NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA
Dio creò la molteplicità, nell'opera
monumentale quanto millesimale della creazione.
Da dove vengono i
miti? Sono le nostre invenzioni o noi le loro? La bottega di Scandurra è stata
per noi dell’anonima talenti, una fantastica centrale di energia alchimica e dimensionale. Dopo
questa esperienza torneremo trasformati o forse non torneremo affatto,
ma poco importa: lo stile conta più della pellaccia, l’intensità più della durata. Si fa ciò che deve essere
fatto, possibilmente senza troppe chiacchiere, a differenza di coloro che se
potessero trasformerebbero la vita in un bar o in un parlamento. Insomma:
“Divieni ciò che sei”, come direbbe Nietzsche. Messaggio screditato e poco
in sintonia col pensiero dominante.
Quando non ci sono
radici sicure, catene, a tenere ben serrato il diaframma confortevole e
rassicurante della “realtà”, e quando le sostanze si mescolano e si combinano,
allora diventa quasi inevitabile imbattersi nell’Altro.
Quando Franco Persi (amico e sodale nella pioneristica ricerca ufologica
cittadina e prematuramente scomparso il 2005) mi parlò di Scandurra “il fruttarolo” presentandomelo come un
tipo strano, ammantato da una brutta fama da negromante, ciò mi attrasse ma mi indusse pure un sentore di pericolo.
Correva l’anno 1971, Franco ed io abitavamo alla periferia di Viterbo, ma prima
il mio compagno d’avventura risiedeva proprio nella stessa via in cui si
trovava la bottega di frutta&verdura
del mago e, sebbene non lo conoscesse di persona, aveva raccolto diverse
informazioni su di lui, soprattutto i “si dice”.
Un giorno mi decisi di varcare la soglia del negozio
di Scandurra. Dietro il bancone stava seduto un tipo piccoletto, un giovane
uomo dalla carnagione olivastra e dall’età imprecisata che teneva perennemente una
sigaretta nazionale senza filtro tra l’indice e il medio, indossava una
splendida camicia a righe verticali blu su sfondo nero, di finissima fattura e
decisamente costosa, la portava fuori dai calzoni: un modo di abbigliarsi
davvero insolito per quei tempi, se si escludevano le usanze del sud America. Il
locale perennemente in semioscurità e saturo di fumo esprimeva un senso di
fatiscenza, si sentivano profumi di frutta confusi alla puzza di sigarette e
agli odori di spezie; le cassette di legno delle verdure erano accatastate alla
rinfusa, così come si trovavano sparpagliate le bottiglie di vino della cantina
sociale, per non parlare delle pareti che abbisognavano di una rinfrescata di
vernice già da anni. Insomma, un posto allucinante… ma tale aggettivo avrebbe
preso ben altro significato nel corso del tempo. La prima impressione che mi
fece fu quella di un uomo comune; beh insomma, dopo alcuni minuti constatai che
era particolarmente concentrato sulle cose che faceva, spinto da un’energia
costante, pronto alla battuta ironica non disdegnava intercalari triviali e
frasi idiomatiche locali. Senza cerimonie mi accolse nel suo territorio,
sottoponendomi ad una serie di domande sul senso e la direzione che davo alla
mia esistenza. In modo brusco mi fece intuire che la mia vita non aveva un
indirizzo preciso, che indugiavo in una bolla romantica, favolistica,
inconcludente della ricerca iniziatica e che non aveva alcuna importanza la mia
giovane età, 13anni appunto, che dovevo subito rimboccarmi le maniche… così mi fece spostare una decina di cassette piene di
frutta e legumi da una scaffalatura ad un'altra. Ecco, mi dissi, cosa intendeva
con il rimboccarmi le maniche. Mi stava usando. A quel punto pensai di
andarmene. Mi stavo dirigendo verso l’uscita, quando come se nulla fosse continuò a parlarmi. Operare alchimicamente nel concreto,
modificare la struttura portante del mio essere, senza fantasticare, era il
programma di massima che mi prospettava. Usava un linguaggio a volte forbito,
curato, alternato a strafalcioni grammaticali uniti ad una forte cadenza
dialettale, inventava neologismi. Ciò mi lasciò inizialmente perplesso, poi mi ci
abituai fino ad entrare in quel suo mondo lessicale. Dava concretezza alle
questioni dello spirito con parole ficcanti e congrue, concetti e principi
elevati che prima ritenevo astratti e filosofici, quindi poco pratici e lontani
da un uso sperimentale, diventavano nel sistema semantico del fruttarolo cose comune, di tutti i
giorni. Le parole erano vestite di sostanza: se diceva “mela” ne sentivamo il
sapore.
Per tornare al primo giorno di scuola, Scandurra affrontò il punto essenziale: da dove provenivano i suoi
insegnamenti.
-
Atlantide è la mia ma anche la tua vera patria, ecco perché vivi male in
questo paese. Solo
a casa si è omogenei all’elemento vitale in cui si procede. Noi siamo esuli che cercano ciò che hanno dimenticato… il grande continente messo lì da Dio, in mezzo all’oceano e scomparso senza lasciar traccia, se non nella memoria di veggenti.
Gli atlantidi possedevano un’arte che noi moderni ce la sogniamo, dall’arte
derivava una tecnica collegata con i poteri della mente e le proprietà
magnetiche gravitazionali vibratorie del cervello e del corpo umano. Magia, caro
Angelo, sì proprio così… come vogliamo chiamarla se non magia [pronunciò “magia” sottovoce con teatralità]. Materie oscure che
curvando lungo il ciclo del Tempo sono cadute nell’ombra, nascoste insieme alla
razza rossa; ecco, la magia era una struttura fondamentale del percorso
evolutivo dei nostri antenati, quanto la scienza e la tecnica lo è per noi
oggi. I Templari furono gli ultimi a farne tesoro, poi qualcosa è accaduto, un
cambiamento improvviso, cruento, insomma è successo un dirottamento mondiale senza
che la gente se ne accorgesse, ma alcuni capirono che niente sarebbe stato più come prima. Comunque la materia prese il sopravvento
sullo spirito… Non sto a fa’ filosofia, cacchio, qui è cambiato il tempo e con
esso sono cambiate mente e corpo e se ci troviamo nella cacca più fumante la causa, caro mio, è nella legge delle
dimensioni, dei Nove Mondi. Interferire con gli universali [archetipi] produce
effetti disastrosi. Di che sto a parlà? Ti porterò dove le cose si generano.
Rimasi interdetto. Atlantide, i presunti poteri sovrumani, il corso della
Storia che avrebbe preso una direzione diversa e opposta. Fantascienza, leggende,
occultismo rabberciato… no, no, Scandurra quando affabulava, proiettava
luminescenza, sì, irradiava. Caspita, ma chi era quell’uomo veramente? Un ipnotizzatore da fiera, un
mentalista, un manipolatore? Imparai col tempo che di fronte a me c’era un
essere di un'altra epoca precipitato a Viterbo da chissà quale dimensione e
dotato di poteri eccezionali e conoscenze fuori dall’ordinario. Mi sentivo come
lo scopritore di un tesoro immenso e senza merito, se solo ci avessi saputo
fare avrei dato una svolta alla mia vita… Ma il tesoro me lo sarei dovuto
conquistare, sputando sangue e altri rifiuti organici (la nigredo è defecare il passato residuale), diventando per l’opinione
pubblica un disadattato, un alienato, compromettendo profitto scolastico,
lavoro e affetti. Avrei mentito, imbrogliato, mi sarei mimetizzato pur di
continuare quella mirabile avventura. Beh, non c’è che dire, quel giorno mi si
è aperta la Via del Graal e ho scoperto che era un amaro calice.
UN PIANO PER OGNUNO DI NOI
Non fummo sottoposti a chissà quali prove paniche, non ce ne fu bisogno. La
Vita ci avrebbe dato del filo da torcere comunque. Ci saremmo trovati con le
spalle al muro in più di un’occasione. Ho dovuto comprendere a mie spese che
non si può evitare il vuoto che si spalanca sotto i piedi, per cui cadono le false
rappresentazioni della realtà ordinaria, esplodono i complessi liberando
energie ed intuizioni latenti, il volatile si libera dal fisso, emerge
dall’inconscio il mondo di potere e conoscenza. Eravamo tutti rivolti alla
realizzazione del nostro personale piano, tenendo conto delle qualità innate
così come delle falle psichiche, delle resistenze fisiche attraverso lo sforzo
continuo per la trasmutazione. Scandurra ci assicurava che non c’erano porte
inamovibili nella nostra vita, potevamo quindi aprirle se lo avessimo voluto
veramente. Lui ha guidato l’anonima talenti in questo percorso, dove i caduti e
i dispersi non sono mancati. Rammento pure con piacere le “mense iniziatiche”,
innaffiate da vino generoso, pasta al forno e costolette d’agnello, il tutto
cosparso da contagiosa allegria, quando il corpo sottile dei commensali veniva
surriscaldato e metteva in circolo tutto il suo potenziale, così che lo spirito
di ognuno, veniva condiviso e amplificato. In questo modo si allentava la
tensione o il tormento delle operazioni interiori in corso. Bastava una bella
risata liberatoria, una storiella piccante o grottesca e ci sentivamo in pace
col mondo. Il lavoro concerneva sempre la trasmutazione dei nostri metalli: la
Vita e i suoi corpi conduttori. Dovevamo spremerci, sì proprio così, fino
all’ultima goccia per ottenere il quinto elemento, la quintessenza del nostro bios, il succo di un’esistenza, in altre
parole, ci inoltravamo su di un percorso stabilito di prese di coscienza che
porta all’incontro, alla coincidenza del nucleo pesante/energetico
dell’operatore con lo Spirito Universale
che ci programma. È l’esperienza di essere parte integrante e partecipe di un
processo unitivo e recettivo, quello del serpente uroboros, dove l’Uno produce il Tutto e il Tutto ritorna all’Uno.
L’unione dell’autocoscienza umana con l’intelligenza cosmica è il prodotto
finale di una tendenza insita nel mercurio
filosofale che spinge a divenire conoscenza.
Scandurra ha prima battuto senza tanti complimenti quei rami che erano alla
portata del suo bastone per far cadere a terra alcune olive, ha raccolto quelle
più mature gettandole in un torchio che le ha spremute lentamente a freddo.
Cacciata via senza troppi rimpianti la feccia nera e puzzolente, ha prodotto
oli purissimi. La sua procedura, come potete immaginare, ha fatto fuggire
diversi curiosi e velleitari apprendisti stregoni. Il suo metodo, però, non era
per nulla scoperto, anzi, sembrava a volte stucchevole, irriguardoso, da essere
scambiato per un atteggiamento dovuto al suo pessimo carattere. Ci torceva le
budella, l’orgoglio, l’autostima fittizia che ci portavamo appresso come
bagaglio consolidato. Quello che più ci indispettiva, ci irritava, era lo
scoprire dopo settimane o mesi, di aver camminato non con le nostre fragili
gambe, bensì grazie alle sue manovre occulte, che ci producevano azioni e
reazioni, crolli emotivi, isterismi, malesseri come bronchiti, emicranie,
gastriti, ipertensioni, allucinazioni, pesti
emozionali, insomma tutta una serie di accidenti che mettevano a dura prova
la nostra volontà e pazienza. Il lavoro per me diventava terribile, faticavo a
gestire la mia vita sociale e ordinaria con gli effetti tremendi della terapia
d’accesso scandurriana. Litigavo con i genitori, con mio fratello, a scuola
facevo il “pierino” o come dicono a Viterbo il “gojo” (termine derivato dal
cognome di una famiglia ebraica trasferitasi a Viterbo nell’’800, Goia, che a
causa delle usanze religiose inconsuete per la cultura cittadina, furono
additati e considerati “strani”), insomma il mio essere cambiava e alcuni
conoscenti ipotizzarono che assumessi droghe o che avessi preso la via del
crimine. In realtà attingevo a tutto un armamentario interiore, composto da
succhi ed energie altrimenti latenti, che modificavano il mio comportamento all’inizio,
facendo di me un sociopatico. Gli Dèi in esilio stavano tornando.
Attraversare
a piedi quella specie di frontiera che mi porta fuori dal mondo, è stata la
principale attività della mia vita, questo ha comportato pure l’affinamento del
mio vedere e del mio essere. Ciò ha permesso di mutare radicalmente la mia
visione delle cose. Una realtà separata eppure tangente a quella conosciuta si
è mostrata in tutta la sua consistenza. Medium sensitivi profeti sciamani,
tutti hanno raccontato di altre realtà, ma pochi gli hanno creduto. Io so che
esistono angeli e demoni e potreste pure voi incominciare a ritenere possibili
tali esistenze. Avrete notato che nella nostra vita ci sono molte più cose
brutte, cattive che cose belle, buone. Da dove credete che venga tutto ciò?
Dall’animo umano, dalle nostre azioni? In parte. Viviamo in un posto in cui il
99% delle cose belle vengono distrutte quando stanno sbocciando, perché ci sono
all’opera forze dirette a soffocare il bene. Queste forze maligne le concepisco
come demoni che trovano in noi terreno fertile. Estraggono dalla nostra materia
prima le fondamenta per costruire un piccolo inferno qui, in attesa di quello
grande dopo. Ora, penso sia necessario alla nostra sopravvivenza come razza
umana, fare in modo di usare la materia prima come propellente per volare verso
la Luce. Continuando a seguire un manipolo di topi di fogna che mirano al
dominio, sotto la supervisione di ibridi (saturniani) provenienti da regni
infetti, la nostra esperienza di vita sarà vana.
Il
mondo che vedo è diventato un inferno? Forse, comunque gli voglio bene. Di
sicuro non siamo i soli a popolarlo. È un mondo in cui ogni cosa ha una vita
propria, una vita sotterranea, che noi non afferriamo ma che è sempre in grado
di svilupparsi. Un mondo che, come un organismo con le sue cellule, è dunque
sul bordo del caos, di una sorta di malattia; Dio ha regolato la vita delle
cose in modo tale che tutto resti nella precaria armonia che noi conosciamo, ma
non tentiamo troppo la sorte. Siamo fragili anche, perché transitori e posti a
fianco di universi paralleli che pochi sperimentano, ma dove migreremo
certamente domani.