"Sei
sicuro che il meccanismo che vi annullerà non sia già partito? ”
K.K.Fargo
"Bianco
e nero, freddo e caldo, riflesso e assorbimento, sono le coordinate
della Vita. Quando tutto sarà finito e il mondo assomiglierà ad una
poltiglia di cenere e merda, ritorneremo per mettere le cose a posto.
Bianco e nero...” Scandurra
Mi
fece cenno di entrare e mi accomodai su di una poltrona vecchio
stile. Il salone era completamente di legno: pareti, pavimento,
mobilia. Un camino acceso, dava l'idea di un tipico ambiente della
provincia americana, con un particolare insolito però: una piramide
di travertino scolpita sullo stipide sinistro. Il marziano – li
riconoscevo ormai, esuli da secoli e trascinati su altri universi –
possedeva tratti somatici a metà tra il pellerossa e … il
marziano. Non saprei come dire. Non spiccicò parola, ma aveva una
tristezza dipinta in volto, come di un condannato a morte (si dice
così di solito) che valeva più di mille parole. Indossava una tuta
argentea da pilota d'aereo ed era alto 180/185cm.. Uscì dal salotto
con un andatura sofferta, quasi si trascinava. Evidentemente si
trovava in una condizione forzata a fare il maggiordomo di... già,
di chi? Dalle stelle a lui tanto care, simboli di potenza e grazia,
aveva finito per chiudere il suo viaggio in un altro mondo, la Terra,
come prigioniero. Sentivo il suo dramma, la sua sofferenza. Viveva
di (e nel) passato. Stagnava. Agonizzava. Ed è ingiusto piantarsi
sui ricordi, sulle lacrime. Siamo nati liberi. La libertà è un
principio fondatore in tutte le dimensioni. Ma io mi preoccupavo per
quel marziano, dimenticando il mio stato. Cosa mi dovevo aspettare?
Forse la mia posizione non era così diversa da quella del marziano.
Il “Sogno nel sogno" di Poe e il “Teatro nel teatro"
shakespeariano, ben rappresentavano in quel momento il mio mondo
interiore.
A
quella detenzione sostanziale in cui mi trovavo, si opposero
inaspettati suoni/percezioni che venivano da un altrove lontano,
galleggianti a distanze astronomiche che il mio occhio trasformava,
non so nemmeno io in che modo, in enormi sorgenti di energia. Mi si
presentava fuori/dentro un mare calmissimo attraversato a velocità
folle, a pelo d'acqua, da uno sciame di asteroidi multicolore:
l'essenza magica del lumen che inonda e ti fa sentire non più solo,
ma collegato all'oceano cosmico. Ecco il simbolo iniziatico del pesce
con due gambe: navighiamo e camminiamo su più piani, cittadini di
due mondi.
Mentre
viaggiavo nel mio firmamento e trasportavo all'esterno il lumen che
illumina e anima la materia tutta; ecco, mentre facevo il mio lavoro
magico di richiamo, entrò un uomo anziano, stempiato e un po' curvo.
Indossava una giacca da camera color corallo e un paio di pantofole
chiuse con la zip. Un nonnino. Un tipo inoffensivo, insomma.
- Ben contento di fare la tua conoscenza. Mi risulta che sei tra i migliori della nidiata. Quell'uomo sa selezionare, non c'è dubbio. Mi presento... K.K.Fargo e medio tra la Terra e i Nove Mondi, per conto dell'Ombra. L'Ombra è un nome melodrammatico, sì, ma ci sta tutto, credimi. - senza por tempo in mezzo e con voce pacata e buona pronuncia della lingua italiana, si rivolse a me.
- Che cosa vuole? - feci io senza timore, per una volta.
- Vai subito al dunque... un altro insegnamento di Scandurra, vero? Giusto, nemmeno a me piacciono i convenevoli. Voglio, anzi, vogliamo una spoletta, una qualsiasi, ma la vogliamo. Se ti rifiuti, faremo una visita ai tuoi familiari... Siete ovunque circondati da Titani, senza volto e della consistenza dell'aria. Tali forze sono figlie del caos, dell'incontrollato e del disordine. Non ci sarà scampo per nessuno. Lo sai e non puoi sottrarti. Cedi prima che tutto sia crollato. Non ti chiedo di tradire ma di affrettare la fine dell'agonia dei tuoi amici. Ovunque c'è la nostra impronta. Coloro che appartengono al sistema del potere sono corrotti non soltanto a causa delle opportunità insite nei loro incarichi, ma anche per necessità. Non v'è possibilità di cambiare le cose.
- Bastardi. Cascate male, però. Siamo protetti, soprattutto da possibili ricatti. Non ho paura e non mi terrete al guinzaglio come quel poveraccio di marziano.
- Rhiah... oh, è tenero e fedele. Alla fine tutti crollano dopo una tortura ben assestata... Sei sicuro che il meccanismo che vi annullerà non sia già partito?
Quel
vecchio stronzo si congedò e uscì. Intanto il fuoco del camino
scoppiettava. Mi venne l'idea di fuggire via, senza indugi o tattiche
di sorta. La finestra era grande, come tutte quelle delle case
americane. Un tuffo a pesce coprendomi gli occhi e non mi avrebbero
preso. Un vecchio e un povero marziano rincoglionito, non sarebbero
stati grossi inseguitori. Non avvertivo altri in quella casa, perciò
mi decisi e con breve rincorsa mi lanciai verso la finestra. Sfasciai
vetro e infissi e ruzzolai per le terre. Via, più veloce della luce.
Ero un discreto quattrocentista con buona resistenza. Mi allontanai a
lunghe falcate, inoltrandomi in un boschetto. L'istinto mi diceva che
attraversandolo avrei messo tra me e loro parecchi centinaia di metri
da subito. Chissà perché? Il cielo era scuro, ormai. Nel mezzo
della vegetazione mi bloccai. Non vedevo un bel niente. Cercai invano
di accendere il lumen. Erano cacchi acidi. Ora, la mia sicumera si
affievoliva con la velocità del lampo. Un odore acre non so di cosa
mi ferì le narici. Scartai di lato e intravidi una sagoma
gigantesca, alta due volte una porta da calcio. Una statua? Macché.
Quell'essere enorme si mosse e verso di me. Io ero spento come la
Pallanzana (ex vulcano vicino Viterbo) e mi sentivo piccolo come un
sorcio. Una voce bassa e profonda quasi meccanica, proveniente da
quel gigante, mi investì.
"Il
tuo viaggio finisce qui.”
Si
avvicinò con un sol passo. Come se avesse inseriti tubi al neon, gli
si illuminò la corazza di rosso porpora, marcandone la sagoma. Un
essere titanico a mò di cavaliere antico o d'extraterrestre origine,
mi si piazzò di fronte e dovetti alzare più che potei la testa per
tentare di vederne il volto. Un casco squadrato di ferro gli copriva
la faccia. Dalla fessura orizzontale all'altezza degli occhi,
intravidi due fori oblunghi violacei, senza pupille. Chi diavolo era?
Ne sentivo la presenza elettrica. Emetteva pure un campo di forza,
esteso, denso. Forse un robot che proteggeva Fargo. Il lumen si era
bloccato. Avevo perduto la mia sicurezza e tutto si faceva scuro...
Scandurra
lo risucchiò dentro chissà quale pozzo senza fondo. In un secondo
vidi quel bestione inghiottito da un gorgo gialloverde. Un tremolio
del terreno e poi silenzio. Il maestro si appoggiò ad un albero. Lo
vidi stanco, col fiatone.
- Son sempre delle bestiacce 'sti titani. Porcazozzaladra che fiacca. Eh, Angelino, t'accendi e ti spegni come un albero di Natale e non sempre quando serve. Comunque, è tutta esperienza. Arriverà il giorno in cui terrai botta di fronte a qualsiasi nemico o rogna. Ma io non campo sempre, perciò sbrigate.
Lo
abbracciai. Gli chiesi se dovevamo sistemare anche quel vecchio
bastardo.
- C'è tempo. Lasciamoli crepare lentamente. Le forze all'opera hanno tempi diversi. Mi serve che faccia ancora le sue mosse. Si allungherà la catena sempre di più e così li legheremo tutti insieme in un bel fascetto.
Scandurra
spesso si fermava ad un passo dal bersaglio, prima di chiudere certe
questioni. Le linee della storia, quella occulta non raccontata sui
giornali, erano intrecciate assai. Passato presente e futuro si
potevano manipolare, a patto di conoscere le tracce che il kaos
lasciava lungo il grande fiume eterico, a patto di saper modificare
impercettibilmente le cariche montanti. Senza dimenticare le
relazioni tra dimensioni. Insomma, pane per i denti di Scandurra. Che
il Padre celeste ce lo conservi sempre.
-
È un pezzo di carne essiccata, mangiala, è buona, soprattutto
quando si ha fame. A Deya ci faremo una bella cenetta con gli amici e
ci sbornieremo con birra rossa e vino. Vai tranquillo, sanculo ti ha
protetto ancora.