Ci
fu un lasso di tempo della mia vita che attraversò i miei 13 anni
fino all’incontro con Scandurra e poco oltre. In terza media non mi
curavo più di tanto delle materie scolastiche, preferivo ad essi
libri di magia, quelli che promettevano in dieci lezioni mirabolanti
poteri. Magia alchimia mentalismo, erano le materie a me congeniali.
Fuga dalla realtà? Certamente, questa era poco cosa per le mie
ambizioni. Chi ebbe la ventura di conoscermi, notava in me due
nature: la prima affabile, giocosa, altruista, l’altra fanatica e
oscura. Più che bipolare, ero orbitale. Mi imposi pesanti
restrizioni, dalla dieta vegetariana alla rinuncia all’alcool, non
mi masturbavo (su precise indicazioni tecniche) e bevevo tutte le
mattine acqua distillata, tutto questo nella speranza di raggiungere
un più alto stato di coscienza. Tutti questi sacrifici non portarono
gli effetti voluti, anzi, fui assalito da ansie e ossessioni,
collassi nervosi, spesso ero in preda all’ira. Il regime di
austerità non portava a niente. Migliori risultati li ebbi con gli
esercizi respiratori controllati. Ritrovai un minimo equilibrio.
Notai che quando mi sottoponevo alla concentrazione, acquisivo più
forza fisica e nervosa. Il centro di irradiazione di questa forza lo
trovai all’altezza dell’ombelico: un fornetto dal quale si
sprigionava calore che poi si diffondeva per tutto il corpo. Caspita,
qualcosa finalmente si stava muovendo, lentamente, è vero, ma si
muoveva. Ogni giorno facevo riferimento a questo centro e devo
ammettere che quando lo visualizzavo scaturiva automaticamente una
forza, unita al calore, che mi dava benessere e sicurezza, tanto da
sperimentarlo in ogni occasione, a scuola e tra gli amici
all’oratorio. Ogni situazione che richiedeva impegno e volontà, mi
appoggiavo a questo espediente e le cose andavano per il verso
giusto, non soccombevo né soffrivo di sudditanza nei confronti di
nessuno. Lessi libri di teosofia e di Steiner, ma mi lasciarono
freddino. Migliaia di termini presi in prestito dal sanscrito,
spiegazioni leziose di mirabolanti corpi eterici, antropogenesi,
cosmogonie aliene, insomma zibaldoni estenuanti che pochi credo
riuscirono mai a leggere interamente. Tra i tredici e quattordici
anni, dormivo non più di tre ore a notte, qualche conoscente mi
consigliò di assumere peyote per viaggiare, ma non accettai. Volevo
girovagare per mondi elementali con le mie “gambe”. Utilizzai i
tattva per accedere alle dimensioni dei cinque elementi. Raffinavo la
coscienza. Imposi a me stesso una procedura: intensa meditazione per
attrarre le forze celesti; coltivazione della volontà, addestramento
sull’oggetto desiderato; vivace immaginazione affinché le
impressioni tratte dal mondo eterico possano entrare e fissarsi
nell’anima. Non passò molto che ebbi i primi effetti della pratica
occulta. Durante una delle prime terapie d’accesso che praticai con
Scandurra, vomitai letteralmente un ectoplasma curioso. Si trattava
di psicofluido giallognolo, cristallino e conduttivo, infatti gli
passava attraverso una debole ma visibile scarica elettrica.
Grandioso. Materia prima alchemica, concreta, tutti potevano
osservarla. Dico ‘materia prima’ perché così mi suggerirono i
più vecchi seguaci del fruttarolo viterbese-atlantideo. Mi sentì
vuoto, il centro della forza era come depresso. Mi fecero mangiare
pezzi spessi di grasso di ventresca e bere vino rosso, così
recuperai gradualmente. Il grasso era necessario, diceva Scandurra,
mi rimetteva in piedi senza altre conseguenze. L’occulta ricerca
della perfezione passava per il grasso di maiale, la banca del
contadino, come mi ripeteva spesso. Per passare il velo che impedisce
all’uomo di vedere la Realtà totale, sono necessari sforzi
inauditi, incontri con entità briccone che custodiscono però cose
segrete, rifuggire le tentazioni del mondo, rischiare e capire quando
fermarsi in tempo. A volte da menzogne ho imparato molto, perché
dietro di esse si muovevano significati da cogliere al volo. È più
facile trovare la chiave che la serratura. Già, questo l’ho
imparato a mie spese. Pur temendo a volte per la mia sanità mentale,
non provai più l’angoscia che invece mi accompagnava fin da
bambino. Certi dolori psicosomatici sparirono, messo a nudo non
temevo più me stesso e la notte non era poi così buia. I pastori
d’Arcadia, fecero il resto.
Et in Arcadia, tu.
RispondiEliminaSi passa da lì.
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