Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

mercoledì 25 agosto 2010

The bowmen (Gli arcieri) di Arthur Machen






Accadde durante la ritirata degli Ottantamila, ed il segreto militare impedisce di aggiungere altri dettagli. Ma fu proprio nel giorno più orribile di quel periodo orribile, nel giorno in cui la rovina ed il disastro arrivarono così vicini che la loro ombra si proiettò fin sulla lontana Londra; quando, senza notizie dal fronte, gli uomini sentirono il cuore venir meno e riempirsi di angoscia; come se l’agonia dell’esercito sul campo di battaglia fosse entrata nelle loro anime.
In quel giorno da incubo, dunque, quando trecentomila soldati con la loro artiglieria fluirono come un’inondazione contro la piccola compagnia inglese, c’era un punto che, più di ogni altro punto, si trovò per un certo tempo in estremo pericolo, non solo di essere preso dal nemico quanto, piuttosto, completamente annientato. Con il permesso della Censura e degli esperti militari, questo angolo potrebbe, forse, essere chiamato come avamposto, e se questo avamposto fosse stato preso e le sue difese infrante, allora l’intero fronte inglese sarebbe stato diviso, gli Alleati rimasti avrebbero dovuto ritirarsi ed una nuova Sedan(1) sarebbe stata l’inevitabile conclusione.
Per tutta la mattina i cannoni tedeschi avevano tuonato e fischiato contro questo angolo, e contro il migliaio di uomini che lo tenevano. Gli uomini si burlavano dei proiettili, davano loro buffi soprannomi, e facevano scommesse e li salutavano cantando strofe di canzoni d’avanspettacolo. Ma i proiettili arrivavano, e perforavano e facevano a pezzi coraggiosi soldati inglesi, e separavano fratello da fratello e, così come cresceva il calore del giorno, così faceva la furia di quelle terrificanti cannonate. Non c’era nulla che si potesse fare, o così sembrava. L’artiglieria inglese era buona, ma non era neppure lontanamente sufficiente; e sotto quel martellamento si trasformava lentamente in un ammasso di inutili rottami.
C’è un momento durante una tempesta sul mare quando le persone si dicono l’una con l’altra: “Questo è il momento peggiore, non è possibile che soffi più forte” e poi arriva un colpo di vento dieci volte più violento di tutti quelli che l’anno preceduto. Così succedeva in quelle trincee britanniche.
Non c’erano cuori più saldi nel mondo intero dei cuori di quegli uomini; ma persino loro restavano attoniti mentre questo inferno sette volte arroventato(2) di cannonate tedesche gli cadeva addosso, e li sommergeva e li distruggeva. E proprio in quel momento videro dalle trincee che una tremenda armata stava muovendo verso le loro linee. Dei mille che erano stati ne restavano cinquecento e, per quel che potevano vedere, ora la fanteria germanica stava avanzando, colonna dopo colonna, una massa grigia di uomini; diecimila, come si seppe dopo.
Non c’era nessuna speranza. Alcuni di loro si strinsero la mano. Un uomo improvvisò una nuova versione della canzone di guerra Addio, Addio a Tipperary, terminandola con un laconico “E non ci arriveremo mai”. E tutti continuarono a sparare senza esitazioni. Gli ufficiali fecero notare che un’opportunità così buona per fare tiro al bersaglio avrebbe potuto non capitare mai più; i tedeschi cadevano fila dopo fila; l’umorista di Tipperary disse, “Altro che Sidney Street!(3)” e le poche mitragliatrici fecero del loro meglio. Ma tutti sapevano che era inutile. I cadaveri grigi giacevano a compagnie e battaglioni, ma altri arrivavano senza sosta, e sciamavano e si muovevano ed avanzavano sempre più.
“Nei secoli dei secoli(4). Amen”, disse uno dei soldati Britannici un poco a sproposito, mentre prendeva la mira e sparava. E poi si ricordò – dice che non saprebbe dire perchè o per quale motivo – di un bizzarro ristorante vegetariano a Londra, dove un paio di volte aveva mangiato piatti eccentrici a base di polpette di lenticchie e noci che cercavano di farsi passare per bistecche. Su tutti i piatti, in questo ristorante, era stampata in blu un’immagine di S.Giorgio e sotto c'era scritto: Adsit Anglis Sanctus Georgius – Possa S.Giorgio aiutare sempre gli inglesi. Si da il caso che questo soldato conoscesse il latino ed altre cose inutili, e così, mentre sparava al suo uomo nella massa grigia che avanzava – trecento iarde più in là – mormorò il pio motto vegetariano.
Continuò a sparare senza interruzione, finchè Bill, che stava alla sua destra, dovette fermarlo dandogli un colpetto in testa e facendogli contemporaneamente notare che le munizioni del Re costavano denaro, e che quindi non c’era motivo di sprecarle con leggerezza trapanando fori inutili nel corpo di un tedesco già morto.
Il fatto è che, quando lo studioso di latino aveva sussurrato la sua invocazione, aveva sentito qualcosa che stava a metà tra un brivido ed una scossa elettrica passargli attraverso il corpo. Il ruggito della battaglia si era spento nelle sue orecchie ed era stato sostituito da un gentile mormorio; poi, dice, udì una gran voce e poi un comando che risuonò più forte di un corno da guerra: “In riga, in riga, in riga!”.
Il cuore gli si scaldò come carbone ardente, e poi si raffreddò come se avesse del ghiaccio in petto, perchè gli sembrava che quel tumulto di voci rispondesse alla sua invocazione. Udì, o gli sembrò di udire, migliaia di persone urlare: “San Giorgio! San Giorgio!”
“Ha! Messere. Ha! Buon Santo, assicuraci la salvezza!”
“San Giorgio, per la bella Inghilterra!”
“Saccheggio! Saccheggio! Nostro Signore San Giorgio, soccorrici.”
“Ha! San Giorgio! Ha! San Giorgio! Un arco lungo ed un arco forte.”
“Cavaliere del Paradiso, aiutaci!”
E mentre il soldato udiva queste voci vide di fronte a lui, oltre la trincea, una lunga linea di forme circondate da un alone luminoso. Erano come uomini che tendessero l’arco e con un altro urlo, la loro nube di frecce volò cantando e tintinnando attraverso l’aria verso le armate tedesche.
* * * *
Gli altri uomini nella trincea non avevano mai smesso di sparare. Non avevano speranza, ma prendevano la mira esattamente come se stessero sparando a Bisley(5).
All’improvviso uno di loro alzò la voce ed iniziò a parlare. “Iddio ci aiuti!”, muggì all’uomo che gli stava vicino, “Siamo davvero dei tiratori eccezionali! Guarda quei ... gentiluomini grigi, guardali! Li vedi? Non cadono a dozzine, neanche a centinaia, vanno giù a migliaia, vanno giù. Guarda! Guarda! Un intero reggimento è andato giù mentre stavo parlando con te.”
“Piantala!” grugnì l’altro soldato, prendendo la mira, “Che cosa stai cianciando?”
Ma rimase senza fiato per la sorpresa perchè, davvero, anche mentre stava parlando, gli uomini grigi cadevano a migliaia. Gli inglesi potevano udire le grida gutturali degli ufficiali tedeschi, lo scoppio dei loro revolver quando sparavano agli uomini che non volevano avanzare e tuttavia, linea dopo linea, cadevano a terra.
* * * *
Contemporaneamente, il soldato che sapeva il latino continuava ad udire le grida:
“Saccheggio! Saccheggio! Nostro signore, buon santo, vieni presto in nostro aiuto! San Giorgio, aiutaci!”
“Grande Cavaliere, difendici!”
Le frecce tintinnanti volavano così veloci e fitte da oscurare l’aria, l’orda pagana si sciolse di fronte a loro.
“Altre mitragliatrici!” urlò Bill a Tom.
“Non le sento.” rispose Tom, “Ma grazie a Dio, in ogni caso, si stanno ritirando.”
Infatti c’erano diecimila soldati tedeschi morti sul campo davanti a quell’avamposto dell’esercito inglese, e di conseguenza non vi fu nessuna Sedan(6). In Germania, paese governato da amministratori scientifici, il Grande Comando Generale decise che gli spregevoli inglesi dovevano aver usato un gas velenoso di natura sconosciuta, dato sul corpo dei soldati morti non c’era nessuna ferita visibile.
Ma l’uomo che sapeva che sapore avessero le noci quando tentavano di farsi passare per bistecche, sapeva anche che S.Giorgio aveva portato i suoi arcieri di Agincourt(7) per aiutare gli inglesi.
Arthur Machen
trad. e note di Marco R. Capelli
 
Note:
1.Si riferisce alla battaglia di Sedan, combattuta il 1° Settembre 1870 durante la guerra Franco-Prussiana e conclusasi con una clamorosa sconfitta delle forze francesi e con la cattura di Napoleone III. E’ usato come sinonimo di completa sconfitta.
2.Si fa probabilmente riferimento alla descrizione biblica della fornace di Nabucodonosor che era sette volte più calda di qualsiasi altra fornace. (Daniele 3:23). E’ una delle rappresentazioni bibliche dell’inferno.
3.Probabile riferimento ad un fatto di cronaca del 1911, una sparatoria tra bande anarchiche avvenuta nell’East End di Londra che si concluse con numerose vittime. All’epoca in cui fu scritto il racconto era un evento piuttosto recente e ben noto.
4.In originale “world without end”, da S.Paolo, Efesini 3:21 che recita: “To him be glory in the church, and in Christ Jesus unto all generations, world without end. Amen” ovvero “A lui la gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli! Amen”.
5.Campo di tiro al piccione poco fuori Londra.
6.Vedi nota 1.
7.Si riferisce alla battaglia di Agincourt (25 Ottobre 1415) combattuta durante la Guerra dei Cent’anni, che si concluse con una grande vittoria degli inglesi ai danni delle forze francesi comandate dal Connestabile Charles D’Albret. La battaglia è descritta (e romanzata) da Shakespeare nel dramma Enrico V.

9 commenti:

  1. E' possibile che io abbia letto questo racconto nel Mattino dei Maghi?

    RispondiElimina
  2. @Giusparsifal
    Lì, vi è accennato a proposito dell'autore Machen.

    RispondiElimina
  3. Il concetto è di nn arrendersi mai, anche se sembra che tutto sia vano anche dopo tanti sacrifici, e che la fede, di qualunque natura essa sia, per una religione o semplicemente per un' idea, ti deve portare sempre avanti? Del tipo..se ci credi veramente..se lo vuoi veramente..puoi farcela?

    RispondiElimina
  4. “Il 17 - osserva Nadav Eliahu - è un numero importantissimo in Cabalà poiché è il numero indicante il bene (Tov). Non a caso è la Ghematria di due dei 72 Nomi di Dio, il 1° e il 49°. Anche questi numeri non sono casuali, in quanto si riferiscono alle Cinquanta Porte dell’Intelligenza, le più importanti delle quali sono la prima dall’alto e la quarantanovesima dal basso. Ed ecco che 17 è anche il valore di EGOZ (noce), un frutto molto esoterico, studiando il quale il re Salomone derivò delle importanti considerazioni sulla struttura degli universi paralleli (vedi il Cantico dei Cantici, al versetto ‘Sono sceso al giardino delle noci’) ”

    RispondiElimina
  5. Amici non fraintendete,non ne so niente di cabala, di ghematria, di codici da intepretare, e' solo per smuovere le acque, Angelo mette del "metatesto" da capire e da indagare oltre al racconto in se. Vorrei capirne qualcosa in piu', ad esempio i tanti riferimenti alchemici e cabalistici nei racconti, sparsi anche negli altri suoi blog, misti a rivelazioni esplicite e chiare ovviamente.
    Magari in private stanze
    I compiti comunque li faccio.
    E' un appello rivolto ad Angelo in particolare e a tutti quelli che capiscono (so che ci sono)!

    RispondiElimina
  6. @lamosafernando,
    per quanto mi riguarda più che capire intuisco... Sarà perchè sono un po' a digiuno da certe tematiche; al momento mi sto concentrando su me stesso, usando i testi di Angelo come ispirazione per assottigliare quel velo che mi separa dal mio vero io.

    Non so se è la strada giusta, ma è quella che mi si è prospettata per... intuito appunto.

    RispondiElimina
  7. Esatto. E' cercare, cercare e cercare. Potrebbe essere un sinonimo di "concentrazione senza focalizzare". Cioè cercare sempre dentro di te, perchè questa è concentrazione, anche nel quotidiano, nlla vita di tutti i giorni. cercare sempre, scrutare i segni, capire che esiste il cosmo, amarlo e saperne di farne parte. Amare ogni cosa con tutto se stesso, ogni cosa che c'è, perchè è creata per faci crescere dentro, per renderci partecipi del cosmo attivo. la vita nn ha tempo, la vita è sempre, anche dopo la "morte". Questo è un cammino difficoltoso verso il divino, ricordiamoci che anche al bivio, abbiamo sempre il divino che ci ascolta, che ci indica, ma dobbiamo esseree noi Dio. Dobbiamo essere noi i coraggiosi che cercano di farcela, nn lasciare che dio agisca, perchè lui agisce tramite noi. nn è capire un testo, ma farne bagagio nella tua vita, e tirarlo fuori nei momenti in cui pensi che nn serva a niente cercare. Perchè la verità e la conoscenza, arrivano. Facciamo ogni cosa con amore, e apriamo la nostra mente e il nostro cuore. Ciao a tutti

    RispondiElimina
  8. Un altro bel "racconto" dal mattino dei maghi, che mi è rimasto in presso è quello del calcolatore che viene spedito in Tibet per trovare i nomi di Dio. Ciao a tutti

    RispondiElimina
  9. @ Michele e Manuel: grazie amici, anch'io cerco di intuire , mi rendo conto che la miriade di materie psico-spirituali ecc. che ho studiato e indagato finora mi ha permesso di scalfire appena il velo che ci separa dal dio interno,quindi in un certo modo lo studio e le conclusioni personali mi sono state d'aiuto. Di una cosa pero' ne sono certo, per trovare la Via c'e' bisogno di trasmissione orale e diretta, la classica Maestro - discepolo, altrimenti la "cerca" diventa impossibile, a meno di illuminazioni spontannee e folgoranti (fatto piu' unico che raro).

    RispondiElimina