona non muore), permettendo al Sole di rinascere. I maghi antidiluviani, guidavano il mondo; alcuni presiedono tuttora alla sua evoluzione; tutti hanno avuto ed hanno ancora a loro disposizione una forza della quale i profani non conoscono la chiave. Questa forza emana dall'uomo e circola liberamente nella Natura e mette la vita in movimento.

3.
La luce di Atlantide fu proiettata sulla terra nera bagnata dal grande fiume. La civiltà egiziana è la sola che abbia saputo costruire con la coscienza dell'eternità, della lotta contro il tempo. Queste costruzioni fanno parte degli accessori sconosciuti dell'antica sapienza atlantidea. I sacerdoti dei santuari di Heliopolis e di Menphi non ignoravano nessuno dei segreti della vita universale. Sapevano maneggiare la Luce Cosmica designata col vocabolo di Nahash nel Sepher Bereshit di Mosè. Tale potenza doveva rimanere nascosta, dimenticata, avvolta necessariamente nella leggenda: era più facile far credere che fossero solo fantasticherie di popoli primitivi e superstiziosi...
Questi segreti risiedono in qualcosa di semplice, come tutto ciò che è grande. La verità è nella semplicità. La dinamizzazione del pensiero vivente e la sua proiezione, modificano le correnti della Luce Cosmica modellandole. L'idea trasformata in materia, unita all'esatta conoscenza delle correnti telluriche, permette di ottenere risultati prodigiosi. Il Nahash, sottoposto al pensiero vivente, si condensa e si accumula. I sapienti egiziani accumulavano grani di energia, immagini dei loro desideri e della loro volontà, all'interno di monoliti incisi e scolpiti. Tutti quelli che ritroviamo oggi appartengono a quella scienza che fu maledetta dai mercanti di religione. Queste immagini svolgono ancor oggi, il ruolo che migliaia di anni fa assegnarono loro i sacerdoti che le eressero.

4.
L'arte gotica nasconde la chiave della quarta dimensione e i misteri di una scienza sacra che gli iniziati si sono trasmessi dall'origine del mondo ad oggi. Dalla grande piramide di Cheope alle cattedrali, esiste una stretta correlazione. Quella di Strasburgo è alta 124metri. Il metro è la decimilionesima parte del quarto del meridiano terrestre. Per la geometria di questa cattedrale è stata utilizzata un'altra unità di misura, anch'essa basata su una delle dimensioni del nostro pianeta, e che dà delle operazioni senza resto. L'unità in questione è stata impiegata nella costruzione di Cheope, del Partenone e di alcune cattedrali francesi. Quella di Strasburgo ha una torre unica al mondo: la sua altezza è uguale all'altezza della sua base in rapporto al livello del mare. Il suo orologio astronomico, secondo un computo ecclesiastico dà l'ordine dell'anno nel ciclo lunare, permettendo così di conoscere le date precise nelle quali cadranno le lune nuove dell'anno. Questo è il numero aureo ecclesiastico, da non confondere con il numero aureo degli antichi. Poco distante dalla cattedrale, si trova il museo dell'Opera di Notre-Dame con la sala dei Massoni. Il monumento fu terminato il 1439, e da quella data si insediò la Loggia Suprema dei Massoni del Sacro Impero Germanico, possessori del vero numero aureo, chiave dell'antica architettura e base dell'armonia e delle proporzioni. Si dice che i massoni di quella Loggia avrebbero posseduto il Graal, nascosto ai profani da una rampa a campo magnetico di trasferimento, l'interruttore è situato in un altra cattedrale, quella di Colonia. La geometria e il simbolismo del monumento alsaziano, ci conducono verso rapporti tra le sue dimensioni e quelle di Cheope. Un esempio su tutti, il suo rosone a sedici petali che ha per centro un pentagono. Questi elementi disseminati nella cattedrale, si spiegano con l'applicazione del numero aureo, cioè la sezione aurea che è la divisione di una lunghezza, tale che il rapporto tra il segmento A e il più piccolo segmento B sia uguale a quello tra la lunghezza totale A+B e il segmento A. Questo rapporto, il cui valore universale è di 1,618 (una cifra tanto importante quanto il fattore pi greco), non è solo primordiale per il suo aspetto matematico, ma anche per il suo aspetto geometrico, a causa delle triangolazioni che ne derivano. Questo fattore fu applicato da pittori eccelsi per tracciare i loro quadri su canovacci geometrici. È la chiave dei grandi maestri dell'architettura.
La cattedrale gotica è l'enorme reliquiario delle grandi tradizioni della geometria esoterica, che collega la dimora filosofale (così Fulcanelli) a un sapere nato all'alba del mondo e nascosto dopo l'ultimo cataclisma. In ogni cattedrale gotica c'è un punto dove è sufficiente appoggiare un dito per far sì che l'intera costruzione crolli. Non mi risultano crolli, quindi il segreto è ben custodito. E vi è pure un altro punto sul quale una semplice pressione dopo aver pronunciato una parola vibrata, provoca l'apertura verso un mondo parallelo. A tale proposito, mi risulta invece che centinaia di persone dal medioevo ad oggi, hanno tentato di trovare il punto di accesso. Qualcuna ci sarà riuscita? Il segreto dei Templari e dei mastri tagliatori di pietra, riguardava la conoscenza dell'esistenza di altre dimensioni e il modo per accedervi. Sappiamo come andò a finire.

5.
Quando si parla della forma di un oggetto noi pensiamo allo spazio che occupa, facendo astrazione dalla materia di cui è composta. Lo spazio non è definito unicamente dalla grandezza dell'oggetto, cioè le distanze che separano le sue diverse parti; si tiene anche conto delle relative direzioni e della curvatura delle superfici. Tre dimensioni determinano la forma dell'oggetto: lunghezza, larghezza, altezza. Il segreto della arte occulta consiste nel calcolare, per mezzo del numero aureo, la forma di un oggetto a tre dimensioni nel quadro dell'armonia universale. Lo spazio che occupa allora questo oggetto, e la sua forma particolare, aprono la porta che dà sulla quarta dimensione. Ne diventa lo strumento vettore che permette di entrarvi. L'esperienza, mostra che nel nostro spazio a tre dimensioni i volumi sono proporzionali ai cubi delle lunghezze. Partendo da questa constatazione possiamo capire che in certi casi la forma e il volume di un corpo, calcolati con l'aiuto della geometria e della matematica ermetiche, fanno di questo corpo un passaporto per un universo parallelo. Fondamentale, quindi, è la conoscenza dei rapporti esistenti tra il mondo degli effetti e quello delle cause.
Le stesse iniziazioni, alludevano alla possibilità di far percepire al neofita la dimensione che gli è nascosta dall'imperfezione dei suoi sensi e dalla sua sordità alle realtà superiori. I libri di Fulcanelli, uno dei pochi, genuini alchimisti del ventesimo secolo, sono manuali operativi che permetterebbero la trasmutazione animico-energetica del discepolo, e usufruendo dei punti di comunicazione tra due mondi – le cattedrali e le spolette - l'uomo nuovo potrebbe dispiegare le sue ali e viaggiare oltre il tempo e lo spazio. Pochi crederanno a quanto affermo, e sono quei pochi che hanno tentato l'impresa. Grazie a Scandurra e al duro lavoro, ho potuto sperimentare l'immersione in varchi interdimensionali, passando da un universo ad un altro.
Il passaggio si effettua grazie all'azione di un campo di energia sottile ma diffusa, Luce del Mondo secondo gli alchimisti, una spoletta, un comune oggetto (ve ne sono al mondo alcune migliaia) ma non per questo meno nobile, che è la chiave e l'innesto, che è un processo mentale.

Chi possedesse questo pericoloso segreto, potrebbe apparire senza lasciare tracce in luoghi lontani o dimensioni aliene, per poi scomparire all'istante.
Scandurra riteneva che i padroni del mondo impiegavano risorse e mezzi considerevoli per scoprire il segreto del trasferimento dimensionale. Alchimisti, ermetisti, sciamani e salta-fossi scandurriani, hanno trovato la chiave di accesso e se la sono tenuta ben stretta. Minacciati, imprigionati, torturati, piuttosto si son lasciati morire; qualcuno è riuscito ad adoperare quel potere per sgattaiolare via, dove nessun tiranno potrebbe mai trovarlo.
Il segreto tecnico dell'apertura della botola che si affaccia su dimensioni tangenti, lo si trova negli insegnamenti interni di confraternite di regolarità millenaria, oggi in sonno. Ma pure presso uomini incredibili, che scelgono di rimanere nell'ombra, nell'attesa di incontrare una persona degna e pura di cuore, per trasmettere il dono. Già, perché di dono si tratta, senza prezzo.

6.
Le teste d'uovo della NASA, sono convinti che l'astronautica non ha un gran futuro, al di là della propaganda per le masse. Il Pentagono, che è il vero grand commis della Nasa, ha pianificato un progetto avveniristico, alla luce di un ovvio e quasi banale convincimento: è oneroso e poco produttivo, il viaggio a bordo di astronavi per andare da un pianeta ad un altro. La soluzione è il “teletrasporto”, noto grazie ad una fortunata serie di telefilms, Star Trek, saga fantascientifica che ha avuto inizio nel 1966 e ideata da Gene Roddenberry. Il Pentagono ha investito valanghe di dollari sul teletrasporto alla Star Trek, in cui un corpo umano verrebbe "scomposto", trasferito in un altro punto dello spazio, e quindi "ricostruito". Gli scienziati a stelle e strisce avrebbero così analizzato una cavia umana (perché di cavia si deve parlare) da teletrasportare, atomo per atomo, memorizzandone completamente la configurazione (ammesso che sia possibile farlo). Avrebbero poi fatto viaggiare questa informazione in un altro punto dello spazio, dove una quantità di atomi identica a quella iniziale è stata assemblata per riprodurre fedelmente la cavia di partenza. Il teletrasporto sarebbe simile ad una telescrivente olivetti, che trasmette messaggi di testo attraverso la rete telegrafica: l'informazione contenuta nel messaggio che scriviamo sul nostro dispositivo telex viene inviata e ricostruita da chi la riceve. Quello che viaggia è l'informazione, non la materia. Diversi e serissimi sono i problemi quando il messaggio da inviare è l'uomo:

-come estrarre tutte le informazioni contenute in un uomo;
-è per ora impossibile conoscere velocità e posizione di una particella secondo la fisica quantistica;
-non si conoscono le dinamiche della coscienza del viaggiatore durante il teletrasporto;
-non si è sicuri se l'uomo teletrasportato sia effettivamente lo stesso della partenza o un duplicato;
-l'io del teletrasportato potrebbe essere diviso.

Credete che queste domande se le siano poste quelli del governo-ombra made in USA?. La posta in palio è più importante di una vita, che è come ben sapete, sacrificabilissima quando ci sono in ballo le ragioni di stato e la leadership mondiale. Cosa è successo? Ebbene, alcune decine di cavie umane sono scomparse chissà dove, altre, invece, sono state ritrovate nel posto di assemblaggio, ma trasformate in una poltiglia di carne irriconoscibile. Orrore allo stato puro. Da dove ho attinto queste notizie? Teletrasporto, Scotty!
Gli scienziati non sanno una cosa che un fruttarolo viterbese ha da sempre sostenuto e dimostrato: quello che si rompe non ritorna più com'era prima. Passare da una dimensione ad un altra, è come trovare un guado per andare da una riva all'altra di un fiume. Difatti, l'accesso ai piani interdimensionali così come ce lo ha insegnato il maestro, non si avvale di ipotetici macchinari teletrasportatori, ma dell'insieme di fattori necessari: portali collocati in luoghi ove la barriera spazio-tempo è più sottile (l'acqua bassa), spolette e processi mentali speciali. Si varcano così i mondi.

7.
Sin dalla Seconda Guerra Mondiale, i governi alleati, l'Urss e il III°Reich, ufficiosamente, hanno investito capitali ingenti al fine di studiare e sviluppare le facoltà latenti dell'uomo. Sensitivi, maghi, medium, sono stati vagliati, selezionati e utilizzati per spionaggio, sabotaggio e condizionamento psichico dell'avversario. Non contenti, i governi alla fine della guerra hanno orientato verso altri obiettivi le loro ricerche psi. L'ossessione dominante americana e sovietica era ed è rappresentata dal viaggio dimensionale, con strumenti e uomini in grado di spostarsi da un universo ad un altro. Oltre all'uso fallimentare di teletrasporti tecnologici, come ho accennato sopra, le èlites politico-militari hanno sviluppato programmi sulla medianità, la vecchia ma sempre misteriosa modalità dell'anima che, in determinate condizioni, produrrebbe fenomeni di trasferimento di corpi nello spazio e nel tempo. I risultati, allo stato attuale delle cose, sono più lusinghieri di quelli tecnologici. Al contrario delle apparecchiature per il teletrasporto, le energie che si innestano durante lo stato medianico, sembrano non costituire rilevanti contro indicazioni per il sensitivo. Le èlites però non si faranno certo degli scrupoli, pur di conseguire gli obbiettivi.

8.
Il mio maestro conosceva le botole, antiche porte di accesso interdimensionali, disseminate un po' ovunque, ma non illimitate. Conosceva su dove affacciavano e la strada per il ritorno. Non si tratta di scomporre trasferire e ricomporre un corpo umano, come ipotizzato dagli scienziati. È la struttura stessa della dimensione a farsi più sottile, più permeabile, permettendo il passaggio da un universo ad un altro senza effetti collaterali per il viaggiatore. Non è poco, non credete? Qualcuno si domanderà, che se è vero quanto vado affermando, mi troverei in serio pericolo, anzi, sarei già 'terra per ceci'. Dovete sapere una cosa; quando conobbi Scandurra, il 1971, mostrò a me e agli altri i suoi poteri pazzeschi, con facilità e semplicità. A noi dell'anonima talenti chiese solo un piacere: di adoperarli soltanto per i compiti specifici interdimensionali, in considerazione del fatto che qualsiasi altro uso avrebbe comportato il risucchio del trasgressore nel baratro senza fondo.
Il 1978 fu avvicinato da agenti governativi di paesi stranieri, facile capire di quali, che avevano ricevuto informative su questo tipo strano e povero (la sua condizione sociale ed economica, destava curiosità e sconcerto). Scandurra, riuscì a defilarsi con semplicità, come? Li accompagnò presso alcuni punti di accesso genuini (fossi naturali e leghe di acqua salmastra, per lo più) e indicò loro come fare per attraversarli. Nessuno di questi agenti ebbe lo stomaco di immergersi in un fosso melmoso, puteolente, e che sembrava tutto meno che una porta verso l'infinito. La pratica “Scandurra” fu chiusa.
Il suo segreto rimane inviolato non perché ben custodito, ma perché è buon senso ritenerlo impossibile, una fantasticheria generata da una mente disturbata. Immersioni in varchi interdimensionali? Dentro un fosso malsano? Puah, è così poco esoterico e anti-scientifico...

VERSO LO SCALO INTERDIMENSIONALE: TERRANUSI 2
Il salone fu spazzato via da un vento gelido che emetteva un rombo spaventoso, come un ruggito. Insieme al rumore fortissimo, il vento trasportò verso tutti noi una fiumana di cose, pezzi di stoffa colorata, erbaccia, semi, spezzoni di specchi, residui molli come gelatina, ossa di animale o di uomo. Roberto ed io, istintivamente, ci gettammo per terra, a pancia sotto, coprendoci la testa con le mani. Cercai di dire qualcosa, ma il suono era così assordante da non permetterci nemmeno di comunicare fra noi. Non capivo cosa succedeva. Era così inaspettato tutto questo che mi bloccava ogni capacità di pensare. La mia visione globale, compariva e spariva, come un falso contatto. Che cosa potevo fare? Roberto mi toccò sulla spalla e mi invitò ad alzarmi. Con la testa abbassata e incurvato, lo seguii. Di tutta fretta ci avvicinammo ad una porta poco lontana, verso l'interno del palazzo. Arrivati davanti, essa si aprì automaticamente; immetteva in un montacarichi, così grande che poteva starci tranquillamente un camion. Entrammo senza indugi ulteriori. Dopo qualche secondo, il tempo di riprendere fiato, che mi resi conto della preoccupazione di Roberto. Gliela si poteva leggere in volto.
“Quel vento non era naturale. Abbiamo attraversato uno spazio esmerico, pregno di cose e forme-pensiero di chissà quale popolo. Sembrerebbe che qualcuno non abbia gradito la tua visita. Ci sono esseri ostili”.
Mosse delle piccole leve da un quadrante posto ad altezza-uomo sulla parete. Leve, corone, ganci e incavi, non davano esattamente l'impressione di un aggeggio elettrico, ma meccanico. Non notai alcun movimento del montacarichi. Passarono una decina di secondi. Roberto mi diede una pacca sulla spalla.
“Bene, siamo arrivati, Angelo, al sicuro da interferenze psichiche indebite. Ci troviamo ad alcuni kilometri sotto terra. Ora vedrai la grandezza degli ingegneri cosmici. Terranusi deve ancora svelare le sue meraviglie”.

domenica 18 luglio 2010

IUS 25




1.
Da Scandurra ho imparato una cosa fondamentale e sperimentabile. Noi viviamo in una dimensione, ma le nostre anime appartengono ad un'altra. È, quindi, più facile di quanto sembri salire ad un piano superiore dell'esistenza. Tutta questione di intensità di vibrazioni personali. Ci faceva un esempio incredibilmente concreto, alla sua maniera, quando cioè ci svelava verità metafisiche per mezzo di cose ordinarie. Tutto è nel tutto. Scandurra possedeva un ventilatore a due velocità che utilizzava durante le giornate afose d'estate. Grazie a questo apparecchio ci spiegava la fisica del teletrasporto, il passaggio attraverso i varchi interdimensionali e il processo alchemico.
“Se guardi un ventilatore che gira lentamente, sarai in grado di vederne le palette. Se sposti la manopola e lo fai girare rapidamente, non le potrai più vedere. Sono diventate invisibili e puoi vederci attraverso. Questo accade anche alle nostre anime, quando incominciano a vibrare sempre più velocemente. Col tempo non hanno bisogno di sforzarsi per passare da una dimensione all'altra”.
Ma in che modo le nostre anime passano attraverso il “ventilatore”, la barriera tra le dimensioni materiali e spirituali, senza venir scomposte? Per molte anime, il passaggio attraverso la barriera verrà compiuto al momento della morte fisica. Le vibrazioni saranno così rapide, nell'altra vita, che saremo in grado di passare attraverso qualunque barriera materiale, come la luce passa attraverso il vetro, come il calore passa attraverso un tubo d'acciaio. La vita, l'esistenza è interdimensionale, e seguendo una via di risveglio, di trasmutazione – molte sono le vie, ma pochi i viaggiatori, diceva – l'uomo può accedere a stati speciali prima della transizione della morte. Si impara a fluire con le frequenze dimensionali e ad entrare nei piani superiori dell'essere. Spirito corpo anima, saranno fusi in un'onda fluttuante, una forma elettrica primordiale, capace di penetrare in più dimensioni.
La metafisica di Scandurra non aveva bisogno di enunciazioni teoretiche, di concetti ben formulati filosoficamente. Era epigrammatico, ironico ma benevolente, immediato, utilizzava esempi di vita quotidiana, che tutti capivano perché ne avevano fatto esperienza. Ci diceva che se eravamo attaccati alle cose materiali, avremmo trovato delle sorprese assai indigeste quando passavamo il fosso. Avremmo capito a nostre spese cosa voleva dire portarsi appresso delle zavorre. In più di una occasione, oltrepassata la botola, ci siamo imbattuti in situazioni pericolose, pesanti, alienanti a causa del fardello esistenziale. Gli attaccamenti, il senso del possesso di cose e persone, acquistavano una rilevanza enorme oltre il velo. Diciamo, che abbiamo passato l'esame d'ingresso già su questo piano, senza aspettare la morte fisica: se l'egoismo e la superbia sono le coordinate della tua vita, incontrerai nell'altra dimensione uno specchio deformante per ogni situazione; fino a quando non ritroverai l'armonia, esso ti distorcerà. Quando hai l'esperienza incredibile di vivere su altri piani, ti accorgi di quanto siamo duri di cervice e infantili con le nostre preoccupazioni materiali. Si impara a mettere una sana distanza con ciò che è transitorio. Le diatribe, gli intoppi dell'ordinario, le beghe lavorative, le ambascie per le mancate gratifiche dell'esistenza, ci appaiono poca cosa. La ricchezza creativa, ma anche i vertiginosi accadimenti nei mondi interdimensionali, ci possono aiutare in maniera determinante a vedere la nostra vita quaggiù come l'inizio di un viaggio interminabile, una trasformazione continua, una responsabilità accentuata nei confronti dell'umanità e dell'universo. Queste cose non te le insegnano né a scuola né in sacrestia. La realtà, così come te la fanno percepire è una schifezza, piatta, senza via d'uscita; quasi sempre, i padroni del vapore si son divisi la torta, lasciandoci nell'ignoranza e nella bassezza, sbarrando con le buone e con le cattive le porte verso la liberazione. Ci tengono prigionieri, tutti accalcati, sporchi, ogni tanto ci danno l'ora d'aria, intanto loro se la ridono alla grande. Usano la legge come scudo per difendersi e l'adoperano a mo' di mannaia per impedirci di vivere da uomini liberi. I tempi che stiamo vivendo, sono i più bui e pesanti che storia umana abbia mai visto; la corda è sul punto di rompersi.
Diceva Scandurra:
“La Terra sta per partorire di nuovo, ma non tutti assisteranno al lieto evento”.


2.
L'esperienza scandurriana può essere schematizzata o, se preferite, circoscritta in pratica in una bottega magica dove ho percorso l'infanzia, la giovinezza e l'ingresso nella maturità spirituale. Questa bottega, mondo chiuso solo all'apparenza, è situata al confine interdimensionale ed è circondata da una città dove gli abitanti ignorano nella maniera più assoluta di vivere sul crocevia cosmico. I miei concittadini, ma sarebbe lo stesso per qualsiasi cittadino terrestre, sono felici di restare al sicuro entro le antiche mura medievali che li proteggono; in realtà le mura di cinta sono nella mente degli uomini. Ho più di una volta avuto l'impressione che alcuni viterbesi, si siano imbattuti accidentalmente nella botola sul baratro senza fondo, per una qualche particolarissima dinamica celeste hanno avuto tale miracolosa possibilità, ma si son tirati indietro senza rimpianti.
La mia città-mondo rappresenta il guscio di cui noi siamo i prigionieri, esso ci condiziona, limita la nostra libertà d'azione, frappone delle mura fra noi e l'esistenza vera, reale. Dalle sue segrete (l'inconscio) emergono forze che vorrebbero dominarci, farci rinunciare anche a quella parvenza di autonomia che ancora possiamo conservare, invitandoci all'abbandono, nell'ingannevole e torpida sicurezza del gesto ritualizzato sempre uguale, della vita ridotta negli interessi e negli scopi, della volontà drogata dalla privazione di ideali superiori. Scandurra critica la religione (intende tutte le religioni) e i suoi riti che, a causa della loro meccanica ripetizione, sono ormai diventati dei simulacri svuotati di ogni senso del sacro: la sacralità è viva e reale e si perpetua per il suo contenuto e non per il trucco o lo scenario. Della religione e del potere, ormai intimamente falsi, possono approfittare le forze oscure sempre in agguato: esse attendono il momento opportuno per scalzare un ritualismo falso e logoro, degenerazione del rito vivente. Scandurra ci dice che l'uomo vero deve, quindi, saper riconoscere queste forze che salgono dal fondo della sua anima, poi scendendo sino a loro, affrontarle, dominarle, renderle innocue. Solo così potrà essere libero, della libertà vera dello spirito e non di quella illusoria del corpo. Se saremo capaci di distaccarci dalla città-mondo, vincere le forze oscure che provengono dalla cantina dell'essere, allora, solo allora, potremo lasciarci dietro un mondo per trovarne un altro che ci attende.

3.
Quando attraversai la prima volta il fosso, si concretizzava un assunto iniziatico, quello cioè del superamento delle acque. Esso è un simbolo antichissimo che indica la condizione di chi, avuto sentore di un'altra sponda, è riuscito ad abbandonare quella della sua esistenza ordinaria per raggiungerla. Non è certo un caso che le apparizioni di esseri celesti in ogni parte del mondo, da sempre, avvengono spesso vicino a sorgenti d'acqua, grotte. La mitologia e la storia delle religioni, ci dicono questo: l'acqua è il grande conduttore. Poco importa se l'acqua è stagnante o limpida, il mezzo è quello. È un margine, un confine tra elementi della terra e del cielo. L'ingresso a mondi luminosi e oscuri.

VERSO LO SCALO INTERDIMENSIONALE: TERRANUSI
Ci accomodammo su uno dei pochi divani liberi. Subito fummo raggiunti da una giovane donna dai tratti somatici che indicavano la sua provenienza slava, ovviamente bella, che ci portò delle bevande bicolori. Mi domandavo perché le ragazze descritte nei romanzi o le attrici, sono sempre così belle. La stessa cosa sembrava accadere in quell'universo. Domanda stupida.
“Vedo che la osservavi attentamente, Angelo. Non è una cameriera, no, si occupa di questa sala svolgendo tutte le attività necessarie. Diciamo che qui non ci sono padroni né sottoposti. Vige una sorta di armonia sociale, come dirti, le attitudini di ognuno vengono valorizzate negli ambiti idonei. Ognuno può benissimo provare a cambiar mansione. Un consiglio si riunisce quando ce ne è bisogno ed è composto da tutti noi. Le decisioni da prendere alla fine si trovano, l'arte del compromesso, della sintesi è una prassi ben consolidata. Il potere sulla terra è piramidale, da noi nessuno lo detiene perché lo detengono tutti. La sfera è il simbolo che meglio rispecchia il nostro mondo”.
“Una forma di comunismo illuminato, in pratica”.
“Comunitarismo è la parola più indicata. Un sistema per così dire feudale senza principe. Un'insieme di corporazioni unite a singoli cittadini che non appartengono a nessuna categoria. Il nostro è un modello molto diffuso nella galassia, almeno tra i mondi periferici. Le risorse energetiche sono praticamente infinite e questo grazie agli antichi ingegneri cosmici. La ruota che hai prima visto è un rotore cosmico: opera nei varchi spaziotemporali collegandosi agli universi, e in più trasforma la fonte primaria per ogni nostra necessità ”.
“Un paese delle meraviglie. Un'isola felice. Credevo che queste cose appartenessero al mondo delle fiabe o ai paradisi promessi delle religioni. Invece mi ci trovo sopra”.
“Angelo, è la pochezza e la malvagità dei tiranni, politici preti che siano, a ridurre la vita dell'umanità in un angusto abituro, indegno di ogni creatura dell'universo. Ci sono forze e mezzi a disposizione di tutti per vivere liberi; ci sono le botole, come le chiama Scandurra, che ci permettono di vivere la multidimensionalità. Eppure tutto questo è sottratto all'umanità. Per la cupidigia, la superbia di pochi, ci hanno rimesso tutti. Scelte scellerate hanno compromesso l'età della Luce e hanno fatto sprofondare il mondo verso un oscuro destino. Uomini come Scandurra, sin da ere dimenticate, tengono operativi i portali di modo ché la nostra benedetta Terra non vaghi senza meta in uno spazio cieco. Alcuni esseri celesti, Rama Orfeo Gesù hanno in più occasioni tentato di risvegliare lo spirito sopito degli uomini. Era più facile e comodo adorarli che seguire i loro insegnamenti. Baciare idoli, inginocchiarsi, cercando surrogati di divinità, piegare il capo e ossequiare parvenze di luce, quando ogni uomo è un essere cosmico che dovrebbe ricordare la sua antica provenienza! Scandurra ti avrà già edotto. Le leve divine le abbiamo dentro, ma ci sentiamo smarriti, sudditi di qualche altro nostro simile. Preferiamo sperare in un paradiso dopo la morte, piuttosto che cercarlo prima”.
Quanto mi diceva con passione Roberto risuonava dentro ogni mia particella, si manifestava col sigillo di verità. Quante domande rivolgevo quotidianamente a Scandurra sul destino, la vita e la morte, Dio e le chiese, Cristo, l'anima. Lo tempestavo tutti i santi giorni con i miei dubbi, i miei tormenti, i retaggi tradizionali e la cultura dominante che mi rendevano debole, dimesso. Lui mi insegnava a destarmi, a risvegliare gli dèi in esilio, come li chiamava. Niente a che vedere con la tentazione satanica o col mito del superuomo. Risvegliando ciò che dormiva in me, ritornavo ad essere la degna creatura concepita dal Padre Celeste, per contribuire a restaurare la fratellanza e l'armonia di tutti gli esseri e le cose dell'universo.
“Roberto, ma i tuoi familiari, i parenti, insomma non ti cercano? Sei sparito senza lasciar traccia. Si saranno attivate subito le forze dell'ordine dopo 24ore della tua scomparsa”.
“In pratica ho lasciato delle tracce. Semplici lettere manoscritte, dove chiedevo perdono a tutti per la mia scelta irremovibile di cercare una nuova esistenza altrove, lontano”.
“Certo che effettivamente l'hai cercata lontana la tua nuova vita. Avevi una fidanzata? Le hai detto la verità?”
“Sì, ho avuto il permesso di rivelarle i miei propositi. Di più; le ho pure chiesto di venire con me. Non mi ha creduto e ha reagito malissimo. Non ha voluto nemmeno seguirmi per dimostrarle che non le raccontavo delle storie. Se le volevo veramente bene avrei dovuto rinunciare alla mia idea balzana, questo ha preteso. Non posso biasimarla. Non capita a tutti di partire per un altro universo e pretendere pure di esser creduto o addirittura assecondato nell'impresa. Quando sono andato via dalla Terra, lei era un'attrice in rapida ascesa. Era bellissima”.
“Scusami, non volevo riaprirti la ferita. Sono stato inopportuno”
“Caro Angelo, i ricordi belli ce li ho tutti nel cuore. I rimpianti pure me li sono portati appresso, ma poi si sono attenuati”.
“Non ti ho chiesto ancora il nome di questo posto, ammesso che ne abbia uno”.
“Terranusi. Da qui devono passare tutti i terrestri provenienti da ogni botola disseminata sul pianeta”.
“Immagino un traffico pazzesco...”.
“Buona questa, Angelo. Scandurra dice che molte sono le vie ma pochi i viaggiatori”.
“Me ne sono accorto”.
“Voglio farti conoscere il rilegatore. Un tipo speciale, simpatico e matto al punto giusto. Suo compito è quello di curare i libri dimenticati “.
“C'è un libraio pure qui? Gagliardo. Amo i libri, ne ho un culto speciale. Se ho due lire le spendo per comprarmeli. Le bancarelle sono il mio eldorado”.
“Vedrai, Angelo, ti piacerà. Era titolare di una libreria a New York. Poi, il suo amore per il pensiero e la fantasia di anime alte, racchiusi in quei piccoli oggetti di preziosa carta di cui aveva gran cura, gli ha permesso di incontrare uno come Scandurra e il gioco era fatto. Bisogna amare tanto e chi ama non sbaglia mai”.
Allungai la mano per prendere dal tavolino il bicchiere quadrato con quella strana bevanda dai colori blu e verde, divisi verticalmente. Ebbi qualche titubanza nell'accostare alla bocca il bicchiere.
“Angelo, è buonissima. Vedrai che ti sentirai meglio. È un corroborante.”
“Contiene droghe o alcol?”.
“Credi che ci sia bisogno di un extra in questo scalo che ti porta a spasso per l'universo? Tranquillo”. E rise di cuore alla faccia mia.
Bevvi tutto di un fiato, come andava andava. Caspita quanto era buona. Due liquori che si mantenevano separati perfino in bocca, poi a contatto col palato si mischiavano. Ero tutto un vibrare. Stavo benissimo. Raggiante nella mia soddisfazione. Alla prima sortita oltre l'universo conosciuto, e già mi sentivo a mio agio. Tutto era così splendente, armonico.
Proprio in quel momento riebbi la percezione della visione globale e quella bella sensazione di benessere, di pace, scomparve. Sentivo pressioni psichiche e suoni ad altissima frequenza da tutte le direzioni. Qualcosa di terrifico stava per accadere a Terranusi.

venerdì 9 luglio 2010

IUS 24


1.
Ho maturato la convinzione che per i fisici odierni non esiste, né può esistere, alcuna specifica concezione della Natura, tutto essendo destinato a rimanere indeterminato e indeterminabile. Per essi, ciò che veramente importa non è tanto interpretare i fenomeni della realtà in un modo o nell'altro, ma solo essere in grado di prevederli e di collegarli tra loro in un modo che sia suscettibile di essere sperimentalmente verificato. Vi sono eccezioni.

'I buchi neri. La fine dell'universo?' è il titolo di un libro di John Taylor uscito il 1978, per Armenia e lo si può trovare in via Merulana a Roma, presso la nota Libreria Rotondi. Lo acquistai con curiosità, anche perchè l'argomento mi intrigava assai. Stelle collassate diventano corpi neri che posseggono temperatura ed entropia definite dal loro campo gravitazionale e dalla loro superficie. Che fanno questi corpi neri? Irradiano particelle, così perdono progressivamente massa fino ad evaporare. Cosa succede poi? Inghiottono ogni cosa? Diventano finestre verso altre dimensioni? Molte le ipotesi. Era un periodo d'oro per me, in quanto passavo dalla metapsichica allo sciamanismo, l'alchimia e la scienza di frontiera; studi tipici di un dilettante incasinato ma entusiasta alla conquista della conoscenza. Il mio maestro poteva apparire l'ultima persona al mondo in grado di discettare di teoria della relatività o di parametri fondamentali dell'universo come la velocità della luce, la costante di gravità universale, la massa dell'elettrone, l'intensità della forza nucleare; sì, sembrava inappropriato a qualsivoglia discussione scientifica, ma che dico, intorno alle più semplici leggi fisiche dell'universo. Quando gli illustrai le tesi di fondo del libro, lui mi disse stentoreo:
“Dai buchi neri, come li chiami tu, nascono le galassie. Si aprono le botole cosmiche, così sgravano nuova vita”.
Ma che diceva Scandurra? Riprendendo oggi gli appunti segreti – sono tali perché non li ho mai divulgati, sino ad ora – mi accorgo che la sapeva lunga. Me ne accorsi quando, durante una serata da amici (l'anonima talenti di Scandurra, era composta di 10/12 tra donne e uomini) in un appartamento sito a San Martino (Vt), capitò un giovane ricercatore del CNR, Massimiliano, che accompagnava la sua fidanzata fissata di spiritismo. Lui la amava e si vedeva, ma era pure la sua disperazione. Ad un certo momento della sera, dopo una scorpacciata di broccoli impanati e fritti e fettine panate, innaffiati con vinello di Gradoli, la conversazione si spostò su di un terreno minato – temevo, in questi casi, di quello che poteva fare Scandurra. Il giovane fisico romano con la sua impostazione intellettuale, era quanto di più lontano poteva esserci dal mondo del maestro. Con una punta di sarcasmo malcelato, incominciò a negare sia quanto la sua ragazza sosteneva che tutto quello che concerneva il paranormale.
“Scopo della scienza è quello di descrivere e spiegare il mondo in cui viviamo...”.
Ma prima che potesse continuare, Scandurra alzò la mano come si faceva a scuola e destata l'attenzione del giovinotto saputello, disse:
“Mi piace caro ragazzo, dibattere sempre sul terreno del mio prossimo, non per sfida e presunzione. No, perché credo che ci si possa intendere meglio sul campo più vicino. La dispùta [la pronunciò accentandola sulla 'u' e questo generò una risata tra di noi, pensando che Scandurra volendo fare il figo, usava ogni tanto parole sconosciute al suo vocabolario] serve per capire meglio ciò che si crede di sapere, ascoltando il proprio interlocutaneo...”, altra grassa risata.
Il fisico, per educazione, trattenne una risata per gli sfondoni lessicali del maestro. L'atmosfera era simpatica, ci aspettavamo qualcosa di stupefacente da Scandurra. Intanto, il nostro cortese amico che ci aveva ospitato, mise un 33 giri sul piatto, la seconda facciata dell'album dei Pink Floyd, Meddle. Il brano era Echoes. Iniziava con un effetto sonar. Come in una regia teatrale, il maestro attaccò a parlare dopo poco che il suono pinkfloydiano prendesse quota.
“Caro Massimiliano, se osservi un effetto cerchi di capire quale possa essere la sua causa. Con una teoria, un esperimento che lo riproduce in 'labboratorio'. Bene. A volte le teorie sembrano buone perché spiegano abbastanza, ma non sempre sono giuste. Usi dei modelli per capire l'Universo. Modelli, si dice, vero? Poi non dite che leggo solo le bollette di gas e luce. Vedi, io non sono mai andato oltre la quinta elementare, ed è stata dura imparare le 'tabbelline', la 'grammantica', e tutte quelle altre fresche difficili. Ma ti dirò, mi sono imparato, grazie ad un maestro bravo molto, come funziona davvero l'universo. Non so se è 'scintifeco', però 'funzziona'. E te la dico tutta. L'infinità dell'universo non è niente ancora, c'è di più e di mejo”.

Scandurra infilava sovente nei suoi sporadici ma proverbiali discorsi-fiume, strafalcioni e vernacolo, ogni tanto riusciva perfino a non violentare l'italiano. L'uso di alcuni termini, concetti, era immaginifico e ben dimostrava l'assunto che si proponeva, suscitando interesse e curiosità tra di noi. Non di rado utilizzava terminologie tecniche precise, solo per addetti, da farci rimanere con un palmo di naso e allora non ridevamo più: quell'uomo era pieno di risorse, oltre ogni definizione.

“Devi sapere che ce so' effetti che precedeno le cause... che un 'alettone' [intendeva 'elettrone', ma forse si riferiva al quark, vallo a capire] arriva prima de partì”, Massimiliano lo interruppe.
“Parla in termini di fisica quantistica?”.
Scandurra gli rispose tutto compito:
“Regolare”.
Noi ridacchiammo sommessi, immaginando che la fisica dei quanti esulasse dalle materie di studio del maestro. Ma quanto ci sbagliavamo.

“La scienza moderna fatta dai professoroni, però qualcuno sdirazza, non ci fa conoscere il mondo com'è. Osservare una cosa non è garanzia di verità, ma soltanto quello che è secondo come lo vediamo. Ciò che vediamo non è ciò che esiste in assoluto, non è il mondo vero, ma quello apparente. Non sarà falso ma nemmeno completamente vero. È come il surrogato di cioccolata, ha un sapore che gli somiglia, ma la nutella è un'altra cosa, ma costa di più e quindi non è per tutte le tasche. Ci siamo noi costruiti i limiti degli strumenti. Se sei miope, c'è poco da fare, ti sfuggeranno sempre i particolari di una cosa. Ci vorrebbe una lente che ti corregge la vista, ma valla a trovare. A volte l'intuito compensa il limite, ma ci facciamo poco affidamento ormai. L'apparenza inganna, si diceva una volta, ma oggi crediamo solo a quello che ci appare. La scienza, la religione, parlano di cose parziali, secondo le convenienze; difendono il loro orticello ben coltivato, ma guai a quello che vi entra e dice, 'amici, fuori di qui ci sono altri orticelli, venite che vi ci accompagno'. Vedrai che pochi lo seguiranno per vedere se dice il vero o mente. I giardinieri ufficiali diranno, 'sei gojo [matto], fuori di qui non c'è niente, lo vuoi sapere meglio di noi che abbiamo deciso quello che è vero e quello che è falso?'. Se il gojo insiste, lo accicciano [ammazzano]. Ti ricordi di Gesù, lui venne e disse una cosa incredibile sia per quel tempo che per oggi: 'tutto il fuori è dentro'. Parlava dell'abisso senza fondo dentro ogni cosa e da ogni cosa ci si può arrivare. Sai come è andata, no? lo hanno accicciato. Regolare”.
Scandurra si riempì un altro bicchiere di vino e lo ingollò di un fiato, poi aspirò il sigaro cubano regalatogli da Zac. Lo si vedeva gongolare. Vino buono, sigaro ottimo, un interlocutore di livello e noi tutti a pendere dalle sue labbra. Imparai poi, che lui giocava in questi frangenti e recitava una parte, quella del guru proletario, la sua intenzione, invece, era quella di suscitare una vibrazione speciale in noi. Aprirci all'oceano cosmico, assaporarne i gusti e inebriarsi della bellezza della Creazione. Da qualsiasi argomento, o cosa o idea, lui ci apriva all'incommensurabile. Riusciva a trasmetterci suoni visioni sensazioni magiche.

Massimiliano tentò di obiettare, sostenendo che quella di Scandurra era filosofia spicciola, e comunque non aveva nulla a che vedere con la scienza, la ricerca. Scandurra sorrise.
“Ti faccio vedere una cosa. È la conoscenza delle leggi dell'energia e il suo controllo. Qualcosa che è collegato al più intimo funzionamento della mente”.
Prese dal tavolo un pacchetto di sigarette. Lo tenne sul palmo della sua mano per cinque o sei secondi, come se volesse pesarlo. Poi, lo riappoggiò al centro del tavolo e un secondo dopo, il pacchetto fu come inghiottito, sparì. Sentimmo tutti una leggera vibrazione.
“Ecco, le sigarette sono parcheggiate in uno spazio di un altra dimensione, qui accanto. Hai assistito ad un fenomeno di confine che ti strappa di sotto i piedi il pavimento su cui poggia la scienza e sfida ogni principio che voi ponete a fondamento del sapere stesso”.
Massimiliano rimase a bocca aperta e con gli occhi sbarrati. Scandurra lo aveva sconvolto. Ma non era finita lì. Riaprì il palmo della sua mano e, due secondi dopo, il pacchetto delle sigarette ricomparve al centro del tavolo. O meglio, fu espulso dal tavolo. Andammo a toccare il punto dell'apparizione, per sentire se fosse caldo freddo molle. Ci passammo il pacchetto, per tentare di verificare il suo stato, le eventuali variazioni. Niente di strano se non un leggero calore.
“Stabilisco io la linea di confine tra questo e un altro universo. Una parete, un tavolo, una finestra. Il pozzo del giardino o il retrobottega. Tutto è tangente. Basta entrare dentro le cose e ogni cosa entra dentro di te. Ammazzate come sono approfondito stasera...”.
Scoppiò a ridere e ci fece sobbalzare tutti da quello stato speciale di coscienza, tipico di quando ci si avvicina alla linea di confine.
“Caro Massimiliano quando la vita ti farà visita, tante certezze spariranno. Per ora hai una bella ragazza che ti ama, hai il tuo studio e la tua scienza. Domani ti auguro di trovare anche un senso a tutto questo. La sapienza non bazzica le università, né le stanze dei potenti. È come il vento, non sai dove nasce e quando lo senti, è già passato. Io ho scoperto da dove viene ed è meglio che lo sappiano in pochi. Ho messo le mani tremando su potenze nascoste, per captarle ed indossarle”.
Il giovane scienziato rimase in silenzio, abbassò gli occhi. Ebbe un leggero tremore. Non saprei dire cosa gli successe. Poi guardò il suo orologio e ci salutò; la sua ragazza andò via con lui. Lei ci fece sapere in seguito, che Massimiliano era convinto di essere stato ingannato da un trucco da prestigiatore e noi eravamo stati degni compari di un imbroglione.
L'esperimento del maestro fu spettacolare e semplice: rendeva ordinario lo straordinario. Uno di noi, frattanto, era alle prese con la nutrita collezione di long playing. Scandurra chiese se c'era un disco di Califano, al ché ci fu un mormorio di ilarità. Il nostro ospite, si scusò, ma non ascoltava quel genere musicale. West coast, rock psichedelico, jazz, si trovavano ben assortiti nella sua discoteca, insomma altra musica. Scandurra con il suo ghigno diabolico prese la parola:
“Tutto il resto è noia, prima di questa frase metteteci un'idea, una cosa che valga la pena su tutto il resto. È filosofia, è scienza, è vita. Franco ha centrato il problema dell'uomo. Se non siamo capaci di scoprire cosa conta davvero, l'unica cosa che per noi è importante, saremo sommersi dal nulla, la noia. Persino il sesso che tanto ci ossessiona, l'amore che sembra finire troppo presto, persino una cosa bella, poi, termina o, peggio, diventa abitudine”.
Un concetto filosofico da una canzone di quel tipo un po' volgarotto, sbracato, quel gigolò dei poveri. Scandurra ci voleva provocare. Giocava.
“Dovete crescere e provare la vita, scontrarvi con essa. La maledirete per le dure prove e vi ci aggrapperete quando fuggirà. La rinnegherete se qualcuno vi tradirà e la tradirete mille volte per vigliaccheria. Quando la sentirete passare tra le dita, quando ve ne rimarrà poca, vi odierete per averla sprecata con le stronzate. Da questo mondo spariamo troppo presto, per non viverlo con dignità e benevolenza, bevendo ogni goccia di esperienza, alzando più spesso possibile gli occhi al cielo. Fate una bella corsa quando incontrate un sentiero di campagna, anche se la panza vi pesa, ubriacatevi di alberi, di terra, di fiori. La libertà, amici, la libertà è troppo preziosa per farcela restituire a rate da qualcuno. Prendetevela tutta, subito. I nostri vecchi che di vita ne hanno consumata, eccome, hanno bisogno di chi la vita la deve vivere tutta, non dimenticateli. È vita pure quando una donna rifiuta il vostro amore, perché vi renderete conto che il desiderio a volte vi inganna, anche se lo scambiavate per passione sublime. È vita quando tutto vi va bene e non sapete perché, ma è vita pure quando tutto vi crolla addosso e puntate il dito contro tutti e contro Dio. E non capite perché la felicità scappa sempre via, perché i bastardi la sfangano e le brave persone ci rimettono sempre. Imparare è cambiare. Ecco, avete un'occasione per imparare cos'è la vita, e se farete tesoro dell'esperienze confinarie, vivrete meglio i giorni che vi resteranno da vivere nel conosciuto. Perché a quel punto saprete che viviamo in tanti frammenti che dovranno, prima o poi, ricongiungersi”.

VERSO LO SCALO INTERDIMENSIONALE
“Come ti sei trovato qui da noi? Non avevi indizi precisi, immagino. Scandurra è avaro di dettagli. Lascia a voi il compito della scoperta e per quanto ne so, nessuno ha mai avuto problemi.”
“Sono passato mi pare da mille porte – feci io – sembra una strada senza fine. Ho visto l'orologio delle dimensioni, la palla splendente, un topaccio puzzolente grosso come un cinghiale... non mi capacito ancora.”
Roberto mi mise la sua mano sulla spalla.
“Manco dalla Terra da una vita, e un po' di nostalgia, piccola piccola bada, la sento. Ho avuto un maestro come tu hai avuto Scandurra. Mi ha tirato fuori da un'esistenza piatta. Amministravo i beni di famiglia. Case terreni aziende. Ebbene, Angelo, di quella vita mi son rimasti solo i vestiti e un tono snob, ma non rimpiango certo il passato. Anzi, alcuni conoscenti che come me vivevano nel lusso, in quella noia mortifera, non vi avrebbero comunque rinunciato per nessuna cosa al mondo. Io ho rinunciato al molto che avevo, per l'infinito. Al confronto della nuova vita, la ricchezza è un bruscolino. Che ne dici? “.
“Caro Roberto, per me è stato più facile, se la mettiamo in termini di condizione sociale ed economica. Sono figlio di una famiglia dignitosa, però non vivo nel lusso, al contrario. Un paio di scarpe per l'inverno e un altro paio per l'estate, e tutte a crescere, così per qualche annetto si risparmia sul guardaroba. Non mi ha mai attirato la ricchezza. Né moto né abiti, né tutto quelle cose che fanno impazzire i miei coetanei. Voglio ben altro dalla vita. Conoscere sempre, conoscere tutto. Scandurra mi ha aperto la porta dell'ignoto. Chi è più fortunato di me al mondo?”.
Roberto assentiva mentre gli parlavo.
“Roberto, ma chi ha costruito tutto questo? Gli scali tra una dimensione e l'altra? Chi?”.
“Angelo, una grandiosa civiltà di immortali, vissuta miliardi di anni fa secondo il computo terrestre, ingegneri cosmici portatori di ricchezza e abbondanza per tutti i popoli della galassia, costruirono gli scali interdimensionali per collegare gli universi. L'obiettivo era quello di far incontrare conoscere e rispettare tutti gli esseri di tutti gli universi. Un piano immenso, un compito divino. Se ne ha una eco, un'ombra nelle teogonie indù, quando si narra dei tempi mitici ove gli immortali creavano universi... è giunto il tempo del ritorno dei grandi immortali”.
“Scandurra ci ripete una data, il 2012, la fine di un mondo o del mondo, non abbiamo ben capito. Si riferisce al tempo del ritorno?”
“Il 2012 è il tempo dell'inizio del grande balzo. L'umanità intera si troverà sulla soglia del tempo. Tutti insieme, in una palingenesi di fuoco rigeneratore, la civiltà della luce del nord, quella della grande isola in mezzo al mare, fino ai contemporanei, sarete proiettati a ricongiungervi con altri viandanti cosmici. E sulla riva dell'universo, vedrete tutti i mondi avvicinarsi, tutti i varchi allinearsi come onde oceaniche. La salvezza viene sempre dal cielo. Ora ti accompagno in un posto per rifocillarti. In Italia ti avrei offerto un aperitivo al bar centrale o nella tenuta di famiglia. Qui non badiamo a spese, anche perché non ve ne sono”.
Entrammo in un largo ingresso che immetteva in un palazzo spiraliforme, altissimo. C'era una hall come in un albergo lussuoso, vasta, dalle tonalità celesti e in una penombra che invitava alla riservatezza. Quasi con un senso di liberazione, mi avvidi della presenza di astanti comodamente seduti su bassi divani. C'erano venti persone tra donne e uomini, divisi in gruppetti che parlavano tranquillamente. Non riuscivo a capirli, ma li sentivo vicini, insomma, terrestri come me. Qualcuno si accorse della nostra presenza e ci fece un cenno di saluto. Mi venne spontaneo domandare sottovoce a Roberto, la provenienza di tutte quelle persone.
“Sono viaggiatori come te che attendono di partire.”
“Una sala d'aspetto di un aeroporto, voli internazionali, come a Fiumicino?”.
“Più o meno, - mi sorrise, divertito – ti accorgerai che ci sono sistemi diversi per viaggiare. Non partono aerei da qui, è questo mondo che si sposta”.

lunedì 5 luglio 2010

IUS 23


1.
Scandurra era un modificatore di universi. Sembra un'espressione a dir poco azzardata, quasi si trattasse di un essere divino, titanico. Invece, dopo anni di frequentazione e di esperienze, il maestro faceva sembrare facile, semplice, ordinario lo straordinario; il bello era che te lo faceva vivere, provare. Allora, ci dimostrava che in un angolo angusto del nostro mondo interiore, poco frequentato, in profondità ma attingibile, vi era un quid di potenza ignoto a tutti. [Il Grande Ignoto, in pratica, eravamo noi, in quanto esseri umani ignari di possedere le leve dell'universo: le spolette.] Modificare universi, significava operare incessantemente tra più dimensioni al fine di restaurare un ordine là dove esso era in pericolo. Ma a che tipo di ordine alludeva Scandurra? Ci raccontava che gli atlantidi avevano scoperto una singolare instabilità dell'universo, che comportava la progressiva e inesorabile fine di ogni forma di vita. L'accrescimento dell'instabilità in rapporto alla deformazione del continuum spazio-temporale, produceva una collisione tra universi tangenti dalle conseguenze inimmaginabili, e tutto questo avveniva in una unità-tempo ben precisa: un centesimo di secondo. Più volte ho accennato alla tesi del maestro sulla scomparsa del mitico continente. Ebbene, Atlantide scomparve, frapponendosi tra la nostra e un'altra dimensione. Ora, tutto accadde, allorché le fazioni contrapposte del Regno di Atlantide, sembravano contendersi il potere politico. In realtà, non di poltrone parliamo. L'una, voleva salvaguardare l'equilibrio cosmico tentando di ripristinare l'instabilità entro limiti accettabili; l'altra fazione, contro ogni umano sentire, si adoperava per incrementare l'instabilità, così da anticipare la fine dell'universo. A tal fine, i maghi neri (o i loro referenti ibridi, i saturniani) avevano costruito delle cosmonavi capaci di apportare entropia laddove erano destinate, soprattutto nei pressi delle cosiddette botole sul baratro senza fondo. Interrogammo il maestro sulle motivazioni che spingevano degli esseri umani come noi, sebbene evolutissimi scientificamente, a voler distruggere l'universo. La sua risposta era più o meno questa:
“Il male è un parassita molto tenace, distrugge solidità e bellezza della creazione e tutto ciò che è fertile, e vi lascia solo macerie. A certi livelli di conoscenza, l'essere, a qualsiasi universo appartenga, diventa folle e il suo delirio, la sua febbre, possono essere attenuati soltanto distruggendo tutto. Egli è spinto da una necessità indomabile di vuoto; è come sentirsi un dio inverso. Si guarda, infine, negli occhi Dio...”
Lo scontro fu così feroce, da portare l'intera Civiltà Umana sull'orlo dell'autodistruzione. I 'bianchi', onde limitare le conseguenze disastrose in cui si veniva a trovare il pianeta, che fecero? Sacrificarono Atlantide, facendola trasferire in blocco sulla linea di confine tra gli universi, in una sorta di stasi dimensionale. Evitarono così la distruzione della Terra. Tuttavia non riuscirono a neutralizzare completamente le forze sinistre. Infatti, i 'neri' si salvarono in buona parte, rimanendo su questo piano, con tutte le cosmonavi e annessi. Come fecero, è un'altra storia. Ma ne riparleremo.

2.
Scandurra mi aveva mostrato una nuova condizione dell'essere, un incoraggiamento al suo credo nell'Universo Magico, per cui era necessaria una completa rivalutazione della conoscenza del mondo. Ho rinunciato, e questo già nei primi anni settanta, al tentativo di spiegare, di cercare risposte in termini di causa ed effetto e previsione. Mi sono lasciato dietro la struttura pragmatica tipica del pensiero occidentale votata alla ricerca di risultati, vantaggi e domande da porre. Ho mutato tutto il mio modo di concepire i fatti.
Ognuno di noi sa tutto di qualcosa. Ci sono fisici che studiano il caos attraverso intricate formule matematiche e lambiccati modelli, cercando di capire se è possibile che “il battito d'ali di una farfalla a Los Angeles provochi un uragano a New York”, interpreti della teoria delle catastrofi, seguaci clandestini delle sinuose rappresentazioni dei frattali. Tutta gente che ricerca un criterio alternativo di razionalità nella disarmante irregolarità dell'universo. Il mio maestro Scandurra, già titolare di una bottega di frutta e verdura nella Viterbo anni settanta (questi i suoi titoli accademici), dal canto suo, decifrava l'amorfo del contingente, l'arbitrio del casuale, attraverso una percezione a priori, e lo tramutava in una struttura intellettuale dominata da vincolanti criteri di necessità. Scandurra era la prova vivente della possibilità di un principio ordinatore del cosmo, che tutto il reale è razionale in un modo speciale, che ci sono sintesi a priori del tutto incommensurabili. Per lui, passare da una dimensione all'altra, era come salire sulla scala mobile di un grande magazzino. Utilizzava, infatti, il passaggio automatico di trasferimento che permetteva di infrangere la linea di separazione tra gli Universi. Una botola, praticamente, verso il FOSSO SENZA FONDO che crea i confini del Cosmo.
Il concetto di universo parallelo sembra oggi tornato di moda [scrivevo questo il 1973], anche presso autorevoli fisici e matematici. Nel nostro ambiente poi, è pane quotidiano. Non c'è ufologo, contattista, medium, che non offra la sua versione esplicativa su tale teoria. Di cosa stiamo parlando? Si tratta dell'esistenza, vera o presunta, parallelamente al nostro universo sensibile percettivo, ma secondo modalità analoghe di manifestazione, di altri universi sensibili. Queste regioni normalmente si trovano tagliate fuori, indipendenti dal nostro universo, ma possono talvolta interferire con il nostro. Scandurra è quel “talvolta”. L'idea di universo parallelo presuppone dunque quella di separazione tra due sfere percettive, ma anche quella di passaggi occasionali da una sfera all'altra. Tra gli universi paralleli esiste solamente un'interazione debole.

3.
Scandurra indicava nell'anno 2012 l'apertura di un Varco cosmico, che avrebbe interessato l'intera galassia. Tutti noi dell'anonima, gli chiedevamo ulteriori informazioni e, soprattutto, cosa avremmo dovuto e potuto fare. Su questo evento, in preparazione di tale cosmico cambiamento, vertevano le nostre immersioni interdimensionali. Zac era tra noi, il più esperto in fatto di viaggi, ma la sua reticenza ci indignava alquanto. Tuttavia ce ne dovevamo fare una ragione, perché lui obbediva ad una consegna. Frequentando Zac anche in ambiti diversi dalla bottega, mi resi ben presto conto che stava cambiando. Questo suo mutamento riguardava sia l'aspetto fisico che quello interiore. Il suo sguardo, poi, era lontanissimo. Da qualche battuta che Zac si concedeva intorno ad un tavolo imbandito di ogni ben di Dio (nota era la sua passione per la buona cucina), emergeva uno status nuovo, che la sua vita principale non era più di questo pianeta. In chissà quali mondi passava buona parte del tempo speciale (diverso e dilatato rispetto alla nostra dimensione). Compresi che l'esperienza IVI (sigla che sta per immersione varchi interdimensionali, coniata dal nostro sodale tecnico-scientifico) coinvolgeva a tal punto il viaggiatore da trasformarlo sin nel profondo, DNA memoria intelligenza volontà, tutto cambiava.

VERSO LO SCALO INTERDIMENSIONALE
Decisi di ritornare sui miei passi e dirigermi verso la cittadella, con un semplice atto di volontà. Mi allontanai dal grande orologio, la sala comandi, fino alla sfera cangiante, abbassando le braccia e come un mirage a geometria variabile, atterrai in piedi sulla riva. Ebbi la forte sensazione che era il paesaggio a muoversi e non io a volare. Comunque, il globo luminoso si allontanò, ma sarebbe meglio dire, si smaterializzò; mi girai e di fronte a me, con quel muso da topo, stava il grosso roditore. Mi prese un colpo. Non me lo aspettavo. Mangiucchiava non so cosa e mi guardava. E se mi avesse parlato? Avrei sicuramente avuto la convinzione di vivere in un sogno acido. Invece se ne stava buono buono a masticare. Tentai un approccio amichevole, allungando la mano verso il suo capoccione. Pessima idea: digrignò i denti giallastri e mi sfiatò addosso del vapore grigio. Il suo fiato denunciava pasti pesanti: una cloaca di gas mi colpì. Certo, gli animali nei romanzi fantastici avevano ben altri aspetti, comportamenti e profumi. Continuava a fissarmi. Cambiai strategia. Agitai le mani per tentare di spaventarlo. Niente. Mi rivolsi al topolone con voce decisa:
“Che dobbiamo fare? Io devo andare lassù, in quella cittadella, tu che vuoi da me? Sono grosso da mangiare, vengo dalla Terra del sistema solare e non ti piacerei.”
Così avrebbe parlato un eroe in un qualunque romanzo di fantascienza anni quaranta. Sarà stato il mio tono scocciato, oppure la mia provenienza, il topolone si girò, inoltrandosi poi nel bosco. Cominciavo a sentirmi più a mio agio. Non c'era ostilità su quel mondo. Tutto ciò che è nuovo crea disagio. Uscii dal boschetto e guardai affascinato la splendida cittadella, aggrappata su quel picco. Stava lì, la magica cittadella, davanti a me. Una enorme porta trapezoidale preannunciava ricchezze architettoniche, artistiche, inimmaginabili. Difficile capire di cosa fosse fatta. Granito luccicante azzurro, levigato. Quello che però mi disorientò, era la mancanza di vita, o almeno all'apparenza. Colossale, alta 35/40metri, la oltrepassai con una certa apprensione. I palazzi sembravano fatti da mani umane, ma con una visione diversa, come dire, una altra possibilità costruttiva. Le forme erano diversificate fino a non distinguerle affatto: cubi piramidi sfere e altri volumi, su una medesima struttura e collegate da pontili da mozza fiato. Gli sfavillanti colori si fondevano benissimo, con sfumature che non avevano una ragione, o non la percepivo io. Era, la mia, una visione globalizzante, un grandangolo psichico che abbracciava buona parte della città. Mille stradine, vicoli, rampe che si slanciavano verso i piani alti dei palazzi, il tutto aveva una sua dimensione organica, un'alveare urbano non asfissiante sebbene intrigato, collegato. Ecco, la definizione della cittadella: un tutto collegato armonico.
Mentre guardavo affascinato, qualcuno mi diede un colpetto sulla spalla destra, mi girai di scatto perché pur con la mia nuova capacità onnipercettiva, non lo avevo visto. Un giovane uomo (umano?), dalla corporatura robusta, slanciato, belloccio, dall'incarnato rosa, occhi blu e capelli lunghi nerissimi che portava all'indietro, con un vestito all'inglese, mi sorrise e con fare cortese si rivolse a me:
“Faccio gli onori di casa. Mi chiamo Roberto Castelli Fornasieri, sto qui da alcuni anni terrestri. Sono un trasferitore. Sono ben contento di esserti di aiuto.”
Non avevo capito molto. Fornasieri, trasferitore... traccheggiavo. Non riuscivo a rispondergli. Stavo facendo una figuraccia. Pure da maleducato, sarei passato. Presi fiato e improvvisai una possibile risposta:
“Roberto, grazie della tua cortesia. Angelo è il mio nome. Mi aspettavi?”
“Non preoccuparti. Tra spirito e sensi si innesta un nuovo equilibrio. Sei ancora in rodaggio. È accaduto a tutti quelli di passaggio. La prima volta è così. Ti attendevo. Scandurra mi aveva avvertito 9 anni fa del tuo arrivo.”
Nove anni fa avevo cinque anni e non mi ero ancora trasferito con la famiglia a Viterbo. Ma perché mi stupivo ancora? Parlavo con un trasferitore di origine terrestre, che somigliava ad un modello dell'alta moda, in uno scalo interdimensionale. Che problema c'era? IVI.

giovedì 1 luglio 2010

IUS 22


1.
Scrivo queste vicende senza intenti divulgativi, soltanto per registrarli con passione e amore di discepolo, mi si passi il termine. È la meraviglia che mi spinge a raccontare, anzi, è l'esperienza che vivo, la vita unica e speciale che mi si fa incontro, è il miracolo disceso dentro il mio cuore. Vivere e scrivere ciò che vedo sento gioisco; disseminare tracce di accadimenti incredibili, che pochi uomini hanno vissuto, è un dovere, o almeno lo sento come tale. Non so se mai qualcuno leggerà le mie Cronache; se Scandurra mi permetterà di rivelare i segreti che ci ha donato; e comunque, credo che sia giusto lasciare un'impronta di questo uomo straordinario, perché una nuova generazione migliore di quella nostra, possa un domani continuare l'opera sublime che un 'fruttarolo' proveniente da Atlantide ci ha lasciato. Se le Cronache un giorno dovessero venire alla luce in un libro, non mi illudo che vengano accolte per quello che sono, cronache appunto. È fin troppo facile immaginare le ironie, le spallucce, gli sfottò di tutti gli scettici del mondo. Scandurra si nascondeva non per vergogna o timore, ma per non dare adito agli intellettuali con le loro obiezioni di confondere i semplici. Piuttosto operava in silenzio. Pertanto, se mi mettessi a spingere in qualche modo, onde ottenere la possibilità di una pubblicazione, non potrei evitare situazioni generanti dubbi, opposizioni. Allora trascrivo le Cronache per me, ma sotto sotto anche per ipotetici lettori, magari riservati, intelligenti, aperti di mente ma non creduloni. Esistono?

2.
A volte a bottega, mi portavo il taccuino dove appuntavo i fatti salienti delle giornate passate insieme al maestro; lui con gli occhietti furbi cercava di sbirciare cosa scrivevo e ridacchiava:
“Oggi non concedo interviste, aspetto il contadino che mi porta certi cavoli...”.
Quando ero corrucciato per qualche problema ordinario, lui schioccava le dita e mi rassicurava:
“Andrà bene, il karma si riassorbe”.
E dopo un po' quel peso allo stomaco che avevo, scompariva. Magia? Suggestione? No, il maestro assorbiva su di sé l'onda emotiva. Si metteva sulle spalle quelle mie piccole croci. Lo faceva con tutte le persone che ricorrevano a lui: uscendo dalla sua bottega erano più sollevate e piene di speranza. A suo modo, era un santo, senza altare e senza chiesa, certo, ma come si dice a Viterbo, c'aveva un core così.
Mi accorgevo di certi suoi momenti difficili, che solitamente mascherava assai bene. Tentavo di stargli vicino, senza mostrare particolare premura. Allora si rideva su cose futili, curiose. Per lui l'amicizia era una cosa sacra, proprio per questo aveva pochi veri amici e tanti furbi approfittatori, ma non si crucciava. Quello che contava per lui nei rapporti, era quanti etti di cuore ci si metteva sopra, senza interessi né senso del possesso. Pochi erano disposti ad aprirsi, a concedere un pezzetto d'anima agli altri. Tutti accartocciati e chiusi nel proprio bozzolo egoico, impauriti a mettersi in gioco, a rischiare per qualcosa di importante, di esemplare. Con Scandurra tutta la vita.

3.
Quando sentivo in tv attacchi e accuse nei confronti di guaritori e sensitivi, tutti, indistintamente, considerati cialtroni e perniciosi, avevo un moto di rabbia che a stento controllavo. Scandurra era la prova vivente di un uomo dai poteri e conoscenze fuori dall'ordinario, che aiutava il prossimo gratuitamente e senza dare a vedere i sacrifici che gli costavano; e poi, qualche giornalista o scienziato, per motivi non sempre elevati, sparava a zero su quel mondo dell'occulto, dove c'erano senza dubbio imbroglioni, come in ogni settore del resto, ma pure operavano personalità eccezionali, che donavano la loro vita agli altri. La stessa grassa Chiesa cattolica, puntava il suo dito inanellato d'oro e rubino, contro medium e paragnosti, maghi ed esoteristi, bollandoli di eresia, accusandoli di propagandare la superstizione, di commerciare col demonio. Si respirava negli anni settanta una non dichiarata pubblicamente caccia alle streghe, ingiusta perché generalista, sospetta perché nascondeva timori innominabili. Scandurra mi rassicurava a modo suo:
“Tanto verranno prima o poi tutti a bottega”.
Per certi versi era profetico. Ho visto passare dal mio maestro, tanta di quella gente, di ogni ceto e fede, preti intellettuali funzionari medici, oltre a tante persone bisognose con la speranza di veder risolti i loro guai. Col tempo, mi rassegnai; gli scettici a prescindere, gli invidiosi, i superbi, erano una categoria dell'umanità che ci avrebbe accompagnati fino alla fine, fino a quando avrebbero visto con i loro occhi, la verità. Forse.

4.
Scandurra a volte si soffermava su quello che sarebbe dovuto avvenire di lì a poco – correvano gli anni Settanta - ovvero sulla fine della Terra accompagnata al risveglio delle materie oscure, anzi, proprio il ribaltamento dello stilema scienza/magia. Le sue riflessioni sembravano più pensieri a voce alta, non erano informazioni, descriveva ciò che vedeva, il tutto trattato in modo crepuscolare. La sua visione che il futuro e gli altri mondi non saranno semplici estensioni di ciò che è adesso, bensì dimensioni completamente aliene, ci lasciava atterriti. Intravedeva un varco di proporzioni cosmiche intorno all'anno 2012 e che avrebbe interessato tutta la Via Lattea. Noi gli chiedevamo perché proprio quella data [non sapevamo nulla di profezie Maya]; lui, ci sussurrava:
“Siamo in riserva e l'indicatore segna già il termine”.
[E pensare che ci sembrava così lontano il 2012, un altro millennio. Non ci riguardava. Ora ho 52anni e sento su ogni cellula del mio corpo, l'approssimarsi di tale scadenza.]

VERSO LO SCALO INTERDIMENSIONALE
Quella sfera multicolore di energia cangiante, radiale, fenomeno fluttuante, mi assorbì. Sì, è il verbo giusto. Avevo la lucida sensazione di fondermi con essa. E così decollai, sì, decollai e allargai le braccia a mo' d'aeroplano per bilanciarmi, istintivamente; passavano i secondi, ma sembravano più corti, mi avvicinavo fin quasi a toccarla. La sfera di plasma luminescente stava sospesa dinanzi a me, i suoi colori mutavano velocemente, in mille sfumature, alcune non riuscivo nemmeno a percepirle, per me erano letteralmente ignote. Volavo, la mia stessa intenzione dava la direzione al movimento. Il pensiero vivente mi guidava senza incontrare ostacoli. Sentivo di poter fare qualsiasi cosa. Quindi vi entrai e un suono profondo, un basso abissale mi investì. Ero fatto di suono luce energia movimento gioia vibrazione espansione leggerezza. Cosa succedeva? Tempo spazio e conoscenza, lasciavano il posto ad uno stato dell'essere nuovo, intermedio, quando la scena mutò e mi trovai davanti ad una ruota gigantesca color testa di moro, anch'essa sospesa ma sopra un territorio collinare bluverde, inframezzato di laghi dalle acque rosse. Assomigliava ad una ruota di carro, semplice, robusta. Le orbitano intorno. Il suo diametro era quello di un campo da calcio. Non produceva suoni e girava su se stessa in senso orario, una immane lancetta dei minuti. Poi cambiò ancora, come in dissolvenza: da una rudimentale ruota agricola ad una specie di orologio da campanile marziano, composto da decine di ingranaggi sovrapposti che giravano nei due sensi. Anziché i numeri, vi erano miriadi di simboli non riconoscibili, immagini in movimento di paesaggi alieni (ma potevano pure essere terrestri) e forme statiche.Un simbolo del Tempo? Oppure era il dio del Tempo? Ma io cosa ci facevo lì? Chi avrei dovuto incontrare?
La sensazione di me stesso permaneva e cioè vivevo uno stato onnidirezionale, globale, circolare, interno/esterno. Questo mi permetteva, evidentemente, di poter accedere ad informazioni che andavano ben oltre le capacità sensoriali e cognitive ordinarie. Ad un certo momento, un flash e sapevo o ricordavo. Giravo intorno ad un meccanismo che regolava la meccanica celeste dello scalo interdimensionale. Detta così, sembrerebbe cosa astrusa, letteraria, fantascientifica. In realtà, era la sala comandi che muoveva e dirigeva l'entrata e l'uscita verso un altro universo. Chi erano gli ingegneri cosmici che avevano realizzato quest'opera colossale di scali dimensionali? Quale civiltà così grandiosa, evoluta, era stata capace di collegare tra loro gli universi? Caspita, vivevo un'esperienza impossibile soltanto a formularla, unica forse al mondo; ma poi ripensavo a Scandurra, umile fruttarolo di Viterbo e allora rivedevo il tutto con un altro spirito, quello di servizio. Non stavo facendo un trip psichedelico per godere di chissà quali effetti coscienziali; ero lì per un compito ben preciso. Dovevo recarmi in quella cittadella fantastica, poggiata sul picco della montagna azzurra. Avevo un appuntamento, certo. Con chi? Non lo sapevo ancora, ma lui mi avrebbe riconosciuto.