1.Guardatevi sulla tv
berlusconiana l’aspirante GOI adamkadmon, sviluppate empatia, aderite all’umanismo,
leggete tutto sul mentalismo fai-da-te, fatevi di Augias e di Scalfari,
moralizzate, mangiate sementi, informatevi sui centoni di David Icke per vedere
oltre l’apparenza, ma non pensate di guadagnare una tacca di consapevolezza. La
consapevolezza è altra cosa. È una via dura e senza gratifiche. E arrivati a
mezza strada, vi procurerà la morte civile, il biasimo dei benpensanti e
l’anatema dai preti; ma ne varrà la pena, perché conquisterete l’intensità.
2.Lavorate
costantemente alla vostra anima: non smettete di farlo anche quando tutto
s’abbuia.
3.Arriva un momento
della nostra esistenza, un turning point della vita, in cui ci sta tutto: il rapporto
con la donna, coi genitori, col futuro, coi soldi, con l’idea famigliare, il
rapporto con la fede, con l’accumulo di identità, il rapporto con la
successione, il rapporto con la specie, con l’abitazione, con la filosofia e la
poesia, con l’istituzione, la scelta tra movimento e quiete, la prevalenza
invasiva dei nervi e l’intermittenza del cuore, la pesantezza formativa della
solitudine, i conti scoperti con la delusione… Che fare? Appoggiarsi ad un
amico? Cercare in un libro-chiave tutte le risposte? Trovare un chierico e
farsi frustare? Affrontare di volta in volta gli ostacoli e i dilemmi che si
presentano, senza piani o formule risolutive? No, “semplicemente” andare dal
titolare di un negozio di frutta&verdura e scoprire l’infinito in una
stanzetta male illuminata. Per me si trattava di uno strano incontro. Gli
abitanti del quartiere dicevano di lui essere estremamente sensibile, un mago
d’anime, una sorta di eretica santità attiva, di attenzione amorosa aperta sebbene
scontrosa, efficace, pulita, cardiaca. Il suo nome magico: Scandurra. In effetti
parlammo e il dialogo – scoprii che non furono solo parole - con lui produsse in poche ore una frattura
interiore in me. In seguito, nel tempo della disillusione e della sofferenza
grigia e solitaria, incontrai Scandurra mille volte mille. Suturò la mia ferita
in altri e obliqui modi – obliquità che sarà pur tale, ma rimane per me
centrale. Quest’omìno grassottello, che parlava con una pacatezza calda e con
un timbro etereo e carezzevole, era in grado di rispondermi e dimostrarmi cosa
era la Vita, quella vera, totale, degna d’esser vissuta, mentre mi indicava che
la mia testa si era schierata preventivamente contro il cuore, contro la pelle,
contro la svolta di respiro che in realtà andavo cercando. Al suo bancone, le
mani femminee che esprimevano una cifra materna, lo sguardo incantato in una
concentrazione naturalmente intensa, le ossa del cranio a testimoniare tutta la
transitorietà di un corpo, Scandurra aveva diretto a me domande apparentemente
laterali, sussurrate appena. C’era una fonica altra, che correva in quel
fenomeno acustico, quelle parole piene eppure angeliche insinuavano un dubbio
radicale, e non per il loro significato, che pure era pressante. Quest’uomo
sapeva leggere i sintomi e risalire alle cause. Chi legge i sintomi è in grado
di curare, a patto che ci si intenda su cosa significa cura. Forse la cura sta
nel paziente, cioè in chi soffre, forse la sofferenza non la si sa, forse il
dolore chiede di essere sentito, percepito, reclama contro un ammanco di
attenzione. Il seme che maturava nella delicata pastosità di quella voce,
forse, faceva gonfiare un disagio in me. Quale disagio? Il suo sguardo
conduceva luce, trapassava il corpo come un laser elettromedicale, per la prima
volta caricando di magnetismo un fatto, un corpo, un’adesione all’idea che si
entra in una cosa unica, all’inizio indistinta, indifferenziata, che si può
toccare e essere… Quei giorni mi parevano miele, quella esperienza iniziatica
manna. L’eco di una deflagrazione iniziale, calmatasi, che fa la frequenza
stabile di un universo, coagulandolo con la colla di una materia oscura, che
non sembra presente e attiva, ma che provoca fenomeni, aberrazioni, sigizie, la
possibilità di distorcere le latitudini. Avevo 21 anni. [un anonimo
dell’anonima talenti]
4.Ci vuole coraggio
per chi non ce l’ha, soprattutto quando affrontiamo il tema della fine e
dell’aldilà, oggi maltrattato da una sottocultura edonista e caciarona,
ammalata di frastuono che odia il silenzio e l’austerità. E devo ammettere che
ci vuole tanto coraggio per vivere ma ancor più per morire. “Transito”
significa “passaggio” e può essere usato sia in senso generico che nel campo
fisico, astronomico, medico. A me interessa applicarlo nel campo spirituale e
qui assume il significato di morte, in quanto trapasso dalla vita terrena alla
vita eterna. È la vita che ci prepara a morire: essa conosce bene il suo
mestiere. Basta ascoltarla, vederla, seguirla. Si tratta, in questo ripetuto
incontro con la morte, d’imparare a incontrare la vita. Si tratta di virare
all’eterno, come nelle negative fotografiche dove tutti i neri diventeranno
bianchi. Ho sperimentato dopo anni di contatti metapsichici e ultrafanici che
l’esistenza dell’uomo non finisce con la sua vita terrena. Il nostro destino è
epifanico, la nostra essenza sopravvive alla fine biologica. Ma, come diceva
Scandurra, se non cerchiamo la Luce ora, viaggeremo a fari spenti dopo.
5.La terra sconosciuta
è il luogo del Risveglio.
6.Cercare, trovare…
Sono parole che dobbiamo eliminare dal nostro vocabolario. Non bisogna mai
cercare… Bisogna lasciarsi trovare… Tutta la vita spirituale consiste in
questo. L’essenza non fa altro che cercarci. Apriamo le porte al mistero,
questo è iniziatico, e se le apriamo scopriremo che noi stessi custodiamo quel
mistero. Occorre anche saper distinguere ciò che non è altro che banalità, ciò
che è esteriore e ciò che ci tocca veramente nel nostro profondo. Bisogna lasciarsi
trovare. La rosa vuole forse andare a cercare il suo fiore nella radice?
Lasciare che il Divino si esprima in noi, attraverso di noi; aprirsi per
lasciarsi trovare. Ho la netta impressione che molte persone non sanno
riconoscere questi istanti privilegiati, troppo impegnati nei problemi
esistenziali. Chiedono allo psicanalista ciò che nemmeno lui possiede. Si
tuffano nell’alcol per trovare ciò che hanno smarrito perdendosi; assumono
droghe per mutare la chimica del cervello al fine di cambiare coscienza e
annullano la loro preziosa essenza. I più forti attingono allo status
meditativo, che consiste nel collegare il cielo e la terra attraverso la giusta
posizione, nel far cessare il turbine dei pensieri e delle inquietudini,
nell’aprirsi. La respirazione consapevole è centrale. Purtroppo, a parte le
eccezioni, le tecniche yogiche non sono efficaci per la struttura
somatopsichica di noi occidentali. Non siamo tutti uguali: Dio ama la
differenza. Ci sono stati guru, Sri Aurobindo fra tutti, che hanno tentato un
possibile, auspicabile compromesso tra i due emisferi antropologici e culturali
dell’Est e dell’Ovest, con risultati controversi. Perché abbandonare la
sapienza iniziatica occidentale, che sebbene di tipo carsico, è pur sempre
operante e accessibile, per incamminarsi su strade esotiche? Certo, qui la Via
non la troverete sulle pagine gialle, né sugli annunci di furbi prestigiatori
da fiera. È facile essere ingannati, come no, tuttavia se forte è il desiderio,
forte è la spinta a voler volare, il messaggio arriva e qualcuno lo raccoglie.
7.Entrare
profondamente nella Realtà. Come fare? Cercare la profondità in un solo punto.
Ogni volta che l’essenza ci afferra, il retroscena psichico cambia. Compaiono
una potenza, una gioia. E scopriamo che non si tratta solo di espandere la
coscienza, ma di estendere il corpo, incrementandolo di valore. Attenzione:
quando ci si apre si diventa vulnerabili. Bisogna procedere a tappe, anche se
capita di vedere prossimo il traguardo. Si assapora il nettare e lo si vorrebbe
tutti i giorni, ma ciò è pericoloso. Corpo e mente non sono ancora preparati a
ricevere modifiche rilevanti. La potenza che subentra potrebbe bruciare tutto
se non trova le condizioni adeguate. Per sopportare una forte corrente ci
vogliono argini secolari e un fondo capiente. La fretta acceca, lo sconforto
blocca, il dubbio frena. Madrenatura è un aiuto indispensabile sul cammino, perché
tranquilizza, guarisce, favorisce la nascita di una nuova sensibilità, permette
l’integrazione delle forze in gioco e, prima di tutto, elargisce lo spirito
universale. Nasce il presentimento del Divino. Attenzione, lo ripeto: chi non
si è costruito una struttura interna cadrà nel vuoto, presto o tardi. Diffidate
di chi promette miracoli senza avvertire che l’impresa è per pochi, quasi per
nessuno.
Questi sono i post che divoro. NN leggo... Li divoro. Post motivatori, post che aprono il punto di vista, che scardinano lo pseudo reale in cui siamo immersi.
RispondiEliminaMa quello che penso Angelo e mi risuona sempre con questi post è: e chi mn può? Chi ha famiglia? Chi è nato qui per creare un mondo nuovo qui?
Intendo.. Che chi è approdato in questo blog è perché sente un vuoto in se. Sente e si adopera per colmarlo.
Ma il netto taglio che si evince da questo tuo scritto.. Come può applicarlo chi ha qui qualcosa o qualcuno da lasciare?
Saró stupido.. Ma come mio figlio può capire che il padre si sta addentrando in un cammino atto a ritornare.. nella SOLITUDINE... L'uomo che era?
Sacrificio.. Ma anche pianto.. Per chi mn riesce a capire la realtà in cui vivi... E vivo. La strada la stiamo seguendo... Ma rispondimi.. Poiché noi tutti se siamo qui ora è perché nella carne dovevamo ritornare.. Ti chiedo.. Dammi una risposta su come di può coniugare ciò che tu dici.. Che è VERITAS in tutto e per tutto.. Con ciò che ogni giorno dobbiamo mescolare poichè qui ora siamo?
Aspetto una tua risposta.
Ciao a tutti
Michele
Carissimo Michele,
Eliminatuo figlio e tua moglie, così come ogni persona che incontri e incontrerai durante la tua vita, non potranno che usufruire (brutto termine, ma rende l'idea) di ogni tuo passo in avanti, anzi, molto indietro verso il risveglio. Accendendo un sole dentro di te, irradierai tutto intorno. Si rinnoveranno le cose. Ogni piccolo sole operante produrrà l'innesco di mille soli. Il silenzio è necessario, ma lo si trova pure in mezzo al casino di questo nostro mondo folle. Rigenerati entrando in un bosco e senti Madrenatura che ti inonda. Entra in una chiesa a mezza mattina, quando non c'è nessuno, manco il prete e se la trovi aperta, vedrai la forza che in quel tabernacolo si sprigiona: puoi essere buddhista, ebreo, indù, islamico, lo stesso sentirai quella Luce, potente abbagliante che non acceca. Ecco, questi momenti diventeranno fatidici. Il Nume si manifesta.
Lo faccio. Assaporo quei momenti. Ho una chiesa vicino al mio paese con una Madonnina nera. Ma qualsiasi chiesa può andar bene. Bene, quando si entra e si contempla quel silenzio. Quel silenzio che riempie le membra, la testa, il cuore, ecco in quel caso si rimane solo che estasiati dal confine ormai labile che divide il visibile con l' invisibile.
RispondiEliminaCon la Natura ho un rapporto....fraterno. La sento, lei mi sente. Cammino scalzo per i suoi sentieri. Mi riempio della sua energia. Mi parla. Si.
E' interessante come tutti coloro "puliti", nel senso che auspicano una crescita interna nell' unomo, senza chiedere alcun compenso, dicano queste stesse tue cose. Il ritrovo del contatto con madre terra, per quanto ella soffra, e il ritorno al proprio Sacro Fuoco Interiore. Già.
Grazie per la risposta.
Un saluto a tutti voi.
Michele
http://sebirblu.blogspot.it/
RispondiEliminaQualcuno ne sa qualcosa?