Piove ogni giorno Nettare
dal cielo ma voi avete la coppa capovolta. Quando deciderete di girarla
noterete con stupore che si riempirà all’istante … ma il Nettare pioveva anche
prima, eravate voi ad avere la coppa capovolta. (Buddha)
Troppe volte pensiamo di non farcela. La vita ci sfianca, ci addolora. Osserviamo gli altri che ridono sardonici, magari vivacchiano soltanto, spesso fuggono dalle prove, si stordiscono pur di non soffrire e noi, con maggior autocoscienza, schiattiamo. E allora ci pieghiamo alla gravitazione dell’esistenza, fino alla fine di una vita vissuta poco e male. La questione è una sola: la vita ha uno scopo? Meglio ancora. È necessario darle un senso visto che ne sembra priva?
Le religioni, le
filosofie, le ideologie, la scienza, danno risposte, modelli, norme, promettono
di risolvere una volta per tutte la nostra indigenza, le malattie, le tante
paure che ci affliggono. Per molti rimane solo la disperazione, quel senso di
incompiuto e la disillusione. Sembra che questo nostro passaggio nel mondo
manchi sempre di qualcosa, non basti mai abbastanza. Non abbiamo mai abbastanza
amato, desiderato, sperimentato, rischiando di campare con poco quando avremmo
avuto bisogno di molto di più. Questa sensazione di insufficienza ci
attanaglia. Vorremmo vivere senza preoccupazioni, ma è solo un sogno; vorremmo
vivere per raggiungere la felicità, ma ci accorgiamo che è impossibile. Tutti i
traguardi diventano fuori portata per molti di noi, per alcuni sono solo
sfiorati.
Viviamo in un clima di
ipnosi di massa che ottunde la volontà, il sentimento, l’intelligenza. C’è chi
trivella i nostri subconsci per far emergere gli antichi demoni e innestarci
protesi psichiche di provenienza ignota. Vogliono invadere le nostre anime e il
piano è già operativo. I malanni oscuri che investono l’umanità sono ormai
palesi: depressioni diffuse, crimini familiari, anomia sistemica, sfascio
dell’ordine naturale, sommovimenti antitradizionali, agnosticismo dilagante.
Sembra che non ci sia più nulla di stabile. È la perdita del centro dell’uomo.
La quantità e lo spessore sono i parametri del nuovo infausto regno.
Troppe volte pensiamo
di non farcela.
Io che ho fatto? Mi
son fatto spuntare le ali e volo ad una quota differente. Nessun miracolo o
fuga schizoide dalla Realtà. Anziché scappare da essa, sono entrato nel suo
cuore. Come? Beh, non appartengo ad una scuola iniziatica e nemmeno ho frequentato
un ashram, non sono caduto in un atteggiamento fideistico sotto la dittatura di
catecumeni psicopatici oggi così in voga, e tantomeno ho rincorso vie prive di
apparati ritualistici e ridotte a ginnastiche mentali (Krishnamurti docet). Per
alcuni appoggiarsi ad una struttura iniziatica o spiritualistica può essere
necessario, un primo passo, difficile però staccarsene al momento giusto per
camminare senza grucce.
Per me è la scoperta,
o meglio, la presa in considerazione di una facoltà che il mondo sfruttando la
nostra pigrizia ci impone di ignorare: LA FACOLTÀ DI PRENDERE LE DISTANZE. Il
risveglio di questa facoltà diventa difficile mano a mano che la si
approfondisce. Essa è un’arte e l’arte comincia dalla difficoltà. La vita
diventa così il mezzo stesso del risveglio. La società moderna odia la distanza
dalle cose. Il comunismo la rifiuta a priori. Il mondo liberale l’annienta,
condizionando le persone a diventare schiavi del prodotto accrescendone gli
appetiti. Chiunque sostenga il sacro distacco ed il suo valore infinito, è
considerato uno straniero in questa società. Si è valutati come senza patria e
senza posizione, condannati in ogni momento all’espulsione e al vagabondaggio
esistenziale.
L’iniziazione come io
la intendo - ovvero la capacità di raccogliere l’intensità somatopsichica fino
alla sua massa critica per giungere alla distanza da tutto e alla vicinanza con
tutti - è lo statuto dello straniero.
Attraverso l’iniziazione riscopro la mia origine, ritrovo una patria più
abbandonata che perduta: testimonio un’irriducibile libertà interiore, la
certezza che esiste in me qualcosa di trascendente rispetto agli impegni
quotidiani, alla società e alla storia, una Verità al centro stesso
dell’essere.
Forse la via che ho
scelto è a volte brutale, adatta ad uomini nudi in un’epoca barbara. Ve ne sono
altre, caute, circonfuse di sentimenti estetici e di effusioni fraterne,
collegate al passato per mezzo di simboli e di riti; vie più lente e calde,
forse più umane: le consiglio perché comunque non producono effetti collaterali.
Per quanto mi riguarda la strada che ho intrapreso da tempo ha trasformato
un’esistenza cieca in un destino, voglio dire in una ricerca illuminata,
attraverso prove e segni, di un rapporto più giusto con me stesso, con gli
altri e col cosmo.
È tutta una questione
di riposizionare le luci interne, per sistemarle come furono fabbricate da Dio all’origine,
così da poter aprirci al Cielo per ricevere il Nettare della Creazione.
Non vi accontentate di
vivacchiare, perché vuol dire fermarsi, l’estremo autoinganno. Se non siete
disposti a sacrificare tutto, non otterrete nulla.
Non avessimo un corpo denso, con un principium individuationis s-centrato sull'Ego, che si squaglia al primo starnuto, per non dire ad una baionetta infilata nell'addome, necessitante cibo aria acqua affetto...ma non cerco scuse. Mi convinco ogni giorno di più, come il dolente protagonista dickiano di ''Impostor'', di essere solo biologia con un pò di corrente galvanica che sfrutta una scheda perforata pre-installata tipo DOS, quindi un robot.
RispondiElimina"Forse la via che ho scelto è a volte brutale, adatta ad uomini nudi in un’epoca barbara. Ve ne sono altre, caute, circonfuse di sentimenti estetici e di effusioni fraterne, collegate al passato per mezzo di simboli e di riti; vie più lente e calde, forse più umane: le consiglio perché comunque non producono effetti collaterali".
RispondiEliminaA quali vie alternative vi riferite?
Le vie altre ci sono, in particolare per la struttura animica-mentale degli occidentali. La via del cuore, non quella di Castaneda che è uno zibaldone di sciamanismo e atletismo mentale; quella, per intenderci, della via cardiaca dei martinisti. Poi quella mistica degli anacoreti.. Comunque c'è bisogno di un requisito imprescindibile: il coraggio. E un po' di sana follia.
Eliminasono stufo di vivacchiare ma al contempo non riesco a far spuntare le ali
RispondiEliminaSe sei disposto a rinunciare al superfluo del mondo, ad infischiarti di cosa possa pensare la gente, se hai coraggio sufficiente per affrontare ostacoli esistenziali superiori a quelli che incontrano i profani, beh, sei pronto per incontrare un indovino nel bosco della Vita, il quale ti indicherà la direzione. Potrebbe essere un tizio all'angolo di una strada che parla da solo e tu cogli una frase, una parola. Oppure è un segno da un sogno così vivido da ossessionarti. provaci.
Eliminacredo che non manchi molto allora, lunedì 6 novembre ci sarà una congiunzione particolare, stiamo a vedé...
RispondiElimina