Il lucumone Karis, prima del consueto
novilunio, era regolarmente partito dalla sua unità territoriale delle
Federazione tirrenica, la nona, per prendere parte alla annuale riunione dei
capi delle genti rasene, indetta per la nomina del nuovo Capo, nel Fano di
Voltumna, custodito in Vulci. Lo accompagna un corteo di novanta persone: nove
cavalieri, nove astati, nove reticiari, nove accoliti, nove cetrari, nove
danzatrici, nove doppiflautisti, nove notabili, nove schiavi e nove indovini.
Solenne la colonna nei suoi paludamenti,
nei suoi variopinti costumi, avanza per i sentieri etruschi; si ferma per i
suoi riti magico-spirituali, per i pasti e per i riposi della notte. Il vitto è
a base di formaggi, cacciagione, frutta, il tutto annaffiato dal buon vino che
i raseni producono dalle viti affossate nei pendii tufacei delle colline. Ci si
riposa all’aperto, sotto il cielo stellato del caldo estivo.
Karis solo, da giorni digiuno, un po’ in
disparte, resta per ore a contemplare le costellazioni per sapere, conoscere
del suo prossimo destino che solamente Tinia, il dio unico degli etruschi, già conosceva
nella sua onniscenza. Invano quindi scrutava Andromeda, Orione, Cassiopea, le
due Orse e inutilmente, al lume d’una rosseggiante torcia, voltava e rivoltava
il fegato degli animali uccisi per i riti sacrificali.
Non poteva sapere se sarebbe stato l’Eletto,
il Sommo per eccellenza; se sensibilizzato dalla rivelazione divina sarebbe
stato immerso nelle acque purificatrici di Musignano; se alla sua morte le sue
ossa sarebbero divise fra i lucumoni viventi; se sarebbe stato aureolato di
gloria e assiso nel bronzeo scanno custodito nella misteriosa Cuccumella. E ciò
lo tormentava: così il suo viso si affinava, i suoi occhi rilucevano d’una
intensa spiritualità che i nove accoliti non riuscivano a fissarne lo sguardo.
Per giorni e giorni il corteo attraversa
il territorio, ora piano, ora collinoso, sempre guidato da quei sentieri, da
quei segni arcani che indicavano Vulci, sede del Luogo Sacro. Superati i sacri
recessi che il fiume Fiora difende, si unì ai cortei degli altri
sacerdoti-maghi e tutti assieme si fermano al mitico sughereto. Qui si
accampano. I soli lucumoni proseguono per il Fanum che Vulci amorosamente
custodisce, assieme all’immenso tesoro che generazioni di etruschi hanno
accumulato.
Per ultimo Karis s’inoltra nel dedalo dei
sentieri arieggiati dal vento fresco del mare prossimo e coperti dalla volta
celeste. Fiaccole illuminano le strette vie del Luogo, mentre attorno alla
vicina Cuccumella centonove vergini fanciulle invocano dalla suprema unica
divinità la Luce per la scelta del nuovo Eletto, fra i dodici ora chiusi in
conclave nello spazio circolare del Fano di Voltumna ancora intriso del sangue
dei bianchi giovenchi offerti in sacrificio.
Il momento è solenne: i volti dei Dodici
sono tesi fino allo spasimo, il lungo digiuno ha dimagrito i loro corpi e le
incessanti invocazioni risuonano nel Luogo Sacro. Prima dell’alba si diffonde
nel cerchio sacro la Luce soprannaturale e Tinia si manifesta. Nel silenzio
profondo è il solo respiro spezzato dei presenti, poi un alone circonda il capo
del lucumone della terza unità rasena, Kanu: egli è l’Eletto, il Capo, il
Sommo. Tutti lo circondano e proni al suo cospetto attendono. La Luce è
svanita, le sole torce con i riflessi rossastri danno vita alla scena di alto
valore drammatico e spirituale.
Il nuovo Capo che vivrà nella carica fino
al nuovo plenilunio stabilito, delibera con i lucumoni per il raseno popolo
confederato. Karis per primo esce dai sacrati luoghi e annuncia al popolo, che
in trepidante attesa aveva passata la notte nel bosco di sugheri, l’avvenuta
scelta fatta dal dio Tinia. Entusiasmo, canti, musiche, gioia per tutti. Tornei
di guerrieri, di atleti, danze di vergini fanciulle si susseguiranno per
settimane, alternati da grandi cerimonie religiose con sacrifici di colombe, capretti
e con l’offerta dei prodotti della terra. Anche la primiera ricotta viene
donata nelle graziose fuscellette di gionco trecciato. E così ogni etrusco è
vicino a Tinia che è dappertutto: nel regno abissale e nell’altissimo cielo,
spazia nell’eterno astrale e nel buio pauroso antrale.
Nel ritorno alla sua lucumonia, Karis,
lasciati i sentieri etruschi, si porta sul lago della rasena Velzna e lì si
riposa fino alla fine dell’estate. Gode dello stupefacente spettacolo che il
creato a lui riserba: le placide acque, le due isole, la consorella Bisenzio,
gli infuocati tramonti, lo rapisce alle sublimi altezze dello spirito, mentre i
trapassati, negli ipogei, sono e saranno testimoni, alle future generazioni,
della stirpe etrusca sopravvissuta alla scomparsa d’Atlantide che qui, in
questa Tuscia, lasciò la sua Magia imperitura.
Ciao Angelo. Volevo domandarti se hai mai conosciuto personalmente Mario Signorelli. In questi giorni sto finendo di leggere un suo libro, trovato anni fa in una bancarella di Roma e di cui ho rimandato la lettura per lungo tempo. Sebbene non avessi ancora letto questo articolo sul tuo blog, e altri che parlano degli Etruschi, ti confesso che nella lettura ho pensato spesso a te e a Scandurra.
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