Quando
siamo bambini sentiamo il futuro come i pesci del Diluvio. Sappiamo
cosa succederà, ma non possiamo avvertire nessuno: chi mai ci
crederebbe? Un senso di impotenza ci assale e col tempo perdiamo la
magia. Man mano che cresciamo e che i nostri corpi si avvelenano di
cibo e di sofferenza, e man mano che le nostre anime diventano sede
di pensieri e di sogni contaminati, perdiamo quei sensi incantati,
rinunciamo a quelle forze sovrumane. Per questo Scandurra, per
esercitare appieno i poteri dell'aria e del fuoco, per sviluppare al
massimo la potenza del suo sguardo, ha mantenuto intatta la sua
natura creaturale, ancestrale. Ci diceva:
“Risuonano
ancora i passi degli dèi che siamo stati prima di diventare uomini,
i passi delle potenze, delle energie, delle visioni, dei voli magici
che ognuno di noi ha conservato. E anche ciò che abbiamo sentito
prima, tutto questo risuona nella notte della selva*
[*la
memoria ancestrale].
Dentro ognuno di noi, nei ricordi di ciò che abbiamo ascoltato
durante la nostra vita, balletti e pifferi e promesse e menzogne e
paure e confessioni e grida di guerra e gemiti d'amore. Lamenti di
agonizzanti, che abbiamo emesso o soltanto ascoltato. Storie vissute,
storie future. Perché tutto ciò che ascolteremo risuona con
anticipo, in mezzo alla notte della selva, nella selva che risuona in
mezzo alla notte. La memoria è qualcosa di più; lo sapete? La
memoria veritiera ricorda anche le cose che stanno per accadere. E
persino quelle che non accadranno mai, anche questo ricorda. Pensate.
Pensate un po'. Chi mai potrà riuscire a sentire tutto?, me lo
potete dire? Chi potrà mai riuscire a sentire ogni cosa nello stesso
momento e crederci?”.
Sul
flipper la pallina corre, sbatte, accende luci, poi precipita
inesorabilmente nella buca. Ecco, feci questo sogno più volte
in un anno, il 1972, alternato all'incubo dell'onda gigantesca che mi
sorprendeva sul bagnasciuga, mentre giocavo a riempire di sabbia un
secchiello. La pallina del flipper era una piccola Terra, tutta
azzurra e marrone che rotolava velocemente verso il game over.
L'onda oscurava il cielo tanto era alta e altri bagnanti fuggivano
atterriti. Sogni premonitori? No, sono soltanto visioni di segmenti
temporali appartenenti ad una dimensione parallela alla nostra, che
potrebbero tracimare nel nostro mondo, o almeno questa è la mia
sensazione. Entrambi mi lasciarono sconvolto, un terrore profondo si
avvinghiò intorno alla mia anima senza mai abbandonarmi.
Ho
speso decenni ad osservare la nascita della paura. Dal niente, da un
piccolo istante restiamo senza difesa, ecco nascere la paura. I più
furbi si affrettano a ricoprirla come i cani i propri escrementi,
riprendono il cammino con inalterata dignità, un'occhiata a destra,
una a sinistra: niente, nessuno pare essersi accorto, la recita può
continuare.
La
paura e la viltà ci paralizzano, facendoci dimenticare chi siamo
veramente; l'onestà, la comprensione, il coraggio, la potenza,
vengono sostituiti con parvenze di personalità, stralci di essere,
psichismi contorti e stitici, assumiamo un profilo sempre basso per
non disturbare il grande Manovratore, il mastermind. Eppure
l'insostenibile pietà che provo per il mio corpo mi persuade della
sua naturale trascendenza, della potenza racchiusa nelle mie membra
solo per pochi attimi messa a frutto: una qualunque mano aperta
potrebbe rubare la scintilla divina e riversarla vittoriosa sulla
malattia e la morte, incenerirle come lo specchio ustorio le navi
assalitrici con la potenza del Sole. Ciascuno di noi sarebbe capace
di miracoli per il semplice fatto di essere vivo e composto di un
organismo, cioè di una forma organizzata, poi di forze vitali, poi
di un’anima. Ho visto mani imposte su teste brucianti, su corpi
dove già si era insediato il nemico; ammirato uomini e cose
levitare; visto passare esseri attraverso i muri senza apparente
cambiamento di stato; levarsi titani dai laghi vulcanici e
avvicinarsi pericolosamente verso di noi; mi sono immerso dentro
fossi puzzolenti per poi uscire su altre dimensioni. Siamo una
piccola parte di Dio per il solo fatto di essere uomini. Dio aveva
dunque dimenticato uno spiraglio nella rete compatta e micidiale
della Creazione, una fessura nelle porte ferree del Regno, e da quel
pertugio potevamo penetrare e depredarne i granai. Ci era del resto
consentito, ma poi decidemmo di allargare la nostra conquista, la
sete di dominio e di conoscenza crebbe a dismisura in noi. Violammo
il limite e lo pagammo a caro prezzo. Il Padre Celeste però non ci
sottrasse i poteri cosmici, li nascose nel posto più segreto
dell'universo, dentro la nostra mente confusi tra sovrastrutture e
latenze.
E
così ci avviciniamo alla resa dei conti. Credevamo davvero di
sfuggire al termine della notte? Ci risveglieremo in un'alba senza
più i filtri della pietà e dell'onore. Sarà come riaprire gli
occhi dopo una sbornia di vino dolciastro, conosceremo il sacrosanto
terrore, antico quanto il mondo, attuale come la morte. Esso arriva
in punta di piedi. Al mattino, il cielo sarà metà rosso e metà
seppia. Ma non è il temporale. I padroni vi diranno che non è
nulla, che si tratta soltanto di un incidente: pare, vi diranno, che
abbia preso fuoco una raffineria. Fesserie. Non date mai credito a
chi governa il mondo. Quel giorno la Terra sarà pallida e
trasparente come mai la avrete vista prima. Accontentatevi di
guardarla, non chiedete ancora spiegazioni.